Connettiti con Renovato 21

Sorveglianza

Quanto tempo prima che ti serva un’ID digitale per accedere ai servizi pubblici?

Pubblicato

il

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

L’amministrazione Biden sta redigendo un ordine esecutivo affinché i governi federali e statali accelerino l’adozione dell’identità digitale e sviluppino un sistema di identità online uniforme, gestito dal governo, per verificare l’identità e l’età e accedere ai siti web e ai servizi pubblici.

 

L’amministrazione Biden sta redigendo un ordine esecutivo affinché i governi federali e statali accelerino l’adozione dell’identità digitale, comprese le patenti di guida mobili, e sviluppino un sistema di identità online uniforme e gestito dal governo per verificare l’identità e l’età e accedere ai siti web e ai servizi pubblici.

 

NOTUS, un’organizzazione giornalistica senza scopo di lucro, ha ottenuto una bozza dell’ordine esecutivo, che afferma: «è politica del potere esecutivo incoraggiare fortemente l’uso di documenti di identità digitali».

 

Secondo NOTUS, l’ordine esecutivo «potrebbe rimodellare il modo in cui gli americani accedono ai servizi governativi e potenzialmente si comportano online».

 

Un sistema di identificazione digitale potrebbe funzionare con l’uso di scansioni biometriche come il riconoscimento facciale per «aiutare a verificare meglio l’identità online», ha riferito NOTUS, osservando che il governo federale sta lavorando con Apple e Google per creare sistemi che «consentirebbero agli americani di portare con sé documenti di identità sui loro smartphone e di inviarli senza problemi ai siti Web del governo e del settore privato per la verifica».

Iscriviti al canale Telegram

Michael Rectenwald, Ph.D., autore di The Great Reset and the Struggle for Liberty : Unraveling the Global Agenda, ha dichiarato a The Defender che, come definito dal World Economic Forum (WEF), «l’identità digitale è “la somma totale della massa crescente e in continua evoluzione di informazioni su di noi, sui nostri profili e sulla cronologia delle nostre attività online”».

 

«L’identità digitale non è semplicemente una nuova, più pratica, leggera forma di identificazione digitale. Si riferisce a una raccolta di dati che presumibilmente definisce chi siamo, incluso ciò che facciamo sia online che offline… e non semplicemente a un mezzo con cui possiamo essere identificati come tali» ha dichiarato Rectenwald.

 

Alexis Hancock, direttore dell’ingegneria per la Electronic Frontier Foundation, ha detto a The Defender che l’ID digitale dell’amministrazione Biden prenderà di mira in modo sproporzionato i poveri e gli svantaggiati.

 

«L’identità digitale e gli standard che la stabiliscono sono ancora molto “nuovi” e tuttavia la Casa Bianca sta accelerando l’identità digitale per la popolazione più vulnerabile: le persone che percepiscono sussidi pubblici» ha affermato.

 

«L’impiego di varie tecnologie su questa popolazione per accedere ai loro benefici, come il riconoscimento facciale, non è qualcosa che incoraggerei o consiglierei. Soprattutto perché il riconoscimento facciale è irto di problemi di discriminazione».

 

Rectenwald ha anche avvertito che l’identificazione digitale potrà in seguito essere estesa ad altre funzioni.

 

«Anche se un sistema di identità digitale serve inizialmente solo come identificazione, come nota il Center for Human Rights and Global Justice, le identità digitali sono soggette a “function creep“», ovvero «sono destinate a essere utilizzate per scopi multipli che non sono previsti quando il sistema viene progettato per la prima volta», ha affermato.

 

Tim Hinchliffe, direttore di The Sociable, ha citato i passaporti vaccinali come una di queste possibilità.

 

«Sebbene il governo federale non sia stato in grado di imporre legalmente la vaccinazione a tutti i cittadini statunitensi, è andato avanti comunque e l’ha imposta ai dipendenti federali, e il settore privato ha seguito l’esempio… Lo stesso può facilmente accadere con l’identità digitale», ha affermato Hinchliffe.

 

Il rapporto NOTUS arriva solo pochi giorni dopo le rivelazioni secondo cui i numeri di previdenza sociale e altre informazioni personali di praticamente tutti gli americani, archiviati da una società privata, la National Public Data, sono stati violati nell’aprile 2024.

