Geopolitica
Storia segreta dell’ucronazismo
Il tabù dei tabù su giornali, TV e social è l’esistenza, più che mai centrale nelle faccende ucraine di queste ore, di milizie apertamente neonaziste.
Svastiche e crudeltà: i racconti si susseguono dagli anni di Maidan, tanto che gli avversari hanno coniato la parola «ucronazismo».
Si tratta di un fenomeno complesso: vi sono radici storiche di collaborazione con il III Reich, connivenze con servizi segreti occidentali, controintuitivi finanziamenti da parte di oligarchi ebrei.
Le milizie neonaziste ucraina attuali si rifanno a Stepan Bandera (1909-1959), ideologo e leader dell’ultranazionalismo ucraino, collaborazionista del III Reich e considerato da alcuni storici un terrorista e un criminale di guerra, accusato di massacri di polacchi e financo di responsabilità nella tragedia degli ebrei ucraini. Si tratta di una figura assai controversa in Ucraina, perché, nonostante le accuse, nel 2010 il presidente Viktor Yushenko (avversario del filorusso Yanukovic, che gli succederà poco dopo, nonché marito di un ufficiale del Dipartimento di Stato USA) gli conferì il titolo postumo di «Eroe dell’Ucraina», suscitando la condanna non solo della Russia, ma anche dell’Unione Europea, oltre che di organizzazioni polacche ed ebraiche. Il presidente Yanukovic nel 2011 annullò il titolo.
Bandera aveva dichiarato nel 1941 l’Ucraina come Stato, asserendo che avrebbe lavorato con la Germania nazista. Tuttavia, i nazisti lo misero in campo di concentramento, per poi tirarlo fuori nel 1944 mentre le truppe sovietiche avanzavano verso Occidente. Dopo la guerra, Bandera si stabilì nella Germania Ovest, dove continuò a capeggiare l’OUN (l’organizzazione dei nazionalisti ucraini) e dove si dice lavorò anche con i servizi segreti britannici. Fu assassinato da agenti del KGB a Monaco nel 1959.
Ucronazisti, un fenomeno complesso: vi sono radici storiche di collaborazione con il III Reich, connivenze con servizi segreti occidentali, controintuitivi finanziamenti da parte di oligarchi ebrei
Tuttavia, la rete antirussa creata prima, durante e dopo la guerra era troppo preziosa per essere perduta. Non solo gli inglesi se ne interessarono, ma pure, ovviamente, gli americani.
Un documento della CIA dell’agosto 1950, citato dal giornalista investigativo Wayne Madsen in articoli dei tempi di Maidan, rivela che già agli albori della Guerra Fredda, l’Intelligence statunitense (all’epoca chiamata OSS) sfruttò l’Intelligence e la strategia naziste che usarono vari gruppi nazionalisti ucraini durante la Seconda Guerra Mondiale.
«Altri gruppi ucraini identificati dai nazisti e abbracciati dalla CIA includono lo Sluzhba Bezopasnosti o Servizio di sicurezza dell’OUN, il gruppo Bandera, il gruppo Mel’nik, l’unità partigiana Taras Bulba (Borovets) in Galizia, l’esercito rivoluzionario ucraino dell’Ucraina occidentale e Galizia (la cui bandiera rossa e nera è stata reintrodotta dai gruppi finanziati da George Soros durante le attuali proteste in Ucraina), il movimento Hetman, l’Unione per la liberazione dell’Ucraina (che aveva sede a Parigi) e il cosacco nazionale ucraino Movimento (che aveva sede a Berlino). Il leader dell’Unione filo-nazista per la liberazione dell’Ucraina a Parigi si chiamava Levitsky, un ebreo ucraino» scriveva Madsen.
«Il documento dell’intelligence nazista sottolinea anche che molti nazionalisti ucraini, alcuni dei quali sarebbero poi entrati nei ranghi della CIA, furono addestrati nei “campi dell’esercito e della polizia tedeschi a Cracovia, Neuhammer, Brandeburgo e Francoforte-Oder” e furono successivamente “assegnati all’est per la guerra partigiana”».
