Spirito
Mons. Viganò: omelia nella Domenica delle Palme
Renovatio 21 pubblica questa omelia di Monsignor Carlo Maria Viganò per la domenica II di passione.
OMELIA
nella Domenica II di Passione o delle Palme
Improperium exspectavit cor meum, et miseriam:
et sustinui qui simul mecum contristaretur, et non fuit:
consolántem me quæsivi, et non inveni:
et dederunt in escam meam fel, et in siti mea potaverunt me aceto.
Ps 68, 21-22
Israël es tu Rex, Davidis et inclyta proles. Tu sei il Re di Israele, la nobile stirpe di David. In queste solenni parole dell’antico inno a Cristo Re, troviamo identificata la Santa Chiesa con Israele, il popolo di Dio con il popolo che fu l’eletto. Plebs Hebræa tibi cum palmis obvia venit: cum prece, voto, hymnis, adsumus ecce tibi: il popolo ebreo Ti è venuto incontro con le palme: ecco anche noi dinanzi a Te con preghiere, voti e cantici.
Dovrebbe destare sgomento come il trionfo di Cristo, accolto in Gerusalemme come Figlio di David, salutato come Colui che viene nel nome del Signore, si sia potuto mutare nell’arco di poche ore nello schiamazzo violento della folla dinanzi al Pretorio, nelle grida, negli insulti, nei tormenti della Passione e infine nella morte del Re dei Giudei sul legno della Croce. Uno sgomento che viene dalla considerazione di quanto la massa del popolo sia mutevole, nella sua propensione a lasciarsi manipolare dal Sinedrio e dagli anziani del popolo, nella sua facilità a dimenticare – quasi come se non fosse mai avvenuto – il tributo di onori, i rami di palme e di ulivo, le vesti stese sulla via al passaggio del Signore.
Non sappiamo se tra i pueri Hebræorum ci fossero anche quanti poi schernivano il Salvatore morente in croce. Ma sappiamo che essi erano ebrei come ebrei erano i Sommi Sacerdoti, gli scribi, le guardie del tempio e coloro che gridavano Crucifige dinanzi a Gesù flagellato e coronato di spine. Ed erano ebrei gli Apostoli fuggiti, ebreo Simon Pietro che per tre volte rinnegò Cristo, ebree le Pie Donne, ebreo il Cireneo, ebreo Giuseppe d’Arimatea.
Ma se parte del popolo ebreo, nonostante le Profezie e gli interventi di Dio sotto l’Antica Legge, giunse a mandare a morte il Messia promesso, dovremmo chiederci se questo tradimento non possa ripetersi in una parte del nuovo Israele, la Chiesa, quando vediamo fedeli cattolici ma soprattutto membri della Gerarchia che, come i farisei e i capi del Sinedrio ai tempi di Cristo, ancor oggi gridano il loro Crucifige, o ripetono quia non novi hominem (Mt 26, 72).
Il popolo. Non nel senso latino di populus – una società che si dà leggi e le osserva – ma di vulgus, ossia gente senza identità, che non ha consapevolezza di diritti e doveri, che è manovrabile, ignaro della propria eredità e di quale sia il proprio destino, profanum, insensibile al sacro.
Se guardiamo a quanto avviene nella Chiesa, alla crisi che la affligge, all’apostasia che corrompe la Gerarchia e i fedeli, gli eventi della Domenica delle Palme sembrano dimenticati, mentre vivi dinanzi a noi sono gli orrori della Passione e della Crocifissione.
La Chiesa che ieri celebrava i trionfi di Cristo e ne predicava il Vangelo sembra oggi eclissata dal Sinedrio che accusa di blasfemia il Figlio di Dio, dai Sommi Sacerdoti che ne chiedono la morte.
La società che ieri era cristiana grida furente il suo Tolle, tolle, sputa sul volto del Salvatore, ne deride i tormenti, ne vuole la cancellazione.
Gli odierni scribi e farisei sembrano determinati a mettere delle guardie a sorvegliare il sepolcro in cui giace la Chiesa, quasi a scongiurarne la resurrezione che li sbugiarderebbe.