 

Catherine Austin Fitts, fondatrice e editrice del Solari Report ed ex assistente segretario statunitense per l’edilizia abitativa e lo sviluppo urbano, ha affermato: «invece di scusarsi o adottare misure per garantire la sicurezza dei nostri dati, l’amministrazione Biden propone di creare database ancora più centralizzati, spingendo per un’identità digitale».

Iscriviti al canale Telegram

«Big Tech gestisce l’identità digitale ed è molto più potente dei governi»

Secondo NOTUS, 13 stati hanno lanciato «una specie di programma di patente di guida mobile» e altri stanno lavorando per implementare un ID digitale. «Ma l’azione federale che spinge la transizione è stata ritardata», creando un miscuglio di sistemi di ID digitale statali che non sono coordinati a livello federale.

 

Secondo IDScan.net, i 13 stati sono Arizona, California, Colorado, Delaware, Georgia, Iowa, Louisiana, Maryland, Mississippi, Missouri, New York, Ohio e Utah. L’Ohio ha lanciato le patenti di guida digitali e le carte d’identità statali all’inizio di questo mese.

 

Programmi simili sono «in corso» in altri 14 stati, mentre in due Stati – Louisiana e Mississippi – è possibile utilizzare l’ID mobile per votare.

 

Almeno sette paesi hanno lanciato l’ID digitale, secondo Identity.com. Tra questi, Canada, Estonia, Germania, India, Giappone, Singapore e Svezia. L’Unione Europea (UE) ha lanciato il suo ID digitale e il suo portafoglio all’inizio di quest’anno.

 

Ciascuno dei 27 Stati membri dell’UE «offrirà almeno una versione del portafoglio di identità digitale dell’UE», che potrà includere patenti di guida, dati sanitari personali, documenti di viaggio, informazioni sulla previdenza sociale, schede SIM personali, diplomi universitari e potrà anche essere collegato ai conti bancari di un individuo.

 

In Grecia, per assistere agli eventi sportivi è obbligatorio acquistare il biglietto tramite il «portafoglio digitale» del governo.

 

Ma nonostante la presunta comodità che i «portafogli digitali» possono offrire, ci sono anche potenziali rischi.

 

«Se perdi la tua patente di guida plastificata, puoi semplicemente ottenerne una nuova», ha affermato l’avvocato Greg Glaser. «Ma se perdi il tuo ID biometrico, non puoi ottenere un nuovo pollice o un nuovo bulbo oculare, quindi gli hack sono permanenti».

 

Gli esperti hanno anche messo in guardia dal coinvolgimento di Big Tech nei programmi di ID digitale governativi. «Big Tech gestisce l’ID digitale ed è molto più potente dei governi», ha affermato Glaser. «Big Tech ha i brevetti e detta sia gli standard che l’implementazione».

Aiuta Renovatio 21

«Il loro gioco a lungo termine nel settore della sicurezza informatica è centralizzare l’elaborazione dei dati in modo che i nostri governi statali e locali diventino dipendenti dal settore della sicurezza informatica per funzionare giorno per giorno. Questo è chiamato “infrastruttura pubblica digitale“, e non è una cosa da poco, perché neutralizza il potere e la governance locali» ha aggiunto.

 

Ad esempio, diversi stati, tra cui Arizona, Colorado, Georgia, Maryland e Ohio, offrono le loro carte d’identità digitali e le patenti di guida tramite Apple Wallet. All’inizio di questo mese, Apple ha annunciato che la California offrirà presto questi documenti anche tramite Apple Wallet.

 

Secondo NOTUS, sebbene il governo federale abbia sviluppato Login.gov come «credenziale standard per accedere ai siti web federali», molti di questi siti, tra cui quello dell’IRS, utilizzano «la start-up ID.me con sede in Virginia», una società privata.

 

«Attraverso partnership pubblico-private, l’identità digitale può essere molto comoda per le interazioni dei cittadini con governi e aziende, ma può anche essere uno strumento per la sorveglianza e il controllo totali», ha affermato Hinchliffe.

 

«Proprio come le punture, l’identità digitale non deve essere imposta con la forza per renderti la vita un inferno, ma senza di essa potresti non essere in grado di effettuare transazioni finanziarie, ottenere la patente di guida, andare a scuola o persino accedere a Internet» ha aggiunto.

