Storia
Vaccinismo e nudismo
Un sito chiamato Informazione Cattolica ha ripubblicato un paragrafo di un nuovo libro di Roberto De Mattei (1948-), I sentieri del male. Congiure, cospirazioni, complotti, uscito per i tipi di Sugarco in questo 2022.
Il brano messo online si intitola «Le origini del movimento “no-vax”». A Renovatio 21 e ai suoi lettori, quindi, la cosa sembrerebbe interessantissima.
«Due studiosi francesi, Françoise Salvadori e Laurent-Henri Vignaud, rintracciano le origini del movimento antivaccinista in quell’orizzonte teosofico e naturista che caratterizzò soprattutto la Germania e l’Inghilterra tra la fine Ottocento e primi del Novecento» attacca l’articolo.
Stop. Già qui, le braccia (quelle) cadono rovinosamente al suolo: ma come, fine Ottocento? Novecento? Ogni possibile storia dell’antivaccinismo (e delle vaccinazioni tout court) per parlare delle proteste parte dai primissimi anni dell’Ottocento, a ridosso dell’attività di Edward Jenner (1749-1823). Tuttavia si può andare anche al primo Settecento, quando comunità di bostoniani si rivoltarono contro la variolizzazione, la pratica antesignana della vaccinazione, operata dal medico e pastore protestante Cotton Mather (1663-1728).
La tesi che si vuole dimostrare qui parrebbe essere un’altra. L’antivaccinismo verrebbe da un’intelligentsja tardo ottocentesca che ha radici nello spiritualismo se non nella stregoneria: «Anna Kingsford, occultista e “animalista” antelitteram, collegava la vaccinazione alla vivisezione e si propose di uccidere, attraverso le arti magiche, gli scienziati che compivano esperimenti contro gli animali».
Chiunque abbia frequentato anche minimamente il mondo antivaccinista non ha mai sentito parlare della Kingsford e dei suoi propositi di strega, che al massimo possono essere conosciuta da qualche animalista, che non possiamo dire che abbondino in maniera significativa tra i no-vax.
Il De Mattei, ad ogni modo, ne approfitta per infilarci al volo la famosa «guerra occulta» parigina tra Josef-Antoine Boullan (1824-1893) e Stanislas de Guaita (1861-1897), la lotta esoterica tra due stregoni satanisti o parasatanisti descritta nel romanzo L’abisso del romanziere decadentista Joris-Karl Huysmans (1848-1807). Si tratta di una storia che può riemergere alla mente di qualche studioso di cose religiose, tuttavia non sappiamo cosa c’entri qui, anche se è pur vero che per fare una caccia alle streghe da qualche parte ci vogliono, appunto, le streghe.
Il De Mattei tirando in ballo il fondatore dell’Antroposofia Rodolfo Steiner (1861-1925), «fondò la “medicina antroposofica” che avversava la vaccinazione, nella convinzione che essa ostacolasse l’evoluzione spirituale dell’uomo e i cicli della reincarnazione». La realtà è che, pur citato molto nel mondo del dissenso al vaccino (talvolta con aforismi attribuiti non proprio esattissimi), è esiguo il numero di passaggi dedicato dallo Steiner ai vaccini nei suoi testi; certo, il fatto che le scuole steineriane potrebbero non richiedere l’obbligo vaccinale, cosa che ha smosso qualche azione da parte di figure di potere sanitario nazionale, contribuisce a sovraesporre Steiner come maestro dell’antivaccinismo. Tuttavia, è bene vedere che, anche qui siamo in pieno Novecento, lontanissimi dalla possibile nascita dei movimenti antivaccinisti in tutto il mondo.
Tuttavia, il 74enne professore in pensione ci stupisce inserendo un nome mai udito prima, tale Richard Ungewitter (1869-1958), che troviamo descritto come «uno degli apostoli dell’antivaccinismo, ma anche uno dei primi organizzatori del movimento nudista, che ai primi del Novecento divenne una pratica popolare in Germania». Dello Ungewitter, pur avendo negli anni scandagliato la storia dell’antivaccinismo mondiale, non sapevamo nulla, e neppure del suo ruolo per la causa naturista. Siamo spiazzati. Antivaccinismo e nudismo vanno quindi a braccetto?
