Connettiti con Renovato 21

Spirito

«L’elevazione al Soglio di papa Francesco è nulla. Venga giudicato e rimosso»: dichiarazione di mons. Viganò

Pubblicato

il

Renovatio 21 riceve e pubblica questo comunicato dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

J’ACCUSE

Dichiarazione 

di S.E. Mons. Carlo Maria Viganò, Arcivescovo titolare di Ulpiana, Nunzio Apostolico sull’accusa di scisma

 

«Anche se noi o un angelo dal cielo 

vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, 

sia anatema. 

Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: 

se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, 

sia anatema»

Gal 1, 8-9

 

«Quando penso che ci troviamo nel palazzo del Sant’Uffizio, che è il testimone eccezionale della Tradizione e della difesa della Fede cattolica, non posso impedirmi di pensare che sono a casa mia, e che sono io, che voi chiamate “il tradizionalista”, che dovrei giudicarvi». Così l’Arcivescovo Marcel Lefebvre nel 1979, convocato all’ex Sant’Uffizio, in presenza del Prefetto Cardinal Šeper e di due altri Prelati. 

 

Come ho dichiarato nel Comunicato del 20 Giugno scorso, non riconosco l’autorità né del tribunale che pretende di giudicarmi, né del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato. Questa mia decisione, certamente sofferta, non è frutto di precipitazione o di spirito di ribellione; bensì dettata dalla necessità morale che come Vescovo e Successore degli Apostoli mi obbliga in coscienza a rendere testimonianza alla Verità, ossia a Dio stesso, a Nostro Signore Gesù Cristo. 

 

Affronto questa prova con la determinazione che mi viene dal sapere di non avere alcun motivo per considerarmi separato dalla comunione con la Santa Chiesa e con il Papato, che ho sempre servito con filiale devozione e fedeltà. Non potrei concepire un solo istante della mia vita al di fuori di quest’unica Arca di salvezza, che la Provvidenza ha costituito come Corpo Mistico di Cristo, nella sottomissione al suo Capo divino e al Suo Vicario in terra.

 

I nemici della Chiesa Cattolica temono il potere della Grazia che opera per mezzo dei Sacramenti e massimamente il potere della Santa Messa, terribile katèkon che vanifica molti dei loro sforzi e conquista a Dio tante anime che altrimenti si dannerebbero. Ed è proprio questa consapevolezza della potenza dell’azione soprannaturale del Sacerdozio Cattolico nella società che sta all’origine della loro feroce ostilità alla Tradizione. Satana e i suoi servi sanno benissimo quale minaccia costituisca l’unica vera Chiesa al loro piano anticristico.

 

Questi eversori – che i Romani Pontefici hanno coraggiosamente denunciato come nemici di Dio, della Chiesa e dell’umanità – sono identificabili nella inimica vis, la Massoneria. Essa si è infiltrata nella Gerarchia ed è riuscita a farle deporre le armi spirituali di cui disponeva, aprendo le porte della Cittadella al nemico in nome del dialogo e della fratellanza universale, concetti appunto intrinsecamente massonici. Ma la Chiesa, sull’esempio del suo divino Fondatore, non dialoga con Satana: lo combatte. 

 

Le cause della crisi presente

Come ha evidenziato Romano Amerio nel suo fondamentale saggio Iota unum, questa resa vile e colpevole inizia con la convocazione del Concilio Ecumenico Vaticano II e con l’azione sotterranea e organizzatissima di ecclesiastici e laici legati alle sette massoniche, volta a sovvertire lentamente ma inesorabilmente la struttura di governo e di magistero della Chiesa per demolirla dall’interno.

 

Inutile cercare altre ragioni: i documenti delle sette segrete dimostrano l’esistenza di un piano di infiltrazione concepito nell’Ottocento e portato a compimento un secolo dopo, esattamente nei termini in cui esso era stato pensato. Analoghi processi dissolutori si erano realizzati in precedenza nella sfera civile, e non è un caso se i Papi seppero cogliere nei moti e nelle guerre che hanno insanguinato le Nazioni europee l’opera disgregatrice della Massoneria internazionale. 