 

Tuttavia, secondo NOTUS, le frodi legate alla mancanza di un sistema uniforme di verifica dell’età e dell’identità, anche attraverso le patenti di guida statali che sono relativamente facili da falsificare, sono costate miliardi di dollari al governo degli Stati Uniti e sono uno dei principali motivi alla base della bozza di ordine esecutivo dell’amministrazione Biden.

 

«La bozza di ordinanza, se implementata, apparentemente risolverebbe un problema crescente: il governo ha perso miliardi di dollari in richieste fraudolente di sussidi utilizzando carte d’identità contraffatte». La maggior parte dei sistemi di patenti di guida statali non si collega ai servizi di verifica dell’identità che abbinano i volti ai documenti d’identità.

 

«Il risultato è un crescente interesse nel creare una forma di ID digitale da utilizzare sul web», ha riferito NOTUS. «Joe Biden ha promesso per la prima volta un ordine esecutivo nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 2022, ma è rimasto bloccato in una guerra burocratica su cosa avrebbe dovuto includere».

 

Secondo la bozza dell’ordine esecutivo, le persone non saranno obbligate a sottoporsi a scansioni automatiche di riconoscimento facciale. L’ordine esecutivo proibirebbe inoltre al governo e ai contractor di vendere dati biometrici e di utilizzare quel tipo di dati per qualsiasi cosa che non sia la verifica dell’identità.

 

Hancock ha affermato che, pur concordando con la proposta di «maggiori controlli degli account per le persone a rischio di frode, come l’obbligo di autenticazione a più fattori e modalità per recuperare i propri benefici se le credenziali vengono compromesse», si è chiesta se l’ordine esecutivo proposto dalla Casa Bianca avrebbe affrontato in modo adeguato la sicurezza dei dati.

 

«Sebbene nei piani della Casa Bianca ci siano alcune dichiarazioni che sembrano proteggere la privacy e il consenso nell’uso di meccanismi di identità digitale per combattere le frodi, sono diffidente sul fatto che l’identità digitale ridurrà o mitigherà le frodi su larga scala… Ciò richiederebbe un supporto tecnico più solido con più linee telefoniche di supporto tecnico e traduttori utili, simili a un aiuto umano», ha affermato.

 

Fitts ha affermato: «Gli ID digitali sono il passaggio essenziale per la visione del WEF di “Benvenuti nel 2030. Non possiedo nulla, non ho privacy e la vita non è mai stata migliore”».

 

«Spero che questa richiesta di identità digitale sia seguita da una forte e solida protezione della privacy per i nostri dati e non dall’ingenuità che l’identità digitale stessa sia la soluzione», ha affermato Hancock.

Sostieni Renovatio 21

L’istituzione della CBDC è il vero obiettivo dell’identità digitale?

Gli esperti hanno inoltre dichiarato al The Defender che, nonostante le garanzie di sicurezza fornite dall’amministrazione Biden, i programmi di identificazione digitale gestiti dai governi e lanciati in altri Paesi sono stati soggetti a violazioni.

 

«Nel processo di centralizzazione di tutti i dati… i cittadini perdono sempre più la privacy mentre le autorità sostengono ipocritamente che i portafogli digitali garantiscono una maggiore privacy perché sono più sicuri contro i furti», ha affermato Glaser.

 

«L’affermazione delle autorità è, nella migliore delle ipotesi, non verificata e, nella peggiore, del tutto falsa, come ha dimostrato la recente violazione della sicurezza Aadhaar in India , con circa il 60% della popolazione indiana di 1,3 miliardi di persone hackerata ed esposta sul dark web», ha affermato Glaser.

 

Aadhaar, il sistema di identificazione digitale nazionale dell’India, è stato coinvolto in una controversia. Promosso da Bill Gates, Aadhaar è stato recentemente collegato ai nuovi certificati sanitari digitali dell’India.

 

«Se vuoi vedere come l’identità digitale viene adottata su larga scala, dai un’occhiata al sistema di identità digitale Aadhaar dell’India. Per più di un decennio, il governo ha affermato che l’identità digitale sarebbe stata volontaria, ma poi le banche e i governi locali hanno iniziato a imporne l’uso», ha affermato Hinchliffe.

