Predazione degli organi
Maiali morti riportati in vita dagli scienziati – per avere più organi per la predazione degli organi umani
Stanno andando avanti gli esperimenti estremi di rianimazione dell’organismo. Con il fine di squartare ancora più esseri umani per i trapianti, cioè per quella che è più corretto chiamare predazione degli organi.
Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa alcuni scienziati hanno comunicato i loro studi compiuti su dei suini riguardo la possibilità di riattivare il corpo dopo la morte.
Ora alcuni scienziati israeliani del Technion- Israel Institute of Technology e Rambam Medical Center hanno cercato il modo per far rivivere le cellule negli organi dei maiali morti, ottenendo alcuni risultati significativi quanto inquietanti.
Gli scienziati hanno utilizzato un sistema chiamato OrganEx che utilizza pompe e soluzioni speciali per ripristinare l’ossigeno nelle cellule del sangue e prevenire la morte cellulare in tutto il corpo. Il team ha ripristinato la circolazione e altre funzioni in più organi un’ora dopo la morte dei maiali per arresto cardiaco , secondo il loro studio peer-reviewed sulla rivista Nature di mercoledì scorso.
È a questo punto che il team di ricercatori ha visto che il cuore aveva ricominciato a pompare.
Gli esperimenti condotti hanno anche mostrato i risultati di un diverso progetto realizzato dagli studenti di Yale tre anni prima. Coinvolgeva cervelli di maiali disincarnati. Gli scienziati hanno utilizzato questi risultati in un sistema simile chiamato BrainEx come un modo per ripristinare la circolazione nei cervelli prelevati dai maiali dopo che erano stati uccisi in un impianto di confezionamento della carne.
Lo studio è stato condotto inducendo arresti cardiaci nei suini e curandoli utilizzando la tecnologia OrganEx entro un’ora dalla loro morte. Essi sono stati paragonati ai maiali che erano in ECMO, l’ossigenazione extracorporea della membrana, una macchina che pompa il sangue ossigenato del maiale in tutto il corpo.
La ricerca quindi vuole sfidare la concezione per cui le cellule e gli organi del corpo iniziano a essere distrutti in modo irreversibile entro pochi minuti dall’arresto del cuore. Secondo lo studio, invece, il processo può essere fermato e lo stato cellulare può essere spostato verso il recupero.
Questo studio ha molto potenziale per aiutare a ridurre la quantità di danni causati al cervello delle persone dopo un ictus e forse anche al cuore dopo un infarto o un arresto cardiaco.
Il lettore può intravedere qual è il fine di questo esperimento: aumentare la disponibilità per la predazione degli organi – quello che il mondo della Necrocultura chiama «donazione».
La «donazione», infatti, può avvenire solo a cuor battente, con l’individuo dichiarato morto per «convenzione» – la cosiddetta morte cerebrale, ricordiamolo sempre, è solo un costrutto, i cui parametri pure variano da Paese a Paese, di anno in anno.
Se il cuore smette di funzionare, infatti, gli organi divengono inservibili.
Per cui, logicamente tutti gli espianti di organi vengono fatti con il cuore che ancora batte, cioè vengono fatti mentre la persona è viva – e in uno stato di impotenza, perché vittima innocente dello squartamento ordinato dal sistema sanitario (e dagli interessi che vi ruotano attorno, specie delle farmaceutiche, che acquistano clienti a vita per i farmaci anti-rigetto).
Ecco perché questi esperimenti con i porci: vogliono riattivare il cuore non per riportare le persone in vita, ma per poter rendere più proficuo il loro squartamento.
Deve esservi chiaro che, Dio non voglia, questa cosa può toccare a chiunque di noi: siamo a un incidente d’auto dallo squartamento di Stato, con i nostri organi che ci vengono rubati e rivenduti, mentre i dottori che ci hanno dichiarati morti per convenzione ci somministrano il curaro, così da impedire ci muoviamo in preda a dolori lancinanti mentre ci squartano, perché, certo, ai morti vanno dati sedativi e paralizzanti, non fa una grinza, davvero.
Sveglia.
Questo è il vero traffico di organi che avviene sotto il nostro naso ogni giorno, senza che nessuno dica niente.
Noi, qui, riguardo a questo orrore che procede ora anche attraverso la perversione del progresso scientifico, non terremo mai la bocca chiusa.
Mai.