Gli stessi discepoli del Signore fuggono, si nascondono, negano di averLo mai conosciuto per non essere esclusi ed emarginati, per non apparire controcorrente, per non contraddire i potenti.
E, allo stesso tempo, tante Pie Donne, tanti Cirenei, tanti Giuseppe d’Arimatea, derisi e insultati, aiutano la Chiesa a portare la sua croce, rimangono ai suoi piedi con la Vergine e San Giovanni, cercano un luogo in cui deporre quel Corpo Mistico in attesa di vederlo risorgere.
Il tradimento di oggi non è meno grave di quello che dovette subire Nostro Signore; la passio Ecclesiæ non è meno dolorosa di quella del Suo Capo; la desolazione e lo sconforto di quanti contemplano la Domina gentium esposta al disonore dai suoi stessi Ministri non è meno straziante dei patimenti della Mater dolorosa. Perché l’odio che mosse i carnefici allora è lo stesso che muove i carnefici di oggi, e l’amore dei buoni Ebrei che riconobbero il Messia è lo stesso dei buoni Cristiani che ne vedono ancor oggi perpetuata l’agonia.
Io ti ho liberato dalla schiavitù d’Egitto, e tu ricambi il tuo Salvatore crocifiggendoLo – cantiamo negli Improperia.
Ti ho dato la Messa, e tu la sostituisci con un rito che Mi disonora e che allontana i fedeli. Ti ho dato il Sacerdozio, e tu lo profani con ministri eretici e fornicatori.
Ti ho reso saldo contro i nemici, e tu spalanchi le porte della Cittadella, gli corri incontro, lo onori mentre si appresta a distruggerti.
Ti ho insegnato le verità della Fede, e tu le adulteri o le taci per compiacere al mondo. Ti ho indicato la via regale del Calvario, e tu segui la strada della perdizione, dei piaceri, della perversione.
Popule meus, quid feci tibi? aut in quo contristavi te? responde mihi! Popolo mio, che ti ho fatto? in cosa ti ho contristato? rispondimi! Non sono queste parole applicabili a tanti Cattolici, a tanti Prelati, a tante anime a cui il Signore, come al popolo ebraico, mostrò mille e mille volte il proprio amore struggente?
Non dovremmo noi tremare, al solo pensiero di poterci essere resi complici del tradimento di Cristo e della Sua Chiesa, che di Cristo perpetua il Sacrificio incruento sui nostri altari, che dei Suoi meriti infiniti è ministra e dispensatrice sino alla fine del mondo, che dei Suoi miracoli è testimone, della Sua Parola predicatrice, della Sua Verità custode?
Meditiamo, cari amici, dove si pone la nostra anima immortale in questa feroce battaglia che scuote il mondo sin dalle sue fondamenta.
Se siamo tra i manigoldi, a torturare le carni santissime del Redentore, o se mettiamo a disposizione il nostro cuore per accogliere quel Corpo adorabile. Se ci stracciamo le vesti alla proclamazione della Sua divinità, o se ci inchiniamo come il Centurione dinanzi al Salvatore che muore per noi. Se siamo tra quanti sobillano la turba contro il Figlio di Dio, o tra coloro che ne testimoniano la gloriosa Resurrezione.
Perché quest’anima nostra, per la quale Nostro Signore ha sparso il Suo Sangue e dato la Vita, rimane immortale tanto nella beatitudine eterna del Paradiso, quanto nell’eterno tormento dell’Inferno.
La contemplazione della Passione di Cristo e nel Suo Corpo Mistico ci scuota dal torpore, ci strappi dalla schiavitù del peccato, ci sproni all’eroismo della santità.
Perché il Sangue versato non ricada su di noi come condanna, ma come salutare lavacro di Grazia. E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
2 Aprile 2023
Dominica II Passionis seu in Palmis
Spirito
Tradizioni cattoliche in famiglia, una piccola inchiesta personale
Le tradizioni cattoliche che hanno da sempre contrassegnato e scandito la vita dei fedeli, sembrano perse nella notte dei tempi senza possibilità di recupero o di memoria per i più, tanto che lo stesso Concilio Vaticano II pare abbia voluto passare un colpo di spugna sopra molti di questi concetti cancellandoli definitivamente o in taluni casi sostituendoli con delle nuove preghiere.