 

Ciò «ha reso difficile vivere la vita delle persone senza l’ID digitale. Ora, l’India si vanta che circa 1,2 miliardi di cittadini hanno sottoscritto ‘volontariamente’ l’ID digitale», ha aggiunto Hinchliffe.

 

Alcuni esperti sostengono che il vero obiettivo dell’amministrazione Biden con l’identità digitale sia quello di gettare le basi per l’introduzione di una valuta digitale della banca centrale (CBDC).

 

«Il motivo per cui l’amministrazione Biden vuole un’identità digitale è che la Federal Reserve e il sistema bancario possano passare a un sistema di controllo finanziario completamente digitale che utilizzerà “denaro programmabile” che consentirà una tassazione senza rappresentanza e tassi di interesse negativi», ha affermato Fitts.

 

Allo stesso modo, Rectenwald ha affermato: «l’identità digitale è il perno per l’istituzione di una CBDC, che l’amministrazione Biden ha affermato in un ordine esecutivo che essa – e per estensione, il regime Harris – intende implementare».

 

La CBDC potrebbe essere utilizzata per escludere dalla vita pubblica le persone con opinioni non istituzionali, ha avvertito Rectenwald. «Collegata alla CBDC, l’identità digitale potrebbe escludere questi “indesiderabili” dall’economia», ha affermato, citando le persone i cui conti bancari sono stati congelati per aver supportato o partecipato al Canadian Freedom Convoy.

 

Michael Nevradakis

Ph.D.

 

© 20 agosto, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

 

Continua a leggere

Sorveglianza

La sicurezza aerea USA non farà più togliere le scarpe. E in Italia?

Pubblicato

il

Da

La Transportation Security Administration (TSA) sta eliminando l’obbligo per i viaggiatori di togliersi le scarpe durante i controlli di sicurezza negli aeroporti. Lo riportano varie testate americani.   La TSA è l’agenzia dei controlli negli aeroporti, divenuta temutissima dopo l’11 settembre 2001 per la pervicacia con cui porta avanti il suo lavoro.   Una «fonte» che ha parlato «a condizione di anonimato» ha dichiarato al New York Times che la TSA ha «eliminato» l’obbligo per i viaggiatori di togliersi le scarpe, sebbene l’agenzia non abbia «annunciato ufficialmente questo cambiamento».   Un portavoce della TSA ha spiegato che la TSA e il Dipartimento per la sicurezza interna (DHS) sono «sempre alla ricerca di modi nuovi e innovativi per migliorare l’esperienza dei passeggeri». «Qualsiasi aggiornamento potenziale alle nostre procedure di sicurezza verrà diffuso tramite i canali ufficiali», ha aggiunto il portavoce della TSA.

Sostieni Renovatio 21

Jennifer Jacobs, reporter senior della Casa Bianca per la CBS News, ha inoltre riferito che «i viaggiatori non devono più togliersi le scarpe per superare la normale fila ai controlli di sicurezza della TSA» negli aeroporti.   Secondo il sito specializzato in raccolta punti-miglia One Mile At A Time, in una «nota interna» la TSA ha spiegato che «questa norma aggiornata è il risultato sia dei progressi tecnologici sia di una rivalutazione completa dei rischi a livello di minaccia».   «Si sostiene che le moderne apparecchiature di scansione siano ora in grado di rilevare potenziali pericoli senza dover togliere le scarpe. È interessante notare che la TSA prevede di mantenere le restrizioni sui liquidi fino al 2040, nonostante anche lì le tecnologie di screening siano migliorate. Quindi la differenza nel modo in cui vengono gestite queste due situazioni è piuttosto interessante» scrive l’articolo.   Rimane da capire se l’Italia seguirà l’esempio. Togliersi le scarpe è un inconveniente fastidiosissimo di quando, anche per un semplice volo interno, si passa alla security di qualsiasi aeroporto. Un atto invasivo, oltre che molto poco igienico (camminare scalzi in un luogo pubblico dove passano diecine di migliaia di persone? Infilare le scarpe in cassette che poi certo non vengono lavate?) che perdura nei decenni anche da noi.   Renovatio 21 ha notato come recentemente la situazione in Italia si sia allentata, almeno per quanto riguarda i computer, che forse a causa di nuove macchine a raggi X (e la nostra ipotesi, che verificheremo al prossimo volo), ora possono essere lasciati dentro gli zaini invece che fatti tirar fuori assieme a smartphone, tablet, etc. È rimasta, tuttavia, la direttiva di far togliere, oltre che le scarpe, la cintura, quindi chi è molto dimagrito e porta gli stessi pantaloni di prima è avvisato: in aeroporto potrebbe finire in mutande stricto sensu.   I controlli capillari negli aeroporti sono un dono malefico dell’11 settembre 2001, oramai avvenuto quasi un secolo fa. Il terrorismo islamico ha di fatto «israelizzato» il trasporto aereo, rendendo il mondo intero nella condizione di paura degli attentati che vive chi passa per gli aeroporti dello Stato Ebraico, notissimo per i suoi controlli stringenti e per le vanterie rispetto alla sicurezza della sua compagnia aerea nazionale.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
  Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
     
