Geopolitica
Sanzioni, perdite ucraine stimate e arsenale nucleare russo: punti chiave del discorso di Putin a Valdai
Giovedì il presidente russo Vladimir Putin ha partecipato a una sessione del Club di discussione Valdai a Sochi, dove ha tenuto, come suo solito in questa occasione annuale, un discorso programmatico e ha risposto alle domande del pubblico.
Durante l’evento, durato quasi quattro ore, Putin ha condiviso i suoi pensieri su una vasta gamma di questioni, tra cui il conflitto in Ucraina, la recente esplosione nel Nagorno-Karabakh e il ruolo dell’Occidente all’origine delle attuali tensioni.
Putin ha inoltre delineato la sua visione per un modello più giusto ed equo di relazioni internazionali e ha fornito un aggiornamento sull’arsenale nucleare russo.
Il sito governativo russo RT ha così riassunto i punti saliente del discorso del presidente russo.
L’Occidente «saccheggia» il mondo
i Paesi occidentali hanno accumulato le loro ricchezze e la loro influenza attraverso secoli di «espansione infinita», colonialismo e sfruttamento economico, ha affermato Putin, sostenendo che il modello, costruito sulla sottomissione e sul palese disprezzo degli interessi legittimi delle altre Nazioni, è la fonte delle tensioni contemporanee e «inevitabilmente ci condurrà in un vicolo cieco».
Prospettive per il «Nuovo Ordine Mondiale»
Putin ha delineato sei principi delle relazioni internazionali che la Russia vuole vedere come fondamento di un «ordine mondiale più equo». Questi includono il rifiuto delle «barriere artificiali» tra i Paesi e l’opposizione a un unico potere che detta la propria volontà. «Nessuno ha il diritto di controllare il mondo a spese degli altri o in loro nome», ha affermato Putin.
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La Russia non cerca «nuovi territori»
Secondo Putin, la Russia si concentra sulla protezione della popolazione del Donbass e della Crimea nel conflitto con l’Ucraina, piuttosto che sulla «cerca di nuovi territori». Ha ribadito che l’attuale crisi è stata innescata dal colpo di stato sostenuto dall’Occidente a Kiev nel 2014, che ha dato potere ai nazionalisti ucraini ed è stato respinto in Crimea. La penisola, in gran parte di lingua russa, votò per staccarsi dall’Ucraina e unirsi alla Russia lo stesso anno, mentre le regioni del Donbass di Donetsk e Lugansk dichiararono l’indipendenza da Kiev.
Le due repubbliche del Donbass, insieme alle regioni di Kherson e Zaporozhye, sono infine diventate parte della Russia dopo aver tenuto un referendum nel settembre 2022.
Le sconcertanti perdite dell’Ucraina sul campo di battaglia
Il leader russo ha affermato che Mosca stima che più di 90.000 soldati ucraini siano stati uccisi o gravemente feriti durante la “cosiddetta controffensiva”, lanciata all’inizio di giugno. Le forze di Kiev hanno inoltre perso 557 carri armati e circa 1.900 veicoli blindati.
Le autorità ucraine non rilasciano il numero totale delle vittime, e nemmeno la Russia.
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Mosca ha «superato» le sanzioni
La Russia ha rimodellato con successo la propria economia verso l’autosufficienza e verso nuovi mercati da quando l’UE e gli Stati Uniti hanno imposto per la prima volta restrizioni a Mosca nel 2014.
Abbiamo superato tutti i problemi derivanti dalle sanzioni e abbiamo avviato la fase successiva di sviluppo», ha affermato Putin.
Lo scontro nel Nagorno-Karabakh era «inevitabile».
Il presidente ha respinto le accuse secondo cui Mosca avrebbe abbandonato il suo alleato Armenia quando l’Azerbaigian ha ristabilito il controllo sulla sua enclave separatista di etnia armena del Nagorno-Karabakh il mese scorso. La vittoria di Baku e lo scioglimento delle forze militari locali hanno innescato un esodo di massa della popolazione armena dalla regione.
Secondo Putin, la Russia ha fatto tutto il possibile per mediare il conflitto e ha offerto a Yerevan un compromesso per quanto riguarda il Nagorno-Karabakh. Ha sostenuto che uno scontro armato era «inevitabile» dopo che il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha riconosciuto ufficialmente l’enclave come territorio dell’Azerbaigian.
La Russia potrebbe essere costretta ad abbandonare un importante patto nucleare
Il lavoro sul missile balistico intercontinentale basato sul silo Sarmat è stato «effettivamente completato», ha affermato il presidente. Ha anche rivelato che Mosca ha testato con successo anche il missile da crociera a propulsione nucleare Burevestnik.
Putin ha avvertito che la Russia potrebbe prendere in considerazione la revoca della ratifica del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT) del 1996 perché non è stato ancora ratificato dagli Stati Uniti.
Il presidente non ha escluso «risposte speculari» alle politiche di Washington sulla questione.
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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