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Primo commento di mons. Viganò all’indifferentismo proferito da Bergoglio a Singapore
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un primo commento alle gravissime parole pronunciate da Bergoglio a Singapore, in cui di fatto equipara tutte le religioni, una posizione duramente condannata dalla Chiesa come «indifferentismo».
Monsignor Viganò scrive in risposta alle osservazioni di un altro sacerdote, Don Nicola Bux, che scrive che «il papa ha contraddetto il Concilio Vaticano II» citando la Dichiarazione sulla libertà religiosa; «Crediamo che questa unica vera religione sussista nella Chiesa cattolica».
Come noto, l’arcivescovo lombardo, come prima di lui monsignor Marcel Lefebvre, individua proprio nel Concilio Vaticano II la radice di tutti i mali della Chiesa moderna.
«Se l’unica vera religione “sussiste” nella Chiesa Cattolica, significa che essa può sussistere anche in altre entità, come l’umanità sussiste in più esseri umani» scrive monsignor Viganò.
«La scelta del verbo non è casuale, perché non indica volutamente un rapporto di identità ed esclusività. In realtà l’unica vera religione è la Chiesa Cattolica, e non ve ne sono altre».
Se l’unica vera religione “sussiste” nella Chiesa Cattolica, significa che essa può sussistere anche in altre entità, come l’umanità sussiste in più esseri umani. La scelta del verbo non è casuale, perché non indica volutamente un rapporto di identità ed esclusività. In realtà… https://t.co/epPm036Aqi pic.twitter.com/kL6GDfkSbn
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) September 15, 2024
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«Bergoglio non contraddice il Vaticano II: ne applica i principi sine glossa. Ma per i conservatori montinian-ratzingeriani, le parole della Sacra Scrittura e le condanne del Magistero infallibile valgono meno delle ambiguità del loro Concilio».
In un comunicato di tre mesi fa, l’arcivescovo già nunzio apostolico negli USA ha scritto che «il Concilio rappresenta il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana “chiesa sinodale” è necessaria metastasi».
«Tutto ciò che Bergoglio compie costituisce un’offesa e una provocazione a tutta la Chiesa Cattolica, ai suoi Santi di tutti i tempi, ai Martiri che sono stati uccisi in odium Fidei, ai Papi di tutti i tempi fino al Concilio Vaticano II».
«Ripudio gli errori neomodernisti insiti nel Concilio Vaticano II e nel cosiddetto “magistero postconciliar”, in particolare in materia di collegialità, di ecumenismo, di libertà religiosa, di laicità dello Stato e di liturgia» aggiungeva Sua Eccellenza.
Come riportato da Renovatio 21, monsignor Viganò due mesi fa ha dichiarato che «la Santa Sede stessa è ora lo strumento istituzionale degli eretici che la hanno occupata».
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Il cardinale Zen risponde alle critiche del sacerdote cinese e avverte che la Chiesa potrebbe imitare il crollo anglicano
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L’arcivescovo Gänswein esorta papa Leone a porre fine alle restrizioni sulle messe in latino
L’arcivescovo Georg Gänswein, nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, in un’intervista rilasciata lo scorso fine settimana ha auspicato che papa Leone XIV rimuova le restrizioni sulla Messa tradizionale e ripristini le disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI, in quanto avevano favorito l’unità nella Chiesa. Lo riporta LifeSite.
Nel corso dell’intervista trasmessa il 7 dicembre dalla rete televisiva cattolica tedesca Katholisches Fernsehen (K-TV), monsignor Gänswein ha osservato che la Messa tridentina, che per secoli ha alimentato la fede della Chiesa, non può d’un tratto essere considerata invalida o priva di valore. Si è quindi interrogato sulle ragioni che hanno portato papa Francesco a emanare Traditionis Custodes, quando la maggior parte dei vescovi si dichiarava soddisfatta del motu proprio Summorum Pontificum del suo predecessore.
L’ex segretario personale di papa Benedetto XVI ha poi ribadito che Summorum Pontificum rappresentava la via corretta per promuovere la pace liturgica nel rito romano e ha espresso la speranza che papa Leone ne ripristini l’applicazione.
