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Piromani o terroristi? La Sicilia incendiata dalla guerra psicochimica

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A Palermo la situazione pare sia stata contenuta. Tuttavia, lo sconquasso di cui abbiamo contezza è immane. Quello di cui non abbiamo contezza, di più.

 

Abbiamo ricevuto, da lettori e amici di Renovatio 21 in Trinacria, testimonianze agghiaccianti. Tuttavia, quello che voglia dire è che né Palermo, né Catania, né Rodi, né Corfù sono il centro di queste catastrofi.

 

Innanzitutto, riportiamo quanto ci ha raccontato un grande amico di Renovatio 21 che vive a Messina. L’aeroporto di Catania è inagibile da dieci giorni – ha subito, un incendio, vari giorni del disastro sui monti, esattamente all’interno della struttura. I pompieri, dopo aver studiato la situazione, dicono che sarebbe il fuoco sarebbe partito dal cavo di una stampante. Al momento non è chiaro se gli sprinkler, ossia le «docce» antincendio, abbiano funzionato o meno. Qualcuno ricorda un episodio analogo a Fiumicino nel 2015, quando le fiamme si portarono via il Terminal 3 e metà dello scalo. «Non è doloso» assicurarono autorità e giornali al seguito.

 

L’aeroporto Fontanarossa chiuso significa la fine dell’economia turistica della Sicilia orientale nel momento più importante dell’anno, e già si parla di 40% di disdette.

 

Il nostro amico ci parla di un’odissea per volare dal Nord. È atterrato a Palermo, e assieme a centinaia di persone ha dovuto procedere via terra verso Est. Trovata la corriera, l’amara sorpresa: l’autostrada, ci dice, è chiusa (sulla Messina Palermo un autogrill è stato divorato dal fuoco), devono prendere le stradine nella campagna sicula sperduta – chi conosce quelle terre sa di quale esperienza si tratti.

 

Qui ha scattato delle foto ai monti che bruciavano. Ce ne ha mandate una marea. Sono scene che non abbiamo visto nemmeno nei film. Nelle pellicole post-apocalittiche («post-apoc», nel gergo degli amanti del genere) il mondo è brullo e desertico, mica brucia ovunque. Quella delle fiamme onnipresenti e inestinguibili, piuttosto, è la cifra di un altro ambiente presente nel nostro immaginario: l’inferno.

 

 

E da dove salta fuori, così, d’improvviso, questo inferno? «Nessuno di coloro che mi sono ritrovato come compagni di viaggio crede che questi fuochi siano di origine naturale. Tutti hanno la piena convinzione che siano stati appiccati per programma» ci dice. E i Canadair? «Mai visto uno».

 

 

A Palermo è peggio. L’immagine di Mondello fatta girare dall’ANSA con il fuoco che a sera scende a valle verso la spiaggia e il Luna Park ha un certo sapore da fine dei tempi.

 

 

Abbiamo un amico anche lì, e ci dice, senza mezzi termini, di essere scappato.

 

«L’aria era divenuta irrespirabile. Ho caricato la famiglia in macchina, e siamo fuggiti a Sud. La situazione era pericolosa – chimicamente pericolosa». C’è da dire che a Palermo ha preso fuoco la discarica di Bellolampo. Ricordiamo che a Palermo la differenziata è ferma al 16%.  Ci dicono che la copertura della discarica – il cosiddetto «capping», cioè quando chiudono con quantità di terra e alberi – non sarebbe stato ancora del tutto completato – di qui i rifiuti che bruciano e impestano l’aria di sostanze chimiche incontrollabili.

 

La situazione diviene terrificante a tal punto che parrebbe rispuntare d’un tratto un mostro più temuto di Scilla e Cariddi: il lockdown. Sì, a volte ritornano: l’ASP di Palermo pubblica un comunicato in cui dice che «le alte temperature registrate in questi giorni in tutto il territorio della città metropolitana di Palermo, unitamente alla presenza di fumo generato da numerosi incendi, potrebbero determinare nella popolazione esposta, con particolare riguardo alle persone più deboli, l’insorgenza di disturbi all’apparato cardio-circolatorio e respiratorio».