L’eredità che abbiamo raccolto dai nostri avi è un piccolo tesoro spirituale da preservare, proteggere e far rimanere vivo in noi, nelle nostre famiglie e con le persone che ci circondano.
Padre Giuseppe Ave, sacerdote della bellissima chiesa di San Filippo Neri di Perugia, ci ricorda dei concetti fondamentali.
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«Io inizierei sottolineando la differenza tra Tradizione e tradizioni (Tradizione con la “T” maiuscola e tradizioni con la “t” minuscola). La Tradizione è l’insieme delle verità che la Chiesa ha trasmesso nel corso del tempo. Questo discorso della Tradizione e delle tradizioni parte dal Concilio di Trento [metà del Millecinquecento, ndr]. Il Concilio dice che la Verità per i cattolici è formata da due fiumi che vanno nello stesso mare che è la Verità. Come posso io sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato e cosa è vero e cosa è falso? Un fiume è la Parola di Dio e un fiume è la Tradizione e cioè l’insieme delle verità trasmesse dalla Chiesa nel corso dei secoli».
«Fanno parte della Tradizione i Sacramenti» dice il padre. «Non trovo tutti i sacramenti nella Bibbia, ma li trovo nella Tradizione della Chiesa. L’insieme delle verità ce le hanno trasmesse i concili, ed ecco perché abbiamo un grosso problema con il Concilio Vaticano II, perché è un concilio pastorale. Quest’ultima parola inventata proprio in quell’occasione o recuperata in maniera storta, fa sì che questo concilio facciamo fatica a recepirlo nella Tradizione, perché la Tradizione deve essere qualcosa di normato. Il Concilio di Trento dice “Questa è la Verità e chi non ci crede sia fuori dalla Chiesa». Quelle sono le Verità senza le quali non si è cattolici. I Sacramenti, i Santi, ad esempio.
Cosa sono le tradizioni? Le tradizioni sono l’insieme delle modalità con le quali il popolo di Dio si è espresso nel corso del tempo per esprimere la propria Fede, una forma di preghiera. Noi abbiamo delle tradizioni secolari e delle tradizioni più recenti, delle tradizioni universali e delle tradizioni più locali.
Le tradizioni universali hanno un peso diverso, quali il Rosario, la Via Crucis o le preghiere del mattino e della sera, che fanno parte delle tradizioni del popolo di Dio. Molte di queste preghiere le abbiamo totalmente perse. Le tradizioni cattoliche invece sostengono il popolo di Dio, perché ci legano con il nostro passato con i nostri genitori, i nostri nonni e i nostri antenati».
Ricordo sempre mia nonna che fino al suo ultimo giorno di vita si ricordava delle tradizioni cattoliche che hanno fatto da sempre parte del suo vivere. Rammento quando mi diceva delle Quarantore nella Settimana Santa, che sono una pratica devozionale consistente nell’adorazione per quaranta ore continue del Santissimo Sacramento. Il Rosario quotidiano che tutti i giorni alle 18:00 ha sempre recitato.
Sono tante le nostre care tradizioni ed è bene ricordarle affinché non ci si dimentichi.
La Via Crucis nei venerdì di Quaresima. La Quaresima stessa, nella quale ogni cattolico dovrebbe fare digiuno di qualcosa. Pratica anche questa estremamente depotenziata. Ci sarebbe il digiuno dalle carni il mercoledì delle Ceneri, i giorni di vigilia e tutti i venerdì dell’anno, tanto che per molti anni in casa mia ogni venerdì si mangiava il pesce e non la carne.
L’usanza di accendere le candele benedette quando una persona sta morendo, per la nascita di un figlio e per il parto delle donne, o durante le tempeste, oppure semplicemente per pregare.
