Epidemie
Messe interrotte, la radice della barbarie
L’eunuco Calligone, ciambellano di Valentiniano II, osò dire ad Ambrogio: «Come, me vivente, tu osi disprezzare Valentiniano? Io ti spaccherò il capo».
«Che Dio te lo permetta! – rispose Ambrogio. «Io soffrirò allora ciò che soffrono i Vescovi e tu avrai fatto ciò che sanno fare gli eunuchi».
Il lettore ricorderà la triste vicenda che ha visto coinvolto don Lino Viola, l’anziano parroco di Gallignano, provincia di Cremona, durante la celebrazione di una Messa di commemorazione per alcuni fedeli defunti a causa del Coronavirus, e alla quale presero parte alcuni parenti, per un totale di 13 persone, parroco incluso, in una chiesa di 350 metri quadrati.
Una barbarie tremenda, a dire il vero, dove lo Stato entra in Chiesa a tutti gli effetti e con una violenza degna della migliore Repubblica Popolare Cinese, a quanto pare molto cara a quella fetta politica che siede fra i banchi di una maggioranza mai votata da nessuno
Erano gli ultimi giorni di aprile quando don Lino, mentre celebrava nella sua parrocchia, si è trovato davanti due agenti delle forze armate in divisa, con mascherina, che hanno più volte interrotto la liturgia, prima invitandolo a sospendere la celebrazione poi cercando in tutti i modi di passargli telefonicamente il sindaco, il quale avrebbe voluto colloquiare con lui, sempre durante l’ufficiatura del rito.
Una storia che ha fatto il giro d’Italia e del mondo. Una barbarie tremenda, a dire il vero, dove lo Stato entra in Chiesa a tutti gli effetti e con una violenza degna della migliore Repubblica Popolare Cinese, a quanto pare molto cara a quella fetta politica che siede fra i banchi di una maggioranza mai votata da nessuno.
Don Lino andò avanti, continuando a celebrare e respingendo i due carabinieri. Questo costò una multa a lui e ai fedeli ivi presenti.
Oltre a far ricorso al Prefetto per non pagare la multa, don Lino ha scritto al vescovo che si era ovviamente schierato dalla parte dello Stato — come il modello della falsa chiesa cinese vuole — spingendo così tanto il suo caso sì da farlo finire al centro di un’ interrogazione parlamentare.
Ma il gesto più bello e necessario che don Lino ha fatto è certamente quello dell’Atto di Riparazione compiuto il 25 aprile scorso, per pregare in riparazione della profanazione della Messa causata dall’intervento degli agenti.
Il gesto più bello e necessario che don Lino ha fatto è certamente quello dell’Atto di Riparazione compiuto il 25 aprile scorso, per pregare in riparazione della profanazione della Messa causata dall’intervento degli agenti
«In questo momento, prima di celebrare sull’Altare il Sacrificio del Tuo Figlio — pregava don Lino — voglio a nome della comunità presente e di quella che vive nelle nostre case riparare l’irruzione immotivata e sacrilega delle forze dell’ordine». Offrendo «l’espiazione della Vergine Tua Madre di Villavetere e dei nostri Santi Patroni San Pietro e Sant’Imerio».
La Riparazione: quella cosa oramai dimenticata ma quantomai necessaria oggi, dove la Vita, il Sacro, il Pudore, tutto viene profanato.
La mancanza del senso del Sacro è uno degli aspetti più gravi che riguardano la nostra attuale società, ed è partendo dalle radici di questa mancanza che si può comprendere il vero significato e la giusta provenienza della barbarie.
