Geopolitica
Putin: «la Russia non ha mai rinunciato ai colloqui di pace con l’Ucraina»

La Russia non ha mai rifiutato i colloqui di pace con l’Ucraina, mentre Kiev si è pubblicamente ritirata dal processo negoziale, ha affermato mercoledì il presidente russo Vladimir Putin durante il suo discorso online al vertice straordinario del G20.
Parlando in collegamento video, il leader russo ha risposto ai commenti fatti da altri relatori della conferenza che si sono detti «scioccati» dalla continua «aggressione» della Russia in Ucraina. Putin ha ammesso che, come ogni conflitto militare, si tratta di una «tragedia per persone specifiche, famiglie specifiche e per il Paese nel suo insieme» e ha affermato che «naturalmente dobbiamo pensare a come porre fine a questa tragedia».
Putin ha sottolineato, tuttavia, che la Russia non ha mai rifiutato alcun dialogo di pace con l’Ucraina e che è stato proprio il presidente ucraino Vladimir Zelenskyj a firmare un decreto che vieta legalmente tali negoziati con la Russia. L’anno scorso, il leader ucraino ha formalmente vietato qualsiasi dialogo di pace con il Cremlino finché Putin sarà il presidente della Russia, riporta il sito governativo russo RT.
Putin ha continuato affermando che, pur comprendendo lo «shock» provocato dal conflitto, si è chiesto perché non ci sia stata una simile reazione al «sanguinoso colpo di Stato in Ucraina nel 2014, seguito dalla guerra del regime di Kiev contro il suo popolo nel Donbass» o allo «sterminio della popolazione civile in Palestina» e all’ammissione del segretario generale dell’ONU che Gaza si è trasformata in un cimitero di bambini.
La dichiarazione del presidente russo arriva dopo che lo Zelens’kyj ha ammesso martedì che l’incapacità di Kiev di ottenere un significativo successo sul campo di battaglia nella sua tanto pubblicizzata operazione di controffensiva non stava inviando «un buon messaggio» ai sostenitori occidentali dell’Ucraina, che hanno già speso miliardi di dollari in spese militari e finanziarie per aiutare Kiev.
Parlando a Fox News, il leader ucraino ha anche confessato che il conflitto con la Russia potrebbe forse essere fermato se Kiev concedesse il Donbass e la Crimea, ma ha insistito sul fatto che l’Ucraina «non è pronta» per un simile piano di pace.
Nel frattempo, il Ministero della Difesa russo ha annunciato martedì che le sue ultime stime indicano che le perdite di Kiev ammontano a oltre 13.700 soldati nel solo mese di novembre.
Il mese scorso, il ministro della Difesa Sergej Shoigu ha affermato che dall’inizio della controffensiva di Kiev, le forze ucraine avevano perso più di 90.000 soldati.
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Come riportato da Renovatio 21, la settimana scorsa il capo dell’Intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov aveva dichiarato che, sulla scorta di quanto accaduto con le Coree, Russia e Ucraina potrebbe non firmare mai un accordo di pace.
In un’intervista alla stampa del mese scorso l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ha sostenuto che gli USA e avevano costretto Kiev a rifiutare la pace con Mosca.
Secondo la ricostruzione più citata, fu Boris Johnson, volato improvvisamente nella capitale ucraina nel marzo 2022 (cioè, a pochi giorni dallo scoppio del conflitto), che fece saltare i piani di pace.
Putin mostrò una bozza degli accordi, che era stata praticamente firmata, ad un gruppo di leader africani in visita a San Pietroburgo la scorsa estate. Tra i termini concordati, si segnalavano la neutralità e la sicurezza dell’Ucraina.
Secondo Putin, la delegazione ucraina aveva firmato un documento intitolato «Trattato di neutralità permanente e garanzie di sicurezza per l’Ucraina». La bozza stabiliva che l’Ucraina deve sancire la «neutralità permanente» nella sua Costituzione. Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina e Francia sono elencati come garanti.
Un addendum alla bozza, mostrato sempre da Putin, delineava sia le proposte russe che quelle ucraine riguardanti le dimensioni dell’esercito permanente ucraino in tempo di pace, così come il suo equipaggiamento. Mosca aveva proposto di limitare il numero del personale militare a 85.000 e il numero dei membri della Guardia Nazionale a 15.000. Kiev, nel frattempo, aveva proposto che le sue forze armate abbiano fino a 250.000 soldati.
Ciò avvenne quando, in segno di pace, Mosca ritirò la colonna di 60 chilometri di carrarmati che dirigeva verso Kiev – un episodio dell’inizio della guerra, che pareva potesse chiuderla subito con l’immediata conquista della capitale ucraina da parte dei russi, un episodio in realtà dimenticato da tutti, forse perché inebriati dalla martellante campagna di menzogne sulle imprese delle forze ucraine operata dai media occidentali.
«Dopo che abbiamo ritirato le nostre truppe da Kiev – come avevamo promesso di fare – le autorità di Kiev… hanno gettato [i loro impegni] nella pattumiera della storia», aveva detto Putin. «Hanno abbandonato tutto».
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Trump annulla l’incontro a Budapest con Putin

