Immigrazione
Trappole vaginali: grande proposta tedesca contro gli immigrati violentatori
All’allarmante aumento dei casi di stupro – nell’ultimo lustro, il numero di aggressioni denunciate è aumentato del 49,5%, superando le 12.000 all’anno – la Germania risponde con la proposta di «trappole vaginali» con punte interne progettate per ferire il pene dell’aggressore.
L’idea, riciclata da una vecchia invenzione sudafricana chiamata Rape-aXe, consiste in un dispositivo vaginale che una donna può indossare per autodifesa. Se diventa vittima di stupro, il dispositivo si attiva, infliggendo dolore e lesioni all’aggressore e facilitando anche la successiva identificazione medica. Tale cintura di castità elettronica mutilante è stata propalata dagli attivisti sudafricani sostengono che il sistema legale non è stato efficace nel prevenire o ridurre gli stupri e altri atti di violenza contro le donne.
Il marchingegno di difesa vaginale è stato inventato da Sonette Ehlers, una dottoressa sudafricana motivata a crearlo nel 2005 mentre lavorava come tecnico del sangue presso il Servizio Trasfusionale del Sud Africa, periodo durante il quale incontrò numerose vittime di stupro. La Ehlers ha raccontato di essere stata ispirata a progettare il Rape-aXe da una paziente che era stata violentata esclamò: «se solo avessi i denti laggiù» alludendo al mito, comune a tutta l’umanità (dalla famosa «osteria numero 20» del canto popolare a certuni film horror) di quella che con espressione latina si può chiamare vagina dentata.
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Inizialmente chiamato RapeX, il nome fu cambiato nel 2006 dopo aver scoperto che RAPEX è anche un sistema di allerta dell’UE contro le merci pericolose sul mercato. Il Rape-aXe è una guaina in lattice con punte affilate e rivolte verso l’interno, che verrebbe indossata da una donna nella sua vagina come un preservativo femminile. Se un aggressore tenta uno stupro vaginale, il suo pene penetra nella guaina in lattice e viene impigliato nelle punte, causando all’aggressore un dolore lancinante durante l’estrazione e dando alla vittima il tempo di fuggire. Il preservativo rimane attaccato al corpo dell’aggressore quando questi si ritrae poteva essere rimosso solo chirurgicamente, il che avrebbe allertato il personale ospedaliero e la polizia.
La sociologa Julia Wege dell’Università di Scienze Applicate di Ravensburg-Weingarten e il medico Urs Schneider del Fraunhofer Institute for Health Technology di Stoccarda hanno annunciato uno studio con cui intendono indagare gli ausili tecnici contro la violenza sessuale, tra cui questo.
«Ciò che viene presentato come una misura innovativa e rafforzante è in realtà una resa dello Stato. È la tacita ammissione che le strade non sono sicure, che il sistema giudiziario non offre alcuna protezione, che i confini sono aperti e che le donne devono prepararsi a difendersi da sole, come se vivessero in una zona di guerra» scrive The European Conservative.
Ogni sorta di follia, pure con accenti tecnomedievali, va bene pur di non ammettere la verità: l’aumento della violenza sulle donne è provocato dall’immigrazione di massa.
La distruzione sociale operata dall’invasione kalergista è per la Germania un tabù assoluto: al punto che nemmeno è possibile citare gli stessi dati del governo.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato un tribunale della Bassa Sassonia ha condannato la politica di Alternative für Deutschland (AfD) Marie-Therese Kaiser per incitamento all’odio tramite condivisione di dati governativi che dimostrano che gli afgani hanno una probabilità sproporzionatamente maggiore di commettere stupri di gruppo.
Anche le condanne lievi della magistratura germanica agli immigrati stupratori non sono più discutibili: uomo tedesco che aveva insultato un giudice dopo che il magistrato aveva emesso una sentenza lieve a un siriano che ha violentato una ragazza di 15 anni — è stato colpito da una multa di 5.000 euro per l’insulto. Il siriano, invece, ha pagato alla vittima della violenza sessuale 3.000 euro.
Nel frattempo, a Berlino i Verdi chiedono vagoni della metro «anti-stupro».
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Immigrazione
Trump: persone «deboli» guidano un’Europa «in decadenza»
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Immigrazione
Trump definisce gli immigrati somali «spazzatura»
Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso contrarietà all’accoglienza di immigrati somali negli Usa, invitandoli a rimpatriare nella loro terra d’origine – l’Africa orientale, «a stento una nazione» – e a «mettere ordine laggiù».