«In questo momento, prima di celebrare sull’Altare il Sacrificio del Tuo Figlio — pregava don Lino — voglio a nome della comunità presente e di quella che vive nelle nostre case riparare l’irruzione immotivata e sacrilega delle forze dell’ordine»
Un sacerdote, recentemente, mi raccontava che nel nord Italia due carabinieri sono stati mandati a controllare due sacerdoti che in una chiesetta nemmeno tanto piccola celebravano la Messa in latino, con la presenza di pochissimi fedeli. Uno dei due carabinieri, a quanto pare, ha fatto obiezione di coscienza rifiutandosi di entrare in chiesa durante il servizio ed in particolare per disturbare in qualche modo una celebrazione. Una cosa rarissima, che denota certamente una formazione cristiana, almeno nella sua essenza teorica, fortemente radicata.
La stessa che è mancata ai due giovanotti in uniforme inviati nella parrocchia di don Lino per interrompere il rito in obbedienza allo Stato, dimostratosi particolarmente accanito contro la libertà di culto cattolico.
Decidendo di andare a braccetto con il mondo e assecondando le perverse ambizioni della mondanità profana, la chiesa ha anche smesso di professare l’importanza di ciò che è Sacro, il timore e la riverenza verso le cose sacre
Non è nemmeno tutta colpa loro, anzi.
Da un certo momento in poi, la corrente moderna, o per meglio dire modernista, è entrata nella Chiesa — in particolare nell’apparato ideologico dei suoi rappresentanti — infettando la fermezza della Fede e il vero ruolo della Chiesa nel mondo: condannare ciò che è contro i principi divini, insegnare ciò che porta alla salus animarum, la salvezza delle anime.
Decidendo di andare a braccetto con il mondo e assecondando le perverse ambizioni della mondanità profana, ha anche smesso di professare l’importanza di ciò che è Sacro, il timore e la riverenza verso le cose sacre. Lo osserviamo in ogni circostanza, dove la chiesa, i luoghi di culto sono diventati luoghi di chiacchiere, di gozzovigli, di pensieri inutili e di becero libertinismo.
L’origine della barbarie si trova proprio dentro a quella chiesa che si è piegata alle logiche del mondo
L’origine della barbarie si trova proprio dentro a quella chiesa che si è piegata alle logiche del mondo, e che di queste logiche ha impregnato tutti quelli che da un certo momento in poi sono passati da lì, quindi probabilmente anche i due agenti che hanno interrotto don Lino. Dalla parrocchia, dal catechismo, dalla prima Comunione saranno passati anche loro, e di senso del Sacro non hanno appreso nulla perché nessuno glielo ha insegnato, tramandato, nessuno glielo ha fatto vivere.
I pastori moderni, i preti moderni con la loro brama laico-laicista, hanno creato generazioni di atei, di miscredenti di uomini senza Dio, privi di spina dorsale e di perfetti modernisti — quest’ultima la peggior specie, perché convinta di essere nel giusto della verità cattolica pur essendo completamente avvelenata dalla «sintesi di tutte le eresie», per dirla con San Pio X.
Nel Tempio di Dio non si prega più, si chiacchiera.
I pastori moderni, i preti moderni con la loro brama laico-laicista, hanno creato generazioni di atei, di miscredenti di uomini senza Dio, privi di spina dorsale
Nel Tempio di Dio non ci si inginocchia più, si sta seduti.
Nel Tempio di Dio non si accendono più candele con il fuoco, si accendono le candele elettriche a bottone.
Nel Tempio di Dio non si entra più con riverenza e decoro, ma si apre la porta come fosse quella di un negozio e ci si veste come ci si vestirebbe in spiaggia.
Nel Tempio di Dio non si prega più, si chiacchiera
Il Sacrificio di Cristo sulla Croce non è più Sacrificio, ma è «memoriale».
L’Oblazione di Cristo sul patibolo non è più Oblazione ma è un semplice ricordo.
Ora avremo anche la Comunione distribuita con i guanti, come che il Corpo di Cristo fosse infetto.
Il Sacrificio di Cristo sulla Croce non è più Sacrificio, ma è «memoriale»
Durante la Messa si canta, si suona, si balla, si fa festa, si discute e si ride. Cosa c’è di male, allora, ad interrompere una “festa” perché un DPCM e un sindaco magari lo ordinano?