 

A partire dal Concilio la Chiesa si è dunque fatta portatrice dei principi rivoluzionari del 1789, come hanno ammesso alcuni tra i fautori del Vaticano II e come è confermato dall’apprezzamento da parte delle Logge nei confronti di tutti i Papi del Concilio e del post-concilio proprio per i cambiamenti che i Massoni da tempo invocavano. 

 

Il cambiamento, anzi: l’aggiornamento è stato talmente al centro della narrativa conciliare da costituire il marchio distintivo del Vaticano II e porre questa assise come il terminus post quem che sancisce la fine dell’ancien régime – quello della «vecchia religione», della «vecchia Messa», del «preconcilio» – e l’inizio della «chiesa conciliare», con la sua «nuova messa» e la sostanziale relativizzazione di ogni Dogma.

 

Tra i fautori di questa rivoluzione compaiono i nomi di coloro che sino al Pontificato di Giovanni XXIII erano stati condannati e allontanati dall’insegnamento in ragione della loro eterodossia. La lista è lunga e comprende anche quell’Ernesto Buonaiuti, scomunicato vitandus, amico di Roncalli, morto impenitente nell’eresia e che proprio pochi giorni fa il Presidente della CEI Card. Matteo Zuppi ha commemorato con una Messa nella cattedrale di Bologna, come riporta con malcelata enfasi Il Faro di Roma (qui): «Quasi ottant’anni dopo un cardinale del tutto in linea col Papa riparte proprio da un gesto liturgico che ha in tutto e per tutto il sapore della riabilitazione. O almeno di un primo passo in questa direzione».

La Chiesa e l’antichiesa

Vengo dunque chiamato dinanzi al tribunale che ha preso il posto del Sant’Uffizio per esser processato per scisma, mentre il capo dei Vescovi italiani – indicato tra i papabili e del tutto in linea col Papa – celebra illecitamente una Messa di suffragio per uno dei peggiori e più ostinati esponenti del Modernismo, contro cui la Chiesa – quella da cui secondo costoro io sarei separato – aveva pronunciato la più severa sentenza di condanna. Nel 2022, sul quotidiano della CEI Avvenire, il prof. Luigino Bruni tesseva in questi termini l’elogio del Modernismo: 

 

«[…] un processo di necessario rinnovamento per la Chiesa cattolica del suo tempo, ancora impermeabile agli studi critici sulla Bibbia che si stavano da molti decenni affermando nel mondo protestante. Accogliere gli studi scientifici e storici sulla Bibbia era per Buonaiuti la via maestra per l’incontro della Chiesa con la modernità. Un incontro che invece non ci fu, perché la Chiesa cattolica era ancora dominata dai teoremi della teologia neo-scolastica e bloccata dalla paura controriformista che i venti protestanti potessero finalmente invadere il corpo cattolico».

 

Basterebbero queste parole a far comprendere l’abisso che separa la Chiesa Cattolica da quella che le si è sostituita con il Concilio Vaticano II, quando i venti protestanti invasero finalmente il corpo cattolico. Questo episodio recentissimo è solo l’ultimo di un’infinita serie di piccoli passi, di silenziose acquiescenze, di complici ammiccamenti con cui gli stessi vertici della Gerarchia conciliare hanno reso possibile la transizione «dai teoremi della teologia neo-scolastica» – ossia dalla formulazione chiara e inequivocabile dei Dogmi – all’apostasia presente.

 

Ci troviamo nella surreale situazione in cui una Gerarchia si definisce cattolica e per questo pretende obbedienza dal corpo ecclesiale, mentre allo stesso tempo professa dottrine che prima del Concilio la Chiesa aveva condannato; e che condanna come eretiche, dottrine che sino ad allora erano state insegnate da tutti i Papi. 

