Politica
L’ex-premier francese Philippe ritiene che Macron lascerà l’incarico prima del previsto

L’ex primo ministro francese Edouard Philippe ritiene che il presidente Emmanuel Macron potrebbe essere costretto a lasciare l’incarico l’anno prossimo prima della scadenza del suo mandato, ha riferito Politico, citando fonti anonime.
Il Philippe, che ha guidato il governo francese tra il 2017 e il 2020 e ora è sindaco di Le Havre, all’inizio di questa settimana ha annunciato i suoi piani per competere per la carica più importante del paese alle prossime elezioni presidenziali.
Macron ha indetto un voto parlamentare anticipato a giugno, in seguito alla pessima prestazione del suo blocco centrista alle elezioni del Parlamento Europeo. Nel voto anticipato, nessun partito ha ottenuto una maggioranza assoluta, il che ha lasciato la Francia con un parlamento in stallo.
In un articolo di mercoledì, il sito Politico ha citato diversi membri anziani del partito Horizons, rimasti anonimi, i quali affermavano che Philippe si aspetta che Macron non riesca a resistere fino alla fine del suo mandato nel 2027.
Secondo quanto riportato da Politico, l’ex primo ministro avrebbe ordinato al suo partito di «essere pronto per una primavera» nel 2025, poiché «ritiene che tutto possa muoversi».
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In un’intervista rilasciata a Le Point martedì, Philippe ha chiarito che «sarebbe candidato alle prossime elezioni presidenziali». Quando gli è stato chiesto se sarebbe pronto in caso di elezioni anticipate, ha risposto «sì, lo confermo».
Come riportato da Renovatio 21, in un post su X di sabato scorso, la leader parlamentare del partito di sinistra La France Insoumise (LFI), Mathilde Panot, aveva annunciato che il «progetto di risoluzione per avviare la procedura di impeachment del Presidente della Repubblica, conformemente all’articolo 68 della Costituzione, è stato inviato oggi ai parlamentari per le co-firme».
La manovra di LFI è avvenuta dopo che Macron si è rifiutato di nominare come primo ministro il candidato proposto dal Nuovo Fronte Popolare, l’ampia coalizione di sinistra che si è assicurata la quota maggiore di seggi alle elezioni parlamentari. LFI è un membro del blocco.
«Macron rifiuta di sottomettersi al voto del popolo, quindi dobbiamo licenziarlo», aveva spiegato la Panot, condividendo la bozza della risoluzione, in cui si afferma che «l’Assemblea nazionale (camera bassa) e il Senato possono e devono difendere la democrazia dalle tendenze autoritarie del presidente».
Per avviare il processo di impeachment, l’LFI, che ha 72 seggi nei 577 dell’Assemblea nazionale, deve raccogliere le firme di almeno il 10% dei membri del Parlamento interessati alla sua mozione.
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Immagine di Jérémy Barande via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic.
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Politica
Bolsonaro condannato per aver pianificato un colpo di Stato

La Corte Suprema brasiliana ha condannato l’ex presidente Jair Bolsonaro per aver tentato di ribaltare le elezioni del 2022, condannando il politico a una pena decennale per aver guidato quella che i pubblici ministeri hanno definito una «cospirazione criminale».
Quattro giudici su cinque della Corte Suprema hanno ritenuto Bolsonaro colpevole di tutti e cinque i capi d’accusa a suo carico, condannandolo a 27 anni e tre mesi di carcere.
Le accuse includevano la pianificazione di un colpo di stato, la partecipazione a un’organizzazione criminale armata, il tentativo di abolire con la forza l’ordine democratico del Brasile, il danneggiamento di proprietà pubbliche protette e il compimento di atti violenti contro le istituzioni statali.
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Bolsonaro ha cercato di «annientare i pilastri essenziali dello stato di diritto democratico» e di ripristinare «la dittatura in Brasile», ha affermato il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes annunciando il verdetto giovedì.
Secondo i pubblici ministeri, il piano golpista è iniziato nel 2021 con l’intento di erodere la fiducia del pubblico nel sistema elettorale brasiliano. Dopo la sconfitta di Bolsonaro nel 2022, i suoi sostenitori sono stati esortati a mobilitarsi nella capitale, Brasilia, dove hanno assaltato e vandalizzato i tre rami del governo nazionale l’8 gennaio 2023.
Bolsonaro e gli altri imputati hanno negato ogni illecito e gli avvocati della difesa potrebbero ancora presentare ricorso.
Il caso ha acuito le tensioni con gli Stati Uniti, dopo che il presidente Donald Trump l’ha definito una «caccia alle streghe» e ha imposto dazi doganali del 50% al Brasile. L’amministrazione Trump ha anche sanzionato il giudice Alexandre de Moraes per quelle che ha descritto come «gravi violazioni dei diritti umani» e ha annunciato restrizioni sui visti nei suoi confronti e di altri funzionari giudiziari.
Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha condannato le tattiche di pressione di Trump, accusando Washington di aver «contribuito a organizzare un colpo di Stato» e giurando che il Brasile «non lo dimenticherà».
Bolsonaro era stato messo agli arresti domiciliari mesi fa.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa gli Stati Uniti hanno revocato il visto al De Moraes.
In un recente post su Truth Social, il presidente Trump ha affermato che il Brasile «sta facendo una cosa terribile» a Bolsonaro, a cui è stato vietato di candidarsi a cariche politiche fino al 2030 e che dovrà affrontare un processo alla Corte Suprema per il suo ruolo in un tentato colpo di Stato per rovesciare l’elezione di Lula, cosa che lui nega strenuamente.
Come riportato da Renovatio 21, il giudice supremo De Moraes è da sempre considerato acerrimo nemico dell’ex presidente Jair Bolsonaro, che lo ha accusato di ingerenze in manifestazioni oceaniche plurime. Ad alcuni sostenitori di Bolsonaro, va ricordato, sono stati congelati i conti bancari, mentre ad altri è stata imposta una vera e propria «rieducazione».
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Come riportato da Renovatio 21, di recente con De Moraes si era scontrato anche Elone Musk, quando il giudice supremo aveva ordinato il blocco dei conti finanziari di Starlink nel Paese, nel contesto di una faida in corso sulla piattaforma di social media X riguardante la libertà di parola: l’establishment brasiliano chiedeva la censura di determinate voci politiche, cosa che Musk si era rifiutato di fare.
Musk aveva reagito in modo duro nei suoi post sui social, tornando a paragonare De Moraes – di cui ha chiesto le dimissioni o la messa in stato di accusa – a Darth Vader e a Lord Voldemort, e pubblicando un’immagine generata artificialmente del giudice supremo in galera.
L’imprenditore sudafricano è arrivato a dire che il vero potere in Brasile è nelle mani di De Moraes, definito tiranno travestito da giudice, mentre il presidente Lula è solo il suo cane da salotto. «Alexandre de Moraes è un dittatore malvagio che fa cosplay come giudice» dichiarato il Musk.
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Immagine di Agenzia Senado via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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