Morte cerebrale
Gli ospedali sfruttano la «morte circolatoria» per prelevare organi da persone viventi
Renovatio 21 ripubblica questo scritto della dottoressa Heidi Klessig previamente apparso su LifeSiteNews.
«I nostri risultati dimostrano che gli ospedali hanno permesso che il processo di prelievo degli organi iniziasse quando i pazienti mostravano segni di vita, e questo è orribile», ha dichiarato il Segretario della Salute e dei Servizi Umani Robert F. Kennedy, Jr. in un recente comunicato stampa. «Le organizzazioni per il prelievo degli organi che coordinano l’accesso ai trapianti saranno ritenute responsabili. L’intero sistema deve essere riorganizzato per garantire che la vita di ogni potenziale donatore sia trattata con la sacralità che merita».
Questa dichiarazione segue di poco un articolo del New York Times che evidenziava diversi casi di donatori di organi non deceduti. L’articolo si concentrava su una pratica di prelievo di organi nota come «donazione dopo morte circolatoria», o DCD. I donatori DCD non sono in «morte cerebrale», ma hanno una prognosi sfavorevole e non ci si aspetta che sopravvivano o hanno deciso che la loro qualità di vita è inaccettabile. I decessi DCD sono un evento pianificato, coordinato in modo da verificarsi in un momento e in un luogo specifici per consentire il prelievo degli organi.
Ecco come funziona: prima di procedere alla donazione di organi, ai donatori DCD viene impartito un ordine di «non rianimazione» (DNR). Questo è necessario perché questi pazienti potrebbero essere rianimati, ma è stata presa la decisione di non farlo. Il loro trattamento passa da un’assistenza incentrata sul paziente a un’assistenza incentrata sugli organi, spesso includendo il posizionamento di cateteri endovenosi di grosso calibro e infusioni di farmaci a beneficio degli organi, non del paziente.
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L’ultimo giorno, i donatori DCD vengono portati in sala operatoria e staccati dal supporto vitale. Una volta che il polso è completamente assente, i medici osservano un periodo di «no-tocco» di due-cinque minuti per verificare l’eventuale ripresa spontanea della circolazione. L’espianto degli organi inizia il più rapidamente possibile, poiché gli organi caldi diventano rapidamente inadatti al trapianto in assenza di circolazione.
Ma queste persone sono davvero morte dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso? È ampiamente documentato che le persone vengono regolarmente rianimate entro questo lasso di tempo, ma nel caso dei donatori di DCD è stata presa la decisione di non farlo.
Una revisione della letteratura medica mostra che alcune persone hanno recuperato spontaneamente il battito cardiaco dopo un arresto cardiaco durato fino a dieci minuti, e alcune di queste si sono riprese completamente. Pertanto, non è noto che i donatori DCD siano deceduti dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso. Il motivo per cui i medici non aspettano più a lungo è che dopo dieci minuti di assenza di polso la maggior parte degli organi non sarebbe più idonea al trapianto.
Pertanto, poiché i medici si muovono più rapidamente, i pazienti si svegliano durante l’espianto degli organi.
Uno dei casi descritti nell’articolo del New York Times riguardava la donatrice di organi DCD Misty Hawkins. Dopo un soffocamento, la Hawkins ha subito una lesione cerebrale ed è entrata in coma sottoposta a ventilazione meccanica. Non era cerebralmente morta, ma i medici avevano detto ai suoi genitori che non si sarebbe mai più risvegliata. Sua madre non voleva che Misty soffrisse e, sperando che dalla loro tragedia potesse scaturire qualcosa di buono, aveva acconsentito a far diventare sua figlia una donatrice di organi DCD.
Misty fu portata in sala operatoria, dove un medico staccò il respiratore e le somministrò dei farmaci per confortarla. Il suo cuore smise di battere 103 minuti dopo. Dopo un’attesa di cinque minuti, l’intervento iniziò. Ma quando i chirurghi segarono lo sterno, scoprirono che il cuore di Misty batteva e che aveva ripreso a respirare. Il prelievo degli organi fu annullato e 12 minuti dopo Misty fu dichiarata morta per la seconda volta.
Non è chiaro se abbia ricevuto un’anestesia. A peggiorare le cose, i suoi genitori non sono mai stati informati dell’accaduto: un coordinatore del reperimento degli organi ha telefonato alla madre di Misty e le ha detto che purtroppo Misty non era riuscita a diventare donatrice di organi. Solo dopo oltre un anno, la famiglia è stata contattata dal New York Times per un commento, e ha appreso il resto della storia.
