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Spirito

Storia della Santa Messa tradizionale in Giappone

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Dopo il Concilio Vaticano II si ha notizia certa di un solo sacerdote che abbia continuato ininterrottamente la Messa vetus ordo in Giappone: padre Nanasaki, un parroco allora già più che settantenne che risiedeva nella zona di Nagoya.

 

I parrocchiani lo sostenevano nella sua decisione: non solo, un fedele esperto di finanza lo consigliava negli investimenti. Secondo quanto si racconta, i lauti proventi che l’economia giapponese in straordinaria crescita all’epoca gli consentiva venivano abbondantemente girati al vescovo locale, che in ragione di ciò chiudeva un occhio sull’«insubordinazione» liturgica dell’anziano prelato. Quanto rimaneva veniva devoluto agli orfanotrofi locali, verso cui egli aveva una particolare attenzione.

 

Presentendo l’avvicinarsi della sua fine, padre Nanasaki scrisse direttamente a Monsignor Lefebvre chiedendo per il suo paese almeno un prelato che potesse celebrare la Messa di sempre, promettendo contestualmente di devolvere alla FSPPX tutto l’abbondante patrimonio rimasto dai suoi investimenti.

 

Disgraziatamente dopo la sua dipartita i suoi risparmi finirono a membri della sua famiglia che non avevano alcun interesse a perseguire i fini del defunto parroco.
Ciononostante da Ecône arrivò nel 1978 un prete statunitense, padre Williamson, che nell’area di Tokyo iniziò a celebrare la Messa secondo il rito antico radunando i fedeli di padre Nanasaki e altri credenti insoddisfatti del nuovo corso della Chiesa Cattolica.

 

Una volta costretto a tornare negli Stati Uniti contattò un suo conoscente, il messicano padre Pantoja Gil, che sapeva essere allora di viaggio nella terra del Sol Levante.

 

Il prelato messicano iniziò a celebrare la Messa in rito antico per i fedeli giapponesi, rafforzato in questo dai consigli della mistica sua connazionale sorella Conchita Zuniga Lopez, fondatrice dell’ordine delle Mínimas Franciscanas del Perpetuo Socorro nello stato messicano di Jalisco, che lo rassicurò riguardo alla correttezza della sua decisione.

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È a una Messa celebrata da padre Pantoja Gil a Tokyo che un neo convertito ventenne originario di Shizuoka, Tommaso Onoda, partecipa per la prima volta alla Messa Tridentina. In seguito a questa esperienza la fitta corrispondenza tenuta con il parroco tradizionalista francese che lo aveva accolto nella Fede a Shizuoka, e che era nel frattempo stato cacciato dal vescovo locale per le sue posizioni conservatrici, lo convinse a entrare in seminario ad Ecône una volta terminati gli studi universitari.

 

Il percorso che lo porterà all’ordinazione inizia nel 1987 e si compie nel 1993: padre Tommaso Onoda è il primo, e al momento unico, sacerdote giapponese ordinato dalla Fratellanza Pio X. Rimarrà a lungo di stanza a Manila, celebrando una volta al mese la Messa a Tokyo e officiando anche in Corea Del Sud tanto frequentemente da imparare la lingua locale.

 

A detta di padre Onoda il Summorum Pontificum di Benedetto XVI ha immediatamente fatto sì che il numero dei fedeli presenti alla Messa di Tokyo aumentasse dalle dieci unità abituali a un più corposo gregge di 70 o 80 persone circa.

 

Il vero dono dal Cielo è stato però paradossalmente, il periodo pandemico: padre Onoda rimase bloccato in Giappone e iniziò a celebrare la Messa a Tokyo ogni domenica. Non appena il vescovo di Tokyo decise di sospendere tutte le Messe – nonostante il fatto che in Giappone non sia mai stato imposto alcun lockdown da parte delle autorità 2, il numero dei fedeli iniziò a crescere costantemente fino ai circa 120 attuali, in una autentica koiné Cattolica che oltre agli autoctoni comprende Vietnamiti, Singaporesi, Coreani, Filippini, Australiani, Tanzaniani, Italiani, Olandesi, Francesi, Irlandesi, Polacchi, Statunitensi, Peruviani, Brasiliani e chissà ancora quanti altri.

 

È doveroso riconoscere che sotto il regime del COVID eroici parroci hanno continuato a celebrare la Santa Messa quotidianamente in forma clandestina: vedere un sacerdote ottantenne che mette in gioco il suo sostentamento per celebrare in segreto la Messa alle sette di mattina è un dono di Dio.

 

I fedeli che frequentano la Messa Tridentina a Tokyo arrivano in larga parte anche dalle prefetture vicine: Chiba, Saitama, Kanagawa e addirittura dalla distante Gunma.

