Spirito
Mons. Bernard Tissier de Mallerais: «Perché amo la Fraternità San Pio X»
Renovatio 21 ripubblica un estratto da un’omelia pronunciata da monsignor Tissier del Mallerais (1945-2024) a Ecône alcuni anni fa prima di essere trasferito al priorato di Chicago. Come scrive FSSPX.news, da cui prendiamo il testo, «vi si trova una sorta di testamento spirituale in cui si esprime tutto il suo profondo legame all’opera e allo spirito della Fraternità San Pio X. Gli stessi motivi valgono ancora oggi per rimanere fedeli a questa Fraternità, alla sua posizione dottrinale e al suo patrimonio spirituale, e a traverso di essa rimanere fedeli alla Chiesa, alla fede che essa trasmette e ai mezzi di santità che costantemente propone».
Cari fedeli,
perché amo la Fraternità San Pio X?
La amo innanzitutto perché è stata approvata dalla Chiesa il 1° novembre 1970 da Mons. Charrière, vescovo di Friburgo, come società di vita comune senza voti, approvata dalla Chiesa e che è stata ingiustamente soppressa, invalidamente soppressa. Questa Fraternità San Pio X esiste ancora canonicamente, checché ne dicano altri. Io la amo perché è stata approvata dalla Chiesa.
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Monsignor Lefebvre, il suo fondatore, era solito dirci: «Non avrei mai fatto nulla senza il permesso di un vescovo locale». Il permesso gli fu dato dal vescovo di Friburgo, in Svizzera. Perché la Svizzera? Come ricompensa per la generosità dei cattolici svizzeri nei confronti delle missioni di Dakar. Perché la generosità dei cattolici svizzeri aveva permesso di pagare la missione e la chiesa di Fatick in Senegal. E per ringraziare il loro vescovo, in particolare monsignor Charrière di Friburgo, monsignor Lefebvre lo invitò a venire a consacrare solennemente la Chiesa di Fatick. Da allora, Charrière e Lefebvre sono rimasti amici. Tanto che nel 1969, quando monsignor Lefebvre si presentò al vescovado di Friburgo, fu accolto a braccia aperte.
Dal vescovo di Friburgo, che gli permise di piantare la sua vigna, il suo seminario a Friburgo e di impiantare la sua Fraternità in Svizzera. Ed ecco il risultato. La ricompensa per la generosità dei cattolici svizzeri. Questa è la Provvidenza. Ecco perché amo la Fraternità. È una ricompensa di Dio.
In secondo luogo, la amo perché è molto flessibile. Basta un semplice impegno canonico per entrarvi. Non si è prigionieri. Nella Fraternità ci si sente a proprio agio.
Poi, perché questa Fraternità sviluppa la vita comune del clero, i sacerdoti che vivono in comune. Questo era insolito nella Chiesa, eppure era la migliore tradizione della Chiesa. Che i sacerdoti vivano in comune, come noi, cioè una vita comune di tavola, certo, di dormitorio, se volete, ma soprattutto di preghiera e di apostolato.
Tre ore di Breviario e il Rosario quotidiano recitati in comune, e l’apostolato esercitato in comune, organizzato insieme. Per una maggiore santità e una maggiore efficacia, la brillante idea di Mons. Lefebvre di una società di vita comune senza voti.
Amo la Fraternità anche perché ha attirato intorno a sé la vita religiosa: le nostre Oblate, le Suore della Fraternità, i nostri Frati e una miriade di altre comunità, società religiose che si sono sviluppate all’ombra, per così dire, della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Per questo amo la Fraternità, perché ama la vita religiosa.
Amo la Fraternità sacerdotale perché è sacerdotale, questo è l’essenziale, questa è la sua definizione, perché la crisi della Chiesa, diciamo la crisi nella Chiesa, è semplicemente la crisi dell’identità sacerdotale, quando i sacerdoti hanno perso di vista ciò per cui sono fatti.
Così prima hanno buttato via la tonaca, poi hanno buttato via il latino, hanno buttato via tutto, e infine hanno buttato via il loro cuore, hanno buttato via la loro fede, così Mons. Lefebvre ha detto no, dobbiamo mantenere il sacerdozio nella sua purezza dottrinale e nella sua carità missionaria.
La Fraternità San Pio X è sacerdotale, dedicata alla celebrazione del sacrificio della Messa, alla professione pratica della regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, perché Gesù ha regnato e regna attraverso il legno della sua croce, e quindi attraverso la Messa, che è la continuazione sacramentale del sacrificio del Calvario. Per questo amo la Fraternità Sacerdotale San Pio X, perché è veramente sacerdotale.