Madsen racconta come questa rete sovversiva sia stata tenuta in piedi dalla CIA per tutta la guerra fredda, tramite servizi di dezinformatsja come quello del giornale del New Jersey Ukraine Weekly, che nel 1986 riuscì a smerciare sulla prima pagina del New York Post di Murdoch la più incredibile bufala su Chernobyl: «Fosse comuni, 15.000 morti per l’esplosione del sito nucleare», era il sobrio titolo a 9 colonne. Sappiamo invece che durante tutto il 1986 i morti per l’esplosione del reattore 4 sono stati al massimo 31 – per gli effetti a lungo termine, c’è ovviamente una immane guerra di cifre, rinfocolata dalla truffaldina serie TV di qualche anno fa.
L’uomo dietro ai piani americani sull’Ucraina fu per tutta la Guerra Fredda fu il professore di economia ucraino-statunitense della Georgetown University Lev Dobriansky, un nome che torna sempre tra i front della CIA, come l’Istituto Slavo della Marquette University o il Byzantine Slavic Arts Center attivo nella capitale USA.
L’ucrainista Dobriansky chiamava l’URSS «Impero colonialista di Mosca», e fu contrario ad ogni sorta di distensione tra Mosca e Washington. Si oppose al trattato sulla messa al bando delle esplosioni nucleari, alla convenzione consolare USA-URSS, all’Outer Space Treaty delle Nazioni Unite, al trattato di non proliferazione nucleare, perfino agli accordi sulla rotta commerciale Mosca-New York. Dobriansky fu, ça va sans dire, mentore di tanti neocon.
La compagnia di questo signore vale infatti la pena di citarla: «gli accoliti di Dobriansky, acerrimi neoconservatori come Donald Kagan, un ebreo lituano di Kursenai, Lituania, suo figlio Frederick Kagan, un funzionario del neo-conservatore American Enterprise Institute ed ex-consigliere del generale David Petraeus in Afghanistan, e Robert Kagan della Brookings Institution, architetto del Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC) ed editorialista del Washington Post. La moglie di Robert Kagan, assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici è Victoria Nuland». Tutti oramai la conosciamo, Lady «Fuck the EU» Kagan. Dopo aver fatto disastri nel 2014 (e prima ancora, in Iraq) come sappiamo ora è tornata in pista.
La figlia di Dobrianski, Paula, ha ricoperto ruoli importanti nel Dipartimento di Stato dell’amministrazione Bush jr. Neanche a dirlo, faceva parte della colonna dei neocon.
Nel 2014, emersero squadre come il famoso battaglione Azov, considerato pubblicamente neonazista e composto da estremisti di destra da vari Paesi d’Europa. Nato dagli ultras del Metalist Kharkiv, il Battaglione Azov è ora inquadrato nella Guardia Nazionale Ucraina. È stato detto che molti miliziani Azov sono seguaci di un paganesimo slavo – chiamato Rodnovery – dedito al culto di antichi dei, per i quali avrebbero creato un tempio a Mariupol.
I rapporti pubblicati dall’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) hanno collegato il battaglione Azov a crimini di guerra come saccheggi di massa, detenzione illegale e tortura.
Un rapporto dell’OHCHR del marzo 2016 affermava che l’organizzazione aveva «raccolto informazioni dettagliate sulla condotta delle ostilità da parte delle forze armate ucraine e del reggimento Azov dentro e intorno a Shyrokyne (31 km a est di Mariupol), dall’estate del 2014 ad oggi. Saccheggio di massa di sono state documentate abitazioni di civili, nonché attacchi ad aree civili tra settembre 2014 e febbraio 2015».
