Bizzarria
Ucraina, esercitazioni dei soldati a Chernobyl. Ecco il «Dark Tourism» dei media mondiali
Le tensioni con la Russia hanno portato l’esercito ucraino in un luogo di addestramento un po’ inaspettato: la zona di Chernobyl.
Come riporta la CNN, gruppi di giornalisti internazionali sono scesi a Pripyat, la città abbandonata vicino al confine tra Ucraina e Bielorussia che serviva la centrale nucleare di Chernobyl prima del disastro 35 anni fa, per assistere ad una dimostrazione militare ucraina.
Chernobyl, da ancora prima della miniserie HBO sul disastro della centrale (una fiction pienza di menzogne) è una popolare destinazione turistica per chi visita Kiev e dintorni. Si tratta che quello che alcuni sociologi a metà degli anni 2000 hanno cominciato a chiamare Dark Tourism, ossia il turismo effettuato in zone di disastri, massacri, orrori vari. Tuttavia, ricorda una guida Lonely Planet dell’Ucraina di qualche anno fa, la quantità di radiazione che subite come dark tourist a Chernobyl è più o meno la stessa a cui siete esposti durante un volo aereo intercontinentale.
La CNN e lo stuolo di altre testate mondiali si sono dunque bevute la propaganda antirussa sia militare che eco-catastrofica, una comba a cui è in effetti difficile resistere in questo momento, per poi ovviamente servirne i rigurgiti ai loro (sempre più ristretti) pubblici, sperando che se li bevano.
Un soldato ucraino ha parlato alle telecamere della rete internazionale dello Stato francese France24 sottolineando che Pripyat è un ottimo sito di test perché «non ci sono civili in giro».
«Possiamo condurre esercitazioni con munizioni reali in una situazione il più vicino possibile alla vera guerra urbana», ha detto a France24 il soldato ucraino, che non ha fornito il suo nome.
Nonostante abbiano fosse stato assicurato che Pripyat fosse più sicura, in termini di radiazioni, di villaggi limitrofi dove a causa delle condizioni meteo si sono avute ricadute più dure, France24 e altri organi di stampa hanno riportato di aver visto i soldati ucraini maneggiare contatori Geiger durante le esercitazioni militari.
Lo scorso gennaio il New York Times ha riferito che la polizia ucraina e la pattuglia di frontiera sono state inviate a sorvegliare le misteriose foreste deserte della zona di Chernobyl armati sia di contatori Geiger che di mitragliatrici.
Davvero bizzarro, ma non inaspettato: Chernobyl potrebbe diventare un punto critico nelle complesse tensioni tra Russia e Ucraina.
Immagine di 7th Army Training Command via Flickr pubblica su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Bizzarria
Adolf Hitler vince ma cambia nome
Adolf Hitler Uunona, 59 anni, consigliere regionale namibiano da venti anni in carica, ha annunciato che rinuncerà ufficialmente al secondo nome «Hitler» dopo essere stato rieletto per il quinto mandato consecutivo nel distretto di Ompundja (regione di Oshana).
Membro del partito al potere Swapo, Uunona ha sempre goduto di un largo consenso locale nonostante il nome che, a livello internazionale, genera inevitabilmente sconcerto. Gli elettori della sua circoscrizione lo hanno costantemente premiato per il suo impegno nella lotta anti-apartheid e per i risultati concreti ottenuti sul territorio.
«Ho già provveduto a cancellare “Hitler” dai miei documenti ufficiali», ha dichiarato ai media namibiani. «D’ora in poi voglio essere chiamato semplicemente Adolf Uunona».
Il lettore di Renovatio 21 sa che la faccenda dell’Hitler negro è risalente.
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L’ex Hitler ha spiegato che ilpadre gli impose quel nome decenni fa senza conoscerne il peso storico né i crimini associati al dittatore nazista; per lui, all’epoca, era semplicemente un nome tedesco abbastanza diffuso nell’ex colonia dell’Africa sud-occidentale tedesca (1884-1915). Solo crescendo il consigliere prese coscienza del macabro retaggio e cominciò a dissociarsene pubblicamente.
«Ho sempre chiarito di non condividere in alcun modo l’ideologia nazista», ha ribadito il già Hitler. «Il mio impegno politico è radicato nella liberazione della Namibia e nello sviluppo delle nostre comunità rurali». In privato, familiari e collaboratori lo chiamano da tempo soltanto «Adolf», un’abitudine che ora desidera estendere a ogni contesto ufficiale.
Il caso richiama la complessa eredità coloniale tedesca in Namibia, dove nomi di origine teutonica restano relativamente comuni. Proprio in quel periodo (1904-1908) le truppe tedesche perpetrarono il genocidio degli Herero e dei Nama, un capitolo storico ancora poco noto a livello globale. Tuttavia, il fatto che esistano nel Paese africani bambini chiamati come il famigerato dittatore nazionalsocialista prova che forse la storia degli orrori coloniali non è esattamente conosciuta, o sentita, dalle popolazioni indigine.
Nonostante l’attenzione mediatica internazionale, lo Hitler namibiano continua a dominare le urne: nelle recenti elezioni locali ha nuovamente stravinto a Ompundja con un margine schiacciante. Per i suoi elettori, il curriculum di vent’anni di servizio concreto – strade, acqua, scuole e sostegno alle famiglie – pesa infinitamente più di un nome che il consigliere ha deciso di lasciarsi definitivamente alle spalle.
Renovatio 21 ritiene che si tratti di un caso in cui qualcuno potrebbe gridare alla frode elettorale: uno vota Hitler, e poi si trova uno qualsiasi, anzi un Uunona. È giusto?
Il cittadino sincero-democratico deve porsi a questo punto la domanda: se la democrazia vuole Hitler, perché toglierlo? Cioè, non è che lo si toglie, semplicemente, gli si cambia nome…
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Immagine dell’Oshana Regional Country
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L’enigma dell’italofonia delle bici giapponesi
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Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo
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Arte
Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate
Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».
Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.
Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.
«Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».
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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.
«Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate.
Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.
Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.
Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.
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Carlos Varela via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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