 

Quindi, «si raccomanda, ai fini della prevenzione, di evitare l’esposizione prolungata all’aperto, se non in casi strettamente necessari. La suddetta indicazione trova particolare applicazione nei soggetti anziani e fragili ai quali si raccomanda di non uscire di casa se non per motivi eccezionali e possibilmente accompagnati». In pratica, un mini-lockdown: tuttavia la storia finisce qui, senza green pass incendiari, per il momento.

 

La nostra fonte ci dice che no, il lockdown di Palermo non c’è stato, ma i livelli di diossina avevano preoccupato le autorità, che potevano perfino virare ancora una volta verso la clausura – ora che con il COVID si è capito che la gente lo accetta, perché no? Più emergenza del fuoco che circonda una città, cosa c’è?

 

Di fatto Palermo, ci raccontano, era davvero accerchiata: fiamme su tutti i monti che la circondano, tutte partono dall’alto, e poi scendono giù. È come un disegno crudele, il gioco sadico di chi non vuole lasciare via di fuga alla sua preda.

 

«È così da anni» dice l’amico palermitano. «Tuttavia quest’anno hanno davvero fatto sul serio».

 

Salta fuori un’altra voce pazzesca, che trova riscontro in qualche articolo di cronache locale: gli incendi si sarebbero sviluppati vicino a chiese e luoghi religiosi. Per esempio il santuario di San Benedetto il Moro, compatrono di Palermo, gravemente danneggiato – la teca che conservava i resti del Beato Matteo è stata tuttavia distrutta. La chiesa di Santa Maria di Gesù invece è andata totalmente in cenere. Diverse persone hanno dichiarato pubblicamente che dietro l’incendio del luogo di culto ci sarebbe mano umana.

 

A noi non può che tornarci in mente l’escalation di roghi di chiese vista in Francia – e non ancora terminata – culminata con la distruzione di Notre Dame a Parigi. Un fenomeno simile, incontrovertibilmente di origine dolosa, lo si è visto in quello che è forse oggi Paese più anticristiano del mondo, il Canada. Non pensate che qualche giornale, a parte Renovatio 21, ne abbia parlato.

 

Ma allora, questi piromani? «Non esistono», ci risponde secco un altro palermitano.

 

Come non esistono? «Anche la storia degli impiegati dei servizi forestali che danno fuoco alla campagna per mantenere il posto di lavoro o aumentare i fondi al loro ufficio è una balla. Non esistono». Siamo spiazzati. Chiediamo allora di cosa stiamo parlando…

 

«Oramai mi sono convinto, dopo anni e anni in cui questo fenomeno ci è inflitto, e dopo aver visto il disastro di queste ore dove prendono fuoco monti, discariche, autostrade e chiese, che si tratti di qualcosa di più oscuro. È una strategia della tensione».

 

Il nostro interlocutore ci sta dicendo qualcosa che sconvolge pure noi, ma lo stupore dura poco. Di fatto, se ci pensiamo, la strategia della tensione, per come l’abbiamo esperita nell’ultima parte del XX secolo, proprio questo faceva: uccideva e massacrava, anche a caso, con un puro senso di rovina diabolica, per impaurire, sottomettere, direzionare la popolazione.

 

All’epoca le stragi venivano ordinate ed eseguite in nome del programma anticomunista. Il mondo, come noto, è cambiato: l’élite occidentali non sono più preoccupate dal marxismo (in realtà, non lo sono mai state) ma dalla necessità di portare a compimento piani malthusiani. In nome dell’ambiente – cioè della riduzione della popolazione umana sul pianeta – possono trovare quantità di manodopera econazista in abbondanza, cosa chiarissima specie ora che perfino al Parlamento tedesco si è potuto dire che la nuova ondata di ambientalismo isterico ed aggressivo è finanziata dai miliardari che hanno investito sull’economia green.

