Spirito
Sondaggio USA: la larga maggioranza dei cattolici vuole la fine della Comunione sulla mano
Il più grande sondaggio mai condotto tra i cattolici degli Stati Uniti mostra che i fedeli vogliono un culto riverente e solenne e la fine della distribuzione della Santa Comunione in mano e dell’uso di ministri straordinari della Santa Comunione. Lo riporta LifeSiteNews.
Martedì, la Real Presence Coalition (RPC) ha pubblicato i risultati del suo ampio sondaggio di luglio 2024, volto a identificare le cause della mancanza di fede nell’Eucaristia tra molti cattolici dichiarati negli Stati Uniti.
Il sondaggio, condotto con la collaborazione dell’istituto di sondaggi nazionale Public Opinion Strategies, ha ricevuto circa 16.000 risposte, tra cui 14.725 laici cattolici statunitensi provenienti da tutte le diocesi latine del Paese. 780 risposte sono state inviate dai partecipanti al Congresso eucaristico nazionale dei vescovi statunitensi a Indianapolis.
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«Questo è il più grande sondaggio sui cattolici mai condotto negli Stati Uniti», ha affermato la portavoce dell’RPC Vicki Yamasaki. «I sondaggi di organizzazioni come Pew Research e Center for Applied Research in the Apostolate (CARA) non si avvicinano minimamente al numero di cattolici che hanno partecipato a questo sondaggio».
In particolare, il sondaggio RPC ha attinto in modo massiccio ai cattolici praticanti, con il 97 percento degli intervistati che ha affermato di partecipare alla messa almeno una volta alla settimana e di credere nella presenza reale di Gesù Cristo nell’Eucaristia. La maggior parte degli intervistati, l’84 percento, si è identificata come cattolica «fin dall’infanzia».
Alla domanda su cosa abbia contribuito maggiormente alla perdita di fede nell’Eucaristia, gli intervistati hanno citato in modo schiacciante la ricezione della Santa Comunione in mano, in piedi, con quasi il 58% che ha affermato che ha avuto il «maggiore» livello di impatto.
Oltre il 71% degli intervistati ha classificato «l’omosessualità nel sacerdozio» come avente un impatto «maggiore» o «maggiorissimo» anche sul declino della fede nell’Eucaristia.
La maggioranza ha anche affermato che l’uso di ministri straordinari, la sostituzione della musica sacra con musica contemporanea, la fine del culto ad orientem, la rimozione delle balaustre dell’altare, la mancata celebrazione di eventi eucaristici come l’adorazione e le processioni, il declino della bellezza nell’architettura e nella liturgia delle chiese, la perdita del silenzio e la crisi degli abusi del clero hanno avuto un impatto «importante» o «il più grande».
La Real Presence Coalition, ha osservato che gli intervistati hanno espresso preoccupazione per «un generale declino della riverenza durante la messa, tra cui l’abbigliamento casual, il parlare ad alta voce e il trattamento della messa come un evento sociale».
Gli intervistati hanno inoltre criticato la «condotta irriverente» del clero, «con segnalazioni di sacerdoti che si affrettano nelle preghiere liturgiche e non gestiscono l’Eucaristia con cura», e la «debole leadership tra i leader della Chiesa, che mina l’autorità morale della Chiesa e causa scandalo tra i fedeli».
«C’è una forte percezione che i leader della Chiesa, compresi i vescovi e il Papa, siano incoerenti e deboli nel sostenere il Canone 915», che richiede che la Santa Comunione venga negata ai peccatori gravi, secondo una presentazione di Public Opinion Strategies. «Molti intervistati hanno espresso preoccupazione per la mancanza di riverenza mostrata verso il tabernacolo, come la mancata genuflessione o inchino quando ci si passa davanti, il comportamento disinvolto nei suoi pressi e l’accesso da parte di laici», si legge nella presentazione.
Gli intervistati hanno proposto numerose raccomandazioni alla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (USCCB) sul rinnovamento della fede nell’Eucaristia, con la raccomandazione principale che incoraggia la ricezione dell’Eucaristia sulla lingua in ginocchio (29%). La successiva era la catechesi dei fedeli, come sulla transustanziazione e la ricezione degna (24%).