 

Questo accade quando si toglie l’assoluto al Vero e lo si relativizza adattandolo allo spirito del mondo. Come avrebbero agito, oggi, i Pontefici degli ultimi secoli? Mi giudicherebbero colpevole di scisma, o piuttosto condannerebbero colui che si spaccia per loro Successore? Assieme a me il sinedrio modernista giudica e condanna tutti i Papi cattolici, perché la Fede che essi difesero è la mia; e gli errori che difende Bergoglio sono quelli che essi, nessuno escluso, condannarono.

 

Ermeneutica della rottura

Mi chiedo allora: quale continuità si può dare tra due realtà che si contrappongono e contraddicono reciprocamente? Tra la chiesa conciliare e sinodale di Bergoglio e quella «bloccata dalla paura controriformista» dalla quale costui ostentatamente prende le distanze? E da quale «chiesa» sarei in stato di scisma, se quella che pretende di essere cattolica si distingue dalla vera Chiesa proprio nella sua predicazione di ciò che quella condannava e nella condanna di ciò che essa predicava? 

 

Gli adepti della «chiesa conciliare» risponderanno che ciò è dovuto all’evoluzione del corpo ecclesiale in un «necessario rinnovamento»; mentre il Magistero Cattolico ci insegna che la Verità è immutabile e che la dottrina dell’evoluzione dei dogmi è eretica. Due chiese, certamente: ciascuna con le sue dottrine e le sue liturgie e i suoi santi; ma per il Cattolico la Chiesa è Una, Santa, Cattolica e Apostolica, per Bergoglio la chiesa è conciliare, ecumenica, sinodale, inclusiva, immigrazionista, ecosostenibile, gay-friendly. 

 

L’autodestituzione della Gerarchia conciliare 

La Chiesa avrebbe dunque iniziato ad insegnare l’errore? Possiamo credere che l’unica Arca di salvezza sia allo stesso tempo strumento di perdizione per le anime? che il Corpo Mistico si separi dal Suo Capo divino, Gesù Cristo, facendo venir meno la promessa del Salvatore? Questo non può ovviamente essere ammissibile e chi lo sostiene cade nell’eresia e nello scisma.

 

La Chiesa non può insegnare l’errore, né il suo Capo, il Romano Pontefice, può essere allo stesso tempo eretico e ortodosso, Pietro e Giuda, in comunione con tutti i suoi Predecessori e allo stesso tempo in scisma con loro. L’unica risposta teologicamente possibile è che la Gerarchia conciliare, che si proclama cattolica ma abbraccia una fede diversa da quella insegnata costantemente per duemila anni dalla Chiesa Cattolica, appartiene ad un’altra entità e per questo non rappresenta la vera Chiesa di Cristo.

 

A chi mi ricorda che l’Arcivescovo Marcel Lefebvre mai giunse a mettere in discussione la legittimità del Romano Pontefice, pur riconoscendo l’eresia e addirittura l’apostasia dei Papi conciliari – come quando esclamò: «Roma ha perso a Fede! Roma è nell’apostasia!» – a costoro ricordo che in questi ultimi cinquant’anni la situazione è drammaticamente peggiorata e che con ogni probabilità questo grande Pastore oggi agirebbe con pari fermezza, ripetendo pubblicamente ciò che allora diceva solo ai suoi chierici: «In questo concilio pastorale, lo spirito di errore e di menzogna ha potuto lavorare a proprio agio, piazzando ovunque bombe a scoppio ritardato che faranno esplodere le istituzioni a tempo debito» (Principes et directives, 1977).

 

E ancora: «Colui che è assiso sul Soglio di Pietro partecipa a culti di falsi dèi. Quale conclusione dovremmo trarre, forse in capo a qualche mese, dinanzi a questi atti reiterati di comunicazione con i falsi culti? Non lo so. Me lo chiedo. Ma è possibile che ci troveremo obbligati a credere che il Papa non è Papa. Perché a prima vista mi sembra – non voglio ancora dirlo in un modo solenne e pubblico – che è impossibile che uno che è eretico pubblicamente e formalmente sia Papa» (30 Marzo 1986). 