 

Ecco quindi che potremmo davvero essere davanti ad attacchi terroristici – al terrorismo, più che di Stato, di super-Stato, con campagne di distruzione messe in atto da strutture sovranazionali, dove il super-Stato profondo cova i suoi programmi per turlupinare ed eliminare le masse umane come da imperativo della decrescita.

 

I fuochi siciliani (e greci, e turchi…) sono una vera guerra psicochimica: da una parte, ti avvelenano i polmoni, dall’altro il loro principale fine è avvelenarti la mente, formattartela secondo lo schema antisviluppo, antinatalista, antiumano: i roghi sono colpi del cambiamento climatico, avete bisogno per caso di altre prove?

 

Questa è la linea di tutta la stampa mainstream, dove il tema dell’origine dolosa è subissato dalla storia del Climate Change. Ecco che tutti gli influencer di quello che rimane dell’opinione pubblica del Paese, da Selvaggia Lucarelli a Jorge Mario Bergoglio, urlano contro chi non ha preso sul serio questo disastro del clima modificato dalla presenza umana. Riducete le emissioni, ha tuonato il romano pontefice della differenziata, il papa della Necrocultura che riceve i bambini fatti in provetta.

 

Perché l’uomo, ci ripetono, va controllato, scansionato. Lo abbiamo visto con il green pass: quello che ti permettiamo di fare dipende dalla tua sottomissione, in ultima analisi dal tuo stesso pensiero. Dobbiamo controllare l’economia, il clima, la riproduzione – ecco perché gli esseri umani creati in vitro sono così importanti, e la loro produzione va sdoganata anche teologicamente. Tutto va inserito nella piattaforma che sarà, in ogni minuto, l’arbitro della tua vita.

 

Credi che ti lasceranno stare? Credi che ti lasceranno lavorare, prosperare, vivere?

 

«Produci, consuma, crepa» cantavano gli indimenticati CCCP. Una frase sentita infinite volte in bocca a ragazzotti del dissenso, di quelli che si sentivano di rifiutare l’esistenza borghese, e contestare il sistema socioeconomico dominante. Sono stati accontentati: il sistema ora ha cambiato formula, «non produrre, non consumare, crepa». Notate che l’ultima parte rimane invariata – perché è la morte dell’uomo, la distruzione dell’Imago Dei, il fine di tutta questa storia. Ve lo ripetiamo sempre.

 

È così: e i potenti e gli ecofascisti stradali ed istituzionali sono agenti terroristi di questo programma dell’Inferno. Che ora pure, spudorato, ci mostra le fiammelle.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

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L’Iran prova la geoingegneria contro la siccità

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Le autorità iraniane hanno lanciato sabato un’operazione di «inseminazione delle nuvole» sul bacino del lago Urmia, il più grande del Paese ormai quasi completamente prosciugato, nel disperato tentativo di contrastare la peggior siccità degli ultimi decenni.

 

Il processo consiste nel disperdere nelle nubi, tramite aerei o generatori a terra, sali chimici (principalmente ioduro d’argento o di potassio) per favorire la condensazione del vapore acqueo e provocare precipitazioni. Ulteriori interventi sono previsti nelle province dell’Azerbaigian orientale e occidentale, ha reso noto l’agenzia ufficiale Irna.

 

Le piogge sono ai minimi storici: secondo l’Organizzazione meteorologica iraniana, quest’anno le precipitazioni sono calate dell’89% rispetto alla media pluriennale, rendendo questo «l’autunno più secco degli ultimi 50 anni».

 

I bacini idrici sono quasi vuoti e molte dighe registrano livelli a una sola cifra percentuale. La scorsa settimana il presidente Masoud Pezeshkian ha ammonito che, senza piogge imminenti, si renderanno necessari razionamenti idrici a Teheran e persino l’evacuazione parziale della capitale.

 

Il direttore del Centro nazionale per la gestione delle crisi climatiche e della siccità, Ahmad Vazifeh, ha definito «preoccupante» la situazione delle dighe nelle province di Teheran, Azerbaigian occidentale, Azerbaigian orientale e Markazi.