Il De Mattei prosegue facendo i nomi anche del naturopata Adolf Just (1859-1936), del teorico delle colonie agricole razziste Willibald Huntschel (1858-1947) e di tale Edgar Dacqué (1878-1945), tutti nomi che molto difficilmente anche le associazioni antivacciniste più antiche hanno mai sentito. Siamo informati, tuttavia, che tutti costoro «furono fautori della Nacktkultur, la “cultura del nudismo” collegata all’adorazione del sole, simbolo del ritorno alla mistica della natura».
Non è finita: ecco che è citato il Julius Streicher (1885-1946), questo sì un nome conosciuto a chi studia la storia, il quale era uno dei vertici del movimento nazista finito poi condannato a morte a Norimberga. Lo Streicher, scrive l’ex docente dell’Università dei Legionari di Cristo, «fu come Ungewitter un grande propagatore del nudismo e l’autore di una violenta campagna contro i sieri e i vaccini».
Per un momento rimaniamo interdetti: vuoi vedere che non avevamo capito niente? Dietro il rifiuto della siringa, si cela il rifiuto del vestito? Dietro la resistenza all’obbligo mRNA, si nasconde la resistenza al costume da bagno e financo alla mutanda?
Poi ci sovviene una cosa. Andando a leggere sul suo sito, si apprende che il De Mattei «è stato allievo e assistente ordinario del filosofo Augusto Del Noce e dello storico Armando Saitta, ma si considera innanzitutto discepolo del prof. Plinio Corrêa de Oliveira, che ha personalmente frequentato nell’arco di vent’anni (1976-1995) ».
Per i tanti che non lo conoscessero, il Plinio (1908-1995) fu una figura, per alcuni controversa, appartenente al mondo cattolico brasiliano. Riguardo al suo seguito, Wikipedia riporta che «il 18 aprile 1985 la Conferenza Episcopale Brasiliana dichiarò in un comunicato stampa (…) “il carattere esoterico, il fanatismo religioso, il culto nei confronti del capo e fondatore, l’abuso del nome di Maria Santissima”». Per Il Foglio, giornale per cui ha scritto lungamente il De Mattei, «nel 1985 la Conferenza episcopale brasiliana dichiarò fuori dalla comunione ecclesiale il movimento».
Purtuttavia, non sono queste cose che qui rilevano, né lo sono le altre voci che si inseguono riguardo alle pratiche dei seguaci del personaggio (esistono da decenni pubblicazioni interi siti che ne parlano con dovizie di particolari).
Ad essere interessanti qui sono piuttosto certi pensieri di Plinio, di cui De Mattei si professa discepolo: riguardo al nudismo ebbe parole di fuoco. Nel libro Rivoluzione e Controrivoluzione, considerato il capolavoro plinico, l’intellettuale carioca tuona ancora trattando del «crollo delle tradizioni dell’Occidente nel campo dell’abbigliamento, corrose sempre più dal nudismo».
In un articolo del 1974, comparso sulla Fohla de S. Paulo e poi ripubblicato in Italia sulla rivista Cristianità, il filosofo paulista si interrogava guardando letteralmente dentro l’abisso: «in materia di costumi da bagno, la rivoluzione nell’abbigliamento ha avuto molto meno rispetti. E con una cadenza che ha conosciuto poche e irrilevanti esitazioni, la moda è arrivata fino al bikini. Sarà stato il bikini a ispirare e a precorrere il vestito a due pezzi?». Domande che, poste da un cittadino del Brasile delle spiagge e dei sambodromi, riecheggiano con una forza cosmica.
Segue un’impepata di notizie dell’epoca a base di varie categorie umane che si sono denudate: «cinque giornalisti sono comparsi completamente nudi di fronte agli 800 mila spettatori di un programma televisivo svedese (…) a Montevideo, nell’elegante quartiere di Carrasco, due giovani sono stati arrestati perché passeggiavano nudi (…) All’Università della Carolina del Sud (…) 510 studenti hanno sfilato nudi nel campus (…) l’università della Carolina del Nord ha organizzato una sfilata con 895 studenti nudi. A Necog Dochs, nel Texas (…) una sfilata di 1500 studenti nudi».