Amo la Fraternità San Pio X perché il suo patrono è San Pio X, l’ultimo Papa ad essere canonizzato, che ha dedicato tutta la sua cura ai suoi sacerdoti, ai sacerdoti della Chiesa cattolica, attraverso la sua esortazione Haerent animo, che è un magnifico riassunto dello spirito sacerdotale, perché San Pio X ha condannato il modernismo annunciando che non era finito, poiché questa eresia era fin dentro le vene della Chiesa cattolica. Il modernismo non poteva essere sradicato da un giorno all’altro. E anche perché San Pio X ha riportato l’ordine nella Chiesa, cosa che oggi ci manca. Ecco perché amo la Fraternità.
Amo la Fraternità San Pio X perché il suo fondatore, Mons. Lefebvre, ci ha dato delle regole, degli statuti, delle costituzioni, regole molto sagge, che Roma ha approvato, addirittura lodato, le sapientes normae, in una lettera del cardinale Wright, prefetto della Congregazione per il Clero, nel 1971. Un elogio delle Costituzioni della Fraternità che sta in venti pagine, venti pagine come un riassunto di spiritualità sacerdotale, dove si dice tutto. E noi le viviamo ancora oggi, senza aver cambiato nulla. Funziona. Mons. Lefebvre ha scritto tutto questo con un tratto di penna a Roma. Non è meraviglioso?
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Amo la Fraternità sacerdotale perché ha trovato l’ideale della formazione sacerdotale in questi seminari tradizionali. Proprio come abbiamo sempre fatto nei seminari. Cioè unire dottrina e pietà. Una pietà solidamente basata sulla dottrina e sulla vita liturgica. Amare le cerimonie liturgiche belle e solenni. Per questo amo la Fraternità San Pio X.
Amo anche la mia Fraternità, cari fedeli, perché Mons. Lefebvre, con un’idea geniale, ha istituito un anno di spiritualità in seminario come noviziato per dare a questi giovani una vita spirituale. Per spiegare loro i principi e farli vivere questi principi della vita spirituale cattolica. I principi della Chiesa. Non i principi di Lefebvre, no. I principi della Chiesa e di Nostro Signore Gesù Cristo.
Amo la Fraternità San Pio X anche perché Mons. Lefebvre, con un’altra idea geniale, volle che si tenesse un corso speciale, oltre a San Tommaso d’Aquino nella sua Summa, ovviamente, un corso speciale sugli Atti del Magistero della Chiesa, insegnando le encicliche di tutti quei grandi papi che, dal XIX secolo fino alla vigilia del Concilio, avevano trasmesso la dottrina della Chiesa sugli errori moderni, sul liberalismo, sul modernismo e sul socialismo. E da allora, ogni anno, i seminaristi hanno ricevuto questo insegnamento dalle encicliche dei papi, i veri successori di Pietro.
Amo la Fraternità anche perché la Divina Provvidenza ha portato a Ecône il reverendo padre Barrielle, con gli Esercizi di Sant’Ignazio. Da allora, amiamo Sant’Ignazio e siamo in grado di fare ciò che prima solo i gesuiti, gli specialisti, erano in grado di fare. Siamo in grado di predicare gli Esercizi di Sant’Ignazio. Non è straordinario, cari fedeli? E siete tutti invitati a recarvi spesso nelle case di ritiro dove vengono predicati gli Esercizi di Sant’Ignazio, che sono una meraviglia, non solo per convertire i peccatori, ma anche per fare dei santi. Andate agli Esercizi di Sant’Ignazio, iscrivetevi a Enney o in Francia.
Infine, cari fedeli, amo la Fraternità perché è stata lanciata nella battaglia per la fede. Non ha esitato, non ha avuto paura di lanciarsi con coraggio, a rischio di ingiuste condanne, nella battaglia della fede a cui ci esorta l’apostolo San Paolo. E noi siamo ancora nella battaglia della fede. Grazie a Dio. Così, suo malgrado, perché non è stata fondata per combattere, ma per trasmettere il sacerdozio, suo malgrado, ma volentieri, è diventata guerriera. Amo la Fraternità perché è guerriera, perché combatte per Cristo Re, e questo non è poco.
Amo la Fraternità, per così dire, riassumendo, perché è l’ultimo baluardo rimasto per resistere, per restare saldi, per dire no all’apostasia conciliare e post-conciliare. È un ultimo prezioso baluardo e il nostro primo dovere, quindi, è quello di proteggerlo da tutte le infezioni moderniste. Il nostro primo dovere è quello di custodire questo baluardo per il futuro, per la Chiesa.