Un altro rapporto dell’OHCHR ha documentato un caso di stupro e tortura: «Un uomo con disabilità mentale è stato oggetto di trattamenti crudeli, stupri e altre forme di violenza sessuale da parte di 8-10 membri dell’Azov e del Donbas (un altro battaglione ucraino) nell’agosto-settembre 2014. La salute della vittima è successivamente peggiorata ed è stata ricoverata in ospedale in un ospedale psichiatrico». Un rapporto del gennaio 2015 affermava che un sostenitore della Repubblica di Donetsk è stato detenuto e torturato con elettricità e waterboarding.
Scrive Wikipedia che «il gruppo ha utilizzato Facebook per reclutare individui di estrema destra da altri paesi europei. Nel 2019, in base alla politica di Facebook per gli individui e le organizzazioni pericolose, il supporto per il gruppo non era consentito, sebbene questo sia stato temporaneamente allentato durante l’invasione russa dell’Ucraina del 2022».
Il Battaglione Aidar è stato invece creato dal Ministero della Difesa ucraino nel 2014 per raccogliere volontari. Due suoi comandanti sono stati eletti alla Rada, il Parlamento ucraino nel 2014, ma non sono stati rieletti nel 2019. Si parlò di legami con il nazismo a causa dell’adesione al battaglione di due del Svenkarnas parti, un partito neonazista svedese. Il motto del battaglione, «s namu Bog», «Dio è con noi», è pure di origine nazista. Nel settembre 2014 Amnesty International ha dichiarato che il Battaglione aveva commesso crimini di guerra, inclusi rapimenti, detenzione illegale, maltrattamenti, furti, estorsioni e possibili esecuzioni. Nell’aprile 2015, il governatore di Luhansk nominato dal governo ucraino Hennadiy Moskal ha dichiarato che il Battaglione Aidar stava «terrorizzando la regione» e ha chiesto al ministero della Difesa ucraino di tenere a freno i suoi membri dopo una serie di furti, tra cui ambulanze e l’acquisizione di una fabbrica di pane.
C’è poi Pravij Sektor («Settore destro»), un partito di estrema destra con una proiezione paramilitare, fattosi notale durante gli scontri di piazza Maidan, e definito da molti neonazista. Pravij Sektor è il gruppo che più esplicitamente si richiama a Bandera e raccoglie i resti dell’OUN Come Aidar, ha vinto un seggio alla Rada nel 2014, ma non nel 2019. Secondo il rapporto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite del 4 maggio 2016, Pravij Sektor è una delle «milizie potenzialmente violente che hanno agito apparentemente di propria autorità, grazie a un alto livello di tolleranza ufficiale, e con quasi totale impunità, sia nel Donbass regione e nella più ampia Ucraina».
L’insieme di questi miliziani è stato utilizzato in abbondanza negli otto anni di violenza in Donbass. In questo momento a queste formazioni è assegnata la difesa di città strategiche, come Mariupol, difesa dal Battaglione Azov, che in queste ore è sotto l’assedio delle truppe russe.
Accusati di antisemitismo, hanno con probabilità ricevuto armi automatiche provenienti da Israele vendute al governo ucraino, cosa che ha spinto gruppi israeliani per i diritti umani a protestare.
È riportato che vari membri della comunità ebraica ucraina hanno supportato i battaglioni. In particolare, i più ricchi.
«Queste forze sono state finanziate privatamente da oligarchi: il più noto è Igor Kolomojskij, un magnate dell’energia miliardario e allora governatore della regione di Dnipropetrovska» scrive Al Jazeera.
Kolomojskij, già governatore dell’oblast’ di Dnipropetrovsk, networth attorno a 1,8 miliardi di dollari e considerato nel 2019 il terzo uomo più potente d’Ucraina, è presidente della Comunità Ebraica Unita dell’Ucraina, e nel 2010 è stato nominato – con quello che poi sarà definito «un putsch» – presidente del Consiglio Europeo delle ComunitàEbraiche (ECJC). Tuttavia, dopo le veementi proteste degli altri membri del consiglio, dovette lasciare e fondarsi una lega ebraica tutta sua, la European Jewish Union. Si crede che l’oligarca ebreo abbia non solo finanziato il Battaglione Azov, ma anche il Battaglione Aidar, Donbas, Dnepr 1, Dnepr 2 e avrebbe investito 10 milioni di dollari nella creazione del Battaglione Dnipro. Insomma, un gran finanziatore delle milizie.
