Persecuzioni
Nicaragua, liberazione ed espulsione di detenuti religiosi
Il governo nicaraguense di Daniel Ortega ha liberato dal carcere ed espulso due seminaristi, quindici sacerdoti nonché mons. Rolando José Álvarez (Matagalpa) e mons. Isodoro del Carmen Mora (Siuna), detenuti per motivi politici. Sono arrivati a Roma il 14 gennaio 2024 – tranne uno di loro partito per il Venezuela – dove sono stati accolti dalla Santa Sede.
Hanno incontrato Papa Francesco in udienza strettamente privata nella residenza Santa Marta il 26 gennaio.
Mons. Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa, nel Nord-Ovest del Nicaragua, era in carcere dal febbraio 2023, condannato a 26 anni di carcere per aver sostenuto i manifestanti contro il regime di Ortega. Era agli arresti domiciliari dall’agosto 2022. Mons. Isidoro del Carmen Mora, vescovo di Siuna, nel nord-est del Paese, è stato arrestato nel dicembre 2023.
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I sacerdoti sono stati arrestati come parte di uno sforzo concertato da parte del regime nicaraguense per fare pressione sul Vaticano affinché garantisse al governo un controllo ufficiale sulle nomine episcopali, ha riferito il quotidiano cattolico in lingua inglese The Pillar il 15 gennaio 2024.
Una dichiarazione del regime rilasciata il 14 gennaio ha confermato l’espulsione dei religiosi, affermando che il loro rilascio era stato ottenuto attraverso i canali diplomatici. Nel comunicato si spiega che «accordi con la Santa Sede hanno garantito l’invio e l’accoglienza in Vaticano di vescovi, sacerdoti e seminaristi».
E continua: «la Presidenza della Repubblica, il Governo di Riconciliazione e di Unità Nazionale e il popolo del Nicaragua ringraziano di cuore il Santo Padre, papa Francesco, nonché la Segreteria di Stato della Santa Sede, il suo prefetto, il cardinale Pietro Parolin, e al suo gruppo di lavoro, per il coordinamento molto rispettoso e discreto svolto per rendere possibile il viaggio in Vaticano di due vescovi, quindici sacerdoti e due seminaristi», si legge nel comunicato.
In un’intervista a Vida Nueva, l’avvocato nicaraguense in esilio Martha Patricia Molina Montenegro, che denuncia la persecuzione religiosa nel suo Paese, attraverso il suo rapporto Nicaragua: una chiesa perseguitata, ha dichiarato che sebbene l’esilio di mons. Rolando Álvarez fosse il modo migliore per salvare la sua vita, è ancora un crimine contro l’umanità: «se monsignor Álvarez fosse rimasto, i sandinisti lo avrebbero assassinato perché avevano già programmato di farlo».
L’avvocato si è detta certa che «papa Francesco sa che nelle carceri del Nicaragua si praticano torture e trattamenti crudeli e inumani, e che la dittatura cerca disperatamente di sbarazzarsi dei religiosi, perché il cattolicesimo mette in imbarazzo il suo progetto di instaurare una dittatura dinastica».
Si tratta della terza espulsione di sacerdoti nicaraguensi in meno di un anno. Circa 110 sacerdoti sono stati esiliati dal Nicaragua dal 2018. Altri sono fuggiti dal Nicaragua dopo aver ricevuto minacce, e ad alcuni è stato rifiutato l’ingresso nel Paese al ritorno da viaggi all’estero. Non si conosce il numero esatto dei sacerdoti in esilio, spesso come misura di sicurezza per i loro cari.
I sacerdoti in esilio rappresentano circa il 15% del clero cattolico nicaraguense. Fonti locali hanno riferito a The Pillar che la situazione nella diocesi di Matagalpa dell’arcivescovo Álvarez è particolarmente difficile. Nel 2019 la diocesi contava 51 sacerdoti, e oggi sono circa 20.
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Nel maggio 2023, la dittatura ha anche ordinato il congelamento dei conti bancari della Chiesa cattolica in Nicaragua, in modo graduale e senza alcuna notifica ufficiale. Cancellarono così i conti bancari della Chiesa a Estelí, poi a Matagalpa, a Managua e infine in tutto il Paese.
Tra il 2022 e l’agosto 2023, «tredici edifici privati appartenenti alla Chiesa cattolica sono stati confiscati dal governo nicaraguense e, per la maggior parte, convertiti in istituzioni pubbliche», precisa l’avvocato nicaraguense in esilio.
Dal 2019, Martha Patricia Molina Montenegro documenta la repressione della Chiesa cattolica e delle comunità religiose da parte del governo nicaraguense. Avvocato di formazione, ha indagato sulla corruzione pubblica nei governi centrale e municipale del Nicaragua. Temendo l’incarcerazione dopo mesi di vessazioni da parte della polizia, Martha Molina è fuggita dal Nicaragua nel giugno 2021.
Dal 2022, il suo lavoro si è concentrato sulle vessazioni della polizia e sulle violazioni della libertà di religione o di credo commesse dal governo, in particolare contro il clero cattolico in Nicaragua.
I suoi rapporti dettagliati documentano il divieto del governo di processioni e altre cerimonie cattoliche, l’espulsione del clero cattolico dal Paese e l’arresto arbitrario di preti, laici e parrocchiani cattolici.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Persecuzioni
Continuano i massacri di cristiani in Nigeria
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Persecuzioni
Pakistan, conversioni forzate: tentato avvelenamento di un cristiano di 13 anni
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Saim era uscito di casa per andare a tagliarsi i capelli, quando una guardia di sicurezza, che aveva notato addosso al ragazzo una collana con la croce, ha iniziato a chiedergli di recitare preghiere islamiche. Il giovane, dopo essersi rifiutato, è stato costretto a ingerire una sostanza nociva.
In Pakistan si è verificato l’ennesimo tentativo di conversione forzata nei confronti di un ragazzo cristiano di 13 anni, costretto a ingerire una sostanza tossica dopo essersi rifiutato di abbracciare l’Islam.
L’episodio è avvenuto nella città di Lahore il 13 aprile: Saim era uscito di casa per andare a tagliarsi i capelli, ma è stato fermato da una guardia di sicurezza musulmana che aveva notato che il ragazzo aveva al collo una croce.
La guardia, di nome Qadar Khan, ha strappato la collana e costretto Saim a recitare una preghiera islamica, ma il ragazzo si è rifiutato, dicendo di essere cristiano. L’uomo ha quindi costretto Saim a ingerire una sostanza tossica nel tentativo di avvelenarlo.
Sono stati i genitori del giovane a trovare il corpo del figlio senza conoscenza dopo diverse ore che Saim mancava da casa. Il padre, Liyaqat Randhava, si è rivolto alla polizia ma ha raccontato di aver ricevuto un trattamento iniquo.
Gli agenti hanno registrato la denuncia solo dopo diverse insistenze e una copia del documento non è stata rilasciata alla famiglia di Saim, che ha detto inoltre che diverse parti del racconto non sono state incluse nella denuncia (chiamata anche primo rapporto informativo o FIR).
Joseph Johnson, presidente di Voice for Justice, ha espresso profonda preoccupazione per i crescenti episodi di conversioni religiose forzate in Pakistan e ha condannato quanto successo a Saim, aggiungendo che la polizia sta mostrando estrema negligenza nel caso. «Evitando di includere i dettagli cruciali nel FIR, la polizia ha sottoposto Saim e la sua famiglia a ulteriori abusi», ha affermato Johnson, chiedendo l’intervento del governo per un’indagine.
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Immagine di Guilhem Vellut via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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