Sia l’olio che il sale si possono far benedire per esorcizzare e per chiedere la guarigione degli ammalati. Custodire l’acqua benedetta in una piccola acquasantiera vicino al letto per segnarsi prima di coricarsi, al mattino quando ci si sveglia o prima di pregare.
Accendere le quattro candele dell’Avvento nelle chiese, ma anche nella tavola di casa per aspettare il Santo Natale.
Il presepe è un’altra tradizione imprescindibile che ultimamente è vilipeso e deriso da una società dall’animo sempre più sordido e meschino.
Il crocifisso nelle aule pubbliche che viene tolto per non turbare la sensibilità di chi non è cattolico. Nella scuola dove insegno nelle aule non vi è più traccia. Una richiesta che arriva da un mondo sempre più laicizzato e da una Chiesa che non sa più tenere il punto in una controversia come questa, rimanendo silente e facendo spallucce così da accondiscendere ai vizi perversi del mondo moderno.
La messa quotidiana per un cattolico un tempo era una pratica molto rispettata che fa parte delle tradizioni, mentre le messe domenicali e di precetto fanno parte della Tradizione. Prima di andare al lavoro o di andare a scuola, è cosa buona andare a messa. Ricordo che sia alle scuole elementari, che alle scuole medie, il mio parroco don Giuseppe Gioia – da poco scomparso – insisteva molto per farci partecipare all’Eucarestia. Pratica totalmente scomparsa o quasi.
Mia zia Lina, pia donna morta in grazia di Dio, tutte le mattine alle sei e mezzo andava a messa prima di iniziare il suo servizio lavorativo fino a che Dio le ha consentito di poter essere indipendente e poter uscire di casa. Quando la salute non glielo permise più, ha sempre pregato quotidianamente fino all’ultimo dei suoi giorni quando – parole sue in punto morte – è stata portata in cielo dagli Angeli con la presenza della Vergine Maria. Un esempio profondo di cristianità che cerco impietosamente e umilmente di imitare.
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La Santa Messa è la preghiera più importante che esiste, perché c’è la transustanziazione e non è esattamente la stessa cosa che accendere una candelina in casa. Non possiamo dimenticare i «predicatori laici televisivi» che in era pandemica, pontificando nei salotti televisivi, visto il diktat di non celebrare le messe e chiudere le chiese, ci dicevano di pregare in casa che tanto era la stessa cosa. Il Burioni fu il capofila di questa «nuova dottrina scristianizzata», ma soprassediamo.
Un’altra tradizione è la benedizione nelle case durante il periodo di Quaresima o nel tempo di Pasqua e la benedizione dei cibi pasquali.
La benedizione degli animali nel giorno di Sant’Antonio che ancora nel mio quartiere è sentita e praticata che Don Antonio Paoletti porta ancora avanti con fede.
Il Corpus Domini quale tradizione legata alla solennità cristiana universale che fu istituita ad Orvieto da papa Urbano IV nell’agosto 1264. Qua in Umbria viene celebrata in ispecie a Spello dove in quel santo giorno vi è la famosa infiorata.
Per la festività di San Pietro e Paolo c’è la tradizione della barca che consiste nel porre, nella notte fra il 28 e il 29 giugno, un contenitore di vetro riempito d’acqua all’esterno della casa, e nel far colare nell’acqua un albume d’uovo. Il contenitore deve essere lasciato per tutta la notte all’aria aperta, per assorbire la rugiada. Il mattino seguente si dovrebbero trovare nell’acqua delle strutture, formate dall’albume, che ricordano le vele di una barca a vela o un veliero. Secondo la vulgata sarebbero prodotte da san Pietro, che soffiando nel contenitore di vetro fa assumere all’albume la giusta conformazione. Una cosa simile si fa anche per la ricorrenza di San Giovanni Battista.
Ogni città, ogni paese, ogni frazione in Italia ha tanti santi da ricordare ognuno con le sue usanze e con le sue devozioni.
