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Geopolitica

Scholz chiama Putin: due anni che non si sentivano

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Il presidente russo Vladimir Putin e il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno tenuto la loro prima telefonata in quasi due anni.

 

I due leader ieri hanno discusso del conflitto in Ucraina e dei potenziali colloqui di pace tra Mosca e Kiev, secondo quanto riportato dai media tedeschi, citando un portavoce del governo.

 

I piani per i colloqui diretti erano stati inizialmente riportati dai media tedeschi venerdì mattina, mentre il Cremlino aveva solo confermato che Putin avrebbe tenuto una telefonata internazionale nel corso della giornata, senza fornire dettagli.

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Tuttavia, il portavoce del governo tedesco Steffen Hebestreit ha confermato ai giornalisti che la conversazione ha effettivamente avuto luogo ed è durata quasi un’ora.

 

Secondo Hebestreit, il cancelliere tedesco «ha insistito sulla disponibilità della Russia a negoziare con l’Ucraina per raggiungere una pace giusta e duratura». Scholz ha anche parlato della «incrollabile determinazione» di Berlino a sostenere Kiev «finché sarà necessario».

 

Secondo il funzionario, Scholz ha anche esortato Putin a porre fine al conflitto e a «ritirare le sue truppe».

 

Secondo il riassunto della chiamata del governo tedesco, Scholz ha invitato Putin a porre fine alla guerra, sostenendo che la Russia non aveva raggiunto i suoi obiettivi dopo quasi tre anni. Lo Scholz ha condannato gli attacchi russi alle infrastrutture civili e ha assicurato a Putin che la Germania avrebbe continuato ad assistere l’Ucraina, scrive il New York Times.

 

Sempre secondo il governo tedesco, Scholz ha anche detto al signor Putin che, a suo avviso, l’invio di truppe nordcoreane per assistere la Russia in Ucraina equivale a una grave escalation del conflitto.

 

Funzionari tedeschi hanno detto all’agenzia di stampa TASS che i due leader hanno concordato di rimanere in contatto. Prima della telefonata, il cancelliere tedesco ha anche contattato l’ucraino Volodymyr Zelens’kyj e intende parlargli di nuovo dopo la sua conversazione con Putin, ha detto Hebestreit.

 

La chiamata di venerdì è stata la prima comunicazione diretta tra i due leader in quasi due anni. Secondo il Cremlino, l’ultima volta che Putin e Scholz si sono parlati al telefono è stato il 2 dicembre 2022.

 

Il Cremlino, che ha confermato l’esistenza della telefonata, non ha ancora rilasciato dichiarazioni sui colloqui. Tuttavia, il NYT scrive che «secondo il Cremlino, Putin ha detto alla sua controparte tedesca che qualsiasi accordo di pace in Ucraina deve basarsi su “nuove realtà territoriali e, cosa più importante, affrontare le cause profonde del conflitto». Il giornale eboraceno scrive che Putin ha detto allo Scholz di essere disponibile a riprendere i colloqui di pace con Kiev a queste condizioni, ha affermato il Cremlino.

 

Secondo analisi circolanti, l’atto di «rottura del ghiaccio» lanciato da Scholz – il cui governo è in bilico – è una reazione derivante dai timori europei secondo cui Trump potrebbe negoziare la fine del conflitto senza coinvolgere minimamente i «partner» europei.

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Il cancelliere tedesco aveva parlato con il presidente ucraino Zelens’kyj prima della chiamata con Putin, e ha pianificato di chiamare di nuovo il Zelensky per aggiornarlo. Il portavoce dello Scholz ha affermato che l’attività di sensibilizzazione è stata strettamente coordinata con i partner del G7.

 

Nel suo discorso serale a Kiev, Zelens’kyj ha definito la decisione dello Scholz di parlare con Putin «un vaso di Pandora». «Ora potrebbero esserci altre conversazioni, altre chiamate», ha detto. «Solo un sacco di parole. Ed è esattamente ciò che Putin desidera da molto tempo: è estremamente importante per lui indebolire il suo isolamento, l’isolamento della Russia, e condurre normali negoziati che non finiranno in nulla».

 

A ottobre Scholz aveva dichiarato di essere disponibile a riprendere i contatti diretti con Putin, ma Demetrio Peskov, portavoce del Cremlino, ha respinto più volte l’idea, affermando che non c’era motivo di una telefonata, secondo quanto riportato dai media russi.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0).