L’immagine controintuiva di un ebreo che finanzia miliziani nazisti ha creato in Ucraina una sorta di espressione scherzosa, «zhidobandera», cioè giudeobanderista, che veniva stampata su t-shirt dove il simbolo nazionale ucraino del tridente era fuso ad una torah. Vi è una simpatica fotografia del Kolomojskij che ne indossa una.
Master of Ze puppet, Ukrainian oligarch Kolomoisky, known sponsor of neo-nazi Azov battalion. The writing on a t-shirt is “jew-banderist”. pic.twitter.com/cEkzxKGeoU
— Mur Mur Myau (@popoff_alex) April 22, 2019
È del resto un uomo di spirito: ha tre passaporti (ucraino, cipriota, israeliano) e quando gli chiedono come faccia – l’Ucraina è Paese che non ammette la doppia nazionalità – risponde che per Kiev non è possibile avere due passaporto, ma non tre.
Kolomojskij, per inciso, è ritenuto un puparo dietro all’ascesa di Volodymyr Zelens’kyj. È suo il canale TV che ha lanciato l’attuale presidente con la serie Sluha Narodu («Servitore del popolo»), dove interpretava, appunto, un onesto e determinato presidente dell’Ucraina. Una voce ricorrente in queste ore, forse messa in circolo dalla dezinformatsija moscovita, vuole che adesso a difendere personalmente il presidente-attore sia una milizia e non l’esercito.
Non sappiamo se anche l’attuale guardia personale di Zelens’kyj abbia fatto i corsi intensivi organizzati dalla CIA in America dal 2015. Come riportato da Renovatio 21, giornali statunitensi hanno rivelato che gli USA stavano «preparando un’insurrezione» in Ucraina con un programma insegna agli ucraini come «uccidere i russi». «Se i russi invadono, quelli [i diplomati dei programmi della CIA, ndr] saranno la tua milizia, i tuoi leader ribelli», ha detto l’ex alto funzionario dell’Intelligence a Yahoo News. «Alleniamo questi ragazzi ormai da otto anni. Sono davvero dei bravi combattenti. Ecco dove il programma dell’agenzia potrebbe avere un serio impatto».
Nello scoop era sentito anche un ex ammiraglio che si lasciava scappare che «il livello di supporto militare» per un’insurrezione ucraina, dice l’ex ammiraglio USA, «farebbe sembrare i nostri sforzi in Afghanistan contro l’Unione Sovietica insignificanti al confronto». Da nessuna parte, nei racconti dei giornali americani sui «ragazzi» ucraini addestrati in USA, si specificava che essi con grande probabilità fanno parte di battaglioni neonazisti.
Nel suo discorso di apertura del conflitto, il presidente Putin aveva parlato di «denazificazione» dell’Ucraina. Molti non hanno capito. Altri, non informatissimi, hanno riso: per esempio, Maureen Dowd sul New York Times e Antonio Polito sul Corriere della Sera – come si può denazificare un Paese in cui il presidente è un ebreo?
Il lettore di Renovatio 21 ora può rispondere. Coloro che si informano su media mainstream invece non potranno mai.
Roberto Dal Bosco
Immagine di GianlucaAgostini via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine modificata
Geopolitica
Putin ha parlato con il presidente iraniano
Il presidente russo Vladimir Vladimirovich Putin ha parlato con il suo omologo iraniano, Ebrahim Raisi, in seguito all’attacco di droni e missili di Teheran contro Israele. Lo riporta RT, che cita l’apparato comunicativo del Cremlino.
