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«L’élite occidentale è fallita. Sono i russi ora i veri europei»: parla il politologo di Mosca Karaganov

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Su Rossiskaja Gazeta, uno dei principali giornali russi, è uscita una lunga, densa intervista all’esperto di relazioni internazionali Sergej Karaganov, presidente onorario del Consiglio russo per la politica estera e di difesa, supervisore accademico presso la Scuola di economia internazionale e affari esteri (HSE) di Mosca, e un ex consigliere del Cremlino.

 

Karaganov è noto ai lettori di Renovatio 21 per i suoi ripetuti appelli riguardo la revisione della strategia militare atomica di Mosca, arrivando a ipotizzare la nuclearizzazione di una città europea in risposta al sostegno della guerra ucraina. Lo studioso, negli anni dopo il muro, era stato vicino a vari pensatoi occidentali come i rockfelleriani Council for Foreign Relations e Commissione Trilaterale.

 

L’intervista è particolarmente significativa perché mostra come la separazione tra Russia ed Europa sia oramai un fatto compiuto anche dal punto di vista intellettuale, con una nuova prospettiva storica ora installata definitivamente nella mente russa: l’Occidente, con il suo mezzo millennio di predazioni globali, è finito; ora la Russia, che pure può avere radici europee, farà da sé.

 

La Russia, dice nell’intervista il Karaganov, deve comprendere chi è veramente: «grande potenza eurasiatica, l’Eurasia settentrionale. Un liberatore di nazioni, un garante della pace e un perno politico-militare della maggioranza mondiale. Questo è il nostro destino».

 

La cornice è quella di un mondo divenuto multipolare ma sempre più pervaso da conflitti ed instabilità, dove la Russia ha però il potere di isolarsi ma anche di incidere sulla storia. Mentre l’Europa, con l’occidente, è perduta.

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L’intervistatore Evgenij Shostakov chiede dapprima a Karaganov se data l’attuale difficile situazione di politica estera sia necessaria una teoria concettualmente diversa della deterrenza contro i nemici della Russia per fermare il crescente confronto in una fase iniziale e per scoraggiare i nostri avversari dall’alimentare i conflitti.

 

«Le élite dell’Europa occidentale – e soprattutto in Germania – sono in uno stato di fallimento storico» risponde Karaganov. «La base principale del loro dominio durato 500 anni è stata la superiorità militare, su cui è stato costruito il dominio economico, politico e culturale dell’Occidente. Ma questo è stato loro tolto di mano. Con l’aiuto di questo vantaggio, hanno manipolato le risorse mondiali a loro favore. Prima hanno saccheggiato le loro colonie, poi hanno fatto lo stesso lo stesso, ma con metodi più sofisticati».

 

«Le élite occidentali di oggi non riescono ad affrontare una serie di problemi crescenti nelle loro società. Questi includono una classe media in contrazione e una crescente disuguaglianza. Quasi tutte le loro iniziative stanno fallendo» continua il Karaganov. «L’Unione Europea, come tutti sanno, si sta lentamente ma inesorabilmente espandendo. Ecco perché la sua classe dirigente è ostile alla Russia ormai da circa 15 anni. Hanno bisogno di un nemico esterno; Josep Borrell l’anno scorso ha definito il mondo attorno al blocco una giungla. In passato, infatti, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha affermato che le sanzioni adottate dall’UE contro la Russia erano necessarie innanzitutto per unire l’Unione europea ed evitare che crollasse».

 

«Le élite tedesche e dell’Europa occidentale hanno un complesso di inferiorità in quella che per loro è una situazione ormai mostruosa, in cui la loro parte del mondo viene conquistata da tutti. Non solo da parte di cinesi e americani, ma anche di tanti altri Paesi. Grazie alla liberazione del mondo da parte della Russia dal “giogo occidentale”, l’Europa occidentale non domina più gli stati del Sud del mondo, o come li chiamo io, i paesi della maggioranza mondiale».