Se non c’è alcun timore, alcuna percezione della sacralità del Rito della Messa, dove sta il problema? La Messa diventa una cosa come un’altra. La Chiesa stessa, è diventato un organismo, un ente come un altro.
La ritualità della Messa antica, quella in lingua latina che i sacerdoti celebravano — e, grazie a Dio, alcuni ancora celebrano — dando le spalle al popolo e rivolgendosi all’Altare, alla Croce, insegna tutto questo: insegna a stare in silenzio, raccolti; insegna a stare in ginocchio, piegandosi davanti all’Onnipotenza di Dio; insegna la profondità, l’enormità del Rito attraverso i gesti, attraverso l’immobile e rituale silenzio del sacerdote che si offre come Cristo, offrendo tutto il Suo sacrificio, ogni volta, seppur in modo incruento, come 2000 anni fa.
La ritualità della Messa antica, quella in lingua latina che i sacerdoti celebravano dando le spalle al popolo e rivolgendosi all’Altare, alla Croce, insegna tutto questo: insegna a stare in silenzio, raccolti; insegna a stare in ginocchio, piegandosi davanti all’Onnipotenza di Dio; insegna la profondità, l’enormità del Rito attraverso i gesti, attraverso l’immobile e rituale silenzio del sacerdote che si offre come Cristo, offrendo tutto il Suo sacrificio, ogni volta, seppur in modo incruento, come 2000 anni fa
Il rito attuale invita al chiasso, sposta la centralità del Sacro, la violenta, la sopprime, diventa dialogo con il popolo e quindi, perché no, persino con i carabinieri che hanno qualcosa da dire.
Dà le spalle a Dio per non offendere il mondo. Nega il culto a Dio per omaggiare l’uomo.
E allora dobbiamo prendere coscienza del fatto che per capire il Male e combatterlo, è necessario scovarlo nelle sue più radicate radici.
Questa è la terribile origine dalla barbarie che, accompagnata da uno Stato ateo, laicista e liberale, tronfio per aver ottenuto anche l’ultimo consenso da un episcopato prono e vigliacco, calpesta chi non si sottomette.
Centotré anni fa, però, nello sperduto villaggio della Cova da Iria, in Portogallo, una Donna vestita di sole apparve a tre umili pastorelli per dire loro che il Suo Cuore Immacolato avrebbe presto trionfato, e che il cranio dell’Antico Serpente era già da Lei stato definitivamente schiacciato.
Cristiano Lugli
Epidemie
Gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump non celebreranno più la Giornata mondiale contro l’AIDS
Per la prima volta dal 1988, l’amministrazione statunitense ha deciso di non proclamare il 1º dicembre come «Giornata mondiale contro l’AIDS». Lo riporta il
In una circolare indirizzata al personale, il Dipartimento di Stato ha esplicitamente vietato l’impiego di risorse pubbliche per onorare tale ricorrenza.
La misura si inquadra in una linea direttiva più ampia che impone di «evitare di veicolare comunicazioni in occasione di qualsivoglia giornata commemorativa, ivi inclusa quella dedicata alla lotta contro l’AIDS».
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Ai funzionari è stato ordinato di «rinunciare a qualsivoglia promozione pubblica della Giornata mondiale contro l’AIDS tramite canali di diffusione, inclusi social network, apparizioni mediatiche, orazioni o altri annunci rivolti all’opinione pubblica».
«Una giornata di sensibilizzazione non costituisce una strategia», ha dichiarato al quotidiano il portavoce del dipartimento di Stato Tommy Pigott. «Sotto la presidenza Trump, il Dipartimento opera in sinergia con governi esteri per preservare vite umane e promuovere maggiore accountability e compartecipazione agli oneri».