Durante una recente audizione della sottocommissione per l’energia e il commercio della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, la deputata della Florida Kat Cammack ha citato il caso di una donatrice di DCD dell’Illinois che si è auto-resuscitata sul tavolo operatorio. Questa sfortunata giovane donna stava subendo l’asportazione dei reni quando i chirurghi hanno notato che i polsi avevano ripreso a funzionare nell’aorta e nelle arterie renali e che ansimava. Le sono state somministrate forti dosi di lorazepam e fentanyl, dopodiché è morta. Il medico legale della contea ha stabilito che la causa della morte è stata un omicidio.
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Nel 2019, Larry Black Jr. era stato dichiarato donatore DCD e portato in sala operatoria solo una settimana dopo il trauma cranico. La sua famiglia aveva dichiarato di aver acconsentito alla donazione degli organi perché si sentiva pressata dal team addetto al prelievo. Durante il tragitto, Black ha cercato di sbattere le palpebre e di fare un segno per indicare di essere sveglio e cosciente, ma i suoi sforzi sono stati liquidati come «riflessi». Per fortuna il suo neurochirurgo è riuscito a interrompere il prelievo e Black si è ripreso: ora è un musicista e padre di tre figli.
Da un punto di vista legale, il protocollo DCD non rispetta la lettera della legge ai sensi dell’Uniform Determination of Death Act (UDDA). L’UDDA richiede la «cessazione irreversibile delle funzioni circolatorie e respiratorie» per una diagnosi legale di morte. Poiché i donatori DCD potevano essere rianimati (sebbene sia stata presa la decisione di non farlo), il loro cuore non ha quindi cessato di funzionare in modo irreversibile. I medici aggirano questo problema affermando che le funzioni circolatorie e respiratorie del donatore DCD sono cessate definitivamente. Nel linguaggio comune, i termini «irreversibile» e «permanente» sono spesso usati in modo intercambiabile, ma in questa applicazione sono definiti in modo diverso.
Nell’ambito della determinazione della morte, «irreversibile» significa «non reversibile». Ma il termine «permanente» è definito nel senso che non ci si aspetta che la funzione riprenda spontaneamente e non verrà ripristinata tramite intervento. Quindi, poiché i medici non tenteranno di correggere il problema del paziente, ora si parla di «permanente». Il dottor Ari Joffe spiega che «permanente» è una prognosi, non una diagnosi di morte: «un uomo che sta annegando è morto perché nessuno nuota per salvarlo? O sta semplicemente per morire?»
La sociologa Renee C. Fox ha criticato duramente il protocollo DCD, definendolo «una forma ignobile di cannibalismo razionalizzato in ambito medico» che «rasenta il macabro». Ha deplorato il morire lontano dalla famiglia in una sala operatoria, una «morte desolata, profanamente “high-tech” in cui il paziente muore sotto le luci della sala operatoria, in mezzo a sconosciuti con mascherina, camice e guanti». In tutto il mondo, molti Paesi concordano: la pratica del DCD è vietata in Finlandia, Germania, Bosnia-Erzegovina, Ungheria, Lituania e Turchia.
Esistono varianti della DCD ancora più problematiche. Il recupero degli organi mediante perfusione regionale normotermica (NRP) inizia consentendo al cuore del paziente di fermarsi secondo il protocollo DCD. Tuttavia, poiché i chirurghi intendono riavviare il cuore, il primo passo è quello di clampare i vasi sanguigni che irrorano il cervello del paziente. Successivamente, viene eseguita una rianimazione completa degli organi rimanenti in modo che il cuore riprenda a battere nel torace del paziente. Il protocollo NRP dell’Università del Nebraska afferma: «il primo passo per la legatura dei vasi sanguigni alla testa è necessario per garantire che non si verifichi un afflusso di sangue al cervello».
Naturalmente, questo dimostra che la definizione legale di morte secondo lo standard circolatorio-respiratorio dell’UDDA (che richiede la cessazione irreversibile della funzione circolatoria) non è mai stata rispettata, poiché il cuore del paziente ha ripreso a battere. Ma ora i medici sono «coperti» perché hanno deliberatamente provocato la morte cerebrale del paziente, bloccando la circolazione cerebrale. Ora la morte del paziente viene definita dalla clausola di morte cerebrale dell’UDDA: la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’intero cervello, incluso il tronco encefalico. Dichiarando la morte secondo lo standard circolatorio, per poi passare a metà procedura a quello neurologico, la tecnica NRP gioca a sproposito con le definizioni legali di morte secondo l’UDDA.
