Internet
L’UE ordina a Meta di pagare una multa di 800 milioni di dollari

La Commissione Europea ha inflitto a Meta Platforms una multa complessiva di 797 milioni di euro per quelle che ha descritto come pratiche abusive che avrebbero favorito Facebook Marketplace, di proprietà e gestione di Meta.
In una dichiarazione pubblicata giovedì, la Commissione Europea ha affermato che Meta ha violato le norme antitrust dell’UE «legando il suo servizio di annunci online Facebook Marketplace al suo social network personale Facebook e imponendo condizioni commerciali inique ad altri fornitori di servizi di annunci online».
Nella sua sentenza, l’UE ha sostenuto che Meta aveva imposto Facebook Marketplace agli utenti della sua piattaforma di social media in un «legame» illegale.
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Meta ha affermato che avrebbe fatto ricorso contro la multa e ha sostenuto che la sentenza di Bruxelles ignorava il fatto che gli utenti di Facebook avevano la possibilità di scegliere se interagire o meno con il servizio Marketplace.
Bruxelles aveva inizialmente accusato Meta di aver violato le leggi dell’UE e avviato un procedimento formale sulle presunte pratiche anticoncorrenziali dell’azienda nel 2021. Le preoccupazioni sul fatto che Meta legasse Facebook ai suoi servizi di annunci online sono state sollevate nel dicembre 2022.
All’inizio di quest’anno, le autorità antitrust dell’UE hanno inoltre accusato Meta di aver violato il Digital Markets Act dell’Unione introducendo un modello pubblicitario «paga o acconsenti» che dava agli utenti la possibilità di pagare una quota di abbonamento o di consentire che i loro dati venissero utilizzati per scopi pubblicitari.
La Commissione Europea ha sostenuto che la «scelta binaria» costringeva gli utenti di Facebook ad acconsentire all’uso dei propri dati personali e non forniva loro una «versione meno personalizzata ma equivalente dei social network di Meta».
Meta, tuttavia, ha sostenuto che il suo modello era in linea con il regolamento e che era stato introdotto specificamente per conformarsi alla sentenza dell’UE secondo cui è necessario ottenere il consenso prima di mostrare annunci pubblicitari agli utenti o offrire una versione «alternativa» dei suoi servizi che non si basi sulla raccolta di dati per gli annunci pubblicitari.
Facebook non è l’unica grande società tecnologica che, in apparenza, ha problemi con Bruxelles.
Telegram è da mesi nel mirino dell’autorità UE, che accusa la piattaforma di nascondere il numero degli utenti. La situazione con l’app di messaggistica è poi ulteriormente precipitata con l’arresto a Parigi del suo CEO Pavel Durov.
Minacce (e, secondo il proprietario, ricatti) contro il Twitter di Musk, che ora si chiama X, erano arrivate dal Commissario Europeo Thierry Breton, poi messo alla porta dalla Commissione Ursula 2.
Come riportato da Renovatio 21, la corte UE aveva ordinato di pagare all’Irlanda 13 miliardi di dollari.
Tuttavia, come ripetiamo su Renovatio 21, le varie multe miliardarie ai giganti della Silicon Valley sono per essi bazzecole, paragonabili secondo alcuni delle multe per alta velocità. La UE lascia tranquillamente che i colossi ultramiliardari tengano la sede in Irlanda, con chissà quali accordi fiscali con i governi di Dublino.
Prima di spostarsi in Irlanda, vari giganti del Tech avevano il quartier generale in Lussemburgo – proprio da dove proveniva l’ex presidente della Commissione Europea Gianclaudio Juncker, quello della «sciatica».
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Immagine di Anthony Quintano via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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Internet
Metriche pubblicitarie di e-commerce artificialmente gonfiate, afferma un ex dipendente Meta

Meta, la società madre di Facebook e Instagram, è stata accusata di aver gonfiato artificialmente le metriche delle prestazioni del suo prodotto pubblicitario per l’e-commerce, Shops Ads , secondo una denuncia presentata mercoledì da un informatore presso un tribunale del lavoro in Gran Bretagna. Lo riporta il sito ADWEEK.
La denuncia, presentata da Samujjal Purkayastha, ex product manager del team pubblicitario di Meta Shops, sostiene che l’azienda ha tratto in inganno gli inserzionisti sovrastimando il ritorno sulla spesa pubblicitaria (ROAS), facendo apparire la sua nuova offerta pubblicitaria più efficace rispetto ai prodotti della concorrenza, riporta ADWEEK.
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Secondo quanto depositato presso il London Central Employment Tribunal, Meta avrebbe incrementato i numeri delle performance degli annunci Shops: conteggio delle spese di spedizione e delle tasse come parte del fatturato totale; sovvenzionare le offerte nelle aste pubblicitarie per garantire un posizionamento più prominente; applicare sconti non dichiarati per dare l’impressione di risultati più forti; revisioni interne condotte all’inizio del 2024 hanno rivelato che il ROAS degli annunci di Shops era stato gonfiato tra il 17% e il 19%, secondo la denuncia.
Gli altri prodotti pubblicitari di Meta, così come quelli di concorrenti come Google, calcolano il ROAS utilizzando dati netti, escluse spese di spedizione e tasse. Senza le commissioni aggiuntive, sostiene la denuncia, gli annunci di Shops non hanno ottenuto risultati migliori rispetto ai prodotti pubblicitari tradizionali di Meta.