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Gli intervistati hanno inoltre esortato i vescovi a promuovere «una maggiore riverenza per l’Eucaristia», ad esempio inginocchiandosi e genuflettendosi, ad eliminare i ministri straordinari della Santa Comunione e a negare la Comunione ai peccatori pubblici.
Molti hanno anche sostenuto un ritorno alla messa latina tradizionale o la sua maggiore accessibilità e il ripristino di pratiche tradizionali come la postura ad orientem e le balaustre dell’altare.
Oltre il 20% degli intervistati erano frequentatori esclusivi della Messa latina tradizionale, e un altro 43% ha dichiarato di frequentarla periodicamente. Coloro che frequentano la Messa latina erano in genere più giovani dei frequentatori della Messa novus ordo, «il che potrebbe riflettere un crescente interesse per le pratiche liturgiche tradizionali tra i cattolici più giovani», ha affermato l’RPC.
Anche tra gli intervistati del novus ordo, il 65 per cento ha affermato di preferire ricevere l’Eucaristia da un sacerdote o da un diacono piuttosto che da un ministro straordinario.
La RPC ha pubblicato una lettera aperta ai vescovi degli Stati Uniti, invitandoli a prendere in considerazione i risultati del sondaggio prima della loro assemblea plenaria di novembre.
La ricezione della Santa Comunione sulla mano è diventata diffusa negli Stati Uniti a partire dagli anni Settanta, nonostante la Comunione sulla lingua sia stata la norma per la Chiesa per oltre 1.300 anni .
Ricevere l’Eucaristia in mano aumenta notevolmente anche il rischio di profanazione del Santissimo Sacramento e porta inevitabilmente alla perdita di particelle dell’Eucaristia, che potrebbero cadere sul pavimento o altrove.
Il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (CDWDS) del Vaticano sotto Papa San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI, ha confermato che ricevere la Santa Comunione sulla lingua, in ginocchio, è la «forma preferita».
Nel 2018, l’allora prefetto del CDWDS, il cardinale Robert Sarah, criticò la ricezione della Santa Comunione sulla mano, definendola parte di un «attacco diabolico» alla fede nell’Eucaristia, e lodò la ricezione della Comunione sulla lingua.
Anche l’uso di ministri straordinari della Santa Comunione è diventato comune in gran parte degli Stati Uniti, sebbene la Chiesa insegni che si può ricorrere a loro «solo in caso di vera necessità».
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Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso il vescovo ausiliario di Astana monsignor Athanasius Schneider aveva raccontato di quando era riuscito a convincere l’allora papa Benedetto XVI ad abbandonare la pratica della Comunione nella mano.
Nell’articolo di LifeSite che riporta il risultato del sondaggio manca totalmente un riferimento alla forma più pericolosa di abuso: con la ricezione della Santa Comunione nella mano si apre la strada alle messe nere dei satanisti, che utilizzano le particole consacrate ottenute in mano per poter consumare i loro riti diabolici ed aberranti, dove l’Eucarestia viene profanata in modo indicibile.
È noto il paradosso: i satanisti credono più nella presenza reale di Dio nella Santa Eucarestia rispetto a tanti vescovi, preti e fedeli che la considerano solo un simbolo, un ornamento cerimoniale.
È grazie a tale miscredenza che l’oscuro mondo sotterraneo delle messe nere continua e prospera.
Chi vuole tracciare il disegno del continuum tra l’inferno e la Chiesa dopo il Concilio Vaticano II parta da qui.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Sinodo in Italia: silenzio, stiamo affondando
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pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 4.0
Spirito
«Siamo stati creati per la gloria»: omelia nella festa di Ognissanti di mons. Viganò
Renovatio 21 pubblica l’omelia nella festa di Ognissanti dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò

Vos, purpurati martyres,
Vos candidati præmio
Confessionis, exsules
Vocate nos in patriam.