Le sue parole si inseriscono in un più ampio affondo contro la comunità somalo-americana, in particolare nel Minnesota, sede della più numerosa diaspora somala negli Stati Uniti. L’uscita segue la determinazione di Washington di sospendere le procedure di asilo, in replica alla sparatoria di due militari della Guardia Nazionale nei pressi della Casa Bianca la settimana scorsa.
Nel corso di una sessione governativa martedì, Trump ha bacchettato gli immigrati somali, tra cui la deputata democratica Ilhan Omar, accusandoli di «non recare alcun beneficio» alla società americana.
«Se proseguiamo a importare rifiuti nella nostra Patria, imboccheremo la strada del declino. Ilhan Omar è immondizia, è immondizia. I suoi amici sono immondizia», ha tuonato, aggiungendo che la Somalia «è un fallimento per un valido motivo».
TRUMP: “Our country’s at a tipping point. We could go bad.. We’re going to go the wrong way if we keep taking in garbage into our country.”
“Ilhan Omar is garbage. She’s garbage. Her friends are garbage. These aren’t people that work. These aren’t people that say, ‘let’s go,… pic.twitter.com/fmH2t3Q2gp
— Fox News (@FoxNews) December 2, 2025
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«Queste non sono persone che lavorano. Non sono persone che dicono: “Andiamo, forza. Rendiamo questo posto fantastico”. Queste sono persone che non fanno altro che lamentarsi» ha tuonato il presidente USA. «Quando vengono dall’inferno e si lamentano e non fanno altro che lagnarsi non li vogliamo nel nostro Paese. Lasciamo che tornino da dove sono venuti e risolvano la situazione».
Omar, nata in Somalia e naturalizzata statunitense, è la prima donna di origini africane a sedere al Congresso, eletta nel quinto distretto del Minnesota e membro della «squad» progressista democratica, spesso in rotta di collisione con i repubblicani.
Come riportato da Renovatio 21, Trump l’aveva già bollata come «feccia» a settembre, dopo che era scampata per un soffio a una mozione di censura alla Camera per commenti sprezzanti sull’attivista conservatore Charlie Kirk, assassinato. Aveva pure rilanciato illazioni su un presunto matrimonio con il fratello per ottenere «illecitamente» la cittadinanza americana.
In un messaggio su X diramato martedì, Omar ha tacciato di «inquietante» l’«ossessione» del presidente \nei suoi confronti. «Spero ottenga l’assistenza di cui abbisogna urgentemente», ha commentato.
His obsession with me is creepy. I hope he gets the help he desperately needs. https://t.co/pxOpAChHse
— Ilhan Omar (@IlhanMN) December 2, 2025
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La Somalia versa in una cronica instabilità e minaccia terroristica da decenni, alimentata dal gruppo qaidista Al-Shabaab e da altre frange estremiste. Molti somali approdarono negli USA negli anni Novanta, in piena guerra civile. Altri ancora arrivarono con Obama.
La scorsa settimana, Trump ha annunciato l’intenzione di estromettere i somali dal programma di Temporary Protected Status (TPS), che autorizza immigrati da nazioni in crisi a soggiornare e lavorare negli USA, denunziando «brigate» di rifugiati somali che «hanno invaso» il Minnesota, «un tempo uno Stato magnifico», seminando terrore e facendo evaporare miliardi di dollari.
Il governatore del Minnesota Tim Walz – da Trump etichettato come un capo «ritardato» per non aver «mosso un dito» contro il fenomeno – ha stigmatizzato la revoca del TPS come «discriminatoria e lesiva».
La comunità somala negli Stati Uniti, stimata tra 150.000 e 200.000 persone, è una delle più grandi diaspore somale al mondo. Lo Stato del Minnesota ospita la popolazione più numerosa, con circa 86.000 Somali, concentrati a Minneapolis, soprannominata «Little Mogadishu», o Piccola Mogadiscio. Altre comunità significative si trovano a Columbus (Ohio), Seattle (Washington) e San Diego (California). La migrazione, iniziata negli anni Novanta per la guerra civile in Somalia, è stata guidata da opportunità lavorative e supporto di agenzie di reinsediamento.
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Immagine di pubblico dominio Cc0 via Flickr
Immigrazione
Nemmeno la provincia è al riparo dalla violenza dell’immigrazione: in memoria di Thomas Perotto
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