Inoltre padre Giuseppe Ave ci ricorda che «le processioni sono importantissime. In uno dei miei libri ho scritto che a Perugia, all’inizio del Milleseicento, quando arrivarono i padri di San Filippo, c’erano ventiquattro processioni ordinarie, almeno due al mese. Senza contare poi quelle straordinarie».
La processione del Cristo morto la sera del venerdì Santo. Le Rogazioni nei periodi prima del raccolto che altro non erano che processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle seminagioni. Mio nonno quando seminava qualcosa nell’orticello dietro casa, metteva nel terreno una croce di legno come segno di ringraziamento per il raccolto che verrà. Le Quattro tempora – quattro distinti gruppi di tre giorni presenti nel rito romano della Chiesa cattolica – originariamente legati alla santificazione del tempo nelle quattro stagioni con tanto di messe e di preghiere, oggi sono scomparse.
In un tempo preconciliare nel Celebret – documento di autorizzazione da parte della Chiesa cattolica che indica il permesso di celebrare la messa ed amministrare i sacramenti – nel retro vi era scritto «si fa divieto al prete di andare al cinema, entrare nei bar, eccetera…». Oggi ci suonano strane queste parole, ma erano un monito di distinzione e rispetto dei ruoli. Adesso nemmeno lo si chiede più questo documento a chi celebra, figuriamoci se vi sono riportati e rispettati questi «divieti».
Il clero che si è adattato al mondo forse ha mancato quell’obiettivo di attrarre a sé più fedeli, anzi, sembra quasi che sia stato controproducente. E se certe tradizioni secolari le dimenticano anche i sacerdoti, figuriamoci i fedeli che sempre di più fanno fatica a entrare in una sfera cattolica semplice, ma tradizionale.
Non a caso molti di coloro che si convertono e si avvicinano per la prima volta al cattolicesimo, abbracciano la Fede più tradizionale, quella anteriore al Concilio Vaticano II, con le sue millenarie, suggestive e profonde ritualità. Forse i porporati dovrebbero chiedersi più di un perché.
Sarebbe molto bello se un cristiano a tutt’oggi avesse le giornate scandite da una ritualità di preghiere e tradizioni cattoliche. È rimasto ben poco di tutto ciò, ma noi qua cerchiamo, per quanto possibile, di mantenere viva una memoria che fa sempre più fatica a rimanere in vita.
Come ci ricorda impeccabilmente Don Mauro Tranquillo: «La presenza della Chiesa e la Chiesa stessa è in grande crisi. Vediamo che il clero sta scomparendo. Se dall’alto viene questo tipo di impostazione non è che poi si può pretendere chissà cosa dai fedeli. Certamente c’è stata la secolarizzazione, il cambiamento dei costumi, della popolazione, ma soprattutto manca la predicazione della fede cattolica da parte del clero dall’alto in basso».
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Queste tradizioni aiutavano molto il credente a sentirsi a casa nella Chiesa e nel momento in cui sono state gettate nel dimenticatoio, la gente si è trovata spiazzata e si è creata nel corso del tempo le «proprie tradizioni» recitando una serie di preghiere in maniera quasi scaramantica, tramutate in una vacua routine, come se ognuno di noi si cucisse in dosso una sua fede cristiana dettata dalle sue abitudini e non da quelle della Chiesa. La Tradizione della Chiesa aiutava il fedele a orientarsi in ogni giorno dell’anno con le sue preghiere, i suoi riti ricorrenti atti a celebrare quel momento o quei santi in calendario.
È nostro dovere mantenere viva la Fede e non ci si può esimere dal fare il nostro dovere fino all’ultimo. Il nostro è un dovere soprannaturale e basare il tutto sulle forze terrene e sostenere che non possiamo fare nulla non ha senso. La nostra è una battaglia spirituale
Riprendiamoci queste tradizioni, senza inventarne di nuove, perché rappresentano la nostra storia, la nostra Fede e la nostra preghiera verso Nostro Signore.
