Salute
Ricercatori giapponesi: le trasfusioni di sangue da vaccinati mRNA possono essere mortali

Uno studio giapponese preprint mette in guardia sui rischi legati alla trasfusione di sangue da soggetti vaccinati contro il COVID ad altri pazienti, indicando che potrebbe causare rischi significativi per la salute, inclusa la morte. I ricercatori chiedono inoltre misure di sicurezza per controllare e garantire l’approvvigionamento di sangue mondiale.
Intitolato «Trasfusioni di prodotti sanguigni derivati da destinatari di vaccini genetici: preoccupazioni sulla sicurezza e proposte di misure specifiche», il documento non sottoposto a revisione paritaria, della cui prima versione aveva già parlato Renovatio 21, è ora arrivato ad una seconda versione, è stato pubblicato lo scorso mercoledì. Il paper ricapitola il «programma globale di vaccinazione genetica» che era stato «rapidamente implementato come soluzione fondamentale» alla malattia da coronavirus nel 2020.
«È stato riportato in tutto il mondo che gli mRNA modificati che codificano le proteine spike e le nanoparticelle lipidiche, che vengono utilizzati come sistemi di somministrazione dei farmaci, non solo causano trombosi e disturbi cardiovascolari dopo la vaccinazione, ma potrebbero anche causare diverse malattie che coinvolgono tutti gli organi e sistemi, compreso il sistema nervoso centrale» scrive l’abstract dello studio.
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Sulla base di questi rapporti e delle abbondanti prove emerse negli ultimi anni, questo articolo si propone di attirare l’attenzione dei professionisti medici sui vari rischi associati alla trasfusione utilizzando prodotti sanguigni derivati da pazienti affetti da COVID lungo o da destinatari di vaccini genetici, e formulare proposte riguardanti specifici elementi di ispezione, metodi di prova, regolamenti, etc.
Come sottolinea Joseph Mercola, la ricerca fa particolare attenzione ai pericoli che tali trasfusioni possono comportare per la salute neurologica. Il sangue infetto da «strutture simili a prioni» presenti all’interno della proteina «spike», prodotta da queste iniezioni, può indurre «l’errato ripiegamento delle proteine normali nel cervello», causando disturbi.
«Le malattie da prioni sono caratterizzate da un lungo periodo di incubazione, seguito da una rapida progressione e da un’elevata mortalità», scrive Mercola. E la possibilità che queste proteine spike possano includere «domini simili ai prioni» solleva diverse preoccupazioni, tra cui il rischio di trasmissione di tali strutture simili ai prioni attraverso le trasfusioni di sangue con il rischio di causare pericolose malattie da prioni nei riceventi.
«Le malattie da prioni sono notoriamente difficili da diagnosticare precocemente, non hanno cura e sono fatali, rendendo qualsiasi potenziale trasmissione attraverso i prodotti sanguigni un significativo problema di sicurezza», ha scritto Mercola. Va aggiunto che a causa delle sfide tecniche e della rarità storica della malattia da prioni, gli attuali processi di screening non esaminano queste strutture e potrebbero quindi essere inadeguati nel prevenire tale trasmissione.
Le malattie da prioni hanno lunghi periodi di latenza, il che significa che i loro sintomi possono manifestarsi solo dopo anni o decenni dall’effettiva esposizione, questo «ritardo complica gli sforzi per risalire alla fonte di un’infezione a una trasfusione di sangue e valutare la sicurezza delle forniture di sangue nel tempo», riassume il medico osteopata.
«Tutto ciò potrebbe incidere sulla fiducia del pubblico nella sicurezza delle trasfusioni di sangue e, naturalmente, renderà necessari cambiamenti nei criteri di ammissibilità dei donatori, inclusa l’istituzione di ulteriori protocolli di screening» nota LifeSiteNews.
Gli autori dello studio sollecitano quindi ulteriori studi sulle strutture simili ai prioni nella proteina spike al fine di valutare ulteriormente sia le implicazioni delle iniezioni di mRNA sia, più in generale, le risposte necessarie per proteggere la salute pubblica per quanto riguarda le trasfusioni di sangue in corso.
