Geopolitica
Putin dice che Israele è «quasi un Paese russofono» e che l’Iran ha «diritto all’energia nucleare pacifica»
Il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato come la numerosa popolazione russofona di Israele sia uno dei fattori chiave nell’approccio di Mosca all’attuale conflitto in Medio Oriente, nonché la presenza della popolazione musulmana russa e i rapporti tradizionalmente amichevoli con il mondo islamico.
Intervenendo giovedì alla sessione plenaria del Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo (SPIEF), Putin ha affermato che coloro che mettono in discussione l’impegno della Russia nei confronti dei suoi partner sono «provocatori» che cercano di fomentare discordia. Il presidente russo ha sottolineato la complessità del conflitto Iran-Israele, mettendo in guardia contro aspettative di alleanze uniformi.
«Ogni conflitto è unico», ha affermato, sottolineando le complesse relazioni della Russia nella regione.
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Putin ha sottolineato la presenza di quasi 2 milioni di residenti russofoni in Israele. «Oggi è quasi un paese russofono. E, senza dubbio, ne teniamo sempre conto nella storia contemporanea della Russia», ha affermato il vertice del Cremlino, sottolineando le relazioni «amichevoli, fiduciose e alleate» della Russia con il mondo arabo e islamico, che includono il 15% della popolazione russa e la partecipazione come osservatore all’Organizzazione per la cooperazione islamica.
Putin ha ribadito il sostegno della Russia al diritto dell’Iran a un programma nucleare pacifico, sottolineando che tale sostegno non è meramente retorico, ma dimostrato attraverso una cooperazione concreta.
«Difendiamo il diritto dell’Iran all’energia nucleare pacifica non solo a parole, ma con i fatti», ha affermato. «Nonostante la complessità della situazione che circonda l’Iran, abbiamo costruito un reattore nucleare a Bushehr… E nonostante tutte le sfide e i rischi, continuiamo questo lavoro».
Putin ha respinto le critiche secondo cui la Russia avrebbe dovuto fare di più per sostenere l’Iran. «Iniziare qualche tipo di operazione di combattimento, è così?», ha chiesto.
«Abbiamo già in corso operazioni di combattimento contro coloro che consideriamo oppositori delle idee che difendiamo e che rappresentano una minaccia per la Federazione Russa», ha affermato, aggiungendo che questi oppositori sono «molto indietro rispetto alla linea del fronte» e sono «fondamentalmente le stesse forze, nel caso dell’Iran e della Russia».
Secondo il Cremlino, Putin ha un «quadro completo» della situazione, essendo uno dei pochi leader ad aver parlato direttamente con i leader di Israele, Iran e Stati Uniti da quando il conflitto è scoppiato la scorsa settimana.
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Mercoledì, in una sessione di domande e risposte a tarda notte, Putin ha detto ai giornalisti che Mosca ha proposto a tutte le parti diverse soluzioni di compromesso, suggerendo che un accordo dovrebbe includere garanzie di sicurezza reciproche, proteggendo sia il diritto dell’Iran alla tecnologia nucleare pacifica sia il diritto di Israele alla sicurezza.
Pur ribadendo il suo sostegno agli interessi legittimi dell’Iran, Putin ha chiarito venerdì che la Russia non intende svolgere il ruolo di mediatore nel conflitto Iran-Israele.
«Stiamo semplicemente offrendo idee. Se queste proposte dovessero trovare riscontro in entrambe le nazioni, ne saremmo lieti», ha detto, aggiungendo di vedere potenziali «punti di contatto» tra Teheran e lo Stato .
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Truppe israeliane subiscono perdite in un’incursione in Siria
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🚨 IDF releases footage of counterterror raid in southern Syria that ended in arrests and a fierce firefight
The IDF has published video showing the arrest of two members of the al-Jama’a al-Islamiyya terror organization in the village of Beit Jinn overnight, along with a clash… pic.twitter.com/eoh20Xsn41 — Israel War Room (@IsraelWarRoom) November 28, 2025
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Geopolitica
Trump «molto soddisfatto» della nuova leadership siriana
Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso «grande compiacimento» per l’operato del nuovo esecutivo siriano insediatosi al potere.