 

Adesso che la cappella dove si celebra la Santa Messa ha trovato la sua sede definitiva ad Omiya, nella prefettura di Saitama a nord di Tokyo, la maggior parte dai fedeli deve fare almeno una o due ore di treno per parteciparvi. Ciononostante il numero dei fedeli non diminuisce, anzi aumentano le facce nuove.

 

Anche Osaka ha una sua cappella con la Messa settimanale, mentre Nagoya deve accontentarsi di una sola Messa al mese. Occasionalmente padre Onoda e padre Demornex, che lo ha affiancato negli ultimi tre anni, si spingono fino all’estremo Nord dell’Hokkaido per celebrare la Messa a Sapporo.

 

Secondo padre Onoda quello che ha fermato l’evangelizzazione del Giappone moderno è stata l’inculturazione: ai giapponesi non serve un cristianesimo su misura per i gusti locali, hanno piuttosto bisogno di sentirsi parte di una comunità che copre tutto il pianeta e attraversa i secoli.

 

Se le sanguinose persecuzioni dello shogunato Tokugawa non hanno potuto estinguere la fiamma della vera Fede in Giappone, tanto meno potrà qualcosa il caos che regna nella Chiesa attualmente.

 

Taro Negishi

Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo

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Immagine di SSPX.org

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Gender

Papa Leone XIV nomina un arcivescovo pro-LGBT a ruoli chiave in Vaticano

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Papa Leone XIV ha promosso un vescovo che ha sostenuto le liturgie a tema LGBT a una posizione di consulenza all’interno della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, parte del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, diretto dal cardinale Kurt Koch.   L’arcivescovo Bernard Longley di Birmingham, in Inghilterra, ha ricevuto tre nomine dal Vaticano da giugno, nonostante la sua lunga storia di sostegno a iniziative della Chiesa che sono in contraddizione con l’insegnamento morale cattolico.   L’ annuncio del Vaticano di giovedì segue la nomina di Longley al Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani a giugno e al Dicastero per il dialogo interreligioso a luglio.

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Longley, 70 anni, è arcivescovo dell’arcidiocesi di Birmingham, in Inghilterra. È stato ordinato nel 1981 e nominato vescovo ausiliare di Westminster da Papa Giovanni Paolo II nel 2003.   Come ausiliare, Pink News ha celebrato il suo ruolo nella supervisione del «Soho Masses Pastoral Council», un gruppo che organizza liturgie per omosessuali attivi. Gli fu affidato questo incarico dal cardinale Cormac Murphy-O’Connor, allora arcivescovo di Westminster.   Nel 2010, ha difeso le «Messe LGBT» su The Tablet, rifiutando qualsiasi «verifica dei mezzi morali» prima di distribuire la Santa Comunione e accusando i critici di fare supposizioni sull’attività sessuale dei partecipanti.   I suoi commenti hanno suscitato forti critiche da parte degli attivisti, tra cui la defunta Daphne McLeod di Pro Ecclesia et Pontifice, uno dei gruppi che regolarmente tenevano una veglia di preghiera al di fuori della «Messa LGBT». Nonostante la sua opposizione, McLeod ha mantenuto un rapporto rispettoso con i partecipanti alla «Messa LGBT». Nella sua risposta a Longley, McLeod ha affermato che erano «perfettamente onesti riguardo al loro stile di vita omosessuale» e «sottolineavano di avere relazioni sessuali».   «Nessuno, a parte l’arcivescovo, cerca di fingere di vivere o di impegnarsi a vivere una vita casta», ha aggiunto.   Nominato arcivescovo di Birmingham nel 2009, Longley ha mantenuto uno stretto contatto con i gruppi LGBT. Nel maggio 2023, ha ringraziato la «comunità LGBTQ+» per il suo feedback al Sinodo sulla sinodalità.   Nella sua risposta diocesana al sinodo del 2023 si faceva riferimento alle «relazioni amorose» di «divorziati risposati, genitori single, persone che vivono in matrimoni poligami, persone LGBTQ».   Successivamente, l’arcidiocesi di Longley ha ospitato un evento per i cattolici LGBT, per quello che il prelato ha definito «un dialogo continuo per ascoltare ulteriormente».   Secondo il sito web dell’arcidiocesi, Longley ha richiesto la creazione di un gruppo LGBT diocesano, che «è emerso dal processo sinodale». Il gruppo LGBT di Longley ha organizzato una «Messa di benvenuto LGBTQ+» a maggio di quest’anno. Longley stesso ha commentato: «è così importante che tutti si sentano benvenuti nella famiglia della Chiesa», e ha espresso la speranza che tali eventi offrano «un accompagnamento e un incoraggiamento adeguati».   La nomina di Longley avviene in un momento di maggiore attenzione nei confronti della «diffusione» LGBT di Roma. All’inizio di settembre, Papa Leone XIV ha ricevuto in udienza privata il gesuita attivista pro-LGBT padre James Martin, SJ, dopo la quale Martin ha affermato che Leone «continuerà con la stessa apertura che Francesco ha mostrato verso i cattolici LGBTQ».   Il giorno dopo la sua elezione, Martin aveva espresso un caloroso sostegno a Leone e, prima delle elezioni, si diceva che avesse appoggiato l’allora cardinale Robert Prevost. Sebbene alcuni sostenessero che Martin non dovesse essere considerato un testimone attendibile, gli eventi hanno confermato la sua interpretazione.   Prima di quell’incontro, Leone ha ricevuto in un’udienza segreta e non annunciata la suora eretica pro-LGBT Suor Lucia Caram.