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Lo studio giapponese esprime preoccupazione per il fatto che, poiché gli studi hanno dimostrato un’efficacia negativa per le iniezioni di mRNA, il che significa che i loro riceventi hanno maggiori probabilità di soffrire future infezioni in proporzione al numero di iniezioni ricevute, così anche le donazioni di sangue da individui iniettati potrebbero compromettere immunità contro le infezioni comuni nei loro riceventi.
In tali casi, «possono formarsi anche coaguli di sangue e aggregati amiloidi», continua il Mercola, aggiungendo che anche “l’infiammazione cronica e la disfunzione immunitaria» sono possibili pericoli.
I ricercatori nipponici, dice Mercola, «sollevano preoccupazioni anche sulla possibilità che il sangue contaminato causi malattie autoimmuni nei riceventi. Ricerche recenti hanno scoperto che la pseudouridilazione dell’RNA, un processo in cui l’uracile viene sostituito con metilpseudouridina sintetica, può causare frameshifting, fondamentalmente un problema tecnico nella decodifica che può innescare la produzione di proteine aberranti fuori bersaglio».
«Gli anticorpi che si sviluppano di conseguenza possono, a loro volta, innescare reazioni immunitarie fuori bersaglio», scrive l’osteopata. «In aggiunta a ciò, le nanoparticelle lipidiche (LNP), un componente chiave dei vaccini COVID, sono state identificate come altamente infiammatorie e possiedono un’attività adiuvante più potente rispetto agli adiuvanti vaccinali tradizionali, il che aumenta ulteriormente il rischio di una risposta autoimmune».
Dati i numerosi pericoli documentati legati al sangue emersi in molti che hanno ricevuto iniezioni di COVID, i ricercatori hanno sostenuto la necessità di «misure rigorose e precauzionali nella manipolazione del sangue e nelle pratiche trasfusionali», riassume Mercola. E poiché non esistono mezzi affidabili per ripulire le attuali riserve di sangue dalle proteine spike o dall’mRNA, l’unica soluzione fornita è «scartare tutti i prodotti sanguigni che contengono questi contaminanti fino a quando non verranno stabilite tecniche di rimozione efficaci».
I ricercatori osservano altresì che poiché uno studio sui topi rivela che «la proteina Spike e i suoi geni modificati possono essere trasmessi attraverso gli esosomi» anche aerosolizzati durante la normale respirazione (cioè per shedding, «spargimento»), tutti gli individui, indipendentemente dal fatto che sia stato iniettato l’mRNA o meno, dovrebbero essere testati per queste sostanze.
I ricercatori concludono mettendo in guardia contro l’uso continuato di vaccini genetici fino a quando non potranno essere condotte ulteriori revisioni critiche per valutare adeguatamente i rischi emersi e descritti nel loro articolo.
«È fondamentale e tempestivo rivalutare la tecnologia basata sull’mRNA pseudouridinato prima dell’avvento di altri vaccini genetici in fase di sviluppo», hanno scritto. «I danni alla salute causati dalla vaccinazione con vaccini genetici non possono essere ignorati; pertanto, i paesi e le organizzazioni interessate dovrebbero adottare misure concrete insieme per identificare i rischi, controllarli e risolverli».
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La questione delle trasfusioni di sangue da soggetti vaccinati contro il COVID-19 è stata molto controversa. Nel 2022, un tribunale della Nuova Zelanda si è pronunciato contro i genitori di un figlio neonato malato dopo aver rifiutato le trasfusioni di sangue di persone vaccinate. I genitori avevano chiesto al sistema sanitario di consentire la trasfusione di sangue da soggetti non vaccinati, con donatori già disposti a contribuire. Nella sua sentenza, il tribunale ha privato i genitori della custodia medica del figlio.
In Canada i medici hanno segnalato anche l’andamento della resistenza delle persone alle trasfusioni di sangue dei vaccinati. Parlando alla CBC nel 2022, il dottor Dave Sidhu, responsabile medico dell’Alberta meridionale per la medicina trasfusionale e dei trapianti, ha affermato che i genitori di bambini malati richiedevano sangue non vaccinato.
«Lo vediamo circa una o due volte al mese, in questa fase. E la preoccupazione ovviamente è che queste richieste possano aumentare», disse allora.