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L’American College of Physicians, la più grande organizzazione medica specialistica al mondo, ha chiesto una sospensione della pratica della NRP nel 2021, poiché «l’onere della prova relativo alla correttezza etica e legale di questa pratica non è stato rispettato». La loro richiesta di sospensione è stata ignorata.
Fortunatamente, l’indagine dell’HHS sta portando all’attenzione del pubblico i problemi del prelievo di organi da DCD, ma questa informazione non è nuova. I dottori Joseph Verheijde, Mohamed Rady e Joan McGregor hanno scritto nel 2009 : «il prelievo di organi a cuore battente o non battente da pazienti con compromissione della coscienza è di fatto una pratica occulta di morte assistita e, pertanto, viola sia il diritto penale sia il principio fondamentale della medicina, ovvero non arrecare danno ai pazienti».
Nel loro libro del 2012, Death, Dying, and Organ Transplantation: Reconstructing Medical Ethics at the End of Life, i dottori Franklin Miller e Robert Truog hanno scritto: «i donatori in “morte cerebrale” rimangono vivi e i donatori dichiarati morti secondo criteri circolatori-respiratori non risultano morti al momento del prelievo degli organi».
È tempo di una totale trasparenza sulle pratiche di prelievo degli organi e di rendere obbligatorio il consenso informato quando le persone si registrano per diventare donatori di organi. Per i donatori DCD, poiché è ampiamente documentato che alcune persone si sono auto-resuscitate (senza alcun intervento medico) nonostante un arresto cardiaco durato fino a dieci minuti, l’attuale pratica di donazione DCD dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso deve cessare.
Heidi Klessig
La dottoressa Heidi Klessig è un’anestesista in pensione e specialista nella gestione del dolore. Scrive e parla di etica nella donazione e nel trapianto di organi. È autrice di The Brain Death Fallacy e i suoi lavori sono disponibili su respectforhumanlife.com.
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Bioetica
Morte cerebrale, trapianti, predazione degli organi, eutanasia: dai criteri di Harvard alla nostra carta d’identità
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Morte cerebrale
Espansione del dominio della morte cerebrale
Noi di Renovatio 21 lo andiamo dicendo da tempo: il falso criterio della morte cerebrale costituisce una delle basi della falsa scienza che attacca la vita.
Già, perché dietro tale assunto si cela una concezione dell’uomo materialistica ed utilitaristica: se il principio vitale di un essere umano è nel suo cervello la cessazione definitiva, o presunta tale, delle sole funzioni cerebrali lo rende un mero contenitore di organi «tenuto artificialmente in vita dalle macchine». Stante tale premessa, appare quindi inevitabile che il passo successivo sia quello di considerare non più umani anche i soggetti che versano in stato di incoscienza, a prescindere dal fatto che a costoro sia stata diagnosticata la morte cerebrale oppure no.
Pertanto, non pare azzardato preconizzare un superamento del criterio stesso di morte encefalica, divenuto ormai d’intralcio al raggiungimento della piena e definitiva «oggettivizzazione» dell’essere umano.
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A dimostrazione di quanto sia presente tale deriva, il New York Times ha pubblicato un editoriale dal titolo «Donor Organs Are Too Rare. We Need a New Definition of Death» («Gli organi donati sono troppo rari. Abbiamo bisogno di una nuova definizione di morte») , in cui alcuni cardiologi di fama mondiale sembrano lanciare un appello affinché la comunità scientifica elabori una nuova definizione di morte: «Una persona può diventare donatrice di organi solo dopo essere stata dichiarata morta (…) La morte cerebrale è tuttavia rara (…) La soluzione a nostro avviso, è ampliare la definizione di morte cerebrale per includere i pazienti in coma irreversibile sottoposti a supporto vitale».
Avete letto bene: lorsignori vogliono aumentare il numero dei morti, per legge. Vogliono aumentare gli squartamenti ospedalieri dei trapianti, semplicemente cambiando i parametri di quella che è considerabile morte. Ed è bene ricordare che per costoro i morti hanno il cuore che batte – una contraddizione che non provoca in loro né dissonanza cognitiva né vergogna.
