Geopolitica
Ucraina, gli Stati Uniti accusano la Russia di aver pianificato un’operazione false flag per giustificare un’invasione

Appena un giorno dopo la conclusione dei colloqui cruciali di questa settimana tra Russia e Stati Uniti, NATO e OSCE, oggi l’amministrazione Biden, nella forma di un «funzionario anonimo», ha accusato la Russia di pianificare l’invio di sabotatori nell’Ucraina orientale per inscenare un operazione sotto falsa bandiera – tipo di tattica comunemente nota come false flag – che sarebbe poi servita da pretesto per un’invasione russa.
«I media mainstream come il New York Times, il Washington Post, la CNN, il britannico Guardian tra gli altri, hanno riempito le loro pagine con i dettagli macabri e le speculazioni sulla presunta operazione, ciascuno con dettagli variabili ma con scarse prove poiché il funzionario anonimo aveva poco da offrire» scrive EIR.
«Solo il New York Times ha menzionato altri due funzionari, uno dei quali ha affermato che la valutazione statunitense era il risultato di una combinazione di intercettazioni e “movimenti sul terreno di particolari individui” e ha riferito che alcune delle informazioni sottostanti “sono state fornite per alleati e mostrato a un membro chiave del Congresso”».
L’anonima fonte riferisce che non fornendo alcuna prova, il racconto americano«si apre alle accuse russe di fabbricare prove».
Il Times cita graziosamente uno dei funzionari affermando che «questa è una pagina del manuale russo. Siamo molto consapevoli che la Russia cercherà di inventare un pretesto per compiere un tentativo di colpo di stato».
24 ore prima, durante un briefing alla Casa Bianca, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha detto di voler sottolineare qualcosa che il segretario di Stato Tony Blinken aveva detto alla fine della scorsa settimana, ovvero che «la nostra comunità di Intelligence ha sviluppato informazioni (…) per cui la Russia sta gettando le basi per avere la possibilità di fabbricare un pretesto per un’invasione, anche attraverso attività di sabotaggio e operazioni di informazione, accusando l’Ucraina di preparare un imminente attacco contro le forze russe nell’Ucraina orientale».
«Abbiamo visto questo manuale nel 2014. Stanno preparando di nuovo questo manuale. E succederà che l’amministrazione avrà ulteriori dettagli su quella che vediamo come questa potenziale pretesto da condividere con la stampa nel corso delle prossime 24 ore».
Secondo RT, l’accusa è partita per la prima volta dal ministero della Difesa ucraino. L’intelligence militare ucraina ha abbellito la storia, dicendo di aver intercettato informazioni su un complotto di spie russe per avviare un’operazione di sabotaggio dal territorio conteso in Moldavia,, dove sono di stanza le truppe russe.
Quando oggi un grave attacco informatico ha colpito i principali siti web del governo ucraino, il governo di Kiev ha indicato la Russia come colpevole.
Ieri, il segretario stampa della Casa Bianca Jen Psaki e il portavoce del Pentagono John Kirby, facendo eco a vicenda, hanno entrambi affermato di avere informazioni secondo cui i russi avevano preposizionato «operativi» nell’Ucraina orientale per inscenare l’operazione false flag per poi giustificare un’invasione.
Psaki ha affermato che questo era lo stesso modus operandi utilizzato dai russi nel 2014 prima di reintegrare la Crimea in Russia e che il piano della Russia è ora di avviare queste operazioni in Ucraina diverse settimane prima di un’effettiva invasione.
Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha risposto oggi a una domanda sul rapporto affermando che «finora tutte queste affermazioni sono state prive di fondamento e non sono state supportate da nulla».
Va ricordato che lo scorso 20 dicembre, il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu ha avvertito che contractor USA (cioè le PMC, le compagnie militari private americane) stavano lavorando con le forze speciali ucraine e avevano consegnato componenti chimici a due città della regione del Donbass al fine di organizzare operazioni false flag che potrebbe essere attribuite alla Russia.
Geopolitica
L’incontro Trump-Zelensky è stato «pessimo». Accenni al tunnel eurasiatico-americano