Nello Stato americano del Wyoming, la deputata repubblicana Sarah Penn ha sponsorizzato un disegno di legge che impone che il sangue donato da persone che hanno effettuato iniezioni di COVID-19 venga etichettato. Ciò consentirà ai riceventi che non desiderano accettare tale sangue di rifiutarlo.
In un’intervista con il Cowboy State Daily, la Penn ha dichiarato che «per vari motivi, molte persone hanno intenzionalmente cercato di tenere le terapie a base di mRNA fuori dai loro corpi, fino al punto che alcuni hanno perso i loro mezzi di sussistenza (…) Le loro preoccupazioni sono giustificate».
Come riportato da Renovatio 21, pochi mesi dopo la vicenda canadese si ebbe il caso del piccolo Alex un bambino americano morto dopo che l’ospedale aveva rifiutato una trasfusione di sangue non vaccinato.
Trasfusioni e patria potestà furono al centro di un drammatico caso anche in Italia, con pronunciamento dei giudici.
Il tema delle scorte di sangue, e della possibilità di scegliere il proprio donatore, non è ancora affrontato dalla Sanità e dalla politica, tuttavia è un punto nodale nel quale si esprime la frattura sociale e biologica creatasi con le vaccinazioni COVID.
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Autismo
Tutti addosso a Kennedy che collega la circoncisione all’autismo. Quando finirà la barbarie della mutilazione genitale infantile?

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As usual, the mainstream media attacks me for something I didn’t say in order to distract from the truth of what I did say.
At yesterday’s Cabinet meeting, I said: “There are two studies that show children who are circumcised early have double the rate of autism, and it’s highly… — Secretary Kennedy (@SecKennedy) October 10, 2025
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Big Pharma
Bayer punta sulla cura del Parkinson dopo decenni di vendita di prodotti come il glifosato legati alla malattia

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Bayer sta avviando una sperimentazione clinica di Fase 3 per un trattamento del Parkinson a base di cellule staminali attraverso la sua controllata BlueRock, nonostante l’azienda stia affrontando migliaia di cause legali relative ai pesticidi collegati alla malattia. Questa mossa evidenzia il duplice ruolo di Bayer nel contribuire al Parkinson e nel cercare di trarne profitto.
Bayer sta lanciando un nuovo trattamento sperimentale per il morbo di Parkinson, nonostante il colosso farmaceutico e chimico continui a trarre profitto dalla vendita di pesticidi collegati alla malattia.
La società ha annunciato la scorsa settimana che la sua sussidiaria BlueRock Therapeutics LP ha avviato una sperimentazione clinica di fase 3 per il bemdaneprocel, un farmaco progettato per sostituire le cellule cerebrali produttrici di dopamina uccise dalla malattia neurodegenerativa.
Il farmaco deriva da cellule staminali impiantate chirurgicamente nel cervello di una persona affetta dal morbo di Parkinson. Una volta impiantate, le cellule staminali possono svilupparsi in neuroni dopaminergici maturi, contribuendo a riformare le reti neurali colpite dal Parkinson.
Ripristinano «potenzialmente» la funzionalità motoria e non motoria dei pazienti. Il farmaco è stato approvato dalla Food and Drug Administration statunitense nel 2021.
Bemdaneprocel sarà probabilmente disponibile sul mercato tra anni, eppure Bayer sta investendo molto nelle infrastrutture produttive per i futuri prodotti di terapia cellulare e genica. Parte di questo sforzo include la costruzione di uno stabilimento da 250 milioni di dollari in California, secondo Reuters.
Le tecnologie di terapia cellulare e genica contro il cancro stanno già generando profitti per altre aziende, ma BlueRock è la prima azienda a portare una terapia cellulare per il Parkinson alla fase 3 degli studi clinici.
Le difficoltà finanziarie della Bayer derivano in parte dai brevetti scaduti su due dei suoi farmaci di successo: l’anticoagulante Xarelto e il medicinale per gli occhi Eylea.
Ma i maggiori problemi finanziari di Bayer sono radicati nell’acquisizione di Monsanto nel 2018, secondo Reuters. Il glifosato, un diserbante di Monsanto, è collegato al cancro e al Parkinson, le stesse malattie da cui Bayer potrebbe trarre profitto con un nuovo trattamento.