«Questo è stato significativo», si legge nel reclamo. «Oltre al fatto che la metrica di performance del ROAS era sovrastimata di quasi un quinto, significava che, anziché aver superato il nostro obiettivo primario, il team di Shops Ads lo aveva di fatto mancato una volta che il dato era stato ridotto per tenere conto dell’inflazione artificiale».
Il documento collega queste presunte pratiche a un più ampio sforzo interno a Meta per riprendersi dagli effetti della funzionalità App Tracking Transparency (ATT) di Apple, lanciata nel 2021.
La politica di Apple limitava l’accesso ai dati degli utenti iOS, un pilastro dell’attività pubblicitaria di Meta. L’ex CFO di Meta, David Wehner, ha avvertito durante una conference call sui risultati finanziari del 2021 che la modifica potrebbe costare all’azienda «nell’ordine dei 10 miliardi di dollari».
Incoraggiando gli inserzionisti a utilizzare gli annunci Shops, che mantengono le transazioni all’interno delle app di Meta, l’azienda potrebbe raccogliere più dati di acquisto proprietari e ridurre la sua dipendenza dalle autorizzazioni di tracciamento di Apple.
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Secondo il Purkayastha, Meta ha iniziato a sovvenzionare gli annunci di Shops nelle aste, a volte fino al 100%, garantendone la visualizzazione più frequente rispetto ad altri formati pubblicitari. Ciò ha aumentato la visibilità, incrementato artificialmente le conversioni e fatto apparire gli annunci di Shops come un investimento più solido.
Purkayastha è entrato a far parte di Meta nel 2020 come parte del team di ricerca applicata sull’intelligenza artificiale di Facebook, prima di essere riassegnato al team Shops Ads nel marzo 2022. È rimasto in azienda fino al 19 febbraio 2025.
Nella denuncia si afferma che Purkayastha ha ripetutamente sollevato preoccupazioni durante gli incontri con i dirigenti tra il 2022 e il 2024, mettendo in dubbio l’accuratezza dei risultati riportati dagli annunci di Shops. Afferma che l’azienda ha continuato a utilizzare la metodologia contestata nonostante le obiezioni interne.
Il reclamo sottolinea anche che gli strumenti di tracciamento di Meta fanno parte della sua strategia per mantenere le prestazioni pubblicitarie dopo le modifiche alla privacy di Apple.
Aggregated Event Measurement (AEM1), introdotto nell’aprile 2021, ha utilizzato l’apprendimento automatico per stimare le conversioni, rispettando al contempo gli utenti che avevano scelto di non essere monitorati.
AEM2, lanciato poco dopo, avrebbe collegato l’attività in-app alla navigazione e agli acquisti su siti di terze parti utilizzando identificatori personali come nomi, e-mail, numeri di telefono e indirizzi IP.
«Nella denuncia, Purkayastha ha affermato di credere che AEM2 abbia aggirato le restrizioni imposte dal framework sulla privacy di Apple, sebbene abbia mitigato gran parte della perdita di dati derivante dalle modifiche alla privacy» scrive ADWEEK.
Secondo la denuncia, il Purkayastha è stato licenziato da Meta nel febbraio 2025. La sua denuncia al tribunale del lavoro fa parte di una richiesta di provvedimento provvisorio, che chiede il ripristino della sua precedente posizione.
«Sebbene le conseguenze legali siano ancora da definire, queste rivelazioni mettono nuovamente in discussione l’affidabilità dei dati forniti da Meta ai suoi inserzionisti» commente Hdblog.
Non sono le prime accuse rivolte a Meta-Facebook da ex dipendenti.
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Quattro anni il Wall Street Journal cominciò a pubblicare sconvolgenti rivelazioni sulla piattaforma social. In sintesi, scriveva il WSJ «Facebook Inc. sa, nei minimi dettagli, che le sue piattaforme sono piene di difetti che causano danni, spesso in modi che solo l’azienda comprende appieno. Questa è la conclusione centrale (…), basata su una revisione dei documenti interni di Facebook, inclusi rapporti di ricerca, discussioni online dei dipendenti e bozze di presentazioni per il senior management».
Secondo il reportage, Facebook esentava gli utenti di alto profilo da alcune regole, ignorava una ricerca su Instagram (social del gruppo Meta) che mostrava i rischi per la salute mentale degli adolescenti, sapeva che il suo algoritmo premia l’indignazione, era stato lento nell’impedire ai cartelli della droga e ai trafficanti di esseri umani di utilizzare la sua piattaforma.
Due anni fa il WSJ tornò con un reportage in cui affermava che «Meta sta lottando per allontanare pedofili da Facebook e Instagram».
Nel 2023 un ex data-scientist di Facebook, in contenzioso legale con l’azienda, aveva sostenuto che Facebook può scaricare segretamente la batteria dello smartphono degli utenti.
Tre anni fa un ex dipendente aveva detto che il CEO Marco Zuckerberg aveva brandito una katana, cioè una spada samurai, perché irato con dei programmatori.
Come riportato da Renovatio 21, lo Zuckerbergo un mese fa ha dichiarato che Facebook non è più incentrato sulla connessione con gli amici.
Secondo alcuni il prossimo aggiornamento di Instagram eroderà ulteriormente la privacy degli utenti.
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Immagine di Yuri Samoilov via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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