Economia
Il governo olandese sequestra il produttore di chip cinese Nexperia, la Cina risponde con un divieto di esportazione

Il governo dei Paesi Bassi ha preso il controllo di Nexperia, un’azienda di semiconduttori di proprietà cinese con sede in Olanda, in risposta alle pressioni degli Stati Uniti, segnando un’importante escalation nella competizione occidentale con Pechino per il controllo delle catene di approvvigionamento tecnologiche avanzate.
Nexperia, specializzata nella produzione di semiconduttori di vecchia generazione per automobili ed elettronica di consumo, dà lavoro a migliaia di persone in Europa, Stati Uniti e Asia ed è stata acquisita da Wingtech nel 2013. Il 30 settembre, le autorità olandesi hanno comunicato che le decisioni su Nexperia sarebbero passate sotto l’autorità del ministro dell’Economia Vincent Karremans.
Questa mossa è seguita all’inasprimento delle restrizioni commerciali da parte di Washington contro Wingtech, la casa madre di Nexperia, già inclusa nella lista nera commerciale statunitense. Documenti giudiziari hanno rivelato che a giugno funzionari americani avevano ammonito il governo olandese sul rischio di ulteriori sanzioni se Nexperia non avesse sostituito il suo amministratore delegato cinese, Zhang Xuezheng.
In risposta, il ministero del Commercio cinese ha vietato l’esportazione di alcuni prodotti dalle filiali cinesi di Nexperia. Pechino ha condannato l’intervento olandese, attribuendolo alle pressioni USA. Un editoriale del quotidiano il lingua inglese del Partito Comunista Cinese Global Times ha dichiarato: «Questo non è l’agire di una nazione che rispetta lo stato di diritto, ma di un governo che usa la legge come uno strumento da applicare o scartare in base a convenienze politiche».
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«La Cina non chiede ai Paesi Bassi di prendere parte a una competizione geopolitica, ma di rispettare i valori che dichiarano di sostenere: stato di diritto, concorrenza equa e protezione della proprietà legalmente acquisita» ha aggiunto l’house organ anglofono del PCC.
L’anno scorso era emerso che le fabbriche di semiconduttori con tecnologia avanzata olandese presenti a Taiwan potrebbero essere spente da remoto nel caso di invasione dell’isola da parte di Pechino. In particolare si tratterebbe delle fabbriche del colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che impiega tecnologie ultraviolette di estrema precisione (chiamate in gergo EUV) fornite da un’azienda olandese, la ASML. Tali macchine, grandi come un autobus e dal costo di circa 217 milioni di dollari cadauna. utilizzano onde luminose ad alta frequenza per stampare i chip più avanzati al mondo.
Secondo quando riportato da Bloomberg, in caso di invasione da parte della Repubblica Popolare Cinese, gli EUV di ASML nelle fabbriche TSMC potrebbero essere resi inutilizzabili.
Come riportato da Renovatio 21, un anno fa l’Intelligence olandese accusa la Cina di cyber spionaggio dopo che fu segnalata la compromissione di 20.000 sistemi di sicurezza informatica Fortinet Fortigate in tutto il mondo.
Immagine di Raimond Spekking via Wikimedia pubblicata su licenza CC BY-SA 4.0
Geopolitica
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