Rabano Mauro
Inno Placare, Christe
Dopo la solenne celebrazione della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’ultima Domenica di Ottobre, il primo Novembre è dedicato a coloro che con Cristo hanno combattuto il bonum certamen, meritando di trionfare con Lui nella vittoria sfolgorante sul demonio.
Il giorno seguente, 2 Novembre, viene ricordato un altro sterminato esercito di anime sante: quelle di coloro che il fuoco del Purgatorio purifica, come l’oro nel crogiuolo, per renderle degne di essere ammesse alla gloria della contemplazione della Maestà divina.
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Il Re, i Suoi più valorosi compagni d’arme, i Suoi soldati, e un’infinità di Santi sconosciuti. Profeti, Apostoli, Martiri, Confessori, Vergini e Vedove; Papi, Vescovi e Abati; Re e Sovrane. E la Regina di tutti costoro, la Condottiera delle Milizie, la Beatissima Semprevergine Maria. E le schiere angeliche: Serafini, Cherubini, Troni; Dominazioni, Virtù, Potestà; Principati, Arcangeli e Angeli. Miriadi di anime illuminate come un mistico firmamento dalla luce sfolgorante del Sol Justitiæ, Nostro Signore Gesù Cristo, Re e Pontefice.
Tibi omnes angeli,
tibi cœli et universae potestates:
tibi cherubim et seraphim,
incessabili voce proclamant:
Sanctus, Sanctus, Sanctus,
Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt cœli et terra majestatis gloriæ tuæ.
Te gloriosus Apostolorum chorus,
te Prophetarum laudabilis numerus,
te Martyrum candidatus laudat exercitus.
A questo sterminato consesso di Santi manchiamo solo noi, che in questa valle di lacrime peregriniamo verso la Patria celeste che troppo spesso crediamo lontana.
Una Patria da cui siamo exsules, esuli cacciati dalla Giustizia divina in quanto figli di Adamo ed Eva, riammessi per Grazia alla presenza beatifica della Santissima Trinità grazie alla Redenzione del Nuovo Adamo e alla Corredenzione della Nuova Eva. Con noi abbiamo molti compagni di viaggio, altri ci hanno preceduti, altri li incontreremo per via.
I nostri genitori, una volta lasciata questa vita passeggera, continueranno a pregare per noi nell’eternità e li ritroveremo ad attenderci quando suonerà la nostra ora. I nostri figli, i nostri nipoti perderanno anche noi, un giorno, e benediremo la volta che abbiamo loro insegnato a recitare un De profundis, perché la loro preghiera allevierà le nostre sofferenze purificatrici e ci avvicinerà a quel locus refrigerii, lucis et pacis cui tanto aneliamo.
Anche noi pregheremo per loro, dal Purgatorio e dal Paradiso, affinché con l’aiuto della Grazia riescano ad espiare le loro colpe su questa terra, con la penitenza, il digiuno, la preghiera; con la Carità, che copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4, 8). La Carità: l’unica Virtù che non verrà mai meno, perché consustanziale al Dio Uno e Trino. La Virtù il cui fuoco arde di un tale amore per Dio, da consumare le nostre infedeltà.
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Chi tra voi è ancora giovane, e pensa di aver dinanzi a sé ancora molto tempo prima del Giudizio particolare, forse non riesce a comprendere perché nelle persone più mature si renda via via più percepibile quella sorta di «nostalgia» per la gloria del Cielo che ci fa quasi desiderare la morte per prima raggiungere il Padre Celeste e i santi del Paradiso. Noi anziani sentiamo questo desiderium patriæ che ce la fa anelare più della luce del sole [Patria me major quam lucis sidera deerat, cfr. Ovidio, Tristia, I, 3].
Un desiderio che non ci viene dal ricordo di qualcosa che abbiamo lasciato – non essendo mai stati ammessi al Paradiso – quanto da quell’impronta che portiamo impressa nella nostra natura e che ci ricorda di essere opera della mano sapiente del Creatore, fatti a immagine e somiglianza della Santissima Trinità, trinitari anche noi nelle nostre facoltà – memoria, intelletto, volontà. La memoria del Padre, l’intelletto del Figlio, la volontà del Paraclito.
