Geopolitica
L’Estonia prepara i bunker

L’Estonia si sta preparando a testare una serie di prototipi di bunker, destinati a far parte di una linea di fortificazione lungo il confine di 294 chilometri con la Russia, ha riferito lunedì l’agenzia di stampa ERR.
Il progetto dovrebbe includere 600 bunker e si prevede che costerà ai contribuenti estoni circa 60 milioni di euro. Il governo sta ancora decidendo un progetto definitivo per i bunker e sta attualmente prendendo in considerazione tre modelli diversi. Le forze di difesa estoni testeranno i prototipi a settembre sparando proiettili da 155 millimetri.
Il governo deve ancora determinare l’ubicazione esatta delle strutture, ma il processo di approvvigionamento per la loro costruzione è già concluso. Il capo del dipartimento delle infrastrutture presso lo State Center for Defense Investment, Kadi-Kai Kollo, ha detto a ERR che le autorità stanno cercando di collocare i bunker su terreni di proprietà statale, ma saranno anche in trattative con proprietari terrieri privati entro la fine dell’anno.
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La costruzione della cosiddetta «Baltic Defense Line» è stata inizialmente annunciata a gennaio dal ministro della Difesa estone Hanno Pevkur. Anche Lettonia e Lituania hanno aderito al progetto.
Oltre ai bunker, la linea di difesa è destinata a presentare barriere anticarro, triangoli di cemento soprannominati «denti di drago», filo spinato e mine anticarro. Si fa notare, tuttavia, che questi dispositivi verrebbero installati solo in caso di conflitto.
Le autorità della capitale lituana, Vilnius, hanno annunciato la scorsa settimana di aver elaborato un piano per circondare l’intera città con ostacoli anticarro, ovvero «ricci» in travi d’acciaio e strutture a forma di denti di drago in cemento, entro la fine dell’anno.
Il sindaco Valdas Benkunskas ha affermato che la città prevede di avere gli ostacoli pronti entro l’autunno di quest’anno, sostenendo che Vilnius è «uno dei principali obiettivi militari, quindi è necessario fare tutto il possibile, oltre alle misure militari, per proteggerla».
Diversi paesi della NATO, in particolare quelli dell’Europa orientale, hanno recentemente affermato che Mosca potrebbe scegliere di attaccare un membro del blocco militare guidato dagli Stati Uniti una volta concluso il conflitto in Ucraina. La presunta minaccia è stata usata dai leader occidentali come giustificazione per aumentare la spesa militare e fornire ulteriore supporto a Kiev.
Mosca ha negato con veemenza i piani di attaccare qualsiasi nazione UE o NATO, liquidando tali preoccupazioni come propaganda. Il presidente russo Vladimir Putin ha suggerito che tali affermazioni da parte dei leader occidentali sono «assoluta assurdità e intimidazione della loro stessa popolazione solo per spremere soldi da loro», scrive RT.
Come riportato da Renovatio 21, Mosca si è opposta alla nomina del premier estone Kaja Kallas a responsabile della politica estera UE, ritenendola una «russofoba rabbiosa».
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La Kallas aveva dichiarato un mese fa che Paesi NATO stanno già addestrando truppe in Ucraina. Si tratta di una delle poche figure europee a essersi schierata apertamente con il presidente francese Emmanuel Macron, il quale in questi mesi ha enigmaticamente iniziato a dire che non si può escludere un dispiegamento formale di truppe NATO in Ucraina per impedire una vittoria russa nel conflitto, affermando oscuramente che questa politica mantiene Mosca nel dubbio sulle intenzioni del blocco.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato la Kallas è stata investita da uno grave scandalo che ha coinvolto suo marito, con media estoni che hanno riferito come l’azienda di logistica del consorte presidenziale abbia continuato ad operare in Russia dopo lo scoppio del conflitto tra Kiev e Mosca lo scorso febbraio. La presidente, nota come falco-anti russo inflessibile, aveva insistito pubblicamente sul fatto che «tutti gli affari con la Russia devono cessare» finché i combattimenti continuano.
Nonostante la tempesta mediatica la Kallas disse che non aveva intenzioni di dimettersi.
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Immagine di Christopher Michel via Wikimedia pubblicato su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

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Geopolitica
Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

Afghanistan e Pakistan hanno dichiarato un cessate il fuoco temporaneo, mettendo fine agli scontri iniziati mercoledì mattina tra le loro forze. Più di una dozzina di civili sono stati uccisi nell’ultimo conflitto armato tra i due paesi vicini.
Il ministero degli Esteri pakistano ha comunicato, alcune ore dopo lo scontro, che Kabul e Islamabad hanno concordato una tregua di 48 ore, con inizio alle 18:00 ora locale di mercoledì.
Nella sua nota, il ministero ha sottolineato che entrambe le parti «si impegneranno sinceramente attraverso il dialogo per trovare una soluzione positiva ai loro problemi complessi ma risolvibili».
In precedenza, il portavoce dei talebani afghani Zabihullah Mujahid aveva scritto su X che le forze pakistane avevano avviato un attacco, utilizzando «armi leggere e pesanti», causando la morte di 12 civili e il ferimento di oltre 100 persone.
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Il portavoce aggiunto che le forze afghane hanno risposto al fuoco, uccidendo un «gran numero» di soldati, confiscando armi e carri armati pakistani e distruggendo installazioni militari.
Ali Mohammad Haqmal, portavoce del distretto di Spin Boldak, in Afghanistan, luogo dello scontro, ha stimato che le vittime civili siano state 15. Secondo l’AFP, un funzionario dell’ospedale locale ha riferito che tra i feriti ci sarebbero 80 donne e bambini.
Islamabad ha definito le accuse «oltraggiose» e «palesi menzogne», sostenendo che i talebani afghani abbiano iniziato le ostilità attaccando una postazione militare pakistana e altre aree vicino al confine. L’esercito pakistano ha dichiarato di aver respinto l’assalto, uccidendo 37 combattenti talebani in due operazioni distinte.
Secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti di sicurezza anonime, lo scontro sarebbe durato circa cinque ore.
Il conflitto segue un’escalation di scontri avvenuta nel fine settimana, durante la quale Afghanistan e Pakistan si sono accusati a vicenda per le vittime. I talebani hanno affermato di aver ucciso 58 soldati pakistani, mentre Islamabad ha dichiarato di aver conquistato 19 posti di frontiera afghani.
Le tensioni transfrontaliere tra Afghanistan e Pakistan sono aumentate negli ultimi anni, con entrambe le parti che si accusano ripetutamente di ospitare militanti.
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Immagine di Raza0007 at the English Wikipedia via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Geopolitica
Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato. Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti. Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.🟡Following the completion of examinations at the National Institute of Forensic Medicine, the fourth body handed over to Israel by Hamas does not match any of the hostages. Hamas is required to make all necessary efforts to return the deceased hostages.
— Israel Defense Forces (@IDF) October 15, 2025
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