Francesco Rondolini
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Immagine «Dülmen, St.-Viktor-Kirche, Innenansicht, Krippe» di Dietmar Rabich via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution-ShareAlike 4.0 International
Spirito
Questioni liturgiche e sinodalità al centro del Concistoro convocato da Leone XIV
Una convocazione senza precedenti
I cardinali hanno ricevuto la convocazione il 7 novembre dal Decano Giovanni Battista Re e sono convocati dal papa per il pomeriggio del primo mercoledì dell’anno, nonché la mattina seguente per la concelebrazione all’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro. La convocazione di un Concistoro straordinario avviene «quando lo richiedono particolari necessità della Chiesa o la gravità delle questioni da trattare; tutti i cardinali sono convocati». Ma l’assenza di una motivazione dichiarata sembra piuttosto curiosa.Sostieni Renovatio 21
Ripristino del ruolo del Collegio Cardinalizio
Secondo Sputoni, Leone XIV avrebbe scritto ai cardinali con l’intenzione di ripristinare il loro ruolo originario di principali collaboratori nel governo della Chiesa universale, un ruolo che è stato considerevolmente ridimensionato durante gli anni del pontificato di Francesco. L’ultimo di questi incontri si è svolto il 29 e 30 agosto 2022, sotto Francesco, e si è concentrato sulla riforma della Curia Romana e sull’attuazione della costituzione apostolica Praedicate evangelium. In questo concistoro, ai cardinali non è stato permesso di parlare liberamente. Gli alti prelati avevano l’impressione che fossero lì semplicemente per ascoltare. Francesco non consultò il Collegio Cardinalizio durante il suo pontificato, preferendo affidarsi al C9, che in seguito divenne il C6. La partecipazione limitata del Sacro Collegio è stato uno degli aspetti più criticati dell’eredità di Francesco durante le congregazioni pre-conclave. Nel suo primo incontro con i cardinali, il nuovo papa ha espresso l’intenzione di incontrarli regolarmente.I temi centrali del concistoro
Ora che il pontificato ha superato i suoi primi sei mesi, Leone XIV, continua Spuntoni, ha deciso di mantenere questa promessa e ha chiesto ai cardinali di prepararsi all’incontro del 7 e 8 gennaio 2026 rileggendo due testi di Francesco: Evangelii gaudium e Praedicate evangelium, invitandoli a riflettere sulla prospettiva della Chiesa e a riportare in primo piano la questione del rapporto tra la Curia romana e l’esercizio del potere. Nella sua lettera, Leone XIV menziona anche la sinodalità, che per molti aspetti è servita da manifesto per il pontificato di Francesco.Aiuta Renovatio 21
La questione liturgica come punto centrale
Questa stessa prospettiva inquadra anche il tema finale delineato nella lettera che stabilisce l’ordine del giorno del prossimo concistoro: la questione liturgica. La liturgia è diventata, soprattutto dopo la promulgazione di Traditionis custodes nel 2021, il principale campo di scontro tra diverse sensibilità ecclesiali. Il concistoro di gennaio potrebbe quindi offrire ai cardinali l’opportunità di discutere tra loro la posizione da adottare nei confronti dei fedeli legati al rito tradizionale. È in questa luce che va letto l’ultimo tema della lettera. La questione liturgica emerge come una delle complesse sfide che papa Leone XIV dovrà affrontare nel suo dialogo con il Collegio Cardinalizio. Articolo previamente apparso su FSSPX.NewsIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
Diaconato femminile
Roma si trova in imbarazzo per la pressione delle richieste di ordinazione delle donne al diaconato.
L’ordinazione delle donne al diaconato è un tema ricorrente nella Chiesa fin dall’istituzione dei diaconi permanenti in linea con il Concilio (1). Di fronte alle crescenti richieste di ordinazione delle donne al sacerdozio o all’episcopato, Roma ha pubblicato dei documenti2 che risolvono definitivamente la questione per questi due gradi superiori del sacramento dell’Ordine, ma senza affrontare il diaconato.
La Commissione Teologica Internazionale ha affrontato il tema del diaconato in un documento pubblicato nel 2002.