Continua a leggere

Eutanasia

Ecco l’eutanasia dell’Italia geografica. Per far nascere le smart city che ci controlleranno

Pubblicato

il

Da

L’eutanasia è l’eufemismo dietro cui si nasconde la soppressione legalizzata, a spese del contribuente e col patrocinio dello Stato, degli individui considerati inutili, o improduttivi, o semplicemente troppo costosi – e poi magari anche (visto che ci siamo) di quelli ritenuti scomodi o pericolosi per la stabilità sociale.

 

Per convincere l’opinione pubblica della bontà della operazione è bastato spacciare l’oppio della pietà fasulla – il presunto bene della vittima, il «miglior interesse» del soggetto da eliminare (ricordiamo il «best interest» stabilito da ospedali e giudici per Alfie) – così che, addormentata insieme alla coscienza anche la ragione, uno non sia più in grado di distinguere un atto di misericordia da un delitto; e di capire come si imbocchi così la via maestra per consegnare all’arbitrio del potere non solo la vita di chi sia stato indotto in qualche modo a rinunciarvi, ma anche quella di chi la sua la vorrebbe vivere fino in fondo. Il nuovo concetto da assimilare è che la dignità dell’uomo si identifica con il suo benessere, e questo vada inteso come autonomia psicofisica ed economica.

 

Lo Stato cavalca da decenni il programma della eutanasia per gli italiani. Lo fa attraverso le trombe della propaganda mediatica e, giuridicamente, attraverso l’attacco concentrico – mosso insieme dalla politica e dalla magistratura, dalle alte cariche istituzionali tanto quanto dalla chiesa – alle norme di garanzia poste dal fu legislatore a presidio del bene sommo della vita, come quella che punisce l’aiuto al suicidio o l’omicidio del consenziente.

Sostieni Renovatio 21

Ma lo Stato ha segnata in agenda anche l’eutanasia dell’Italia stessa. Cioè del corpo e dell’anima di una nazione.

 

Non è una frase ad effetto. Basta leggere il recente documento governativo intitolato «Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027» per rendersi conto che vengono utilizzati la stessa retorica e lo stesso gergo con i quali si promuove l’amorevole accompagnamento a morire di un essere umano.

 

«Aree interne» è un’espressione vaga e asettica con cui si definiscono 4.000 comuni che, situati in tutte le Regioni italiane, condividono la caratteristica di trovarsi a una certa distanza dai grandi agglomerati urbani, dove nel frattempo sono stati radunati tutti i servizi essenziali quali scuole, ospedali, centri commerciali, mezzi pubblici (e perché sennò starebbero implacabilmente chiudendo tante piccole strutture territoriali floride e funzionanti?).

 

Non ci vive poca gente, nelle aree interne: nel complesso, circa 13 milioni di italiani, cioè ben il 23% della popolazione, un cittadino della Repubblica su quattro.

 

Su questi luoghi per anni è aleggiata la fumosa retorica del «rilancio», con qualche parvenza di investimento capace sulla carta di infondere loro rinnovata vitalità. Ora non più. La vera volontà dello Stato si è slatentizzata con la pronuncia e la pubblicazione di una sentenza di condanna a morte. «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». «Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza». «Hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento». Sta tutto scritto nel documento PNSAI.