 

«La minaccia che oggi presenta l’Europa occidentale è che il Vecchio Mondo ha perso la paura dei conflitti armati. E questo è molto pericoloso. Allo stesso tempo, l’Europa occidentale, lasciatemelo ricordare, è stata la fonte dei peggiori disastri della storia umana».

 

«Ora in Ucraina si lotta non solo per gli interessi della Russia, per gli interessi della sua sicurezza, ma anche per prevenire un nuovo confronto globale. La minaccia è in crescita. Ciò è dovuto anche ai disperati tentativi di contrattacco dell’Occidente per mantenere il proprio dominio. Le attuali élite dell’Europa occidentale stanno fallendo e perdendo influenza nel mondo in misura molto maggiore rispetto alle loro controparti americane».

 

«La Russia sta combattendo la propria battaglia e la sta combattendo con successo. Stiamo agendo con sufficiente sicurezza per riportare alla sbornia queste élite occidentali, per evitare che scatenino un altro conflitto mondiale disperate per i loro fallimenti. Non dobbiamo dimenticare che i predecessori di questi stessi popoli hanno scatenato due guerre mondiali nell’arco di una generazione nel secolo scorso. Ora, la qualità di queste élite è addirittura inferiore rispetto ad allora.

 

L’intervistatore chiede se lo studioso si riferisca ad una sconfitta di natura spirituale.

 

«Sì, ed è spaventoso» risponde Karaganov. «Dopotutto, anche noi facciamo parte della cultura europea. Ma spero che, attraverso una serie di crisi, forze sane prevalgano su quella parte del continente, diciamo, tra circa 20 anni. E si risveglierà dal suo fallimento, compreso il suo fallimento morale».

 

Dinanzi alla russofobia e alla cancel culture che ad Ovest si abbatte su ciò che è russo, il politologo russo tuttavia rigetta la prospettiva di una simmetrica «cancellazione» dell’Occidente in Russia.

 

«L’Occidente sta chiudendo la cortina di ferro, innanzitutto perché i veri europei siamo noi in Russia. Rimaniamo sani. E vogliono escludere queste forze sane. In secondo luogo, l’Occidente sta chiudendo questo sipario, ancora più strettamente che durante la Guerra Fredda, per mobilitare la propria popolazione per le ostilità. Ma non abbiamo bisogno di uno scontro militare con l’Occidente, quindi faremo affidamento su una politica di contenimento per prevenire il peggio».

 

«Naturalmente non cancelleremo nulla, compresa la nostra storia europea. Sì, abbiamo completato il nostro viaggio europeo. Penso che si sia trascinato un po’, forse per un secolo. Ma senza il vaccino europeo, senza la cultura europea, non saremmo diventati una potenza così grande. Non avremmo avuto Dostoevskij, Tolstoj, Pushkin o Blok».

 

«Manterremo quindi la cultura europea, che l’Occidente del nostro continente sembra voler abbandonare. Ma spero che non si distrugga completamente, a questo proposito. Perché l’Europa occidentale non sta abbandonando solo la cultura russa, ma sta abbandonando anche la propria cultura. Sta cancellando una cultura che è in gran parte basata sull’amore e sui valori cristiani. Sta cancellando la sua storia, distruggendo i suoi monumenti. Tuttavia, non rifiuteremo le nostre radici europee».

 

«Sono sempre stato contrario a guardare all’Occidente con mera schizzinosità. Non dovresti farlo. Allora saremmo come loro. E ora stanno scivolando verso un’inevitabile marcia verso il fascismo. Non abbiamo bisogno di tutti i contagi che si sono verificati e stanno crescendo dall’Europa occidentale. Compreso, ancora una volta, il crescente contagio del fascismo».

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L’intervistato predice quindi un sensibile incremento delle tensioni internazionali per il 2024, e rivela uno effetto non immediatamente visibile della guerra in Ucraina.

 

«Questa tendenza non diventerà una valanga l’anno prossimo. Ma è abbastanza ovvio che aumenterà, perché le placche tettoniche nel sistema mondiale si sono spostate. La Russia è molto più preparata per questo periodo rispetto a qualche anno fa.