«Le funzioni cerebrali più importanti per la vita sono la coscienza, la memoria, l’intenzione e il desiderio» continua l’editoriale apparso nel principale quotidiano mondiale. «Una volta che queste funzioni cerebrali superiori sono irreversibilmente perdute, non è forse corretto affermare che una persona (in contrapposizione a un corpo) ha cessato di esistere?»
Usano la parola irreversibile con spavalderia e faccia tosta, viste le notizie dei continui casi di improvvisi «risvegli», compresi quelli in sala operatoria, a macellazione di espianto iniziata.
Colpisce il fervore riduzionista degli autori: la vita si identifica con le «funzioni cerebrali». Senza «coscienza», «memoria» e «desiderio» non si è vivi. Quindi, quando dormite, e siete per definizione in stato di incoscienza, non siete vivi – e quindi magari pure squartabili per il commercio dei vostri organi. Se perdete la memoria, idem: immaginiamo che dovremmo cambiare tante trame di film di smemorati, che invece che finire per ritrovare i propri ricordi e i propri cari, finiscono sacrificati all’industria dei trapianti.
Poteva poi mancare un riferimento al «desiderio», inteso evidentemente qui nel senso del «piacere»? Non dicono «volontà», «progetto», «aspirazione», dicono «desiderio», e c’è un motivo: il desiderio produce il piacere, che è il fine ultimo dell’utilitarismo, cioè della filosofia che è silenziosamente divenuta il sistema operativo dello Stato moderno.
L’utilitarismo, così come inteso sin dalle sue origini britanniche trecento anni fa, prevede la massimizzazione del piacere per la popolazione, anche a discapito di gruppi sociali meno fortunati, anche grandi. Una filosofia, di fatto, che prevede quindi l’assassinio di massa, ed infatti eccoci qui con aborti, provette ed espianti a cuor battente. E caterve di bambini ammazzati dagli ospedali nel loro «best interest».
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Appaiono chiare in sovraimpressione le parole germaniche che più sinteticamente spiegano quanto stanno dicendo gli scienziati editorialisti: lebensunwertes lebens, ossia «vita indegna di essere vissuta»: se non sei cosciente, se non ricordi, se non fai sesso, se non godi, la tua vita è indegna, e quindi è cancellabile a piacimento. Dovrebbe essere chiaro a tutti i lettori di Renovatio 21 come di fatto, Hitler ha perso la guerra militare, ma ha stravinto quella bioetica.
Potrebbe mettere le vertigini, inoltre, il discorso sulla persona che «cessa di esistere»: sentirsi proporre che a decidere dell’esistenza stessa di una persona sono dei medici con le loro teorie: se la macchinetta a cui sei attaccato non fa bip nel modo giusto, tu semplicemente non esisti, sei annichilito, sei depennato dalla realtà, sei disintegrato dall’universo.
È un linguaggio che può (ancora, per il momento) suonare alieno alle orecchie occidentali: morire non è percepito da tutti, almeno nei Paesi di matrice cristiana, come la cessazione dell’esistenza – forse la fine della vita terrena, ma non dell’esistenza in sé, concetto che ai più richiama una dimensione eterna, quella dell’anima.
Va notato che dei tre firmatari dell’editoriale sull’espansione predatoria della morte almeno due hanno nomi che sembrano indiani. Qui si potrebbe aprire un discorso lungo riguardo al takeover degli indiani – cioè, in larga parte, degli induisti – di tanti gangli della società angloamericana, nelle imprese elettroniche come nelle pratiche mediche: di qui, vien da pensare, questo senso definitivo sull’«irreversibilità»: tra i seguaci, anche non praticanti, di Shiva e Vishnu, la storia di Lazzaro non è diffusa; lo sono, invece, le storielle sulla metempsicosi, per cui una volta finito di vivere come tale ti reincarni come tizio, o come un’altra creatura di qualche tipo… il disprezzo per la dignità umana sensibile in tanta parte dell’Asia viene tutto da qui… ricordando sempre che i nazisti per rappresentarsi avevano scelto un bel simbolo indiano.
Ma torniamo al manifesto di morte del New York Times. Nel 1968, proseguono i cardiologi, «un comitato di medici ed esperti di etica di Harward formulò una definizione di morte cerebrale, la stessa definizione di base utilizzata oggi nella maggior parte degli Stati». Gira che ti rigira, si torna sempre lì: alla definizione artificiale e accademica della morte cerebrale, l’inizio della grande truffa genocida pro-espianti.