Gente nuda dappertutto. Anzi di più: «il nudismo è entrato in politica». C’è da mettersi le mani sui capelli, anche quando non ne si hanno più: «a questo punto si impone una domanda: dove arriveremo?» si chiede sconsolato il brasileiro. «Non fa meraviglia che questa domanda irriti coloro che da tanto tempo stanno dirigendosi di spalle verso l’abisso. L’abisso? Sì, l’abisso».
Dunque l’abisso del nudismo si manifesta enantiodromicamente con l’abisso dell’antivaccinismo?
Questa è la vera domanda. Possiamo provare a rispondere verificando, più che con i libri, con la realtà.
Prendiamo quindi il caso di Cap d’Adge, nel dipartimento dell’Hérault, in Francia, il paradiso del nudismo globale, descritto lo scorso agosto da un irresistibile articolo del notista politico del Corriere Fabrizio Roncone. Cap d’Adge, si dice, diede a Michel Houellebecq l’ispirazione per il suo romanzo Piattaforma.
Il Village naturiste della località balneare francese negli anni Novanta (proprio nel tempo in cui moriva il Plinio, ma non c’è nessuna correlazione) subì il pendìo necessariamente scivoloso che lo portò oltre, divenendo luogo di scambismo e di orge belluine, ciclicamente descritte dai giornalisti mainstream negli immancabili articoli di prurigine estiva.
Quindi, c’è da immaginarsi che il Valhalla mediterraneo dei lubrichi ignudi brulichi di individui no green pass come nemmeno alle manifestazioni del sabato che abbiamo visto un in tutte le città d’Italia e d’Europa nel biennio pandemico.
E invece… scopriamo che il «pass sanitaire», la versione francese del nostro green pass, cioè il certificato di avvenuta vaccinazione, era richiesto da una quantità di camping di nudisti.
«Il pass sanitaire sarà richiesto solo all’ingresso dei campeggi e delle residenze di vacanza, una sola volta e per tutta la durata del soggiorno. È il provvedimento adottato dal governo e dai professionisti,» scriveva Naturisme Webzine nell’estate 2021, puntualizzando su «casistiche particolari e adeguamenti a seconda del sito». Veniva quindi stilata la lista dei villaggi dove si poteva entrare vestiti del solo green pass: «È stato Euronat a dare le informazioni per primo, lunedì 19 luglio, seguito a breve da altre strutture, grandi o piccole, come Messidor, La Sablière o il CHM Montalivet. E, ora, il provvedimento è ufficiale, convalidato dalla FNHPA (federazione nazionale degli hotel all’aperto)».
Insomma, l’ordine al nudismo organizzato è stato chiaro e univoco: no agli indumenti, sì al certificato vaccinale, il quale però essendo elettronico, avranno ragionato i naturisti, non può nemmeno essere usato come foglia di fico.
E Cap d’Adge, città celeste del nudismo non teosofico-antroposofico-nazista? Ecco che siamo informati che laggiù «il pass sanitario non potrà essere richiesto ai clienti dei campeggi che offrono solo pernottamento. Sui siti pubblici, come le aree naturiste di Port Leucate o Cap d’Agde, e l’Ile du Levant, il pass sanitaire non sarà richiesto all’ingresso dell’area, ma agli ingressi degli stabilimenti interessati (ristoranti, etc.)». Cioè: come un centro commerciale dove puoi entrare nella struttura ma non nei bar o i negozi. Ad occhio e croce, direi che ad aderire, vaccinandosi con dosi plurime, potrebbe essere stata una cifra vicina al 100% dei nudisti.
E quindi? Vuoi vedere che il nudismo… è invece correlato al vaccinismo?
A questo punto il Re è nudo. Il vaccino, pure. Siringhe senza veli, che dormon nude in attesa della dissoluzione dell’umanità, dell’apocalisse. È l’abisso di cui parlava il catto-filosofo do Brazil poco sopra. È la risposta all’eterna domanda cattolica «ma dove andremo a finire»: andremo a finire verso sterminate distese di pelle umana che scopertissima si offre al solleone e all’ago mRNA.