 

«L’operazione militare che stiamo conducendo in Ucraina mira, tra le altre cose, a preparare il Paese alla vita nel mondo molto pericoloso del futuro. Stiamo purificando la nostra élite, sbarazzandoci degli elementi corrotti e filo-occidentali. Stiamo rilanciando la nostra economia. Stiamo rianimando il nostro esercito. Stiamo facendo rivivere lo spirito russo. Oggi siamo molto più preparati a difendere i nostri interessi nel mondo rispetto a qualche anno fa. Viviamo in un Paese in ripresa che guarda con coraggio al futuro. L’operazione militare ci sta aiutando a purificarci dagli occidentali e dagli occidentalizzatori, per trovare il nostro nuovo posto nella storia. E infine, rafforzarci militarmente».

 

È prevedibile quindi il ruolo centrale della Russia in questo periodo di guerra che si protrarrà in tutto il globo, dice lo studioso.

 

«Naturalmente siamo entrati in un’era di conflitti prolungati. Ma siamo molto più preparati che mai ad affrontarli. Mi sembra che, perseguendo un percorso volto a contenere l’Occidente e costruendo relazioni con la fraterna Cina, stiamo ora diventando un asse del mondo che può impedire a tutti di scivolare in una catastrofe globale. Ma ciò richiede sforzi per riportare alla sbornia i nostri avversari in Occidente».

 

La Russia ha, sostiene il Karaganov, ancora una volta un ruolo salvifico per l’umanità, chiamati qui «umanità tradizionale». Il nemico, è l’Occidente oramai smarrito e corrotto, portatore di «antivalori».

 

«Siamo entrati in una lotta per salvare il mondo. Forse la missione della Russia è liberare il nostro pianeta dal “giogo occidentale”, salvarlo dalle difficoltà che deriveranno da cambiamenti che già provocano molti attriti. La minaccia deriva in gran parte dal disperato contrattacco dell’Occidente, che si aggrappa al suo dominio di 500 anni, che gli ha permesso di saccheggiare il mondo».

 

«Vediamo che in Occidente sono emersi nuovi valori, inclusa la negazione di tutto ciò che è umano e divino nell’uomo. Le élite occidentali hanno cominciato a coltivare questi antivalori e a sopprimere i valori normali. Quindi abbiamo davanti a noi un periodo difficile, ma spero che preserveremo noi stessi e aiuteremo il mondo a salvare l’umanità tradizionale».

 

«Uno dei tanti problemi che il mondo oggi deve affrontare è, ovviamente, che l’economia globale è in una crisi sistemica a causa della crescita infinita dei consumi. Questo distrugge la natura stessa. L’uomo non è stato creato per consumare; vedere il significato dell’esistenza nell’acquistare cose nuove».

 

Viene quindi domandato se l’Occidente possa salvarsi con un cambio generazionale, anche se, nota l’intervistatore Shostakov «il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock, nata nel 1980, ad esempio, è un membro della nuova generazione, ma le sue opinioni sono più radicali di quelle di altri “falchi” del passato».

 

«Penso che oggi in Occidente abbiamo a che fare con due generazioni di élite che sono già abbastanza degradate. Purtroppo è improbabile che riusciremo a raggiungere un accordo con loro. Tuttavia, continuo a credere che le società e i popoli, compresi quelli dell’Europa occidentale, torneranno ai valori normali. Naturalmente, ciò richiederà un cambiamento nelle generazioni di élite».

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Tuttavia, non c’è da nutrire grandi speranze: «non credo che forze reali, pragmatiche e, ripeto, nazionali possano arrivare al potere nell’Europa occidentale nel prossimo futuro. Quindi credo che se mai si parlerà di un ritorno a relazioni normali tra Russia e Occidente, ci vorranno almeno 20 anni» preconizza Karaganov.