In una nota ad ABC News, il portavoce della Casa Bianca Kush Desai ha liquidato il Presidential Advisory Council on HIV/AIDS (PACHA) come un «ente prevalentemente simbolico i cui componenti sono immersi in un’inutile kermesse di relazioni pubbliche, svincolata dal concreto impegno dell’amministrazione Trump contro HIV e AIDS».
Dall’esordio dell’epidemia negli anni Ottanta, circa 300.000 uomini gay negli Stati Uniti hanno perso la vita per complicanze legate all’AIDS.
Negli ultimi quarant’anni, a livello globale, oltre 44 milioni di individui sono deceduti per AIDS; nel 2024, la malattia ha causato circa 630.000 morti. Le cure per l’AIDS furono inizialmente oggetto di feroci critiche da parte degli stessi omosessuali, che si scagliavano apertamente contro l’allora figura principale della lotta alla malattia Anthony Fauci.
Come riportato da Renovatio 21, il Fauci, mentre proponeva farmaci altamente tossici e faceva esperimenti allucinanti con gli orfani di Nuova York, arrivò a dire in TV che l’HIV era trasmissibile per «contatti domestici».
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Ora il tema dell’AIDS è più raramente utilizzato dalla comunità omosessuale, dove una frangia – i cosiddetti bugchasers e gift givers – si impegna incredibilmente nell’infezione volontaria del morbo. Grindr, l’app per incontro gay, per un periodo presentava pazzescamente su ogni profilo la spunta sulla sieropositività dell’utente.
Come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa studio avanzato sul vaccino contro l’HIV in Africa condotto dalla multinazionale farmaceutica Johnson & Johnson era stato interrotto dopo che i dati hanno mostrato che le iniezioni offrivano solo una protezione limitata contro il virus. Lo studio era stato finanziato da Johnson & Johnson, dall’immancabile Bill and Melinda Gates Foundation e dal National Institutes of Health, la Sanità Nazionale USA dove il dominus (in realtà a capo del ramo malattie infettive) è Tony Fauci, che già in modo molto controverso – e fallimentare – si era occupato dell’AIDS allo scoppio dell’epidemia negli anni Ottanta.
Il premio Nobel Luc Montagnier sconvolse il mondo, attirandosi censure dei social tra fact checker e insulti, disse che analizzando al microscopio il SARS-nCoV-2 aveva notato delle strane somiglianze con il virus HIV – per la scoperta del quale Montagnier vinse appunto il Nobel. «Per inserire una sequenza HIV in questo genoma, sono necessari strumenti molecolari, e ciò può essere fatto solo in laboratorio» disse Montagnier in un’intervista per il podcast Pourquoi Docteur. Oltre a supportare l’allora screditatissima ipotesi del virus creato in laboratorio a Wuhan, Montagnier metteva sul piatto un’idea ancora più radicale: quella di un vaccino anti-AIDS come possibile origine del coronavirus.