Dopo aver chiarito questo punto, ci premerebbe dire due parole sul resto.
L’antivaccinismo non nasce con oscuri intellettuali europei di fine Ottocento, che vivono per lo più sui libri letti da chi legge solo libri.
L’antivaccinismo nasce con il vaccino, immediatamente: perché esso nasce non dalla riflessione filosofica, ma dal tragico dato di realtà dei bambini morti dopo l’inoculazione. Ciò è vero a partire dall’ora zero, dal padre della vaccinazione Edward Jenner.
Chi nel corso della storia – prima, dopo, durante l’opera di Jenner e dei suoi seguaci, anche italiani, tutti massoni (ci arriviamo fra un attimo) – si è rivoltato subito contro le politiche vaccinali adottate dagli Stati perché posto davanti al costo umano che esse avevano. Ecco perché, il movimento antivaccinista è un vero movimento di popolo, del tipo più autentico possibile – e, forse proprio per questo, mai arrivato in due secoli davvero al potere.
Perché passano i secoli, ma la composizione del popolo antivaccinista, in ogni Paese, non è cambiata di molto. Per lo meno prima dell’enigmatica accelerazione subita con la pandemia, che ha portato a quella «vaccinazione universale» già teorizzata nell’Ottocento, il movimento antivaccinista era quasi interamente composto da genitori che hanno avuto i figli danneggiati dai sieri. Ciò non è disputabile: molti di loro, nell’era pre-COVID, hanno magari anche ottenuto indennizzi previsti dallo Stato per il danno da vaccino, con la famosa legge 210/92.
Il danno da vaccino, e non una sua astrusa concettualizzazione da parte di personaggi sconosciuti, e ciò che ha animato la protesta da sempre, in tutto il mondo. Ciò è vero anche e soprattutto nel Brasile summenzionato, teatro nel 1907 di un vero moto antivaccinista, la Revolta da vacina, che stava per sfociare in un vero e proprio golpe. In un mondo dove per due anni si è parlato di rivolte no-vax, Renovatio 21 è stata praticamente una delle uniche realtà a ricordare l’episodio storico, che dimostra come l’antivaccinismo non è nato ieri con internet, e – puntualizziamo qui – che nulla ha a che fare con esoteristi e nazisti.
Il popolo brasiliano, a partire proprio quello più povero, si era levato contro chi ti entrava in casa accompagnato da soldati per bucare il corpo tuo e quello dei tuoi bambini, talvolta pure denudando (sì! È riportato proprio così!) le ragazze in assenza del padre. Il popolo brasiliano si era levato dopo aver visto quali effetti collaterali potevano saltare fuori dai sieri venefici. Ciò è vero ancora oggi: ai tempi della legge Lorenzin si poteva notare che alcuni paesini rurali italiani avevano percentuali di bambini vaccinati bassissime, e l’unica spiegazione che ci potevamo dare è che in quella località, dove si conoscono tutti, era accaduto un danno da vaccino di cui la popolazione non poteva dubitare… Il danno da vaccino, per chi vi sta intorno – famiglia, parenti conoscenti – è un’infallibile red pill.
E poi, allo storico della religione De Mattei, che cita teosofi e antroposofi, vorremo chiedere come mai non è citato, per lo meno nel brano indicato, l’elephant in the room della storia della vaccinazione: la massoneria. Magari di essa, nel libro dedicato ai misteri e ai complotti che non abbiamo ancora avuto occasione di leggere, si parla. Tuttavia, è ben bizzarro parlare delle origini del movimento no-vax senza notare come, all’origine del movimento pro-vax – che, ribadiamo, era combattuto dall’antivaccinismo già agli inizi del XIX secolo – vi sia una quantità smodata di grembiulati, e soprattutto in Italia.
I nomi li abbiamo fatti in un pezzo dell’anno passato, Massoneria e vaccinismo, che per coincidenza ci fu chiesto dal Brasile pure di tradurre in portoghese («Maçonaria e a vacinação»).