Nel frattempo, Paolo VI aveva riformato gli ordini minori, trasformandoli in «ministeri» conferiti a uomini laici (lettorato e accolito). Papa Francesco, citando le richieste avanzate durante i Sinodi dei Vescovi e il fatto che le funzioni inerenti a questi ministeri derivassero dal «sacerdozio battesimale», ha concesso, nella Lettera Apostolica Spiritus Domini (10 gennaio 2021), la possibilità di conferirli alle donne; non sorprende che i documenti preparatori del Sinodo sulla sinodalità menzionino pressanti richieste per il diaconato. Il documento finale afferma semplicemente che la questione è aperta e che «il discernimento su questa materia deve proseguire» (n. 60).
I vescovi stanno aprendo nuove strade affidando funzioni clericali alle donne (delegati episcopali che svolgono il ruolo di vicari episcopali, nella parte germanofona del Canton Friburgo in Svizzera nel 2020 e nel Brabante Vallone nel 2024), ma papa Francesco ha compiuto un ulteriore passo avanti nominando una suora prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. In tutti questi casi, la persona è accompagnata da un sacerdote (o da un cardinale) per controfirmare gli atti giurisdizionali.
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Come possiamo vedere, la tendenza è quella di affidare alle donne il maggior numero possibile di funzioni normalmente maschili, pur esitando di fronte alle barriere dei poteri clericali e giurisdizionali.
Nel 2016, papa Francesco ha affidato lo studio del diaconato femminile a una prima commissione, e poi a una seconda nel 2020. Quest’ultima ha presentato la sua relazione al papa, datata 7 febbraio 2025, e una sintesi è stata pubblicata dalla Sala Stampa Vaticana il 4 dicembre, insieme alla ripartizione dei voti dei membri.
La risposta è un «no», un’affermazione esitante che, data la divergenza di opinioni, non osa essere definitiva. Il tono delle conclusioni è notevole: «mantenere un approccio cauto», la necessità di «indagini su scala mondiale», di una «saggezza lungimirante» per «esplorare questi orizzonti ecclesiali», un’enfasi sulla «diakonia della verità», sulla «parresia evangelica» – in breve, una cauta circospezione.
L’unico punto di consenso è l’espansione dei ministeri assegnati alle donne e la promozione della «diakonia battesimale». In breve, si cerca di accontentare tutti perché il terreno è irto di difficoltà.
Infatti, il testo rileva che i gruppi che insistono sul diaconato femminile all’interno del Sinodo non sono rappresentativi, sono in conflitto con la tradizione (è chiaro che non vogliono limitarsi al diaconato) e le loro motivazioni non sono convincenti (un senso di diritto, di chiamata, un bisogno di riconoscimento all’interno della Chiesa, etc.).
In breve, un gruppo di attivisti che calpesta gli insegnamenti definitivi della Chiesa e vuole abbattere una dopo l’altra le barriere della Tradizione.
Tutto questo per un ministero la cui urgenza non è ancora compresa, a 60 anni dalla sua istituzione: «Va notato che in molte diocesi del mondo il ministero del diaconato non esiste e che in interi continenti questa istituzione sacramentale è quasi del tutto assente». Laddove è in vigore, le attività dei diaconi spesso coincidono con i ruoli dei ministeri laici o dei ministri della liturgia, sollevando interrogativi nel popolo di Dio sul significato specifico della loro ordinazione. In altre parole, «il diaconato sta ancora cercando la sua strada».
Questa è la storia della Chiesa dopo il Concilio: lasciarsi intimidire da una minoranza attivista e imporre a tutti i cattolici i capricci di pochi progressisti eterodossi.
Don Nicolas Cadiet
FSSPX
NOTE
1) Costituzione Lumen Gentium, n. 29; Paolo VI, Lettera Apostolica in forma di motu proprio Sacrum diaconatus ordinem (18 giugno 1967), Lettera Apostolica in forma di motu proprio Ad pascendum (18 agosto 1972).
2) Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede Inter insigniores, 15 ottobre 1976, e Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis, 22 maggio 1994.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Jebulon via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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