 

«Dobbiamo anche renderci conto che non abbiamo più bisogno dell’Occidente. Abbiamo tratto tutto ciò che potevamo da questo meraviglioso viaggio europeo iniziato da Pietro il Grande. Ora dobbiamo tornare a noi stessi, alle origini della grandezza della Russia. Questo è, ovviamente, lo sviluppo della Siberia. Il suo nuovo sviluppo, che significa raggiungere nuovi orizzonti».

 

«Dobbiamo ricordare che non siamo tanto un Paese europeo quanto eurasiatico. Non mi stancherò mai di ricordarvi che Aleksandr Nevskij trascorse un anno e mezzo viaggiando attraverso l’Asia centrale e poi la Siberia meridionale, diretto a Karakorum, la capitale dell’Impero mongolo. In effetti, fu il primo siberiano russo. Ritornando in Siberia, negli Urali, costruendo nuove strade, nuove industrie, stiamo tornando a noi stessi, alle radici dei nostri 500 anni di grandezza. Fu solo dopo l’apertura della Siberia che la Russia trovò la forza e l’opportunità di diventare una grande potenza».

 

L’intervistatore quindi chiede quanto sia ragionevole dimenticare l’Europa per decenni.

 

«In nessun caso dovremmo dimenticare le antiche pietre sacre dell’Europa di cui parlava Dostoevskij. Fanno parte della nostra autoconsapevolezza. Io stesso amo l’Europa, e Venezia in particolare. Era attraverso questa città che passava la Via della Seta e attraverso di essa passavano le grandi civiltà asiatiche. A quel tempo, tra l’altro, hanno superato la civiltà europea nel loro sviluppo».

 

«Già 150-200 anni fa guardare all’Europa era segno di modernizzazione e progresso. Ma ormai da molto tempo, e ancor più oggi, è un segno di arretratezza intellettuale e morale. Non dovremmo negare le nostre radici europee; dovremmo trattarli con cura. Dopotutto, l’Europa ci ha dato molto. Ma la Russia deve andare avanti. E avanti non significa verso Ovest, ma verso Est e Sud. Lì sta il futuro dell’umanità».

 

«Il Trattato sulle armi offensive strategiche scade nel 2026. Cosa verrà dopo? Dato il nichilismo legale dell’Occidente, possiamo contare su nuovi accordi militari interstatali? Oppure l’umanità è condannata ad una corsa agli armamenti incontrollabile fino all’instaurazione di un nuovo ordine mondiale e, di conseguenza, di un nuovo status quo?» chiede Rossiskaja Gazeta.

 

«È inutile negoziare con le attuali élite occidentali» risponde Karaganov. «Nei miei scritti esorto l’oligarchia occidentale a sostituire queste persone, perché sono pericolose per se stesse, e spero che prima o poi un simile processo abbia inizio. Perché il gruppo attuale è così profondamente degradato che è impossibile negoziare con loro. Certo, devi parlare con loro».

 

«Dopotutto, ci sono altre minacce oltre alle armi nucleari. C’è la rivoluzione dei droni. Sono emerse armi informatiche. C’è l’Intelligenza Artificiale. Sono apparse armi biologiche che possono anche minacciare l’umanità con problemi terribili. La Russia deve sviluppare una nuova strategia per contenere tutte queste minacce. Ci stiamo lavorando, anche presso il nuovo Istituto di Economia e Strategia Militare Internazionale, e continueremo a farlo con le élite intellettuali dei Paesi a maggioranza mondiale. Questi sono, innanzitutto, i nostri amici cinesi e indiani. Ne discuteremo con i nostri colleghi pakistani e arabi. Finora l’Occidente non ha nulla di costruttivo da offrirci. Ma non chiuderemo i battenti».

 

«Nel prossimo futuro, purtroppo, non potranno esserci seri accordi interstatali sulla limitazione delle armi in linea di principio. Semplicemente perché non sappiamo nemmeno cosa limitare e come limitarlo. Ma dobbiamo sviluppare nuovi approcci e instillare visioni più realistiche nei nostri partner in tutto il mondo» dice l’esperto di relazioni internazionali russo.

