Politica
Morta la sorella di Trump
Maryanne Trump Barry, 86 anni, la sorella maggiore dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, è stata trovata morta lunedì nel suo appartamento di New York.
Secondo il Post Millennial, la polizia ha trovato il suo corpo senza vita all’interno dell’appartamento sulla 5th Avenue, nell’Upper East Side di Manhattan, intorno alle 4 del mattino. Il medico legale della città non ha ancora annunciato la causa della morte, ma la polizia ha detto che non c’erano segni di trauma o di crimine.
Nata nel 1937, Maryanne era la maggiore dei cinque fratelli e sorelle Trump. È stata nominata alla Corte distrettuale degli Stati Uniti nel New Jersey dal presidente Ronald Reagan nel 1983 e alla Corte d’appello degli Stati Uniti (Terzo Circuito) dal presidente Bill Clinton nel 1999. Barry Trump è diventato un giudice inattivo nel 2016 e si è ritirato nel 2019, lasciando l’incarico sotto la presidenza di suo fratello, il quale aveva scherzosamente detto di considerarla per la nomina di giudice della Corte Suprema americana.
«Fin da bambina sapevo che era meglio non tentare di competere con Donald», aveva detto alla rivista New York nel 2002. «Non sarei stata in grado di vincere. Costruiva modelli quando era molto giovane. Edifici enormi».
Figlia del costruttore di origini tedesche Fred Trump, Maryanne aveva frequentato il college a Mount Holyoke e conseguito il master alla Columbia University nel 1962. Sposò David Desmond, dal quale ebbe un figlio che sarebbe diventato psicologo e umorista. Sei anni dopo il parto, Maryanne frequentò la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Hofstra e iniziò la carriera forense.
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Ha descritto il suo primo lavoro dopo la facoltà di giurisprudenza come «una delle due donne assistenti procuratori statunitensi in un ufficio di 63 avvocati statunitensi, e la prima donna a svolgere attività criminale apparendo solo davanti a giudici uomini».
Dopo aver divorziato da Desmond, Maryanne aveva sposato John Barry, un avvocato che spesso lavorava su casi per la Trump Organization, la società di suo fratello. Barry è morto nel 2000.
Maryanne era tornata sulle cronache internazionali tre anni fa, quando la nipote Mary Trump pubblicò alcuni audio in cui l’ex giudice criticava severamente il fratello presidente.
Mary Trump, che tre anni fa ha fatto uscire un libro pieno di veleno nei confronti dell’intera famiglia intitolato Too Much and Never Enough: How My Family Created the World’s Most Dangerous Man («Troppo e mai abbastanza: come la mia famiglia ha creato l’uomo più pericoloso del mondo»), è figlia di Fred Trump jr. (1938-1981), primogenito della famiglia che divenne pilota d’aereo e poi alcolizzato, portando Donald ad ereditare in toto il business famigliare e, per alcuni, a divenire astemio. Donald tuttavia ha ricordato il fratello defunto, assieme ai genitori e agli altri famigli, in vari accorati discorsi al momento dell’elezione alla Casa Bianca.
La figura del fratello morto giovane a causa dell’alcol è stata spesso utilizzata da giornali anti-trumpisti come il New York Times per attaccare il presidente dipingendone la famiglia come disfuzionale.
Tuttavia, la stampa spesso dimentica di parlare di un altro parente noto, il fisico del MIT John George Trump (1907-1985), fratello di Fred senior e quindi zio di Donald, scienziato ed inventore della radioterapia rotazionale e creatore del primo generatore di raggi X da un milione di volt.
Come riportato da Renovatio 21, Trump aveva parlato dello zio scienziato e dei suoi avvertimenti riguardo le armi atomiche in una intensa concessa l’anno scorso a Tucker Carlson quando quest’ultimo non era ancora stato cacciato da Fox News.
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Politica
Tucker Carlson: Putin è il «leader più popolare al mondo»
🇺🇸🇷🇺 “Putin is one of the most popular leaders in the world” — Tucker Carlson
“Wherever you go, you won’t meet anyone who doesn’t like Putin. Putin is like a global celebrity. I travel a lot, I know what I’m talking about” pic.twitter.com/YguN7ZbXL2 — Lord Bebo (@MyLordBebo) October 27, 2025
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Politica
Costantinopoli, per il sindaco (incarcerato) Imamoglu anche l’accusa di spionaggio
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Dalla cella il leader dell’opposizione definisce il nuovo procedimento è un «complotto» per estrometterlo dalla scena politica. Per analisti e oppositori è un tentativo di governo e AKP – sconfitti alle urne – di assumere il controllo della metropoli. I due volti della Turchia di Erdogan: repressione e carcere per gli oppositori e critici sul fronte interno, mediatore per la pace a Gaza (e in Siria).
Dopo le imputazioni per corruzione e legami con organizzazioni terroristiche, per il sindaco di Istanbul e leader dell’opposizione Ekrem Imamoglu – in carcere dal marzo scorso ma pur sempre il principale rivale del presidente Recep Tayyip Erdogan – arriva anche quella di «spionaggio politico».
Un tribunale turco ha emanato un ordine di arresto – emettere un mandato per una persona già in cella è una pratica tutt’altro che inusuale per il Paese – per il primo cittadino della capitale economica e commerciale, segnando un’ulteriore escalation in un’ottica di repressione. Per critici e cittadini scesi in piazza anche oggi a manifestare sfidando i divieti, il nuovo procedimento è un segnale della «politicizzazione» dei tribunali e l’uso ad orologeria della giustizia, accuse respinte dal governo di Ankara che rivendica l’indipendenza dei giudici.