 

Da cosa comprendiamo che la «chiesa sinodale» e il suo capo Bergoglio non professano la Fede Cattolica? Dall’adesione totale e incondizionata di tutti i suoi membri ad una molteplicità di errori ed eresie già condannati dal Magistero infallibile della Chiesa Cattolica e dall’ostentato rifiuto di qualsiasi dottrina, precetto morale, atto di culto e pratica religiosa che non sia sancita dal «loro» concilio. Nessuno di essi può in coscienza sottoscrivere la Professione di Fede tridentina e il Giuramento Antimodernista, perché quanto entrambi esprimono è l’esatto contrario di ciò che insinua e insegna il Vaticano II e il cosiddetto «magistero conciliare».

 

Dato che non è teologicamente sostenibile che la Chiesa e il Papato siano strumenti di perdizione anziché di salvezza, dobbiamo necessariamente concludere che gli insegnamenti eterodossi veicolati dalla cosiddetta «chiesa conciliare» e dai «papi del Concilio» da Paolo VI in poi costituiscono un’anomalia che mette in seria discussione la legittimità della loro autorità magisteriale e di governo. 

 

L’uso eversivo dell’autorità

Dobbiamo comprendere che l’uso eversivo dell’autorità nella Chiesa finalizzato alla sua distruzione (o trasformazione in una chiesa altra rispetto a quella voluta e fondata da Cristo) costituisce di per sé un elemento sufficiente per rendere nulla l’autorità di questo nuovo soggetto che si è dolosamente sovrapposto alla Chiesa di Cristo usurpandone il potere. Ecco perché non riconosco la legittimità del Dicastero che mi processa.

 

Le modalità con cui è stata condotta l’azione ostile contro la Chiesa Cattolica confermano che essa era pianificata e voluta, perché altrimenti coloro che la denunciavano sarebbero stati ascoltati e quanti vi cooperarono si sarebbero immediatamente fermati. Certo, con gli occhi di allora e la formazione tradizionale di gran parte dei Cardinali, dei Vescovi e del Clero lo «scandalo» di una Gerarchia che contraddiceva sé stessa apparve come una tale enormità da indurre molti Prelati e chierici a non voler credere possibile che i principi rivoluzionari e massonici potessero trovare accoglienza e promozione nella Chiesa.

 

Ma fu proprio questo il colpo da maestro di Satana – come lo definì l’Arcivescovo Lefebvre – che seppe avvalersi del connaturale rispetto e amore filiale dei Cattolici verso l’Autorità sacra dei Pastori per indurli ad anteporre l’obbedienza alla Verità, forse sperando che un futuro Papa potesse in qualche modo sanare il disastro compiuto e del quale si potevano intuire già gli esiti dirompenti. Ciò non avvenne, nonostante alcuni avessero coraggiosamente lanciato l’allarme. Ed io stesso mi annovero tra coloro che in quella fase travagliata non osarono opporsi ad errori e deviazioni che ancora non si erano mostrati del tutto nella loro valenza distruttrice. Non voglio con questo dire di non aver intravisto quanto avveniva, ma di non aver trovato – a causa dell’intenso lavoro e delle incombenze totalizzanti di natura burocratica ed amministrativa al servizio della Santa Sede – le condizioni per cogliere la gravità inaudita di quanto stava compiendosi sotto i nostri occhi.

 

Lo scontro

L’occasione che mi ha condotto allo scontro con i miei Superiori ecclesiastici iniziò quand’ero Delegato per le Rappresentanze Pontificie, poi come Segretario Generale del Governatorato e infine come Nunzio Apostolico negli Stati Uniti. La mia guerra alla corruzione morale e finanziaria scatenò la furia dell’allora Segretario di Sato Card. Tarcisio Bertone, quando – conformemente alle mie competenze di Delegato per le Rappresentanze Pontificie – denunciai la corruzione del Card. McCarrick, e mi opposi alla promozione all’Episcopato dei candidati corrotti e indegni presentati dal Segretario di Stato, il quale mi fece trasferire al Governatorato, perché «gli impedivo di fare i vescovi che lui voleva».