L’articolo, che conteneva non pochi elementi di storia religiosa, molto pubblici e molto anteriori a Steiner e compagnia, come la falsa omelia del «vescovo di Goldstat» (diocesi inesistente) scritta in realtà dal medico ultravaccinatore Luigi Sacco (1769-1836) per spingere i cattolici alla vaccinazione. L’articolo di Renovatio 21 è stato di recente ripubblicato da Tosatti e Blondet, non sappiamo se in reazione a questo nuovo racconto dell’antivaccinismo nudista partita su Informazione Cattolica.
Stabilire quindi che nella storia dei vaccini non vi sia l’ombra di una trama oscura e complessa, no, non crediamo sia possibile. E questo sia guardando indietro nel tempo, sia ponendo gli occhi e la mente su cosa sta accadendo ora.
Parimenti, sostenere che il movimento antivaccinista sia originato da carneadi esoterici e non da persone in carne ed ossa che hanno sofferto la tragedia infinita del danno vaccinale – o che, appreso il dramma dai racconti del prossimo, vogliono evitarselo ed evitarlo soprattutto ai loro figli – è dire qualcosa che, in fondo, può perfino ferirci.
Dopo essere entrati in contatto con tante famiglie che hanno perduto la salute – o la vita stessa – della loro prole consegnandola inconsapevolmente al Moloch vaccinale, il pensiero che la battaglia contro la siringa assetata di sangue derivi dai libri e non dalla carne e dall’anima e dal dolore ci diviene offensivo, se non semplicemente ridicolo.
Perché questa storia, iniziata centinaia di anni fa, non è finita, anzi: il vaccino è oggi divenuto il battesimo del principe di questo mondo a cui l’intera umanità si deve sottomettere. La sua corsa ora reclama ancora più sangue, ancora più morte – andando, giocoforza, ad aumentare il numero di coloro che si sveglieranno e capiranno la necessità di combattere l’abominio che affligge i figli di Dio.
Questo non è un complotto. Questo non è un libro. Questa è la verità. La nuda verità.
Roberto Dal Bosco
Spirito
Turchia, scoperte pagnotte di 1.300 anni con l’immagine di Cristo Seminatore
Nel sito di Topraktepe, nella Turchia meridionale, un gruppo di ricercatori ha scoperto cinque pani carbonizzati recanti iscrizioni e immagini religiose. Uno raffigura Cristo che semina il grano, accompagnato da una dedica in greco, mentre gli altri recano croci maltesi.
La scoperta è avvenuta a Topraktepe, un sito identificato come l’antica città bizantina di Irenopolis, situata nell’attuale provincia turca di Karaman, in Anatolia. Gli archeologi hanno rinvenuto cinque pagnotte carbonizzate che, secondo gli esperti, potrebbero essere state utilizzate durante le celebrazioni liturgiche da una comunità cristiana rurale dedita principalmente all’agricoltura, risalenti al VII o VIII secolo.
«Questi pani, risalenti a oltre 1.300 anni fa, gettano nuova luce su un affascinante capitolo della vita bizantina. Dimostrano che la fede andava oltre preghiere e cerimonie, manifestandosi in oggetti che davano un significato spirituale a un bisogno umano fondamentale: il pane», ha spiegato uno dei membri del team di scavo.
I ricercatori hanno affermato che i pani si sono conservati dopo che un incendio, probabilmente domestico, li ha improvvisamente carbonizzati, preservandone la forma e la decorazione. I funzionari provinciali hanno definito la scoperta «uno degli esempi meglio conservati finora identificati in Anatolia», secondo il quotidiano Posta .
Il sito di Topraktepe aveva già portato alla luce resti di necropoli, camere scavate nella roccia e fortificazioni, ma pochi oggetti riflettevano così direttamente la devozione quotidiana dei suoi abitanti. «Questa scoperta è interpretata come prova del valore simbolico dell’abbondanza e del lavoro nella spiritualità dell’epoca», ha aggiunto una dichiarazione ufficiale citata da Star.
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Come sottolinea Anatolian Archaeology, queste scoperte «forniscono prove materiali dirette di pratiche cristiane provinciali, raramente accessibili al di fuori di fonti scritte. Questo risultato conferisce al sito un interesse molto speciale per lo studio dell’espressione locale e provinciale del cristianesimo bizantino».