Il sindaco è apparso ieri in tarda mattinata davanti ai giudici del tribunale di Caglayan, per rispondere dei nuovi capi di imputazione a suo carico in un crescendo di attacchi e incriminazioni, mentre all’esterno un migliaio di sostenitori si sono riuniti per manifestare. Dopo diverse ore l’entourage di Imamoglu ha diffuso una nota, ripresa dalla stampa turca, in cui egli respinge le accuse: «non ho assolutamente alcuna conoscenza o connessione con le agenzie di intelligence o i loro dipendenti» bollandole come «assurde» e collegate a una «complotto» per estrometterlo dalla scena politica.
«Sarebbe più realistico dire» ha concluso «che ho incendiato Roma».
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All’esterno del tribunale, il leader del Partito popolare repubblicano (CHP) Ozgul Ozel ha parlato a una folla di sostenitori e simpatizzanti riunita per protestare contro il nuovo procedimento a carico del sindaco, sorvegliati a vista da poliziotti in tenuta antisommossa. «Lo hanno chiamato ladro, non ha funzionato; lo hanno chiamato corrotto, non ha funzionato; lo hanno accusato di sostenere il terrorismo, non ha funzionato» ha detto di Imamoglu il presidente del CHP. «Ora, come ultima risorsa, hanno cercato di chiamarlo spia. Vergogna su di loro!» ha gridato Ozel, anch’egli finito nel mirino della magistratura.
Il 24 ottobre scorso, infatti, il tribunale ha respinto il processo intentato dal governo a carico del principale partito di opposizione (il Partito Popolare Repubblicano, CHP), che mirava all’annullamento del congresso 2023 e all’elezione del suo leader. Una decisione che sembrava aver allentato la morsa voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan contro il principale schieramento rivale, con decine di sindaci e alte personalità del partito finite sotto processo o già condannate.
Per la Corte le (presunte) irregolarità non hanno alcuna rilevanza giuridica. In realtà, a distanza di pochi giorni è giunta la notizia delle nuove accuse contro Imamoglu in un quadro di continua repressione.
Analisti ed esperti sottolineano che il nuovo attacco al primo cittadino sia un tentativo del governo e del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) – sconfitto alle urne – di assumere il controllo di Istanbul, una metropoli dall’importanza strategica. Imamoglu parla di «calunnie, bugie e cospirazioni», ma resta il fatto che le accuse potrebbero consentire al governatore nominato dallo Stato di assumere per via giudiziale la guida della città. Secondo l’analista di GlobalSource Partners Atilla Yesilada il ministero turco degli Interni ha infatti l’autorità di licenziare Imamoglu e sostituirlo con un fiduciario, assestando un colpo durissimo al partito di opposizione.
Del resto già nel settembre scorso, e nel silenzio internazionale, la magistratura – col benestare del governo – ha di fatto azzerato – e commissariato – i capi del Partito Popolare Repubblicano (CHP), principale movimento di opposizione del Paese, a Istanbul.
Inoltre si sono registrati diversi arresti fra quanti sono scesi in piazza a dimostrare, oltre al blocco di internet e il divieto di manifestazioni nel tentativo di «oscurare» dissenso e malcontento fra la popolazione contraria alla deriva autoritaria impressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Il giro di vite è parte di una più ampia campagna che si è intensificata dopo le schiaccianti vittorie dell’opposizione nelle elezioni locali del marzo 2024.
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Dall’ottobre dello scorso anno i pubblici ministeri e la polizia hanno condotto indagini su corruzione e terrorismo che hanno portato a centinaia di arresti, tra cui quello, avvenuto a marzo, del sindaco di Istanbul, la personalità più importante finita in cella. Decine di sindaci e amministratori CHP sono stati incarcerati in attesa di processo, con ripercussioni anche economiche per turbolenze sui mercati e preoccupazione di investitori stranieri, mentre il partito ha trasferito la sede provinciale a Istanbul per sfuggire alla morsa della magistratura.
Se, sul fronte interno, il governo di Ankara e il presidente Erdogan alimentano la repressione contro oppositori e critici, a livello internazionale cercano di capitalizzare il ruolo di attore regionale sul fronte mediorientale e un ruolo nella tregua a Gaza e sulla nascitura forza di stabilizzazione. Un tentativo di rafforzare la propria immagine, ben rappresentato dalla foto a Sharm el-Sheikh in cui Erdogan si ergeva in prima fila accanto al padrone di casa Abdel Fattah al-Sisi e al presidente USA Donald Trump, artefice del piano di pace per la Striscia.
Anche in queste ore Erdogan ha insistito per garantire ad Ankara un ruolo nella risoluzione dei vari scenari di crisi dalla Siria all’Ucraina fino alla Striscia. «Ora vi è una Turchia nella regione e nel mondo» ha affermato il presidente «che è rinomata per la sua promessa di esportare pace e stabilità» in quanto «potenza globale» in una prospettiva di «pace, armonia e stabilità».
Un tentativo di leadership, quello turco, che parla di pace ma non disdegna di mostrare i muscoli: è attesa la visita in Turchia del premier Keir Starmer per discutere della vendita, attualmente in sospeso, di 40 jet Eurofighter Typhoon, che secondo le intenzioni di Erdogan dovrebbero rafforzare la pattuglia dei caccia assieme agli F-16 ed F-35 USA.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Politica
La nuova presidente irlandese è NATO-scettica e contraria alla militarizzazione dell’UE
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