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Venerdì centinaia di persone si sono riunite in una moschea della capitale per pregare per la pioggia. Sabato scorso, per la prima volta quest’anno, sono caduti fiocchi di neve in una stazione sciistica a nord di Teheran, mentre precipitazioni si sono verificate nelle regioni occidentali e nord-occidentali del Paese.

 

Le autorità hanno inoltre annunciato sanzioni per famiglie e imprese che superino i consumi idrici consentiti.

 

La geoingegneria – fenomeno chiamato da alcuni «scie chimiche» – è oramai alla luce del sole ed è sempre più gettonata dai Paesi mediorientali.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa settimana Emirati Arabi Uniti hanno fatto ricorso all’inseminazione delle nuvole (cloud seeding) per contrastare la cronica scarsità d’acqua. L’inseminazione delle nuvole è un’operazione costosa: gli Emirati spendono milioni di dollari l’anno per accrescere le riserve di acqua dolce.

 

Tuttavia, gli esiti della geoingegneria sembrano essere non sempre imprevedibili e potenzialmente catastrofici: l’anno passato Dubai, città nel deserto, subì un incredibile allagamento a seguito di un diluvio ritenuto essere provocato dal programma di modifica metereologica del governo emiratino.

 

Contrariamente a quanto si può pensare, tecnologia di controllo del meteo è in realtà vecchia di decenni. Da anni la Cina e gli USA stanno lavorando a tecnologie di controllo del clima che si sospetta abbiano la chiara possibilità di essere utilizzate come armi nei conflitti del futuro.

 

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Viganò: «non vi è alcuna emergenza climatica, Prevost profeta del globalismo massonico»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato al social X una riflessione su Chiesa e cambiamento climatico.   «Se vi fosse veramente un’emergenza climatica – alla quale le organizzazioni globaliste rispondono con mezzi non adeguati, mentre la Chiesa Cattolica propone soluzioni ragionevoli e coerenti con il Vangelo e con la sua Dottrina sociale – si potrebbe credere che in questi appelli della Santa Sede vi sia una qualche buona intenzione.   «Ma non vi è alcuna emergenza climatica: gli allarmi dei globalisti sono pretestuosi – come sappiamo dalle ammissioni degli stessi fautori di questa frode – e servono a creare un pretesto per legittimare politiche di dissoluzione del tessuto sociale e di distruzione dell’economia delle Nazioni, volte a consentire il controllo della popolazione mondiale» dichiara Sua Eccellenza.   «Per questo motivo gli appelli di Prevost costituiscono una forma di scandalosa complicità con gli artefici del golpe globalista, perché ratificano una menzogna colossale, invece di denunciare il loro crimine contro Dio e contro l’umanità».  

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«E nel frattempo migliaia di piccole imprese e milioni di famiglie si trovano condotte al fallimento o distrutte, a tutto vantaggio delle multinazionali facenti capo a BlackRock, Vanguard, StateStreet… La menzogna è il marchio distintivo di tutto ciò che fa e dice l’élite globalista».   «Prevost si pone come profeta del globalismo massonico e prosegue la linea di totale asservimento tracciata dal predecessore Bergoglio. La Chiesa di Roma è divenuta ostaggio dei suoi nemici e le viene lasciata libertà solo nella misura in cui essa ratifica i crimini e le menzogne del globalismo: transizione green, sostituzione etnica, politiche vaccinali, parità di genere, agenda LGBTQ+».   Negli scorsi anni monsignor Viganò ha attaccato con veemenza la «frode climatica, religiosa, pastorale» di Bergoglio, accusando l’«ideologia ambientalista e neomalthusiano del Vaticano», scagliandosi contro il green deal il cui programma è «decimare la popolazione, rendere schiavi i superstiti».   Nelle scorse settimane il prelato lombardo aveva dichiarato che «Leone ambisce al ruolo di presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Glonale di matrice massonica».