Nel 2021 Moderna, azienda biotecnologica salita alla ribalta per il vaccino mRNA contro il COVID – il primo prodotto mai distribuito della sua storia aziendale – si era dichiarata pronta per iniziare la sperimentazione sugli esseri umani per il primo vaccino genico contro l’HIV. L’anno scorso era emerso che i test avevano riscontrato un effetto collaterale alla pelle, con una percentuale insolitamente alta di riceventi ha sviluppato eruzioni cutanee, pomfi o altre irritazioni cutanee.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Epidemie
Solo 1 tedesco su 7 con test PCR positivo aveva l’infezione da COVID
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I test PCR hanno portato a un «significativo sovrastima» delle infezioni da COVID
Lo studio condotto da tre ricercatori tedeschi, pubblicato il mese scorso su Frontiers in Epidemiology, ha utilizzato due modelli matematici per analizzare quanto i risultati dei test PCR fossero allineati con i risultati degli esami del sangue per la ricerca degli anticorpi SARS-CoV-2. I risultati si basano sui dati ottenuti da laboratori accreditati in Germania che hanno gestito circa il 90% dei test PCR nel Paese da marzo 2020 all’inizio del 2023 e che hanno anche eseguito test del sangue per la ricerca di anticorpi (IgG) fino a maggio 2021. I ricercatori, Michael Günther, Ph.D., Robert Rockenfeller, Ph.D., e Harald Walach, Ph.D., hanno affermato che i loro modelli hanno allineato i dati dei test PCR che rilevano «piccole porzioni di materiale genetico virale nel naso o nella gola» e i test sugli anticorpi che mostrano se il sistema immunitario di una persona «ha risposto a un’infezione reale settimane o mesi prima». Hanno detto al Defender: «Quando abbiamo confrontato il numero di positivi alla PCR con i risultati successivi degli anticorpi, solo circa 1 persona su 7 positiva alla PCR ha mostrato il tipo di risposta immunitaria che indica una vera infezione. Con ipotesi conservative, la percentuale potrebbe essere più vicina a 1 su 10». La loro analisi ha anche mostrato che entro la fine del 2021, «quasi tutti» in Germania erano stati «contagiati, vaccinati o entrambi». Secondo il modello matematico dello studio, il dato di 1 su 7 relativo al test PCR è «quasi perfettamente» in linea con un tasso di immunità dell’intera popolazione a fine anno del 92%. I ricercatori hanno spiegato che i test sugli anticorpi «ci dicono che una persona è stata infettata in un momento qualsiasi dell’ultimo anno circa», mentre un risultato positivo al test PCR può indicare un’infezione, o «una breve esposizione senza infezione, frammenti virali residui o un rilevamento a livelli molto bassi che non portano mai alla malattia». Hanno affermato che il loro studio ha dimostrato che solo circa il 14% dei test PCR positivi corrispondeva a infezioni reali che avevano attivato gli anticorpi IgG, il che suggerisce che i test PCR hanno portato a un «significativo sovrastima» delle infezioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
I test PCR di massa «aumentano la quota relativa di falsi positivi»
I critici delle politiche ufficiali sul COVID-19 hanno spesso citato la dipendenza dai test PCR e le incongruenze nelle soglie virali utilizzate per generare un risultato «positivo» del test. Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso il CHD, ha affermato che i test PCR sono uno strumento inaffidabile per rilevare e tracciare le epidemie di malattie infettive. Ha citato un incidente del 2006 al Dartmouth-Hitchcock Medical Center, dove una presunta epidemia di pertosse ha portato a 134 risultati positivi ai test. «Sono state distribuite oltre 1.300 prescrizioni di antibiotici e 4.500 persone sono state vaccinate profilatticamente», nonostante non ci fossero «casi confermati in laboratorio». L’ uso improprio dei test PCR ha portato le autorità sanitarie a dichiarare falsamente un’epidemia, ha affermato. Un test PCR «non è un test diagnostico per una popolazione», ha affermato Jablonowski. «È meglio usarlo come test di conferma, essenzialmente per rispondere alla domanda “Quale virus ti ha infettato?” e non “Sei infetto?”». I ricercatori tedeschi hanno affermato che i loro risultati non indicano che la tecnologia PCR sia «imperfetta come metodo di laboratorio». Tuttavia, lo studio dimostra che il modo in cui i test PCR sono stati utilizzati per i test di massa durante la pandemia «non ha indicato in modo affidabile quante persone siano state effettivamente infettate». Hanno affermato che i test PCR rilevano in modo affidabile frammenti di DNA virale, anche in «quantità estremamente piccole» che «non rappresentano alcun rischio di infezione», ma non sono in grado di stabilire se il virus si sta replicando nell’organismo. I risultati positivi non dovrebbero essere utilizzati «come indicatori di infezione», perché i test PCR di massa «aumentano la quota relativa di falsi positivi», hanno concluso i ricercatori.Aiuta Renovatio 21