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«Non è nemmeno tecnicamente possibile contare su accordi sulla limitazione degli armamenti nei prossimi anni. Sarebbe semplicemente una perdita di tempo. Tuttavia, potrebbe essere possibile condurre alcune trattative pro forma. Ad esempio, cercando di vietare nuove aree della corsa agli armamenti. Sono particolarmente preoccupato per le armi biologiche e per le armi spaziali. Si può fare qualcosa in quelle zone. Ma ciò di cui la Russia ha bisogno ora è sviluppare un nuovo concetto di deterrenza, che avrà aspetti non solo militari ma anche psicologici, politici e morali».

 

Riguardo alla guerra ucraina, Karaganov sostiene che «gli Stati Uniti traggono vantaggio dallo scontro in Ucraina. [Nel frattempo] per le élite dell’Europa occidentale, è l’unico modo per evitare il collasso morale. Ecco perché sosterranno il conflitto in Ucraina per molto tempo a venire».

 

«In una situazione del genere, dobbiamo agire con decisione sia sul terreno che nell’area della deterrenza strategica per raggiungere i nostri obiettivi il prima possibile. Allo stesso tempo, è importante capire che la maggior parte del mondo non combatterà contro l’Occidente. Molti Paesi sono interessati allo sviluppo del commercio e di altre relazioni con esso. Pertanto, la maggioranza mondiale è partner ma non alleata della Russia. Dobbiamo essere duri, ma calcolati. Sono quasi certo che con una giusta politica di contenimento e una politica attiva ai margini dell’Ucraina potremo spezzare la volontà della pericolosa resistenza dell’Occidente».

 

«Nel mondo di oggi ognuno pensa a se stesso. È un meraviglioso mondo multipolare e multicolore. Ciò non significa che tra 20 anni non ci saranno dei blocchi, incluso un blocco filo-russo condizionato. Dobbiamo ritrovare noi stessi, capire chi siamo. Una grande potenza eurasiatica, l’Eurasia settentrionale. Un liberatore di nazioni, un garante della pace e un perno politico-militare della maggioranza mondiale. Questo è il nostro destino».

 

«Siamo preparati in modo unico per questo mondo grazie all’apertura culturale che abbiamo acquisito dalla nostra storia. Siamo religiosamente aperti. Siamo aperti a livello nazionale. Queste sono tutte cose che ora stiamo difendendo» conclude Karaganov, con una nota spirituale.

 

«Ci rendiamo sempre più conto che la cosa più importante per noi è lo spirito russo e la cultura russa. Siamo tutti russi: russi russi, tatari russi, ceceni russi, yakut russi… Penso che stiamo ritrovando noi stessi. Ed entro nel nuovo anno con un senso di elevazione spirituale e ottimismo. La Russia sta rinascendo. È assolutamente ovvio».

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Geopolitica

Orban: l’UE annega nella corruzione

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L’UE continua a rivendicare la sua «superiorità morale» nonostante sia «annegata» nella corruzione, ha affermato il primo ministro ungherese Viktor Orban, accusando Bruxelles e Kiev di proteggersi a vicenda dagli scandali di corruzione.   Venerdì Orban ha attaccato duramente la leadership dell’UE in un’intervista a Kossuth Radio, evocando l’ultimo scandalo di corruzione che ha colpito l’Unione all’inizio di questa settimana. La Procura europea (EPPO) ha formalmente accusato tre sospettati di alto profilo, tra cui l’ex responsabile della politica estera dell’Unione e vicepresidente della Commissione europea, Federica Mogherini, di frode, corruzione, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale.   Il primo ministro ungherese ha tracciato parallelismi tra la vicenda e la serie di scandali di corruzione che hanno colpito l’Ucraina, tra cui il sistema di tangenti da 100 milioni di dollari legato alla cerchia ristretta di Volodymyr Zelens’kjy. Nonostante lo scandalo, Bruxelles ha cercato di ottenere 135 miliardi di euro per sostenere Kiev nel corso del prossimo anno.