 

Impossibile non notare qui l’assonanza totale, testuale, letterale, con il linguaggio dell’eutanasia.

 

È proprio così: lo Stato moderno non persegue soltanto la dolce morte dei suoi cittadini, ma perfino quella di ampie porzioni del Paese reale. Un’eutanasia collettiva, un’eutanasia geografica, un’eutanasia civile. Lo Stato spopolatore – un concetto che avrebbe dovuto essere chiaro da sempre ai sedicenti pro-life se fossero intelligenti, o anche solo onesti – ora non ha più il pudore di nascondersi: in nome del popolo italiano, stabilisce che almeno un quarto della propria terra vada deumanizzata, devitalizzata, cancellata. Per il suo bene e per il bene della collettività.

 

E che quel che resta della popolazione, secondo il grande imperativo dell’era kalergica, vada fatta migrare. Migranti interni: cioè, secondo definizione, «sfollati». Da mettere dove? Da mettere nelle megalopoli.

 

Perché la città metropolitana (nome ebete che per qualche ragione è stato affibbiato ad alcune province) è ben più di un insieme di palazzi e di persone, di vie e di piazze e di chiese: è forse il più grande progetto di ingegneria sociale del XXI secolo.

 

La città è diventata il luogo deputato a concentrare – sì, proprio come nei campi – la popolazione, al fine di controllarla. Quando parlano di smart city, o città di 15 minuti, intendono precisamente questo: un luogo di biosorveglianza elettronica totale sull’essere umano, nella prospettiva del credito sociale. E pazienza per quelli, che non sono nemmeno pochi, che avrebbero voluto scappare in mezzo ai monti o alla campagna per sfuggire alla angoscia e al logorio della morsa urbana. Se la mettessero via.

 

C’è da capire che non si tratta di una improvvisa levata di ingegno di un governo in cerca di sopravvivere. Si tratta dell’ossequioso tributo a un piano globale risalente che, nel periodo in cui ancora i disegni egemonici di una élite predatrice e assassina erano al di fuori dei radar dei più, si chiamava Agenda 21, il «piano d’azione per lo sviluppo sostenibile» uscito dalla Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED) svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992.

 

In quegli anni, una immobiliarista californiana di nome Rosa Koire notò come il suo stesso lavoro (che prevedeva la vendita di abitazioni nelle zone extraurbane dove la tipica famiglia piccola-medio borghese americana ambisce a farsi la casetta) fosse profondamente intaccato dalla trasformazione in atto, con tanto di veri e propri agenti sguinzagliati nelle istituzioni locali e nel tessuto sociale per assicurare ad essa buon fine. Il suo libro Behind the Green Mask: U.N. Agenda 21 («Dietro la maschera verde: l’Agenda 21 dell’ONU») dettaglia l’orrore di questo immenso progetto concepito a tavolino per deportare la popolazione rurale e schiacciarla nelle città.

 

L’abbandono programmato di ciò che si trova al di fuori dallo spazio cittadino produce risultati visibili ad occhio nudo: borghi fantasma, case diroccate, rovine edilizie, strade che spariscono conquistate dalla natura.

 

Laddove c’era l’uomo arrivano le bestie feroci. Ricchi oligarchi comprano distese di terreno per popolarle di grandi predatori, deterrente notevole per le famiglie appassionate di pic-nic. Se ci pensiamo, non è uno scenario molto lontano da quanto stiamo vedendo in Italia con il grande ritorno dell’orso o del lupo: la bestia selvatica può essere a suo modo uno strumento di eutanasia geografica, di cancellazione dell’umanità dalle «aree interne».

Aiuta Renovatio 21

In qualche maniera era tutto già scritto. Eppure, si rimane sconvolti dalla brutalità con cui il governo espone il piano di spopolamento di aree enormi, che hanno – tutte! – alle proprie spalle una storia millenaria fatta di terra e di uomini, di racconti e di spirito. Del resto, la Finestra di Overton sullo Stato, e il Superstato, che ci considera superflui è aperta da tempo: da tempo il malthusianesimo, più o meno camuffato, fa da colonna sonora ai programmi delle scuole di ogni ordine e grado dove si inculca un senso terminale dell’esistenza e si pratica subdolamente (ma neanche troppo) il culto della morte.