 

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Geopolitica

La Colombia accusa gli Stati Uniti di aver iniziato una «guerra»

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Il presidente colombiano Gustavo Petro ha accusato gli Stati Uniti di cercare di provocare una guerra nei Caraibi usando come pretesto una campagna antidroga, sottolineando che cittadini colombiani sono stati uccisi nei recenti attacchi al largo delle coste del Venezuela.   In un post sui social media di mercoledì, Petro ha sostenuto che la campagna non ha come obiettivo il narcotraffico, ma piuttosto il controllo delle risorse della regione. La Casa Bianca ha definito l’accusa «infondata», secondo Reuters.   Gli Stati Uniti hanno effettuato attacchi aerei contro presunte imbarcazioni coinvolte nel traffico di droga vicino al Venezuela, descrivendoli come un tentativo di contrastare il traffico di stupefacenti nei Caraibi. Washington accusa da tempo il presidente venezuelano Nicolas Maduro di legami con i cartelli della droga. Maduro ha smentito le accuse, sostenendo che gli attacchi siano parte di un piano per destituirlo.   Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno distrutto almeno quattro imbarcazioni che, a loro dire, trasportavano stupefacenti al largo delle coste del Venezuela, causando la morte di oltre 20 persone. Come riportato da Renovatio 21, Trump ha definito gli attacchi alle barche della droga come un «atto di gentilezza».

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«Le prove dimostrano che l’ultima imbarcazione bombardata era colombiana, con cittadini colombiani a bordo», ha scritto Petro.   Il presidente colombiano ha ribadito che la campagna statunitense non riguarda la lotta alla droga, ma il controllo delle risorse naturali. «Non c’è una guerra contro il contrabbando; c’è una guerra per il petrolio», ha dichiarato, definendo gli attacchi «un’aggressione contro tutta l’America Latina e i Caraibi».   Per anni, la Colombia è stata considerata il principale alleato di Washington in Sud America. Attraverso il Plan Colombia, un’iniziativa di aiuti multimiliardaria avviata dagli Stati Uniti nel 2000, i governi colombiani successivi hanno concesso alle forze armate statunitensi l’accesso alle basi locali e hanno appoggiato gli sforzi guidati dagli Stati Uniti per isolare il Venezuela. Questa politica è cambiata con l’elezione di Petro nel 2022, che ha lavorato per ristabilire le relazioni diplomatiche con Caracas e ha promosso una politica estera più indipendente e una maggiore cooperazione regionale.   Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate il Petro aveva dichiarato che la Colombia deve interrompere i legami con la NATO perché i leader del blocco atlantico sostengono il genocidio dei palestinesi. Bogotà la settimana scorsa ha espulso tutti i diplomatici israeliani, dopo aver rotto i rapporti con lo Stato Ebraico un anno fa e chiesto alla Corte Penale Internazionale di emettere un mandato di arresto per Netanyahu.

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Geopolitica

Svelato il profilo dell’accordo tra Israele e Hamas

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Il piano di cessate il fuoco per Gaza proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump prevede il ritiro delle forze israeliane da vaste aree dell’enclave palestinese e la liberazione degli ostaggi rimanenti da parte di Hamas entro pochi giorni. Lo riportano varie testate giornalistiche internazionali.

 

Una fonte egiziana coinvolta nei negoziati ha dichiarato a Sky News Arabia che i mediatori hanno raggiunto un accordo per un «cessate il fuoco completo» e un «ritiro graduale dell’esercito israeliano dal 70% di Gaza».

 

Nel frattempo, la testata israeliana Ynet ha riportato che le forze israeliane dovrebbero ritirarsi entro 24 ore lungo una linea prestabilita, lasciando a Israele il controllo di circa il 53% dell’enclave. Questo includerebbe il ritiro delle IDF da Gaza City e da diverse altre aree centrali, secondo l’articolo.

 

L’agenzia Reuters scrive che Hamas rilascerebbe tutti gli ostaggi vivi entro 72 ore dall’approvazione del governo israeliano. In cambio, Israele libererebbe 250 palestinesi condannati all’ergastolo e 1.700 abitanti di Gaza detenuti dal 2023, incluse tutte le donne e i minori. Hamas detiene ancora circa 48 ostaggi, di cui Israele ritiene che circa 20 siano ancora in vita.

 

Dopo aver annunciato un progresso significativo nei negoziati, Trump ha dichiarato a Fox News che gli ostaggi saranno probabilmente rilasciati lunedì, promettendo che Gaza «sarà ricostruita».

