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Geopolitica

Trump: gli USA conquisteranno la Groenlandia al 100%

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di essere sicuro che Washington prenderà il controllo della Groenlandia e di aver già avuto conversazioni «assolutamente» concrete sull’annessione del territorio autonomo danese.

 

«Otterremo la Groenlandia. Sì, al 100%», ha detto Trump all’emittente statunitense NBC in un’intervista telefonica sabato. C’è una «buona possibilità che potremmo farcela senza la forza militare», ha affermato, aggiungendo che non avrebbe «tolto nulla dal tavolo».

 

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Secondo il presidente americano, l’annessione della Groenlandia è una questione di «pace internazionale» e «sicurezza e forza internazionale«. Quando gli è stato chiesto quale messaggio avrebbe inviato la mossa al resto del mondo, Trump ha dichiarato: «Non ci penso davvero. Non mi interessa davvero».

 

Un video condiviso da Trump all’inizio di questa settimana sosteneva che l’isola era minacciata da «aggressione russa» ed «espansione cinese». La clip affermava che la partnership tra Groenlandia e Stati Uniti «non è solo storia. È destino».

 

 

Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato giovedì che «la Russia non ha mai minacciato nessuno nell’Artico». Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa il presidente del Comitato di difesa della Duma di Stato russa Andrej Kartapolov aveva accusato gli USA di volere la Groenlandia per installarvi basi per caccia atomici.

 

L’intervista di Trump è stata rilasciata appena un giorno dopo che il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha visitato il territorio artico ricco di risorse. Durante la sua permanenza, ha accusato la Danimarca di fare un pessimo lavoro per la popolazione della Groenlandia. «Penso che sareste molto meglio sotto l’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti di quanto non lo siate stati sotto quello della Danimarca», ha affermato Vance durante la visita a una base statunitense sull’isola.

 

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Trump aveva inizialmente proposto di acquistare il territorio autonomo danese durante il suo primo mandato nel 2019 e ha riacceso la discussione dopo essere tornato in carica. Da allora ha ripetutamente promesso di rendere l’isola parte degli Stati Uniti, sostenendo che è necessario per motivi di sicurezza.

 

Le dichiarazioni del presidente americano hanno suscitato una reazione furiosa da Copenhagen. Il ministro della Difesa danese Troels Lund Poulsen ha dichiarato questa settimana che tali azioni non erano appropriate per uno stretto alleato e stavano solo «aumentando le tensioni». Il ministro danese ha quindi accusato Trump di essere andato «troppo oltre».

 

Come riportato da Renovatio 21, parlamentare danese e presidente del comitato di difesa Rasmus Jarlov ha avvertito a metà marzo che le aspirazioni degli Stati Uniti di annettere l’isola potrebbero portare a una guerra tra le nazioni della NATO. L’eurodeputato danese, Anders Vistisen, durante un discorso al Parlamento europeo a Strasburgo si era spinto a dire: «mi lasci dire le cose in parole che può capire… Signor Trump, vada a fanculo».

 

Anche il primo ministro uscente della Groenlandia, Mute B. Egede, ha denunciato quella che ha definito «pressione aggressiva» da parte degli Stati Uniti.

 

 

Ora anche il neoeletto premier groenlandese, Jens-Frederik Nielsen, ha esortato la popolazione dell’isola a unirsi e a far capire chiaramente al presidente degli Stati Uniti Donald Trump che Washington non assumerà mai il controllo del territorio artico.

 

In un post su Facebook pubblicato domenica, Nielsen ha chiesto una risposta calma ma ferma alla crescente pressione degli Stati Uniti.

 

«Non dobbiamo agire per paura. Dobbiamo rispondere con pace, dignità e unità», ha scritto. «Il presidente Trump afferma che gli Stati Uniti stanno “ottenendo la Groenlandia”. Voglio essere chiaro: gli Stati Uniti non la stanno ottenendo», ha affermato Nielsen.

 

«Non apparteniamo a nessun altro. Siamo noi a determinare il nostro futuro», ha ribadito. «Ed è attraverso questi valori che dobbiamo mostrare chiaramente, chiaramente e con calma al presidente americano che la Groenlandia è nostra. Era così ieri. È così oggi. Ed è così che sarà in futuro».

 

Nielsen, leader del partito Demokraatit, è stato eletto all’inizio di questo mese con una sorprendente vittoria. La sua piattaforma si è concentrata sulla protezione dell’autonomia della Groenlandia, sulla riduzione della dipendenza dalla Danimarca e sull’incoraggiamento degli investimenti internazionali senza rinunciare al controllo sulle risorse locali.

 

Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa Trump, con a fianco il segretario NATO Mark Rutte nello Studio Ovale, aveva dichiarato che l’annessione della Groenlandia avverrà e l’Alleanza Atlantica potrebbe perfino essere coinvolta.

 

La presenza nell’ultima uscita di Trump della parola «destino» appare come un riferimento esplicito alla teoria del «Destino Manifesto» degli USA, ossia la logica per cui il Paese egemone dovrebbe spingere emisfericamente la sua espansione in tutto il continente.

 

La ridefinizione del Golfo del Messico come «Golfo d’America», i discorsi di annessione del Canada come ulteriore Stato dell’Unione e la manovra su Panama – canale costruito dagli USA proprio a partire da ideali non dissimili – vanno in questo senso di profonda riformulazione geopolitica della politica Estera della superpotenza.

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.   Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.   «Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.   Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.   All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.   La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.   Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.   Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.  

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Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.

 

Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.

 

Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».

 

Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».

 

«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.

 

Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.

 

Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».

 

«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.

 

Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».

 

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Geopolitica

Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.   Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.   Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.   Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.   Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».   «Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».   Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».   Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.  

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