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Meno di una settimana dopo, il gruppo pro-LGBT «Tenda di Gionata» è sceso in Vaticano con migliaia di partecipanti, celebrando una messa nella chiesa del Gesù dei Gesuiti e attraversando in processione la Porta Santa della Basilica di San Pietro. L’evento è stato pubblicizzato sul sito web del Vaticano dedicato all’Anno Giubilare.   Lo stesso Leone ha affermato che l’insegnamento della Chiesa sulla morale sessuale potrebbe cambiare, se prima cambiassero gli atteggiamenti. In recenti dichiarazioni, ha fortemente insinuato che il cambiamento della prassi pastorale e dell’opinione pubblica debba precedere qualsiasi cambiamento dottrinale formale. Martin ha elogiato questa iniziativa e ha invitato i cattolici a pregare «per un cambiamento di atteggiamento» a tal fine.   Tra le altre recenti nomine di Leo c’è quella del vescovo Michael Pham nella diocesi di San Diego. A luglio, l’ausiliare di Pham, il vescovo Ramón Bejarano, ha celebrato una «Messa dell’orgoglio LGBT» nella diocesi con il suo appoggio . A luglio, ha anche nominato vescovo di Baker, Oregon, padre Thomas Hennen, che era stato coinvolto nella stesura di linee guida pastorali per le persone con attrazione per lo stesso sesso, che non facevano alcun riferimento alla necessità della castità.   In qualità di vicepresidente eletto di recente della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles nel 2025, Longley si posiziona come uno dei prelati più anziani del Paese, mentre Leone rimodella gli organi chiave del Vaticano.

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  Immagine di Catholic Church of England and Wales via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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Ci siamo: ecco l’arcivescova di Canterbury. Pro-aborto e pro-LGBT

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Sarah Mullally è stata scelta come nuovo arcivescovo anglicano di Canterbury, segnando la prima volta che una donna viene nominata alla più alta carica ecclesiastica nella Chiesa anglicana.

 

La sede dell’arcivescovo di Canterbury era vacante dal 7 gennaio 2025, quando l’arcivescovo Giustino Welby si dimise a causa delle accuse di cattiva gestione di un caso di abuso.

 

Abbiamo quindi la prima «arcivescova» canterburiana. Immaginiamo che a questo punto si debba dire anche «monsignora».

 

La Mullally diventa ora la prima donna a ricoprire questo prestigioso incarico. Mentre il monarca regnante, in questo caso Re Carlo III, è ufficialmente il capo della Chiesa d’Inghilterra, l’arcivescovo di Canterbury è il vescovo più anziano e il capo spirituale della comunità anglicana mondiale.

 

La Chiesa anglicana ha iniziato a «ordinare» le donne nel 1994 e la prima «vescova» donna è stata nominata nel 2014.

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La Mullally è stata vescovo di Londra nel 2018, considerata la terza più alta carica della Chiesa d’Inghilterra. In precedenza ha lavorato come infermiera del Servizio Sanitario Nazionale (NHS) ed è diventata la più giovane responsabile infermieristica di sempre per l’Inghilterra nel 1999. La donna deciso di entrare nel clero anglicano all’inizio degli anni 2000. Mullally è sposata e ha due figli.

 

L’ex infermiera è nota per le sue idee teologiche e politiche progressisti. Si è definita femminista ed è una sostenitrice dell’aborto e dell’agenda LGBT. Nel 2022, come vescovo di Londra, ha promosso la celebrazione del «Mese della storia LGBT+» e l’istituzione di un gruppo consultivo per la diocesi incentrato sulla «cura pastorale e l’inclusione delle persone LGBT+ nella vita delle nostre comunità ecclesiali».

 

La monsignora ha espresso le sue opinioni pro-aborto in un post su un blog del 2012: «sospetto che descriverei il mio approccio a questo problema come pro-scelta piuttosto che pro-vita [sic], anche se fosse un continuum mi troverei da qualche parte lungo questo percorso, muovendomi verso la vita quando si riferisce alla mia scelta e poi consentendo la scelta quando si riferisce agli altri, se ha senso» ha scritto oscuramente.