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Gli Emirati continuano con la geoingegneria

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Gli Emirati Arabi Uniti hanno fatto ricorso all’inseminazione delle nuvole per contrastare la cronica scarsità d’acqua, ha dichiarato un direttore di ricerca locale.

 

L’inseminazione delle nuvole è un’operazione costosa: gli Emirati spendono milioni di dollari l’anno per accrescere le riserve di acqua dolce. I piloti sorvolano nubi promettenti e rilasciano particelle di sale per stimolare le precipitazioni in un Paese che riceve meno di 100 mm di pioggia annui.

 

La tecnica rientra nella «strategia di adattamento del Paese al cambiamento climatico», ha spiegato lunedì al Financial Times Alya Al Mazrouei, direttrice del Programma di ricerca degli Emirati Arabi Uniti per la scienza del miglioramento della pioggia (UAEREP).

 

Il metodo, tuttavia, ha suscitato controversie: i critici temono che possa aggravare eventi meteorologici estremi, come inondazioni e siccità, alterando i modelli naturali. Esprimono inoltre preoccupazione per l’impatto ambientale delle sostanze chimiche impiegate e per le possibili conseguenze indesiderate della modifica artificiale del clima.

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Orestes Morfin, esperto senior della Climate and Water Initiative in Arizona, ha dichiarato al quotidiano che «l’inseminazione delle nuvole è considerata un ulteriore strumento potenziale per incrementare l’approvvigionamento idrico».

 

In uno studio del 2023, gli scienziati del Centro nazionale di meteorologia degli Emirati Arabi Uniti hanno stimato che l’inseminazione delle nuvole potrebbe aggiungere fino a 419 milioni di metri cubi di acqua raccoglibile all’anno.

 

La scarsità d’acqua è una sfida storica per gli Emirati, che dipendono in larga misura dalla desalinizzazione per l’acqua potabile. Dall’inizio degli anni 2000, le autorità emiratine si sono impegnate per aumentare le precipitazioni con mezzi artificiali. Attualmente, il programma di miglioramento delle precipitazioni degli Emirati è operativo con dieci piloti e quattro velivoli, pronti a intervenire 24 ore su 24.

 

«Ogni volta che abbiamo l’opportunità di farlo… di solito non ne perdiamo nessuna», ha detto Al Mazrouei.

 

L’operazione è costosa: 8.000 dollari per ora di volo, con una media di 1.100 ore annue, per un totale di quasi 9 milioni di dollari. Tuttavia, Al Mazrouei sostiene che «il costo per metro cubo di acqua aggiuntiva è inferiore a quello della desalinizzazione». Gli Emirati hanno investito 22,5 milioni di dollari in sovvenzioni per la ricerca per perfezionare la tecnologia.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato Dubai, città nel deserto, subì un incredibile allagamento a seguito di un diluvio ritenuto essere provocato dal programma di modifica metereologica del governo emiratino.

 

«Il cloud seeding mira a migliorare e accelerare il processo di precipitazione. Soprattutto nelle aree in cui non piove da molto tempo, precipitazioni così intense possono portare a un flusso eccessivo di infiltrazioni, con conseguenti potenziali inondazioni improvvise», ha dichiarato John Jaques, meteorologo della società di tecnologia ambientale Kisters, secondo il settimanale americano Newsweek.

 

«Le inondazioni di Dubai fungono da forte avvertimento sulle conseguenze indesiderate che possiamo scatenare quando utilizziamo tale tecnologia per alterare il clima». «Inoltre, abbiamo poco controllo sulle conseguenze dell’inseminazione delle nuvole. Dove esattamente pioverà effettivamente? L’uso di tecniche come il cloud seeding per portare le piogge tanto necessarie in un’area può causare inondazioni improvvise e siccità in un’altra».

 

Contrariamente a quanto si può pensare, tecnologia di controllo del meteo è in realtà vecchia di decenni. Da anni la Cina e gli USA stanno lavorando a tecnologie di controllo del clima che si sospetta abbiano la chiara possibilità di essere utilizzate come armi nei conflitti del futuro.

 

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