Potremmo dire che il ricordo ancestrale del Paradiso perduto si sia trasmesso, insieme alle conseguenze del peccato originale – la morte, la malattia, il dolore… – proprio come il figliuol prodigo prova nostalgia della casa del Padre, del quale ha dilapidato l’eredità. Quel richiamo struggente ci ricorda da dove veniamo, ma soprattutto ci indica la Patria a cui siamo destinati.
Il pellegrinaggio del popolo eletto nel deserto verso la Terra Promessa è figura del pellegrinaggio della Chiesa verso il ritorno nella gloria del proprio Capo, ma anche immagine del pellegrinaggio di ciascuno di noi verso la Nuova Gerusalemme.
Siamo stati creati per la gloria. Siamo stati voluti e quindi amati per essere partecipi della gloria del Dio Creatore, Redentore e Santificatore. Siamo stirpe di Re, figli ed eredi di Dio, coeredi di Cristo. E la nostra eredità inizia qui, cari fratelli. Inizia con la scala crucis che vediamo raffigurata in un’immagine medievale, in cui il Salvatore sale i pioli di una scala che conduce alla Croce. La nostra eredità eterna inizia con la volontaria accettazione della croce che la Provvidenza ci ha destinato, e che è l’unica che siamo in grado di portare, l’unica su cui possiamo serenamente salire, su cui possiamo con fiducia aprire le braccia.
La scala crucis è anche scala paradisi, perché nella sequela del Redentore questa via regia conduce dritto al cospetto della Maestà divina. Una suggestiva immagine di San Giovanni Climaco ci mostra le anime salire verso il Cielo, con gli Angeli che le accompagnano nella salita e i diavoli che cercano di trascinarle giù.
I Santi – quelli che veneriamo sui nostri altari, dei quali incensiamo le Reliquie, sulle spoglie dei quali celebriamo il Santo Sacrificio della Messa e che per noi intercedono in Cielo – non sono l’eccezione in una norma di mediocrità. Non è normale non essere santi. Vi furono epoche in cui la santità era tutt’uno con l’essere Cristiani, perché nella furia della persecuzione uomini e donne, giovani e anziani erano quotidianamente chiamati ad affrontare il Martirio. Molti lo subirono come catecumeni, ancor prima di essere ammessi al Battesimo. Portiamo i loro nomi proprio perché il loro esempio ci sproni ad imitarli sulla stessa via di santità. Professiamo la stessa Fede apostolica, celebriamo gli stessi Misteri, e continuiamo ad avere gli stessi nemici: il mondo, la carne, il diavolo.
Un Cattolico che non vuole essere santo, che non desidera il Paradiso, che non anela a Dio – sicut cervus ad fontes aquarum – e che non sente questa «nostalgia» del Vero e del Bene, non ha capito nulla della nostra santa Religione, né tantomeno del miracolo di infinita Carità che ha spinto la Seconda Persona della Santissima Trinità ad incarnarSi e a patire per noi, senz’altra motivazione se non l’amore divino nei nostri riguardi e la gloria della Trinità stessa. Perché essere santi è un dovere di ciascuno di noi, in obbedienza al precetto: Siate santi come Dio è santo (Lv 19,2; 1Pt 1,16); ma se solo ci lasciamo conquistare da Nostro Signore la santità non è più un obbligo, ma la necessaria, spontanea e riconoscente risposta alla chiamata del Re, sotto i vessilli del Quale è un onore militare.
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I Santi sono coloro che hanno acclamato e continuano ad acclamare: Regnare Christum volumus! contro il grido blasfemo della scelesta turba. Sono coloro che fanno regnare il loro Signore anzitutto nella propria anima, rendendola degna dimora della Santissima Trinità mediante la vita della Grazia e l’unione con Dio. Sono coloro che nell’umiltà si lasciano guidare dalla mano sapiente del Signore, docili come una penna tra le Sue dita, perché sia chiaro che l’opera che ne esce è interamente divina. Quoniam tu solus Sanctus.