Nel suo rapporto iniziale, chiosano gli esperti, ad Harvard «il comitato osservava che c’è un grande bisogno di tessuti e organi di persone in coma irreparabile per riportare in salute coloro che sono ancora salvabili. Questa valutazione schietta è stata eliminata dal rapporto finale a causa dell’obiezione di un revisore. Ma è quella che dovrebbe guidare le politiche odierne in materia di decessi e trapianto di organi».
È proprio il caso di dire che più chiaro di così si muore… il mercato degli organi chiama, e noi dobbiamo rispondere predando subito quelli che sono in coma «irreparabile» (gli stessi che poi, capita, si svegliano e dicono di aver sentito tutto). Allarghiamo le maglie della morte, per il bene di organi e tessuti da distribuire a chi ancora ha una vita degna di essere vissuta – per il momento, almeno.
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E, ricordano gli autori, bando alle obiezioni di coscienza, che effettivamente, come sempre, sono solo ridicole foglie di fico, cerottini cosmetici che non fermano il dissanguamento, anzi, lo accelerano impedendo ai più di capire la gravità della situazione ed intervenire.
Del resto, che i cosiddetti «esperti» di Harward (sì, sono proprio loro, gli «esperti» a stabilire se siete vivi o siete morti: volete non fidarvi?) siano stati chiamati ad elaborare un nuovo criterio di morte al solo scopo di consentire l’eliminazione dei comatosi e la predazione degli organi non è un segreto.
È altresì altrettanto evidente come tale definizione contenga al suo interno tutte le premesse per un suo superamento. Infatti, privata del fine soprannaturale l’esistenza umana perde totalmente il suo valore intrinseco e finisce per acquisire significato solamente in relazione a quanto essa può essere utile a qualcun altro.
Secondo l’utilitarismo di Bentham, ora su tutti noi, la sua utilità è nel permettergli il godimento per il quale la società deve essere programmata. Sacrificati per il piacere di uno sconosciuto… a cosa somiglia questa cosa? Trovate, per caso, che somigli ad una storia di serial killer? Trovate che somigli ad un sacrificio umano?
La capacità di volere, di desiderare e di avere piena coscienza di sé al fine di poter essere considerati come persone titolari di diritti inalienabili, rappresenta il cavallo di Troia con cui la Necrocultura si prepara a sferrare l’attacco decisivo all’uomo Imago Dei, creato a immagine e somiglianza del Creatore. Tale visione, propalata dalla comunità scientifica e fatta sedimentare nella coscienza collettiva, non ha più bisogno di «paraventi» medico-scientifici per considerare e trattare l’uomo incosciente o semi-incosciente come un corpo morto.
Capiamolo: usare la mancanza di coscienza (concetto, di per sé, indefinito ed indefinibile) come ratio per l’eliminazione di un essere umano non apre, oltre che alla predazione trapiantista, solo all’eutanasia dei malati e all’aborto o alla produzione e distruzione di embrioni in vitro (pratiche dei cui «scarti» l’utilitarismo biomedico trae i suoi vantaggi, scientifici ed economici, come nel caso dei vaccini, ): di qui si va molto oltre, partendo dall’aborto post-natale, cioè la libera uccisione dei bambini piccoli teorizzata anni fa dal filosofo utilitarista Peter Singer e dai suoi accoliti animalisti, per arrivare all’assassinio depenalizzato come nemmeno nei referendum radicali (da «era lui che voleva che lo uccidessi» a «era incosciente quando lo ho ucciso»). Il lettore di Renovatio 21 sa pure che, prossimi in graduatoria, sono gli autistici…
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È a tutti gli effetti, il caricamento di un mondo allucinante, un mondo dove la morte trionfa senza più ostacoli. E, scolpiamocelo nella testa, tutto questo accade oggi, in questo stesso momento, potrebbe capitare a voi o a qualcuno che conoscete: un piccolo incidente, un dato encefalico secondo i parametri decisi degli esperti, e zac, possono squartare il vostro corpo e rubarvi il cuore mentre vi batte ancora.
La truffa della morte cerebrale, ci stanno ora dicendo, per questo disegno non serve più. L’espansione del dominio della morte cerebrale è in atto. Cioè, più generalmente, l’espansione del dominio della morte tout court.
L’impero della Necrocultura è qui, in prima pagina sul New York Times. Vogliamo combatterlo, oppure vogliamo lasciare che facciano a pezzi noi e i nostri figli?
Alfredo De Matteo
Roberto Dal Bosco
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