 

Il processo di elezione dell’arcivescovo di Canterbury coinvolge la Commissione per le Nomine della Corona (CNC), che comprende un presidente nominato dal Primo Ministro britannico e rappresentanti della Chiesa d’Inghilterra. La CNC nomina un candidato al primo ministro, che poi lo consiglia formalmente al monarca, che a sua volta nomina (o respinge) formalmente il candidato.

 

Come riportato da Renovatio 21, la comunione anglicana ha già visto a causa dell’elezione di una donna ad arcivescovo del Galles una rottura nelle sue pendici africane. In una conferenza a Kigali di due mesi fa, a seguito della nomina della «vescova» Cherry Wann ad arcivescovo del Galles, è stato concluso che «Poiché il Signore non benedice le unioni tra persone dello stesso sesso, è pastoralmente fuorviante e blasfemo formulare preghiere che invocano la benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».

 

«La decisione della Chiesa in Galles di eleggere la Reverenda Cherry Vann come Arcivescovo e Primate è un altro doloroso chiodo nella bara dell’ortodossia anglicana. Celebrando questa elezione e la sua immorale relazione omosessuale, la Comunione di Canterbury ha ceduto ancora una volta alle pressioni mondane che sovvertono la buona parola di Dio» aveva commentato Laurent Mbanda, Presidente del Consiglio dei Primati della Global Anglican Future Conference (GAFCON).

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Immagine di Roger Harris via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

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Viganò: «Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un breve testo in cui accusa papa Leone XIV di voler divenire leader di una religione globalista uscita dalle logge massoniche.   «È evidente che Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica» scrive sua eccellenza. «Prevost non si discosta minimamente dal “nuovo corso” sinodale inaugurato da Bergoglio, nel tradimento del Mandato petrino e nell’abdicazione al ruolo di Vicario di Cristo».   Il prelato lombardo commenta così un videomessaggio con intenzione di preghiera di papa Prevost diffuso con immagini di eventi «ecumenici» dei passati pontificati come Assisi (1986) con Giovanni Paolo II , la visita in Sinagoga di Benedetto XVI in sinagoga e il famoso incontro con l’islam di papa Francesco ad Abu Dhabi.   «Preghiamo perché noi credenti di diverse tradizioni religiose lavoriamo insieme per difendere e promuovere la pace, la giustizia e la fratellanza umana» dice il testo del messaggio.  

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Monsignor Viganò da anni parla del disegno soggiacente alla sovversione degli Stati e della Chiesa. Al cambio del paradigma politico corrisponde un cambio di paradigma teologico.   «Il Great Reset prevede l’instaurazione di una Religione Universale, ecumenica, ecologica e malthusiana, che vede in Bergoglio il suo naturale leader, come riconosciuto recentemente dalla Massoneria» aveva scritto in un intervento del marzo 2021 monsignore. «L’adorazione della pachamama in Vaticano, l’accordo di Abu Dhabi, l’Enciclica Fratelli tutti e il prossimo sabba di Astana vanno tutti in questa direzione, compiendo quell’inesorabile processo dissolutorio della Chiesa iniziato con il Concilio Vaticano II» .   In un’intervista di mesi fa, ricordando la figura del pontefice precedente, Viganò dichiarava che come «papa della chiesa sinodale», Bergoglio «si sentiva autorizzato a predicare il verbo globalista, l’ideologia woke, l’omosessualismo arcobaleno, la frode climatica e pandemica, l’immigrazionismo sfrenato, la morale situazionale e via dicendo».   Ciò, elaborava Viganò, corrispondeva ad un disegno di ingegneria spirituale precisa, architettata dagli incappucciati: «considerandosi un monarca assoluto, sciolto cioè da ogni vincolo con l’autorità di Cristo, Bergoglio ha svolto il compito assegnatogli dai suoi padroni: dare corpo a una chiesa dell’umanità – auspicata dalla massoneria – totalmente desacralizzata ed orizzontale, globalista, ecumenica e sincretista, green, gender fluid e gay friendly».   «Se Bergoglio è riuscito ad ottenere tanta ammirazione da chi detesta la Chiesa Cattolica e il papato è perché l’élite lo considera «uno di loro», altrettanto rivoluzionario, altrettanto imbevuto di filantropismo massonico, altrettanto ecumenico, sincretista, inclusivo, green woke» aveva dichiarato ancora l’arcivescovo in un’intervista dello scorso maggio con Steve Bannon.   Come riportato da Renovatio 21, Viganò considera «Prevost in evidente e inquietante continuità con Bergoglio».

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