I test PCR di massa hanno causato «danni sociali, economici e personali non necessari»
L’affidamento dei governi ai risultati dei test PCR per monitorare i livelli di infezione da COVID-19 ha portato a restrizioni legate alla pandemia che hanno contribuito a «danni sociali, economici e personali non necessari», hanno affermato i ricercatori. I governi hanno utilizzato i risultati dei test PCR per giustificare rigide restrizioni, nonostante le agenzie sanitarie pubbliche avessero accesso a dati di test sugli anticorpi di qualità superiore. «Erano disponibili informazioni migliori di quelle comunicate pubblicamente», hanno affermato i ricercatori. Ciò ha sollevato «seri interrogativi sulla trasparenza e sul fatto che le politiche fossero basate sui dati più informativi disponibili». Jablonowski ha affermato che nei primi giorni della pandemia, i test PCR hanno probabilmente fornito un quadro più accurato della diffusione dell’infezione, poiché i kit per i test erano scarsi e venivano quindi utilizzati su coloro che avevano maggiori probabilità di essere infettati. Ma man mano che i test diventavano più facilmente disponibili, «venivano utilizzati su persone asintomatiche e obbligatori per i ricoveri ospedalieri, i viaggi aerei, i datori di lavoro e molte altre attività ad accesso controllato», ha affermato Jablonowski. Gli autori dello studio tedesco hanno affermato che un approccio più scientificamente valido avrebbe incluso dati più accurati sui test PCR che mostravano i risultati in proporzione al numero di test eseguiti, un monitoraggio di routine dei livelli di anticorpi nella popolazione e una «comunicazione trasparente… che indicasse chiaramente cosa la PCR può e non può misurare». «Questo insieme di pratiche… dovrebbe guidare le future politiche di sanità pubblica», hanno affermato i ricercatori. Documenti del governo tedesco trapelati lo scorso anno suggerivano che la risposta ufficiale del Paese alla pandemia di COVID-19 si basava su obiettivi politici e che le contromisure e le restrizioni raccomandate dalla Germania spesso contraddicevano le prove scientifiche. Durante un’intervista del 2022 al podcast «RFK Jr. The Defender Podcast» di Robert F. Kennedy Jr., il matematico Norman Fenton, Ph.D., ha affermato che i funzionari governativi di tutto il mondo hanno manipolato i dati dei test PCR per esagerare l’entità della pandemia. Jablonowski ha affermato che «l’isteria dei test PCR obbligatori ha preparato la mentalità della popolazione alle vaccinazioni obbligatorie che sarebbero arrivate. I test non avevano nulla a che fare con la salute della popolazione, ma solo con il controllo della popolazione». I test PCR per il COVID-19 sono molto meno diffusi oggi rispetto al picco della pandemia. Tuttavia, i ricercatori hanno affermato che il loro studio «è importante oggi perché l’errore strutturale che rivela – trattare i positivi alla PCR come infezioni – non è stato corretto». «Dato che ci troviamo di fronte a nuovi agenti patogeni, come l’influenza aviaria , affidarci solo alla PCR rischia di ripetere gli stessi errori», hanno affermato i ricercatori.Iscriviti al canale Telegram ![]()
Risposta «polarizzata», poiché i risultati «mettono in discussione le ipotesi che hanno plasmato la politica pandemica»
I ricercatori hanno affermato di aver incontrato «notevoli difficoltà» nel pubblicare il loro articolo. Tra queste, il rifiuto da parte di altre sei riviste, di cui solo due hanno inviato il manoscritto per la revisione paritaria. Queste riviste hanno cercato di «proteggere la narrativa prevalente, piuttosto che affrontare il nocciolo della nostra analisi», hanno affermato i ricercatori. I ricercatori hanno affermato che due dei tre revisori originali di Frontiers in Epidemiology «si sono ritirati dai loro incarichi». Ciò ha costretto la redazione a reclutare un quarto revisore, ritardando la pubblicazione dell’articolo. La risposta all’articolo è stata «polarizzata», hanno affermato. «Alcuni lettori hanno accolto con favore il confronto quantitativo dei dati PCR e IgG, ritenendolo in ritardo, mentre altri hanno messo in dubbio le implicazioni dello studio o hanno tentato di liquidarlo senza approfondire la metodologia di base». Ciò non sorprende, «dato che i risultati mettono in discussione i presupposti che hanno plasmato la politica pandemica», hanno affermato. Michael Nevradakis Ph.D. © 26 novembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Epidemie
Il CDC chiude i laboratori con scimmie tra i timori della tubercolosi
Il CDC, l’ente nazionale USA per il controllo epidemico, porrà fine a ogni indagine su primati non umani svolta nelle sue sedi, costituendo la prima occasione dal ritiro degli scimpanzé da parte dei National Institutes of Health nel 2015 in cui un’agenzia sanitaria federale di primo piano ha decretato la cessazione totale di un proprio protocollo interno sulle scimmie. Lo riporta la rivista Science.