Sabato l’Iran ha lanciato decine di droni e missili contro Israele, come «punizione» per il bombardamento del consolato iraniano a Damasco, in Siria, che all’inizio del mese ha ucciso sette ufficiali di alto rango della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), cioè i pasdaran.
Raisi ha telefonato a Putin martedì pomeriggio per discutere della «situazione aggravata» nella regione e delle «misure di ritorsione» adottate da Teheran, secondo la lettura della chiamata.
Putin «ha espresso la speranza che tutte le parti mostrino ragionevole moderazione e non permettano un nuovo round di scontro, carico di conseguenze catastrofiche per l’intera regione», ha affermato il Cremlino.
Raisi «ha osservato che le azioni dell’Iran sono state forzate e di natura limitata», aggiungendo che Teheran «non era interessata a un’ulteriore escalation delle tensioni».
Entrambi i presidenti hanno convenuto che la causa principale dell’attuale conflitto è il conflitto israelo-palestinese irrisolto, chiedendo un «cessate il fuoco immediato» a Gaza, la fornitura di aiuti umanitari e la creazione di condizioni per una soluzione politica e diplomatica.
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Israele ha promesso di fornire una risposta «chiara e decisiva» all’attacco iraniano, che secondo il governo dello Stato Ebraico è stato in gran parte intercettato. Tuttavia, secondo quanto riferito, l’esercito israeliano sta lavorando a un piano che sarebbe accettabile per gli Stati Uniti.
Nel frattempo, l’esercito iraniano ha descritto l’attacco come un grande successo. L’«Operazione Vera Promessa» ha dimostrato che le difese israeliane erano «più fragili di una ragnatela», ha detto martedì in una conferenza stampa il generale di brigata Kioumars Heydari, comandante delle forze di terra iraniane.
«Le forze armate iraniane hanno infranto il tabù sulle capacità del regime israeliano, hanno dimostrato la loro potenza, hanno chiarito che l’era del mordi e fuggi è finita e hanno definito nuove regole per la regione», ha detto lo Heydari, secondo l’agenzia iraniana Tasnim News.
Subito dopo l’attacco iraniano erano circolate su vari gruppi Telegram italiani affermazioni totalmente false secondo cui Putin avrebbe dichiarato subito di appoggiare totalmente l’Iran. Si trattava di una fake news vera e propria mandata in giro tranquillamente da canali e influencer della «dissidenza» rispetto a NATO, vaccini, etc.
Chiediamo ai lettori di non frequentare i propalatori di bufale (come quella, di qualche settimana fa, che annunziava solennemente che il re britannico era morto, o quella, circolata l’altro ieri, per cui a spirare stavolta sarebbe stato invece il Klaus Schwab) e concentrarsi su Renovatio 21, vera fonte limpida, veritiera ed approfondita che vuole restare anni luce distante dai drogati di dopamina schermica e dalle panzane stupidi irresponsabili.
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Immagine di Kremlin.ru via Wikimedia pubblicata su licenza e Creative Commons Attribution 4.0 International.
Geopolitica
L’Ucraina vuole dall’Occidente le stesse garanzie di Israele
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Geopolitica
Milei offre «chiaro e inflessibile sostegno a Israele» contro l’Iran: l’ambasciatore dello Stato Ebraico partecipa a una riunione del «gabinetto di crisi» argentino
Il presidente argentino Javier Milei ha interrotto la sua visita negli Stati Uniti il 13 aprile, è tornato a Buenos Aires e ha incontrato immediatamente l’ambasciatore israeliano Eyal Sela la mattina del 14 aprile, per offrire il suo sostegno illimitato a Israele, che aveva appena subito l’attacco dei droni iraniano.
La mossa di Milei ha scioccato le «istituzioni della politica estera argentina, nonché settori patriottici», scrive EIRN.
