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Geopolitica

Swaziland, guerra civile in arrivo nella monarchia assoluta africana

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Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza nella capitale dello Swaziland, Mbabane, e altrove, con molti incendi e saccheggi in cui il re detiene una partecipazione. Il governo ha risposto in modo aggressivo, con testimoni, attivisti e personale ospedaliero che hanno riferito che i militari e la polizia hanno sparato proiettili veri contro manifestanti e saccheggiatori, al punto che secondo fonti del New York Times gli ospedali (che già si trovano senza farmaci e senza ossigeno e perfino senza cibo) sarebbero inondati dai feriti dei colpi della repressione.

 

Lo scorso giovedì e venerdì mentre i militari hanno preso il controllo di aree di disordini diffusi; i manifestanti catturati ora pensano alla possibilità di essere fucilati, ha detto al NYT Brian Sangweni, portavoce del People’s United Democratic Movement, un partito politico pro-democrazia che il governo di Eswatini già riteneva un «gruppo terroristico». La sorella dell’ avvocato Sangweni è stata ammazzata lo scorso martedì da forze di sicurezza governative che stavano dispederendo la protesta in una zona industriale dove la ragazza lavorava.

I militari e la polizia hanno sparato proiettili veri contro manifestanti

 

A causa della chiusura dei confini – lo Swaziland non ha sbocchi sul mare – benzina e generi alimentari cominciano a scarseggiare in tutto il Regno, mentre si registrano anche i primi shutdown dell’intera rete informatica: in quest’ultimo caso potrebbe trattarsi di una decsione degli apparati di Stato per reprimere il dissenso che monta.

 

Lo Swaziland, piccolo regno da un milione circa di abitanti incistato tra Sudafrica e Mozambico, da qualche anno ha cambiato il nome in Eswatini, parola che sembra un po’ un cocktail e un po’ un prodotto Microsoft, per decisione del monarca assoluto re Mswati III.

 

Il re dello Swaziland sceglie il primo ministro e il governo del suo Paese e possiede il potere di sciogliere il Parlamento. La sua presa sulle limitate risorse economiche della nazione ha garantito uno stile di vita sontuoso di auto e palazzi di lusso, e i suoi figli sfoggiano le loro opulente feste di compleanno sui social media. Circa sei cittadini su 10, nel frattempo, vivono in condizioni di povertà.

 

Il re dello Swaziland sceglie il primo ministro e il governo del suo Paese e possiede il potere di sciogliere il Parlamento. La sua presa sulle limitate risorse economiche della nazione ha garantito uno stile di vita sontuoso di auto e palazzi di lusso, e i suoi figli sfoggiano le loro opulente feste di compleanno sui social media. Circa sei cittadini su 10, nel frattempo, vivono in condizioni di povertà

«Quella spesa grandiosa, mentre gran parte della popolazione soffre, ha suscitato proteste nel corso degli anni» scrive il NYT.

 

La rivolta covava sin dall’uccisione di uno studente di legge lo scorso maggio, che la polizia ritiene vittima di un incidente d’auto, ma che i suoi compagni sono certi essere stato ammazzato dalla stessa polizia. Sono seguite proteste che hanno coinvolto anche i parlamentari interessati a portare avanti la riforma per l’eleggere per elezione popolare – e non per prelazione regale – il Primo Ministro del Paese.

 

Alcuni parlamentari sono stati messi ai domiciliari in modo che non incontrassero i manifestanti, e il governo ha quindi dichiarato il divieto di consegna di petizioni di persona, richiedendo invece che fossero inviate tramite e-mail, scatenando le feroci proteste che si stanno svolgendo.

 

Dopo che il Paese ottenne l’indipendenza nel 1968, Sobhuza II, che i colonizzatori britannici avevano designato come capo supremo, divenne re. A soli cinque anni dall’inizio del regno datogli da Londra, il re strappò la Costituzione e bandì i partiti politici, mettendo nelle sue mani la maggior parte del controllo del paese.

 

Alcuni parlamentari sono stati messi ai domiciliari in modo che non incontrassero i manifestanti, e il governo ha quindi dichiarato il divieto di consegna di petizioni di persona, richiedendo invece che fossero inviate tramite e-mail, scatenando le feroci proteste che si stanno svolgendo

Quel potere è stato passato al diciottenne principe Makhosetive, figlio del re Sobhuza II, nel 1986, quattro anni dopo la morte del re. Il principe prese il titolo di re Mswati III.

 

Anche se il re Mswati III, ora 53enne, ha aderito alle richieste popolari di una nuova costituzione nel 2005, ha mantenuto il potere assoluto. La sua famiglia detiene una partecipazione in numerose iniziative imprenditoriali, tra cui almeno una percentuale del 25% degli accordi minerari nel paese. Gran parte di quella ricchezza va a sostenere la sua famiglia tentacolare: 15 mogli e più di 30 figli.

 

La piaga dell’HIV colpisce il 37% della popolazione swazi tra i 15 e i 49 anni dello Swaziland, uno dei tassi più alti al mondo. Re Mswati, risaputamente sensibile alla superstizione autoctona, incolpa talvolta gli stregoni, talvolta Big Pharma. Nessuno gli ha detto che in fondo sono la stessa cosa.

 

 

 

 

 

 

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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