L’incontro di venerdì alla Casa Bianca tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj è stato descritto come «teso», con Zelensky che non è riuscito a ottenere la consegna dei missili a lungo raggio Tomahawk. Lo riprota la testata Axios, citando fonti informate.
Trump ha comunicato allo Zelens’kyj che non intende fornire i Tomahawk «almeno per il momento», hanno rivelato due fonti a conoscenza dell’incontro. I colloqui, durati circa due ore e mezza, sono stati definiti da una fonte come «non facili» e da un’altra come «difficili». A momenti, la discussione è diventata «un po’ emotiva», secondo il rapporto.
«Nessuno ha alzato la voce, ma Trump è stato fermo», ha dichiarato una fonte ad Axios. L’incontro si è concluso bruscamente quando Trump avrebbe detto: «Penso che abbiamo finito. Vediamo cosa succede la prossima settimana», probabilmente riferendosi ai colloqui imminenti tra Russia e Stati Uniti.
Parlando successivamente con i giornalisti, lo Zelens’kyj ha evitato di rispondere a domande sulle forniture di Tomahawk, limitandosi a dire che gli Stati Uniti «non desiderano un’escalation».
Trump ha sottolineato che per Washington «non è semplice» fornire i missili, poiché gli Stati Uniti devono preservare le proprie scorte per la difesa nazionale. Ha anche riconosciuto che autorizzare Kiev a condurre attacchi in profondità in Russia potrebbe portare a un’escalation del conflitto.
Mosca ha avvertito che fornire missili all’Ucraina «non cambierebbe la situazione sul campo di battaglia», ma «comprometterebbe gravemente le prospettive di una soluzione pacifica» e danneggerebbe le relazioni tra Russia e Stati Uniti.
Lo Zelens’kyj ha cercato per settimane di ottenere i missili Tomahawk, con una gittata massima di 2.500 km, insistendo che l’Ucraina li avrebbe utilizzati solo contro obiettivi militari per aumentare la pressione sulla Russia e favorire un accordo di pace. Tuttavia, il leader ucraino ha minacciato blackout nelle regioni di confine russe e a Mosca. Funzionari russi hanno anche suggerito che Kiev intenda usare i missili per «attacchi terroristici».
Durante i momenti con la stampa, il presidente ha prodotto una scena imprevedibile quando ha parlato della discussione avuta con Putin di un tunnel tra l’Alaska e la Siberia, chiedendo quindi allo Zelens’kyj cosa ne pensasse. L’ex attore ha risposto con tempi comici «non sono felice di questa cosa», sorridendo. «Non credo che gli piaccia» ha detto Trump ridendo.
Reporter: Are you interested in a Putin-Trump tunnel to connect Russia and Alaska?
Trump: Just heard about that one. Interesting idea — we’ll think about it. What do you think, Mr. President?
Zelensky: I’m not happy about this
— Alice Williams (@afreegirlll) October 18, 2025
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Il progetto di tunnello sotto lo stretto di Bering, che tocca le isole Diomede, esiste da molto tempo.
Il concetto di un collegamento tra i due continenti (un ponte o tunnel chiamato «Kennedy-Khrushchev World Peace Bridge») è emerso durante la Guerra Fredda, con proposte già nel 1905 dall’Impero Russo e nel 1904 da magnati ferroviari americani. Nel 2007, la Russia ha pianificato un tunnel da $65 miliardi come parte di una rete ferroviaria trans-siberiana. Nel 2011, funzionari russi hanno sostenuto un tunnel da 100 km per collegare Yakutsk a Komsomolsk-on-Amur, estendendolo all’Alaska. Nel 2015, si è parlato di una collaborazione Russia-Cina per un ponte stradale con oleodotti.
Il 16 ottobre 2025, Kirill Dmitriev, inviato per gli investimenti del presidente russo Vladimir Putin e CEO del Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF), ha proposto il «Putin-Trump Tunnel» su X (ex Twitter), rivolgendosi direttamente a Elon Musk e alla sua Boring Company, l’azienda che crea tunnelli stradali. Il Dmitriev lo ha descritto come un «simbolo di unità» per collegare le Americhe all’Eurasia.
Dmitriev ha rivelato che uno studio di fattibilità è iniziato sei mesi fa (aprile 2025), con RDIF che ha già esperienza in ponti come quello Russia-Cina.
Con i suoi 112 chilometri di lunghezza, si tratterebbe del tunnel più lungo del mondo. Un costo stimato sarebbe di 65 miliardi, ma riducibile, per una durata di lavore di meno di otto anni.
Come riportato da Renovatio 21, l’incontro Trump-Zelens’kyj è seguito a una telefonata tra Trump e Putin, dopo la quale entrambe le parti hanno espresso l’intenzione di organizzare un vertice a Budapest, in Ungheria, nel prossimo futuro.
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Geopolitica
Trump e Putin si telefonano: «può portare alla pace»

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Geopolitica
Budapest si prepara ad ospitare il vertice Putin-Trump

L’Ungheria e la Russia hanno avviato discussioni sui preparativi per il vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, previsto a Budapest, ha annunciato il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto.
In un post su Facebook pubblicato venerdì, Szijjarto ha riferito di aver avuto una conversazione telefonica con Yury Ushakov, principale consigliere di Putin per la politica estera, confermando che «i preparativi sono in pieno svolgimento».
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato di aver parlato al telefono con Putin venerdì. Szijjártó ha aggiunto che il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il Segretario di Stato americano Marco Rubio si incontreranno più tardi nella stessa giornata.
Szijjarto ha sottolineato che l’Ungheria è pronta a garantire la sicurezza dei colloqui tra Russia e Stati Uniti, che si concentreranno sul conflitto ucraino, e che Budapest accoglierà Putin con rispetto, assicurandogli libertà di movimento da e per il Paese.
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Giovedì Orban aveva annunciato che Budapest è pronta a ospitare l’incontro tra i due presidenti, definendolo «una grande notizia per i popoli amanti della pace nel mondo» e descrivendo l’Ungheria come «un’isola di pace».
L’incontro tra Trump e Putin è stato annunciato per la prima volta dal presidente statunitense giovedì, dopo una telefonata tra i due leader, la prima in quasi due mesi, durata oltre due ore secondo il Cremlino e la Casa Bianca. Trump ha definito la conversazione «molto produttiva», sottolineando che «sono stati compiuti grandi progressi».
Anche il Cremlino ha confermato il vertice programmato, con Ushakov che ha dichiarato che i preparativi sarebbero iniziati «senza indugio». Ha precisato che Budapest era stata proposta come sede dell’incontro da Trump e che Putin aveva subito appoggiato l’idea.
L’ultimo incontro tra Putin e Trump si era tenuto a metà agosto in Alaska, incentrato sul conflitto in Ucraina e sul rilancio delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. È stato il loro primo faccia a faccia dal 2019. Entrambi i leader avevano definito il vertice produttivo, pur senza registrare progressi significativi.
Sebbene i contatti tra Mosca e Washington siano successivamente diminuiti, Lavrov ha dichiarato all’inizio di questa settimana che il processo avviato in Alaska «non è concluso» e che le due nazioni hanno ancora «molto da fare».
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