Bernard Tissier de Mallerais
vescovo
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine da FSSPX.news
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Mons. Eleganti critica il Vaticano per l’installazione del tappeto per la preghiera musulmana
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Spirito
I protestanti irlandesi si oppongono con veemenza alla visita di Carlo III in Vaticano
Descrivendo la recente visita di Stato del re Carlo III d’Inghilterra a papa Leone XIV come un «tradimento del protestantesimo», diverse figure del protestantesimo irlandese chiedono al monarca britannico di abdicare e di lasciare il posto a un protestante «genuino».
No rish need apply: «Gli irlandesi si astengano». Probabilmente è questo vecchio e sarcastico proverbio inglese a cui più di uno dei sudditi di Sua Maestà deve aver pensato quando ha scoperto sulla stampa le ultime dichiarazioni del reverendo Kyle Paisley.
Questo ministro presbiteriano, che non è altri che il figlio di Ian Paisley, fondatore del Partito Unionista Democratico dell’Irlanda del Nord, non ha gradito vedere il monarca britannico in visita di Stato presso la Santa Sede il 23 ottobre 2025, seduto alla destra di Papa Leone XIV nella Cappella Sistina, per partecipare a una preghiera ecumenica guidata dal successore di Pietro.
«Alla sua incoronazione, il re ha solennemente affermato la sua adesione al genuino protestantesimo e si è impegnato a preservare la religione della Chiesa fondata in Inghilterra e Scozia», ha ricordato Kyle Paisley agli ascoltatori alla BBC. Ha aggiunto: «Il nostro sovrano ha quindi infranto il suo giuramento e dimostrato di non essere ciò che afferma di essere: un sincero protestante».
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Kyle Paisley non sembra essere stato l’unico protestante a essere indignato per lo storico incontro tra papa Leone XIV e re Carlo III: l’Ordine di Orange, una confraternita protestante internazionale con sede nell’Irlanda del Nord e strettamente legata ai protestanti dell’Ulster, ha descritto la visita di Stato del successore della regina Elisabetta II come «un giorno buio per il protestantesimo», esprimendo «profonda tristezza» e formulando le sue riserve nei termini più forti possibili.
Wallace Thompson della Evangelical Protestant Society of Northern Ireland ha ribadito questo sentimento: «permangono differenze dottrinali abissali [tra anglicanesimo e cattolicesimo]. Le due chiese restano così distanti che era inappropriato celebrare una simile liturgia. Il Re si è impegnato a salvaguardare la religione protestante riformata nel Regno Unito. Oggi, sta inviando un chiaro segnale che, in fondo, non intende onorare tale impegno», ha dichiarato alla BBC.
Kyle Paisley e i suoi amici colsero l’occasione per mettere in discussione la partecipazione di Re Carlo III e dei membri della famiglia reale alla messa funebre tenutasi in onore della Duchessa di Kent, una devota cattolica che aveva rinunciato al protestantesimo con il permesso della Regina Elisabetta II. Kyle Paisley dichiarò: «sconcertante che nessun membro della Camera dei Comuni, né alcun membro della Camera dei Lord, abbia pubblicamente denunciato lo spudorato compromesso del Re riguardo al suo giuramento».
E per concludere con un’affermazione poco ecumenica: «la bestia mortale [il cattolicesimo, ndr], che ha guarito le ferite inflitte dalla Riforma, ora prevede la sua completa guarigione, aiutata e sostenuta da un re infedele alla sua parola, da un governo britannico e da un ministero degli esteri, nonché da un primo ministro il più possibile privo di pietà».
La famiglia Paisley non è estranea alle controversie: il padre di Kyle, Ian Paisley, nel 1959, in seguito alla visita della regina Elisabetta a Papa Giovanni XXIII, fece riferimento a un atto di «fornicazione e adulterio con l’Anticristo», nientemeno. Trent’anni dopo, nel 1988, Ian Paisley fu espulso con la forza dal Parlamento Europeo per aver urlato a Papa Giovanni Paolo II, in visita ufficiale: «ti denuncio, Anticristo!»
Sebbene le reazioni dei fondamentalisti irlandesi restino, nel complesso, piuttosto minoritarie, esse illustrano a modo loro il divario che permane – e continua ad ampliarsi – tra cattolicesimo e anglicanesimo, che spinge sempre più anglicani ad aderire all’unità romana, incarnando così un vero ecumenismo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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