Cina
Taiwan, escalation totale. O patto segreto?
Gli analisti militari hanno parlato di un continuo build-up cinese, un aumento della pressione militare da parte di Pechino nella possibile area di scontro con Taiwan.
Sarebbero stati schierati in questi giorni 150 velivoli della Repubblica Popolare, di cui ben 56 (!) che avrebbero violato lo spazio aereo di difesa e identificazione (ADIZ) di Formosa. Tra di essi, vi erano alcuni bombardieri H-6K
L’ADIZ, dallo scorso gennaio, è stata violata almeno 600 volte dagli aerei della Cina comunista. Per fare un raffronto, in tutto il 2020 le violazioni erano state la metà.
Lo spazio aereo di difesa di Taiwan, dallo scorso gennaio, è stata violata almeno 600 volte dagli aerei della Cina comunista. Per fare un raffronto, in tutto il 2020 le violazioni erano state la metà
Il presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, non si è taciuta: ha annunciato «conseguenze» per la pace regionale e per il «sistema di alleanze democratiche». La Tsai ha inoltre fatto presente che, all’attuale stato delle cose globali, la democrazia potrebbe soccombere all’autoritarismo.
Le dichiarazioni del presidente taiwanese fanno seguito a quelle del suo ministro degli Esteri Joseph Wu che aveva dichiarato che si stava preparando alla guerra cooperando con i «vicini» come l’Australia. Il rischio di incidente è insomma piuttosto prossimo.
Scrive RID: «Taiwan sembra voler chiedere aiuto; aiuto che sullo scorcio dell’Amministrazione Trump gli Americani avevano già intensificato con la vendita di 66 nuovi F-16 Block 70/72, a cui è seguito il via libera all’acquisto di 4 UAV super-MALE armati MQ-9B REPAER, la fornitura di 100 lanciatori da difesa costiera per missili antinave HARPOON Block II, di 11 lanciatori mobili HIMARS per missili balistici tattici ATACMS (con 64 missili), e di 135 missili aria-superficie standoff SLAM-ER per equipaggiare i caccia F-16 in servizio».
La Cina potrebbe voler innervosire quella che chiama «provincia ribelle» puntando magare alle Isole Pratas, a mezzo migliaio di chilometri dall’Isola e a 320 da Hong King. Le Pratas sono controllate da Taipei ma sono rivendicate, ovviamente, da Pechino, che con esse avrebbe una via di accesso al Mar Cinese Meridionale e all’Oceano Pacifico.
«Un qualcosa che, sinistramente, ricorda la dinamica delle relazioni tra Giappone e USA prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel Pacifico»
La Cina sarebbe tuttavia concentrata nel formulare una risposta all’AUKUS, l’alleanza tra Australia, USA e Gran Bretagna che dovrebbe dotare Canberra di sommergibili nucleari.
«Un qualcosa che, sinistramente, ricorda la dinamica delle relazioni tra Giappone e USA prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel Pacifico» scrive Portale Difesa.
Tuttavia, poche ore fa la Casa Bianca ha fatto uscire confuse notizie su una telefonata tra Joe Biden e Xi Jinping.
«Abbiamo concordato, rispetteremo l’accordo di Taiwan», il senile presidente ha risposto ai giornalisti che lo hanno intercettato mentre tornava dal Michigan.
Ci domandiamo se non si tratti invece di un’ulteriore clausola di un patto, ben più profondo, decisivo e sanguinario, che Washington e Pechino hanno stipulato e che ha portato al probabile abbandono del piatto ricco (in materie prime) dell’Afghanistan alla Cina lo scorso mese
Questa frase, ovviamente, non vuol dire nulla: a nessuno è chiaro a quale accordo si riferisse. Al punto che è lecito chiedersi se Biden si stesse rendendo conto di cosa stava parlando (cosa che, come noto, spesso non accade).
Washington di base ha disposto nei decenni di una «politica della Unica Cina»: riconosce in via ufficiale prima Pechino e poi Taipei. Tale politica è basata su ben tre comunicati congiunti, altre sei assicurazioni e il cosiddetto Taiwan Relations Act, che stabilisce come Washington voglia relazioni diplomatiche con la Cina ma si aspetta che la situazione di Taiwan sia risolta pacificamente.
A Renovatio 21, tuttavia, viene un altro dubbio.
Conoscendo i legami miliardari tra figuri legati all’Intelligence pechinese e al Partito Comunista Cinese e il corrotto e perverso figlio del sinofilo Joe Biden, Hunter, e sapendo come – nonostante la censura dei social media – vi sia stato chi ha implicato nel malaffare cinese anche lo stesso Biden senior (forse chiamato «Big Guy», «il pezzo grosso», un alcune mail dove venivano spartiti i danari) ci domandiamo se non si tratti invece di un’ulteriore clausola di un patto, ben più profondo, decisivo e sanguinario, che Washington e Pechino hanno stipulato e che ha portato al probabile abbandono del piatto ricco (in materie prime) dell’Afghanistan alla Cina lo scorso mese.
Immagine di Colin Cooke Photo via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Cina
La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontrerà il presidente cinese Xi Jinping la prossima settimana durante un viaggio in Asia, ha dichiarato giovedì la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt.
Trump si recherà in Malesia e Corea del Sud, dove incontrerà Xi Jinping giovedì prossimo a margine del Vertice di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC). Leavitt non ha fornito ulteriori dettagli sull’incontro.
L’annuncio giunge in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra i due Paesi. La settimana scorsa, Trump ha minacciato di introdurre un ulteriore dazio del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre.