Negli USA, Milei aveva avuto solo il tempo per ricevere a Miami un premio come «Ambasciatore Internazionale della Luce» da una gruppo locale di ebrei Lubavitcher – religione dei suoi principali consiglieri spirituali, che lo starebbero portando alla conversione al giudaismo – e poi incontrare a Houston, in Texas, Elon Musk (che si è dichiarato un fan del suo discorso a Davos lo scorso gennaio), prima di salire su un aereo per tornare a casa per annunciare che l’Argentina si stava allineando con Israele in la sua guerra contro il mondo islamico.
🚨AHORA: Javier Milei recibe el premio de Embajador de la Luz.
✅Se trata de un nombramiento que otorga la Sinagoga The Shul de Chabad Lubavitch, y será por el apoyo que dio a Israel en el marco de la guerra que enfrenta contra el grupo terrorista. pic.twitter.com/lxI13f0kjD
— Tv Pública Libertaria (@Tv_Libertaria) April 11, 2024
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La prima pagina del quotidiano argentino Página 12 di ieri mostrava una foto di Milei, vestito con la divisa dell’esercito che indossava quando ha incontrato il comandante del Comando meridionale degli Stati Uniti, generale Laura Richardson, nella città più meridionale di Ushuaia, sotto il titolo «Milei se fue a la guerra», cioè «Milei è andato in guerra».
Repudio a la presencia oficial de la Jefa del Comando Sur en la Patagonia, Laura Richardson, quien se reunió este jueves con el presidente Javier Milei en la ciudad de Ushuaia, dos días después del aniversario de la Guerra de Malvinas
+info👉 https://t.co/Adt31Zzum4 pic.twitter.com/sNjwTtdNJ7
— CTA-A Provincia de Buenos Aires (@CTAABuenosAires) April 5, 2024
Secondo quanto riportato, l’accaduto ha fatto infuriare molti funzionari professionisti del servizio estero presso il ministero degli Esteri argentino. Dopo aver incontrato Sela in privato al palazzo presidenziale e aver fatto pubblicare una foto dei due abbracciati, il Milei ha poi compiuto il passo senza precedenti di invitare l’ambasciatore dello Stato Ebraico a partecipare a una riunione del «gabinetto di crisi» di emergenza da lui istituito per monitorare e rispondere, gli eventi del fine settimana.
Sono state rese pubbliche fotografie che mostrano Sela seduta al tavolo con Milei e i membri del gabinetto, mentre li informavano sulla situazione.
Successivamente, l’ambasciatore israeliano ha partecipato a una «conferenza stampa», che è stata registrata, ma non includeva la stampa, durante la quale ha espresso la gratitudine del primo ministro Benjamin Netanyahu e del presidente Isaac Herzog al presidente Milei per «il suo chiaro e inflessibile sostegno a Israele e per essere stato dalla parte giusta della storia», ha riferito Página 12.
Come riportato da Renovatio 21, della conversione al giudaismo di Javier Milei si parla da tanto tempo, e abbondano immagini e video in cui il personaggio sventola in pubblico grandi bandiere israeliane.
Milei debería ir a Israel en su nombre y defender su bandera… pic.twitter.com/bTQ9eYL5hA
— Senegalés Wong Fei Hung (@DevastadorK) April 14, 2024
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Sul Milei vi sarebbe l’influenza del rabbino Shimon Axel Wahnish, rabbino capo della comunità ebraica marocchina dell’Argentina (ACILBA), «un moderno dottore ortodosso in psicologia dell’educazione, Wahnish è stato direttore e professore presso un centro studi ebraico per giovani studenti universitari presso i Sucath David Programs» scrive Tablet Magazine, che riporta come dopo il loro incontro nel 2021, Milei abbia cominciato lo studio della Torah proprio sotto la guida di rabbi Wahnish.
Secondo il sito ispanofono La Politica online, il rabbino Tzvi Grunblatt (anche lui della corrente dell’ebraismo Lubavitch) avrebbe accompagnato il presidente eletto «durante il Forum Economico Latam dove il libertario è stato il relatore principale. La Fondazione Chabab era co-organizzatrice dell’evento insieme a Dario Epstein, consigliere di Milei».