Tale determinazione coinvolge approssimativamente 200 macachi alloggiati nel complesso di Atlanta dei CDC. Un portavoce dell’agenzia ha attestato a Bloomberg che si sta approntando un programma di smantellamento, pur astenendosi dal delineare scadenze precise o sul destino degli esemplari.
La scelta matura all’indomani di lustri di contestazioni da parte di associazioni per la tutela animale e taluni ricercatori, i quali lamentano che i paradigmi su scimmie abbiano generato un apporto traslazionale scarso, soprattutto nella elaborazione di sieri anti-HIV, ove decine d’anni di analisi su primati non hanno ancor prodotto un rimedio omologato. I CDC hanno invocato tanto sensibilità etiche quanto un viraggio tattico verso opzioni antropomorfe, come sistemi organ-on-a-chip, colture cellulari evolute e simulazioni algoritmiche, quali elementi cardine della risoluzione.
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In via distinta, i CDC hanno affrontato episodi di vulnerabilità biosicurezza legati a primati importati. Archivi interni scrutinati dall’organizzazione animalista PETA rivelano che, dal 2021 al 2024, i vagli di quarantena hanno smascherato 69 episodi di tubercolosi nei macachi in transito, con ulteriori 16 occorrenze scoperte post-liberazione verso i laboratori.
«La PETA ha allertato i CDC sin dal 2022 che il loro circuito di importazione di scimmie configura una mina vagante per la tubercolosi», ha dichiarato la dottoressa Lisa Jones-Engel, consulente scientifico per la sperimentazione sui primati della PETA. «Nondimeno, la loro ostinata miopia ha consentito a un pericolo biosicuro manifesto di infiltrarsi negli Stati Uniti. Invitiamo i CDC a interrompere l’afflusso di scimmie nei laboratori, a tutela della salute collettiva, della validità scientifica e degli stessi primati».
La dismissione progressiva si allinea a iniziative federali più estese per comprimere la sperimentazione su animali. Ratificato nel 2022, il Modernization Act 2.0 della Food and Drug Administration (FDA) ha soppresso l’esigenza di prove animali preliminari alla sperimentazione umana, mentre NIH, EPA e FDA hanno esteso gli stanziamenti per metodiche prive di impiego animale.
«Questa svolta è epocale. Per la prima volta, un ente statunitense opta per una scienza contemporanea e umana anziché per un apparato obsoleto di test su scimmie», ha esultato Janine McCarthy, direttrice facente funzioni delle politiche di ricerca al Physicians Committee for Responsible Medicine. «Ora i CDC dovrebbero destinare quei budget alla ricerca antropocentrica e assicurare che queste scimmie siano ricollocate in santuari per il resto dei loro giorni».
«I CDC hanno appena trasmesso un segnale all’intero ecosistema biomedico: l’epoca degli esperimenti su scimmie è conclusa», ha soggiunto McCarthy.
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