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Questa escalation segue la decisione di Pechino di imporre restrizioni più severe sulle esportazioni di terre rare, nonostante avesse precedentemente definito «insostenibili» le tariffe elevate. La nuova politica cinese non colpisce direttamente gli Stati Uniti, ma le aziende tecnologiche americane dipendono fortemente dalle forniture cinesi di terre rare.
Sebbene Trump avesse annunciato settimane fa l’intenzione di incontrare Xi al vertice APEC, non aveva specificato la data. Tuttavia, aveva anche accennato alla possibilità di cancellare l’incontro, a causa del disappunto per le restrizioni cinesi sull’export di minerali di terre rare.
Mercoledì, il presidente statunitense ha dichiarato che i due leader avrebbero discusso di temi che spaziano dal commercio all’energia nucleare, aggiungendo che intende affrontare anche la questione degli acquisti di petrolio russo da parte della Cina.
L’incontro in Corea del Sud sarà il primo faccia a faccia tra i due leader da quando Trump è tornato al potere a gennaio. I due si sono parlati almeno tre volte quest’anno, ma l’ultimo incontro di persona risale al 2019, durante il primo mandato di Trump.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Cina
La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico
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Cina
La Cina espelle 9 generali di alto rango, tra cui due dirigenti del Partito Comunista, in una purga radicale
In una delle più significative operazioni di epurazione degli ultimi decenni, il presidente cinese Xi Jinping ha avviato una nuova ondata di licenziamenti ai vertici delle forze armate. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha infatti espulso nove generali di alto rango, in quella che gli analisti definiscono una mossa dettata non solo da motivazioni disciplinari, ma anche da logiche di lealtà politica.
Secondo una dichiarazione del ministero della Difesa pechinese, i nove ufficiali sarebbero sotto inchiesta per «grave illecito finanziario». A rendere il caso ancora più insolito è il fatto che la maggior parte di loro erano generali a tre stelle e membri del potente Comitato Centrale del Partito.
Non si è trattato di semplici retrocessioni: la maggior parte dei militari è stata completamente espulsa dalle forze armate. Nella nota ufficiale, il ministero ha accusato i generali di aver «gravemente violato la disciplina di partito» e di essere «sospettati di gravi reati connessi al servizio, che coinvolgevano una quantità di denaro estremamente elevata, di natura estremamente grave e con conseguenze estremamente dannose».
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Le autorità cinesi hanno sottolineato che gli ufficiali «saranno puniti legalmente e militarmente» a seguito dell’indagine, definita «un risultato significativo nella campagna anticorruzione del partito e dell’esercito».
La figura più illustre tra gli epurati è il generale He Weidong, fino a poco tempo fa vicepresidente della Commissione Militare Centrale (CMC) e membro del Politburo, l’élite di 24 dirigenti che guidano il Paese. He era considerato il secondo uomo più potente dell’apparato militare dopo Xi Jinping stesso, che presiede la CMC.
Negli ultimi mesi si erano diffuse voci secondo cui il generale He si fosse scontrato con Xi e con la leadership del Partito. Da marzo, infatti, non era più apparso in pubblico, circostanza che aveva alimentato le speculazioni su una possibile inchiesta interna.
Secondo il Wall Street Journal «il generale He è l’ufficiale militare in servizio attivo più anziano che Xi abbia mai epurato, e il primo vicepresidente in carica della Commissione Militare Centrale a essere estromesso in quasi quarant’anni». Il quotidiano statunitense ricorda inoltre che il 68enne He è «il primo membro in carica del Politburo a essere indagato dal 2017».
L’ultima volta che la Cina aveva assistito a un’epurazione di vertici militari di simile livello risale a circa un decennio fa, quando furono espulsi due vicepresidenti in pensione della CMC per corruzione, durante il primo mandato di Xi Jinping.
Segnali di una possibile purga erano già emersi a luglio, quando la Commissione Militare Centrale aveva emanato nuove linee guida che invitavano a eliminare «l’influenza tossica» nelle forze armate e a seguire «regole ferree» per gli ufficiali di alto grado.
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I nove ufficiali epurati sono He Weidong (vicepresidente della Commissione Militare Centrale, CMC); Miao Hua (direttore del dipartimento di Lavoro Politico del CMCM), He Hongjun (vicedirettore esecutivo del Dipartimento di Lavoro Politico del CMC); Wang Xiubin (vicedirettore esecutivo del Centro di Comando delle Operazioni Congiunte del CMC; Lin Xiangyang (comandante del Teatro Orientale); Qin Shutong (commissario politico dell’Esercito); Yuan Huazhi (commissario politico della Marina); Wang Houbin (Comandante delle Forze Missilistiche); Wang Chunning (comandante della Forza di Polizia Armata).
Secondo osservatori interni, potrebbero esserci ulteriori epurazioni nelle prossime settimane. I licenziamenti, infatti, sono stati annunciati alla vigilia del conclave annuale a porte chiuse del Comitato Centrale del Partito Comunista, in programma dal 20 al 23 ottobre a Pechino, durante il quale si discuterà il prossimo piano quinquennale.
Wen-Ti Sung, analista del Global China Hub dell’Atlantic Council, ha commentato la notizia ai media statunitensi affermando: «Xi sta sicuramente facendo pulizia. La rimozione formale di He e Miao significa che potrà nominare nuovi membri della Commissione Militare Centrale, che è rimasta praticamente mezza vuota da marzo, durante il Plenum».
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Immagine di China News Service via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
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