Gli studiosi hanno sottolineato che queste testimonianze rurali differiscono dalle forme di culto urbane di Costantinopoli, dimostrando come la religiosità contadina rimanesse strettamente legata al ciclo agricolo. Irenopoli, situata lungo una rotta commerciale, viveva di agricoltura e pastorizia; pertanto, la raffigurazione di Cristo come seminatore rifletteva fedelmente la vita e lo spirito di questa comunità cristiana.
Secondo La Vanguardia, i ricercatori collegano l’iscrizione al brano del Vangelo di San Giovanni (6,35): «Io sono il pane della vita». Questa scoperta, quindi, introduce un nuovo contesto archeologico a una delle metafore più profonde della fede cristiana.
Il team di archeologi prevede di condurre analisi chimiche e botaniche per determinare quali tipi di cereali e lieviti siano stati utilizzati nella preparazione del pane. Stanno anche cercando di stabilire se si trattasse di pane eucaristico, utilizzato nelle celebrazioni liturgiche, o di pane benedetto distribuito ai fedeli.
Va ricordato che il cristianesimo orientale utilizza, per la maggior parte delle chiese o dei riti, pane lievitato, non pane azzimo. Ma va anche notato che il pane antidoron, benedetto, ma non consacrato, veniva distribuito ai fedeli alla fine della messa, come talvolta avviene ancora con il pane benedetto.
Inoltre, sperano di individuare una cappella vicina che sarebbe stata utilizzata per conservare i pani prima dell’uso. «La conservazione del pane liturgico del VII o VIII secolo è estremamente rara. I pani di Topraktepe offrono quindi una finestra unica sul culto cristiano primitivo», ha concluso il team di ricerca.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Droga
La mafia ebraica, quella siciliana e il traffico di droga USA nel periodo interbellico
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Droga
Alla fonte dell’antico traffico mondiale dell’eroina
Alfred W. McCoy pubblicò nel 1972 The Politics of Heroin in Southeast Asia, un libro che diede scalpore e che venne ampiamente discusso alla sua uscita anche dalla stessa CIA, in cerca di potenziali errori al suo interno.
L’ultima edizione riveduta e ampliata risale al 2003 e venne rinominata, più accuratamente, The politics of heroin: CIA complicity in the global drug trade. McCoy storico accademico e autore, si specializzò inizialmente in storia delle Filippine per poi deviare verso la storia del traffico illecito di sostanze stupefacenti.
All’uscita del libro nel 1972, a 26 anni ancora dottorando a Yale in Storia del Sud-Est Asiatico, accusò e testimoniò di fronte a un comitato del Senato statunitense la complicità di un gruppo di persone per la produzione e la ridistribuzione della raffinazione del papavero da oppio.
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In una copia del Daytona Beach Morning Journal del primo giugno del 1972, possiamo trovare riassunti tutti i punti portati da McCoy davanti al comitato. Le accuse di McCoy comprendevano la più alte sfere militari laotiane, cambogiane, sud vietnamite e tailandesi. Alcuni intermediari come la mafia corsa di Marsiglia e la famiglia malavitosa di Santo Trafficante di Miami. Infine accusò ufficiali americani complici di aver condonato e addirittura cooperato per sostenere questo schema di tratta illegale di stupefacenti in seguito a vantaggi politici e militari.
La pronta risposta dalle istituzioni americane chiamate in causa non tardò ad arrivare commentando con fermezza che le accuse lanciate non avevano incontrato alcun riscontro e neppure alcuna prova di colpevolezza. Al contrario, sottolineavano, come se non fossero bastate già le accuse, che la collaborazione con le più alte sfere politiche e militari del Sud-Est asiatico non era mai stato così solida.
McCoy spiegava come il traffico di eroina e oppio in Vietnam del Sud era diviso tra le organizzazioni politiche del presidente Nguyen Van Thieu, il vice presidente Nguyen Cao Ky a il primo ministro Tran Van Khiem. Secondo l’autore, la sorella del generale Ky, la signora Nguyen The Ly, viaggiava una volta al mese a Vientiane, la capitale del Laos, per organizzare una spedizione di eroina verso Phnom Pehn o Pakse in Cambogia. Successivamente sarebbe stata presa in carico dalla quinta divisione aerea vietnamita in direzione Saigon.