Una coalizione capitanata dal fronte jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), affiliato regionale di Al-Qaeda, ha espugnato Damasco e spodestato il trentennale capo di Stato Bashar al-Assad alla fine dello scorso anno.
«Gli Stati Uniti sono estremamente soddisfatti dei progressi conseguiti» dopo l’ascesa al governo, ha proclamato Trump lunedì su Truth Social.
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Il neopresidente siriano Ahmed al-Sharaa, ex comandante dell’HTS conosciuto come al-Jolani, «si prodiga con impegno affinché si verifichino sviluppi positivi e che Siria e Israele instaurino un legame duraturo e fruttuoso», ha precisato.
È essenziale che Gerusalemme «non ostacoli la metamorfosi della Siria in una nazione fiorente», ha aggiunto Trump.
Qualche giorno prima, testate israeliane avevano reso noto che le Forze di difesa (IDF) avevano subito perdite in uno scontro con miliziani armati nel meridione siriano, dove l’anno scorso Israele ha annesso una fascia territoriale adiacente alle alture del Golan sotto occupazione.
Di recente, l’area ha ospitato pure azioni coordinate tra Stati Uniti e Siria. Le truppe americane e il dicastero dell’Interno siriano hanno smantellato oltre 15 magazzini di armamenti e narcotici riconducibili all’ISIS nel sud della nazione la settimana scorsa, come comunicato domenica dal Centcom.
Al-Sharaa ha ribadito il proprio impegno contro lo Stato Islamico nel corso della sua visita a Washington all’inizio del mese.
Dall’insediamento dei jihadisti nella stanza dei bottoni damascena ondate di violenza interconfessionale si sono ripetute, con migliaia di persone delle minoranze druse, alawite e cristiane uccise senza pietà.
Jolani, ex comandante jihadista legato ad Al-Qaeda e in passato nella lista nera del governo statunitense che aveva posto su di lui una taglia da 10 milioni di dollari, ha destituito il leader storico siriano Bashar Assad nel dicembre 2024. Da allora si è impegnato a ricostruire il Paese devastato dalla guerra e a tutelare le minoranze etniche e religiose.
Nonostante le promesse di al-Jolani di costruire una società «inclusiva», il suo governo «luminoso e sostenibile» è stato segnato da ondate di violenza settaria contro le comunità druse e cristiane, suscitando la condanna degli Stati Uniti.
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Pochi giorni prima della visita di Jolani alla Casa Bianca, Stati Uniti, Gran Bretagna e Nazioni Unite hanno rimosso al-Sharaa/ Jolani dalle rispettive liste di terroristi. Lunedì, Washington ha prorogato per altri 180 giorni la sospensione delle sanzioni, mentre la Siria cerca di normalizzare i rapporti bilaterali e ampliare la cooperazione in materia di sicurezza. Trump aveva ordinato una revisione della de-designazione come «terrorista» del Jolani ancora quattro mesi fa, all’altezza del loro primo incontro a Riadh.
Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa, proprio a ridosso dell’anniversario della megastrage delle Due Torri, al-Jolani visitò Nuova York per la plenaria ONU, venendo ricevuto in pompa magna dal segretario di Stato USA Marco Rubio e dall’ex generale americano, già direttore CIA, David Petraeus.
Come riportato da Renovatio 21, al-Jolani sta incontrando alti funzionari israeliani in un «silenzioso» sforzo di normalizzazione dei rapporti tra Damasco e lo Stato degli ebrei in stile accordi di Abramo.
Intanto, i massacri sono vittime dei massacri takfiri della «nuova Siria».
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Geopolitica
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