A noi esuli è però concesso uno spiraglio di Paradiso, su questa terra. Uno spiraglio della gloria della Maestà divina che anticipa ciò che ci attende e che rende disponibili le Grazie soprannaturali per affrontare il viaggio fino alla meta finale. Questo angolo di Paradiso lo troviamo nelle nostre chiese, nei nostri Tabernacoli, attorno a ciascuno dei quali si raccolgono adoranti tutti gli Angeli.
Lo troviamo nella Santa Messa, quando il sacerdote fa scendere dal Cielo il Re dei Re, ripetendo in forma incruenta il Sacrificio della Croce. E in questo Paradiso in terra, delimitato dalle colonne e dalle volte di una chiesa come dalle travi di un granaio, noi possiamo comunicarci al Corpo e Sangue di Cristo, presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità esattamente come Egli siede sul Trono dell’Agnello nella gloria del Cielo.
Te per orbem terrarum
sancta confitetur Ecclesia,
Patrem immensæ maiestatis;
venerandum tuum verum et unicum Filium;
Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
Forse è proprio dalla sacralità della Messa, dalla solennità dei gesti arcani, dalla profondità dei testi liturgici, dal torrente impetuoso di Grazie che il Santo Sacrificio riversa su di noi, che ci viene quella «nostalgia» per il Cielo, per la presenza dei nostri cari, per la luce della Verità somma, per il calore della perfetta Carità, per la gloria di Dio e dei Suoi Santi. Tu rex gloriæ, Christe. Cum sanctis tuis in æternum, quia pius es.
E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
1 Novembre MMXXV
In festo Omnium Sanctorum
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Immagine: Fra Angelico (circa 1395–1455), Giudizio finale (circa 1450), Gemäldegalerie, Berlino
Immagine di Dosseman via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Lo stile di Leone XIV: conservare il vero senza rigettare il falso?
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Leone XIV può accontentarsi di aggirare gli errori senza condannarli?
Nelle Res Novæ del 4 agosto, padre Claude Barthe scrive: «Leone XIV, è un fatto, è responsabile dell’eredità di Francesco. Questa eredità, fondamentalmente conciliare, se si escludono la sinodalità, che resiste a qualsiasi tentativo di definizione precisa, e l’impegno ecologico, può essere riassunta in tre testi: Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans, sulla morale del matrimonio, e Traditionis Custodes sulla liturgia tradizionale». Sulla moralità del matrimonio, prosegue, «tutta la difficoltà di Amoris Laetitia si concentra nel paragrafo 301, da cui si potrebbe ricavare la seguente proposizione: “Alcuni di coloro che vivono in adulterio, anche se conoscono la norma che stanno trasgredendo, potrebbero non essere in stato di peccato mortale”». «Leone XIV dovrebbe abbracciare questo insegnamento bergogliano, che mina gravemente la santità del matrimonio. Aggirarlo abilmente, indirettamente, non sarà sufficiente per invalidarlo. Dovrà necessariamente approvarlo o annullarlo. La Chiesa, infatti, è custode del contenuto della Rivelazione e della dottrina di fede e morale a cui bisogna aderire per essere salvati. […]» «Non ci si può accontentare, a difesa della fede, di dichiarazioni che mitighino tale eterodossia o la controbilancino con insegnamenti contrari che tuttavia lascino intatta la dottrina difettosa. È necessario, per la salvezza delle anime, sradicare la falsa dottrina». Riguardo alla Messa tradizionale, padre Barthe osserva che «a causa di papa Bergoglio, la questione è diventata molto semplice: tutto l’approccio repressivo di Traditionis Custodes si basa, infatti, sul suo articolo 1: ‘I libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità con i decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (…)» «Secondo Traditionis Custodes, a seguito della riforma conciliare, la liturgia romana precedente a questa riforma ha quindi perso il suo status di lex orandi. […] (Certamente) è estremamente auspicabile che il nuovo papa conceda a questa liturgia, direttamente o indirettamente, maggiore libertà. Ma, nonostante ciò, resta da insegnare nella Chiesa la seguente proposizione: “I libri liturgici in vigore prima della riforma di Paolo VI non esprimono la lex orandi del Rito Romano”»Iscriviti al canale Telegram ![]()
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