Lo studioso descriveva come il primo fornitore della signora Ky fosse un malavitoso cinese chiamato Huu Tim Heng il quale a sua volta utilizzava la sua partecipazione nell’industria di imbottigliamento di Pepsi di Vientiane come copertura per l’importazione dei prodotti chimici necessari. Heng a sua volta comprava l’oppio dal generale Ouane Rattikone chief of staff del reale esercito del Laos.
Lo storico ricordava come il generale Rattikone aveva ammesso di controllare il commercio di oppio nel Laos settentrionale e ponentino fin dal 1962 ma oltre a questo anche i sistemi per la sua produzione. La somma delle due iniziative lo facevano risultare come il più grande fabbricante del paese. L’eroina prodotta da Rattikone era di tale qualità che veniva venduta direttamente anche alle truppe americane nel Vietnam del Sud.
McCoy spiega come la maggioranza del traffico di oppio nel Laos del nordest era controllato dal generale Vang Pao, comandante delle truppe mercenarie sostenute dalla CIA. Allo stesso modo il governo della Tailandia permetteva ai ribelli birmani, ai nazionalisti cinesi irregolari e alle bande armate di mercenari, di muovere enormi carovane di muli carichi con centinaia di tonnellate di oppio birmano attraverso i confini della Tailandia settentrionale. Secondo l’accusatore, alcuni tra i più vicini sostenitori del presidente Thieu all’interno dell’esercito vietnamita controllavano la distribuzione e la vendita dell’eroina ai soldati americani di stanza in Indocina.
L’autore racconta come Santo Trafficante, principale rappresentante della sua famiglia mafiosa, organizzò assieme ai più importanti membri della cosca corsa di Marsiglia un incontrò a Saigon per aprire sempre più le strade all’eroina del Sud-Est asiatico verso le terre americane.
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Le dichiarazioni dello studioso andavano anche verso il generale Dang Van Quang, consigliere militare del presidente Thieu, inquadrato come il più importante pusher di tutto il Vietnam meridionale. Secondo alcuni ufficiali americani, il generale Ugo Dzu, risultava come uno dei maggiori trafficanti di narcotici di tutto il Vietnam centrale. Secondo il libro, il generale, comandante della seconda armata, venne rimosso successivamente dal suo incarico per incompetenza militare.
McCoy, non risparmiando nessuno, continua accusando anche le ambasciate americane in Indocina di tentare di coprire il più possibile il ruolo dei degli ufficiali locali palesemente implicati nella tratta di eroina. Secondo lo storico, McMurtrie Godley, ambasciatore statunitense in Laos, fece del suo meglio per prevenire l’assegnazione di ufficiali del U.S. Bureau of Narcotics al Laos per via del suo interesse nel continuare a cooperare con il governo e i militari laotiani.
Per chiudere con uno degli esempi più famosi e ritratti anche da un celeberrimo film con Mel Gibson e Robert Downey jr., nel Laos del Nord, i velivoli e gli elicotteri della Air America affittati dalla CIA trasportavano regolarmente oppio coltivato dai mercenari al soldo dell’agenzia.
Nell’articolo apparso sul New York Times del 9 agosto del 1972 possiamo scoprire come Harper & Row, Inc., la casa editrice, decise comunque di pubblicare il testo del giovane studioso nonostante le forti lamentele provenienti dall’agenzia.
Lawrence D. Houston, responsabile legale della CIA, richiese una copia per sua personale lettura precedente alla pubblicazione. B. Brooks Thomas, vice presidente e responsabile legale della società editrice, rispose che le accuse arrivate in seguito al controllo del testo si erano rivelate generaliste e anche abbastanza deludenti.
In un intervista successiva McCoy sottolineò quanto fosse stupito dalla disparità intercorsa tra la iniziale roboante, militante critica della CIA sul libro e la lettera finale che si era rivelata essere molto debole al limite del patetico.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine di D Guisinger via Wikimedia pubblicata su licenza Creaative Commons Attribution 2.0 Generic
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