 

«Gaza… diventerà un posto molto più sicuro… altri Paesi della zona aiuteranno la ricostruzione perché hanno enormi quantità di ricchezza e vogliono che ciò accada», ha affermato Trump, senza specificare quali nazioni siano coinvolte.

 

Nonostante l’apparente passo avanti, rimangono diverse questioni irrisolte, come la governance di Gaza nel dopoguerra e il destino di Hamas, che Israele ha giurato di eliminare completamente. Il piano di pace originale di Trump prevedeva un ruolo amministrativo limitato per l’Autorità Nazionale Palestinese, che governa parti della Cisgiordania, ma solo dopo significative riforme.

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Immagine di Jaber Jehad Badwan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Geopolitica

Il Cremlino: i colloqui Russia-USA sull’Ucraina sono in «seria pausa». Nessun incontro Trump-Putin in agenda

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Il dialogo tra Russia e Stati Uniti per risolvere il conflitto in Ucraina si trova in una «seria pausa», ha dichiarato ai giornalisti il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov.   Le sue parole seguono l’affermazione del viceministro degli Esteri Sergey Rjabkov, secondo cui lo slancio generato dal vertice in Alaska tra i presidenti Vladimir Putin e Donald Trump si è esaurito.   Giovedì Peskov ha ribadito la posizione di Rjabkov, sottolineando l’assenza di progressi verso una soluzione pacifica del conflitto con Kiev.   Le delegazioni russa e ucraina si sono incontrate più volte all’inizio dell’anno. Nell’ultimo incontro a Istanbul a luglio, le parti hanno deciso di creare tre gruppi di lavoro per sviluppare un piano di risoluzione che affronti questioni politiche, militari e umanitarie.

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Tuttavia, Peskov ha dichiarato che «non si sta muovendo nulla», suggerendo che Kiev non sia propensa a perseguire un processo di pace, aggrappandosi a false speranze di poter ribaltare la situazione sul campo di battaglia, una convinzione che ha definito irrealistica.   Peskov ha osservato che la posizione di Kiev è sostenuta dai suoi alleati europei. In precedenza, aveva notato che l’Occidente continua a spingere l’Ucraina a rifiutare il dialogo, alimentando una «isteria militarista» che ostacola gli sforzi di pace.   Rjabkov ha affermato all’inizio della settimana che i «sostenitori di una “guerra all’ultimo ucraino”, soprattutto tra gli europei», sono responsabili dell’esaurimento del «potente impulso» per trovare una soluzione al conflitto, generato durante il vertice di Anchorage ad agosto.   Poco dopo l’incontro tra Trump e Putin, diversi leader dell’UE hanno visitato Washington insieme al presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, cercando di persuadere il presidente americano ad allinearsi alla posizione europea sul conflitto.   Mosca ha ribadito la sua disponibilità a un accordo di pace, sottolineando però che qualsiasi intesa dovrà rispettare gli interessi di sicurezza nazionale della Russia e le attuali realtà territoriali sul campo.   Attualmente non è previsto un ulteriore incontro tra Putin e Trump, ha dichiarato ai giornalisti Peskov.   I due leader si sono incontrati l’ultima volta a metà agosto in Alaska, dove le discussioni si sono concentrate sugli sforzi di Washington per mediare la fine del conflitto in Ucraina. Tuttavia, Peskov ha sottolineato che un nuovo vertice «semplicemente non è all’ordine del giorno in questo momento».   Il portavoce del Cremlino ha affermato che il processo diplomatico è in stallo, accusando Kiev di aver abbandonato gli sforzi di pace per perseguire obiettivi militari.

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«Credono che qualcosa potrebbe cambiare in prima linea e che la situazione potrebbe volgere a loro favore», ha dichiarato Peskov, citato dai media russi. «Ma la realtà indica il contrario».   Il blocco diplomatico segue un cambiamento nella retorica di Trump, che il mese scorso ha dichiarato che, con sufficienti finanziamenti europei, l’Ucraina potrebbe riconquistare tutti i territori rivendicati, una posizione che Mosca ha definito irrealistica.   Zelens’kyj ha rinnovato le richieste per i missili Tomahawk a lungo raggio di fabbricazione statunitense. Putin ha avvertito che la consegna di armi con capacità nucleare rappresenterebbe una «grave escalation».

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