Finora, Bayer ha pagato circa 11 miliardi di dollari per risolvere le cause legali relative al glifosato e si stima che siano ancora pendenti 67.000 cause legali nei suoi confronti.
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Molti dei pesticidi della Bayer sono collegati al Parkinson
Il morbo di Parkinson è il disturbo neurologico in più rapida crescita al mondo, caratterizzato dalla perdita di neuroni nella parte del cervello che produce dopamina e che è responsabile del controllo motorio.
Sebbene non esista una cura nota per il Parkinson, esistono alcune cause note. Studi dimostrano che l’esposizione a diversi pesticidi è fortemente correlata allo sviluppo della malattia.
I collegamenti più ampiamente segnalati tra pesticidi e morbo di Parkinson riguardano l’erbicida paraquat della Syngenta.
Attraverso un’indagine sui documenti interni di Syngenta, il giornalista Carey Gillam ha rivelato che l’azienda era consapevole che il suo pesticida causava cambiamenti neurologici che sono il segno distintivo della malattia, ma lavorava segretamente per insabbiare le prove scientifiche del collegamento.
Tuttavia, studi recenti collegano anche l’esposizione ad altri pesticidi alla malattia.
Numerosi studi di casi, uno studio epidemiologico, studi sugli animali e recenti studi che esaminano molteplici esposizioni a pesticidi dimostrano che il glifosato, una nota neurotossina, probabilmente gioca un ruolo nel Parkinson.
Tuttavia, gli scienziati che scrivono sulle più importanti riviste mediche affermano che sono necessarie ulteriori ricerche e una migliore regolamentazione, citando il legame poco studiato tra glifosato e Parkinson come esempio paradigmatico del problema.
Parte del problema, affermano, è che sono le aziende produttrici di pesticidi a condurre la maggior parte delle ricerche, e la maggior parte di queste riguarda singoli pesticidi in modo isolato.
Nuove prove dimostrano che il Parkinson è anche – e forse più frequentemente – collegato all’esposizione a «cocktail» di pesticidi. Questi causano «una neurotossicità maggiore per i neuroni dopaminergici rispetto a qualsiasi singolo pesticida», perché i diversi pesticidi hanno meccanismi d’azione diversi. Se combinati, possono causare danni neurologici maggiori.
Una ricerca pubblicata su Nature Communications ha esaminato la storia dell’esposizione chimica dei pazienti affetti da Parkinson e ha identificato 53 pesticidi implicati nella malattia.
Tra le 10 sostanze chimiche identificate come direttamente tossiche per i neuroni collegate al Parkinson figurano pesticidi, erbicidi e fungicidi prodotti dalla Bayer.
Tra questi ci sono l’endosulfan, prodotto dall’azienda ma gradualmente eliminato in risposta alle pressioni internazionali; il diquat, un ingrediente chiave utilizzato dalla Bayer per sostituire il glifosato nel Roundup e vietato nell’UE, nel Regno Unito e in Cina; e i fungicidi contenenti solfato di rame e folpet.
Un altro studio ha identificato l’esposizione a lungo termine a 14 pesticidi con un aumento del rischio di morbo di Parkinson nelle persone che vivono nella regione delle Montagne Rocciose e delle Grandi Pianure.
I tre pesticidi con l’effetto più forte sono stati simazina, atrazina e lindano. Bayer produce diversi pesticidi contenenti simazina e atrazina. Bayer in precedenza utilizzava il lindano nei suoi prodotti, ma ne ha gradualmente eliminato l’uso come pesticida agricolo negli Stati Uniti.
Bayer è una delle quattro aziende, insieme a Syngenta, Corteva e BASF, che controllano da anni il mercato mondiale dei pesticidi.
Negli Stati Uniti, l’azienda ha tentato di proteggersi da ulteriori contenziosi sui rischi per la salute causati dai suoi prodotti chimici, sostenendo una legislazione a livello federale e statale che renderebbe più difficile per gli stati regolamentare i pesticidi o per le persone danneggiate dai prodotti agrochimici fare causa ai produttori.
Brenda Baletti
Ph.D.
© 1 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di Mister F. via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0
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