Secondo il sito ebraico Anash, i rapporti di Milei con il rabbinato andrebbero oltre la guida spirituale del rabbino Wahnish.
«L’economista ed ex esperto televisivo e radiofonico ha stretti legami con il capo argentino Shliach Rabbi Tzvi Grunblatt» scrive il sito. «Secondo quanto riportato dalla stampa argentina, il rabbino Grunblatt ha contribuito a creare legami tra Milei e importanti uomini d’affari come Eduardo Elsztain». Elzstain, argentino di origine ebraica (il nonno fuggì dalla Russia sconvolta dalla rivoluzione del 1917) è considerato a capo del più grande impero economico del Paese, che spazia dagli immobili all’agricoltura, da settore minerario a quello bancario.
La società dell’Elzstain chiamata Inversiones y Representaciones S.A. (IRSA), la più grande società immobiliare argentina, è quotata alla Borsa di New York. CRESUD, azienda leader nel settore agroalimentare che opera in Argentina, Bolivia, Paraguay e Uruguay di cui Elzstain è presidente, è pure quotata al NASDAQ. L’uomo d’affari ebreo-argentino è presidente inoltre di BrasilAgro (Companhia Brasileira de Propriedades Agrícolas), anch’essa quotata alla Borsa di Wall Street. Il partenariato pubblico-privato Banco Hipotecario, la principale banca ipotecaria argentina, vede Elsztain come il maggiore azionista privato.
Devoto alla religione giudaica, si dice che il ricco Elzstain abbia costruito una sinagoga appena fuori da casa sua. Sua sorella vive in Israele. Il businessman sarebbe affiliato al movimento ebraico Chabad Lubavitch, corrente dello chassidismo nata nel XVIII secolo e ora avente come base principale Nuova York, in particolare nel quartiere di Crown Heights, a Brooklyn.
Elsztain ha vissuto a New York nel 1989-90. Durante quel periodo, nel 1990, «si presentò a un incontro con il leggendario investitore George Soros», secondo il quotidiano israeliano Haaretz. Un articolo del quotidiano La Nacion afferma che Elsztain incontrò Soros «attraverso contatti… nella comunità ebraica di Buenos Aires». In ogni caso, Soros «fu convinto a lasciare che l’ambizioso giovane gestisse 10 milioni di dollari per lui», cosa che Elsztain fece «con grande successo», riporta l’enciclopedia online.
Oltre a Soros, Elsztain ha anche lavorato a stretto contatto con il magnate immobiliare statunitense Sam Zell (vero nome Shmuel Zielonka), miliardario americano attivo in molte cause filantropiche per l’ebraismo in America e in Israele.
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Elszstain avrebbe contatto anche con il manager di hedge fund Michael Steinhardt, miliardario pure lui attivo assai nelle cause ebraiche, con donazioni per più di un centinaio di milioni, ad esempio con viaggi gratuiti di 10 giorni offerti ad ebrei di età tra i 18 e i 26 anni. Steinhardt fa parte del «Mega Group», un club vagamente organizzato di 20 tra gli uomini d’affari ebrei più ricchi e influenti, formato da Leslie Wexner, il padrone del marchio di lingerie Victoria’s Secret considerato mentore (e forse vittima?) di Jeffrey Epstein, cui cedette la lussuosissima magione di Nuova York.
Un altro contatto riconosciuto dell’Elsztain è il magnate di Hollywood Edgar Bronfman junior, ex CEO della Warner e di Seagram, il colosso del whisky costruito dal padre, Edgar Bronfman senior, che come presidente del World Jewish Congress (di cui Elsztain nel 2005 sarebbe divenuto tesoriere), aveva avviato un’attività diplomatica con l’Unione Sovietica per portare alla legittimazione della lingua ebraica nell’URSS e ha contribuito a far sì che gli ebrei sovietici potessero legalmente praticare la propria religione, come così come emigrare in Israele. En passant, ricordiamo che le due sorelle di Bronfman jr. sono state oggetto delle cronache recenti perché coinvolte a vario titolo nello scandalo della setta psico-sessuale NXIUM, della quale tuttavia il defunto padre sembrava diffidare molto.