Gänswein è l’ultimo tra i prelati a manifestare l’auspicio che il motu proprio di papa Francesco del 2021 venga revocato, in favore di un ritorno al Summorum Pontificum.
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È proprio la Messa tradizionale che «ha permesso alla Chiesa non solo di vivere, ma di vivere bene per secoli, e il sacro da essa e da essa nutrito», ha affermato il prelato tedesco. «Non può essere che fosse valido e prezioso ieri e poi non lo sia più domani. Quindi questa è una situazione innaturale».
Monsignor Gänswein, che sembra citare il rapporto della giornalista vaticana Diane Montagna, pubblicato durante l’estate, sui risultati complessivi del sondaggio del 2020 sui vescovi condotto dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), che si ritiene abbia spinto Papa Francesco a promulgare la Traditionis Custodes, ha sottolineato che la stragrande maggioranza dei vescovi era in definitiva soddisfatta dell’attuazione della Summorum Pontificum.
«I risultati non sono mai stati pubblicati ufficialmente, ma, naturalmente, la gente ne è a conoscenza, e il risultato finale è stato che è stata raggiunta la soddisfazione», ha detto il nunzio. Il Summorum Pontificum è stato visto come «una via verso la pace, soprattutto nella liturgia, il luogo importante della vita religiosa, e non dovrebbero esserci cambiamenti».
«Il motivo per cui papa Francesco (abbia imposto queste restrizioni) è e rimane per me un mistero», ha aggiunto.
Alla domanda su cosa vorrebbe vedere nel futuro della Messa tridentina, monsignor Gänswein ha risposto che papa Leone dovrebbe ripristinare il Summorum Pontificum, che consentirà l’unità nel rito romano.
«Considero la saggia disposizione di papa Benedetto» del Summorum Pontificum «la strada giusta, e lo è ormai da oltre 10 anni, e dovremmo continuare su questa strada senza lamentele, senza restrizioni», ha affermato. «Posso solo sperare che anche papa Leone si muova in questa direzione e continui semplicemente la pacificazione, così che possiamo poi semplicemente guardare avanti alla collaborazione».
Infatti, dall’elezione di Papa Leone a maggio, diversi prelati hanno esortato il nuovo pontefice a porre fine alle ampie restrizioni alla celebrazione della Messa vetus ordo e a tornare alle norme stabilite dal Summorum Pontificum.
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A giugno, il cardinale Raimondo Leone Burke, che pochi mesi dopo celebrò una messa in latino nella Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio annuale Summorum Pontificum, affermò di aver già parlato con papa Leone della persecuzione dei fedeli che partecipano alla messa in latino:
«Spero che Leone XIV ponga fine all’attuale persecuzione contro i fedeli nella Chiesa che desiderano adorare Dio secondo l’uso più antico del Rito Romano, questa persecuzione dall’interno della Chiesa».
«Ho già avuto occasione di esprimerlo al Santo Padre. Spero che egli – appena possibile – riprenda lo studio di questa questione e cerchi di ripristinare la situazione esistente dopo il Summorum Pontificum e persino di sviluppare ciò che Papa Benedetto XVI aveva così saggiamente e amorevolmente legiferato per la Chiesa».
Il cardinale Robert Sarah, durante un’intervista di ottobre, ha rivelato di aver avuto anche lui l’opportunità di parlare con papa Leone riguardo alla fine delle restrizioni imposte alla Messa in latino durante un’udienza privata di settembre. Il cardinale Kurt Koch, recentemente nominato presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre da Papa Leone, ha dichiarato ad agosto che è «auspicabile» che il 267° pontefice ponga fine alle restrizioni alla Messa in latino e torni al Summorum Pontificum.
«Personalmente, apprezzerei molto se potessimo trovare una buona soluzione», ha detto il prelato svizzero. «Papa Benedetto XVI ha mostrato un modo utile di procedere, credendo che qualcosa che è stato praticato per secoli non possa essere semplicemente proibito. Questo mi ha convinto».
«Papa Francesco ha scelto una strada molto restrittiva in questo senso. Sarebbe certamente auspicabile che la porta ora chiusa tornasse ad aprirsi di più», ha aggiunto il cardinale Koch.
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Ecône, 17 nuovi membri ammessi alla FSSPX
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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