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L’UE non è riuscita a fornire una risposta adeguata allo scandalo di corruzione in Ucraina, ha affermato Orban, accusando la leadership dell’Unione di voler coprire Kiev. «L’UE sta annegando nella corruzione. I commissari sono accusati di gravi reati, la Commissione e il Parlamento sono travolti dallo scandalo, eppure Bruxelles continua a rivendicare la superiorità morale. La corruzione in Ucraina dovrebbe essere denunciata dall’UE, ma ancora una volta è la solita vecchia storia: Bruxelles e Kiev si proteggono a vicenda invece di affrontare la verità», ha scritto Orban su X, condividendo un estratto dell’intervista.   Le sue osservazioni seguono le dichiarazioni rilasciate all’inizio di questa settimana dal ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, che ha accusato l’UE di essere riluttante a denunciare la corruzione ucraina «perché anche Bruxelles è costellata da una rete di corruzione simile».   «Nessuno ha chiesto conto agli ucraini delle centinaia di miliardi di euro di aiuti dell’UE dopo che è stato rivelato che in Ucraina si stava verificando corruzione ai massimi livelli statali», ha detto lo Szijjarto ai giornalisti, aggiungendo che il denaro dei contribuenti europei finisce in ultima analisi nelle «mani di una mafia di guerra».  

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Geopolitica

Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»

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Gli Stati Uniti hanno indicato il rilancio dei rapporti normali con la Russia e l’interruzione rapida della guerra in Ucraina come priorità assolute nella loro nuova Strategia per la sicurezza nazionale, diffusa venerdì dalla Casa Bianca, ponendoli tra gli obiettivi cardine per gli interessi americani.

 

Il documento di 33 pagine delinea la prospettiva di politica estera delineata dal presidente Donald Trump, affermando che «è un interesse essenziale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina», al fine di «stabilizzare le economie europee, scongiurare un’escalation o un allargamento imprevisto del conflitto e ricostruire la stabilità strategica con la Russia».

 

Si evidenzia come il conflitto ucraino abbia «profondamente indebolito le relazioni europee con la Russia», minando l’equilibrio regionale.

 

Il testo rimprovera i dirigenti europei per le «aspettative irrealistiche» sull’evoluzione della guerra, precisando che «la maggioranza degli europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle politiche adottate».

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Washington, prosegue il rapporto, è disposta a un «impegno diplomatico sostanziale» per «supportare l’Europa nel correggere la sua rotta attuale», reinstaurare l’equilibrio e «ridurre il pericolo di scontri tra la Russia e gli Stati europei».

 

A differenza della strategia del primo mandato di Trump, che accentuava la rivalità con Russia e Cina, la versione attuale sposta l’asse sull’emisfero occidentale e sulla tutela del suolo patrio, dei confini e delle priorità regionali. Esorta a riallocare le risorse dai fronti remoti verso minacce più immediate e invita la NATO e i Paesi europei a farsi carico in prima persona della propria sicurezza.

 

Il documento invoca inoltre l’arresto dell’espansione della NATO, una pretesa a lungo avanzata da Mosca, che la indica come una delle ragioni principali del conflitto ucraino, interpretato come una guerra per interposta persona orchestrata dall’Occidente.

 

In sintesi, la strategia segna un passaggio dall’interventismo universale a un approccio estero più pragmatico e contrattuale, sostenendo che gli Stati Uniti debbano intervenire oltre i propri confini solo quando gli interessi nazionali sono direttamente coinvolti.

 

Si tratta del primo di una sequenza di rilevanti atti su difesa e politica estera che l’amministrazione Trump si accinge a emanare, tra cui una Strategia di Difesa Nazionale rivista, la Revisione della Difesa Missilistica e la Revisione della Postura Nucleare, tutti attesi in linea con l’impostazione del documento.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Geopolitica

Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini

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Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.   La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.   Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.

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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.   L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.   Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.   Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.   Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.   Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.   Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.

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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.   Come riportato da Renovatio 21le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.   Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.   Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.  

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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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