 

Ora è spalancata anche un’altra finestra, sulla necessità di vivere sotto una rete capillare di controllo biotecnologico, alla quale la tessera verde ci ha abituato e che l’euro digitale renderà impossibile da scansare.
Col favore dell’estate e del silenzio, sono proclamati terminali, a cuore battente, quattromila organismi sociali giudicati per decreto senza speranza.

 

Vogliono l’eutanasia dell’essere umano e l’eutanasia delle comunità nelle quali si esprime. L’eutanasia della geografia e della memoria di un Paese intero. Anche e soprattutto, vogliono l’eutanasia della sua libertà.

 

L’Occidente, punto cardinale del tramonto, interpreta alla lettera il suo nome e il destino che vi è scritto.

 

Roberto Dal Bosco

Elisabetta Frezza

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine modificata

 

Continua a leggere

Internet

Raid in tutta la Germania contro i cittadini che criticano il governo

Pubblicato

il

Da

Mercoledì mattina alle 6 è stata avviata in tutta la Germania un’operazione di polizia su larga scala, che ha preso di mira centinaia di individui sospettati di aver insultato i politici o di aver diffuso «odio e incitamento» online. Lo riporta Remix News.   La massiccia repressione ha visto la polizia effettuare irruzioni mattutine contro 170 individui, sequestrando computer, telefoni cellulari e tablet e conducendo perquisizioni in diverse località del Paese.   L’azione, condotta dall’Ufficio federale di polizia criminale (BKA), utilizza il nuovo articolo 188 del Codice penale per colpire gli individui accusati di razzismo e incitamento all’odio.

Sostieni Renovatio 21

Il ministro degli Interni del Nord Reno-Vestfalia, Herbert Reul (del partito democristiano CDU), che negli ultimi anni ha assistito a un massiccio aumento della criminalità nel suo land, tra cui crimini violenti e aggressioni con armi da taglio commessi da stranieri, ha elogiato le retate della polizia.   «Gli incendiari digitali non devono potersi nascondere dietro i loro cellulari o computer», ha affermato. Il suo land ha condotto 14 dei circa 130 casi a livello nazionale in una «giornata di azione» contro i cosiddetti post d’odio.   In effetti, nonostante il numero di tali retate sia esploso negli ultimi anni, anche la criminalità violenta ha raggiunto livelli record in Germania, in gran parte a causa dell’immigrazione di massa, il che è un dato statistico. Tuttavia, le risorse della polizia si sono concentrate sulla lotta contro le violazioni dei discorsi d’odio, comprese quelle che lamentano l’aumento della criminalità in relazione all’immigrazione di massa, con persino politici come Marie-Thérèse Kaiser di Alternativa per la Germania (AfD), che sono stati presi di mira in questi casi.   In Germania, ormai, si organizzano regolarmente «giornate di protesta» contro i cittadini che commettono «violazioni» contro le nuove e più draconiane leggi sulla libertà di parola in vigore in Germania. In alcuni casi, è scoppiato uno scandalo nazionale quando i dettagli dei casi sono diventati pubblici, come nel caso di un pensionato, Stefan Niehoff, la cui abitazione è stata perquisita per aver definito «idiota» l’ex ministro dell’Economia Robert Habeck.   Come dimostrano i dettagli del caso, Niehoff è divenuto uno dei principali bersagli per aver denunciato il raid, con lo Stato che alla fine ha ritirato l’accusa dell’«idiota», quella per cui avevano fatto irruzione in casa sua, e ne ha perseguito altre. Alla fine è stato condannato per una serie di retweet, nonostante questi fossero esplicitamente post antinazisti che prendevano di mira politici di sinistra.   Secondo Nius, il raid nell’abitazione di Niehoff rientrava in una «giornata di mobilitazione contro i post d’odio» a livello nazionale, in cui la polizia tedesca ha perquisito 50 abitazioni e condotto 90 indagini.   «Quando la polizia è alla porta, ogni colpevole si rende conto che i crimini d’odio hanno delle conseguenze», ha scritto su X il ministro degli Interni Nancy Faeser, vantandosi delle retate. La Faeser nota per la sua volontà di introdurre programmi contro l’«estremismo di destra» fra i bambini dell’asilo.  
  In un altro caso, qualcuno ha criticato il leader della CDU Friedrich Merz definendolo «ubriaco». Non è chiaro chi sia stato preso di mira nelle ultime retate né quali dichiarazioni abbiano rilasciato. La maggior parte dei casi presumibilmente riguarda dichiarazioni di estremisti di destra, ma un piccolo numero di casi riguarda contenuti religiosi estremisti o di estremisti di sinistra.   Va inoltre notato che anche Alice Weidel, co-leader di Alternativa per la Germania (AfD), ha presentato diverse denunce di questo tipo, un punto per il quale è stata criticata. Tuttavia, non è chiaro se l’abitazione di qualcuno sia stata perquisita a seguito di una delle sue denunce. Finora, non ci sono state segnalazioni di tali retate basate su denunce presentate da Weidel.   La repressione più dura si abbatte in Germania da anni, prendendo di mira soprattutto AfD, perseguitata dagli stessi servizi di sicurezza della Budesrepubblica. Infatti, i servizi di sicurezza interna tedeschi BfV hanno messo sotto sotto sorveglianza il loro stesso ex capo, Hans-Georg Maaßen.   Il ministro degli Interni della CDU Reul ha affermato che è necessario fare una netta distinzione tra opinione e incitamento all’odio. «Quello che non si fa nel mondo reale non è appropriato nemmeno nel mondo digitale. È ora di avere più atteggiamento, sia offline che online», ha affermato.   Tuttavia, il ministero dell’Interno federale ha avanzato una tesi analoga l’anno scorso, effettuando delle perquisizioni presso diverse abitazioni di giornalisti di Compact Magazine, nonché presso l’editore della rivista.