Secondo quanto riportato, Elsztain partecipa annualmente al World Economic Forum di Davos, e avrebbe partecipato anche ai Business Summit dei G20. Nel 2008 ha incontrato Hugo Chavez – un uomo che per il forsennato antisocialista Milei dovrebbe rappresentare il male… – per discutere dell’antisemitismo, lodando la volontà di ascolto che il caudillo di Caracas aveva per la causa della comunità ebraica.
Secondo la stampa argentina, Elsztain sarebbe divenuto un visitatore regolare della Casa Rosada, ossia il palazzo presidenziale, quando al potere vi era Christina Kirchner, divenendone, secondo articoli apparsi all’epoca «un alleato strategico». Si tratta della massima rappresentante di quel sistema che il Milei, grillescamente, diceva di voler rottamare.
Il Milei è comparso questa settimana anche nel programma YouTube dell’ebreo sionista americano Ben Shapiro, il cui grande gruppo editoriale di supposta «controinformazione» di area conservatrice, il Daily Wire, sta perdendo colpi dopo che è stata allontanata la stella del gruppo Candace Owens, commentatrice nera accusata di essere antisemita per la sua opposizione al sostegno degli USA e Israele nel massacro dei palestinesi e per aver detto, questione interessante, che «Cristo è re».
🚨Javier Milei con Ben Shapiro (Programa Completo)
✅Los Argentinos decidieron madurar, decidieron abrazar la libertad, y ese es el mejor de los mensajes
✅Muchos bancos de inversión esperaban para el 2025 una inflación de 250%, pero ahora ya esperan una del 30%.
✅La buena… pic.twitter.com/mhHnoXO0Gq— Tv Pública Libertaria (@Tv_Libertaria) April 14, 2024
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Lo Shapiro aveva organizzato anni fa una grande intervista rilassata con il premier israeliano Beniamino Netanyahu, portandosi appresso anche un altro idolo degli spettatori conservatori di YouTube, lo psicologo canadese Jordan Peterson, allora appena uscito da anni di depressione nascosta ai fan così come dalle traversie, anche gravi, dalla conseguenza dolorosissima dipendenza da psicofarmaci cagionatagli dalle scelte mediche.
Pro-Israel social media influencers Jordan Peterson and Ben Shapiro advertise a series based on their recent visit to occupied Jerusalem, where they trespassed at Al-Aqsa, accompanied by the Israeli military and met with PM Benjamin Netanyahu. pic.twitter.com/3y2UbvD3kQ
— MintPress News (@MintPressNews) November 10, 2022
L’operazione dello Shapiro – mantenere israelizzata la destra americana – era già allora piuttosto chiara, ora è più spudorata che mai, e al contempo, fragile, perché non tutti paiono obbedire al filogiudaismo di default installato in questi decenni. Anzi: ha destato stupore come il pubblico di un comizio di Trump abbia cominciato a cantare «Genocide Joe!», riferendosi al supporto di Biden al massacro dei palestinesi da parte degli israeliani.
🚨🇺🇸🇮🇱 Donald Trump calls President Biden “GENOCIDE JOE!” pic.twitter.com/84xO69yvod
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) April 14, 2024
Sorprendentemente, il Trump riferendosi ai supporter che scandivano lo slogan, ha dichiarato «non hanno torto».
A Buenos Aires – a quarta città al mondo per numero di cittadini di religione ebraica che, per coincidenza, è anche il luogo di origine dell’attuale papa – invece si ascolta tutt’altra musica.
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Immagine di Haim Zach / Government Press Office of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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