Aiuta Renovatio 21

L’ondata di perquisizioni segue il divieto di Compact Magazine, una testata sovranista dove erano pure apparsi saggi del segretario di Stato USA Marco Rubio sui limiti dell’ordine mondiale del dopoguerra, e la sua cancellazione da internet. Questa settimana, un tribunale federale di primo grado ha stabilito che il divieto non era costituzionale e costituiva una violazione della libertà di stampa, infliggendo un duro colpo al Ministero dell’Interno federale.   Queste incursioni domiciliari vengono condotte con il supporto di vari centri di segnalazione gestiti da organizzazioni di sinistra. In sostanza, un centro segnala un post, che poi lo inoltra alla polizia federale per l’intervento. Lo scorso anno sono stati registrati 10.732 casi di questo tipo, ovvero il quadruplo rispetto al 2021.   Come esempio del tipo di retate in corso, l’anno scorso la casa di un ragazzo tedesco di 14 anni è stata perquisita per aver pubblicato su TikTok un hashtag vietato, «#AllesFürDeutschland», che tradotto significa «Tutto per la Germania».   Come riportato da Renovatio 21, la Germania è il Paese dove mesi fa un cittadino è stato multato per aver criticato giudice che ha solo multato un immigrato per lo stupro di una 15enne: al cittadino tedesco è stata comminata una multa doppia rispetto a quella dell’immigrato stupratore.   Contro la Germania e le sue leggi orwelliane si è scagliato quattro mesi fa alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco il vicepresidente americano J.D. Vance.   Tre mesi fa un tribunale distrettuale tedesco ha condannato il caporedattore della rivista conservatrice Deutschland-Kurier a sette mesi di carcere per aver diffamato l’allora ministro degli Interni Nancy Faeser – proprio quella dei corsi contro l’estremismo di destra per i bambini di tre anni nei kindergarten – con quello che era chiaramente un meme satirico.     Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso un tribunale di Amburgo ha condannato un uomo a tre anni di galera per aver giustificato l’«aggressione russa» all’Ucraina su Telegram.   Mesi fa è stata de-bancarizzata una delle più importanti TV anti-globaliste di lingua tedesca, AUF1. L’anno passato, era stato debancarizato anche il leader di Alternative fuer Deutschald (AfD) Tino Chrupalla.   Come riportato da Renovatio 21, il caso più avanzato di repressione di libertà di parola pare essere la Gran Bretagna, dove almeno 12 mila persone all’anno sono messe in galere per frasi sui social. In Albione si è arrivati a condannare persino chi prega con la mente.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
   
   
Continua a leggere

Più popolari