 

Fu sempre Bertone, con la complicità del Card. Lajolo, ad ostacolare la mia opera volta a contrastare la diffusa corruzione al Governatorato, dove avevo già ottenuto importanti risultati aldilà di ogni aspettativa. Furono ancora Bertone e Lajolo a convincere Papa Benedetto a cacciarmi dal Vaticano e inviarmi negli Stati Uniti. Qui mi ritrovai a dover fronteggiare le turpi vicende del Cardinal McCarrick, compresi i suoi pericolosi rapporti con esponenti politici dell’Amministrazione Obama-Biden e a livello internazionale, che non esitai a denunciare al Segretario di Stato Parolin che non ne tenne in alcun conto.

 

Ciò mi portò a considerare molti eventi a cui avevo assistito durante la mia carriera diplomatica e di Pastore in una luce diversa, a coglierne la coerenza con un unico progetto che per sua natura non poteva essere né esclusivamente politico né esclusivamente religioso, dal momento che includeva un attacco globale alla società tradizionale basata sull’insegnamento dottrinale, morale e liturgico della Chiesa. 

 

La corruzione come strumento di ricatto

Ecco allora che da stimato Nunzio Apostolico – per il quale l’altro giorno lo stesso Cardinale Parolin mi ha riconosciuto lealtà, onestà, correttezza ed efficienza esemplari – sono diventato un Arcivescovo scomodo, non solo per aver chiesto giustizia nei processi contro Prelati corrotti, ma anche e soprattutto per aver dato una chiave di lettura che mostra come la corruzione nella Gerarchia fosse necessaria premessa per controllarla, manovrarla e costringerla col ricatto ad agire contro Dio, contro la Chiesa e contro le anime.

 

E questo modus operandi – che la Massoneria aveva descritto minuziosamente prima di infiltrarsi nel corpo ecclesiale – è speculare a quello adottato nelle istituzioni civili, dove i rappresentanti del popolo specialmente ai più alti livelli sono in gran parte ricattabili perché corrotti e pervertiti. La loro obbedienza ai deliri dell’élite globalista conduce i popoli alla rovina, alla distruzione, alla malattia, alla morte: e alla morte non solo del corpo, ma anche a quella dell’anima.

 

Perché il vero progetto del Nuovo Ordine Mondiale – al quale Bergoglio è asservito e dal quale trae la propria legittimazione dai potenti del mondo – è un progetto essenzialmente satanico, in cui l’opera della Creazione del Padre, della Redenzione del Figlio e della Santificazione dello Spirito Santo è odiata, cancellata e contraffatta dalla simia Dei e dai suoi servi. 

 

Se non parlerete voi, grideranno le pietre

Assistere al sovvertimento totale dell’ordine divino e alla propagazione del caos infernale con la zelante collaborazione dei vertici del Vaticano e dell’Episcopato, ci fa comprendere quanto terribili siano le parole della Vergine Maria a La Salette – Roma perderà la fede e diventerà la sede dell’Anticristo – e quale odioso tradimento sia costituito dall’apostasia dei Pastori, e da quello ancor più inaudito di colui che siede sul Soglio del Beatissimo Pietro. 

 

Se restassi in silenzio dinanzi a questo tradimento – che si consuma con la pavida complicità di molti, troppi Prelati riluttanti nel riconoscere nel Concilio Vaticano II la causa principale della rivoluzione presente e nell’adulterazione della Messa Cattolica l’origine della dissoluzione spirituale e morale dei fedeli – verrei meno al giuramento prestato il giorno della mia Ordinazione e rinnovato in occasione della mia Consacrazione Episcopale.

 

Come Successore degli Apostoli non posso e non voglio accettare di assistere alla sistematica demolizione della Santa Chiesa e alla dannazione di tante anime senza cercare con ogni mezzo di oppormi a tutto questo. Né posso considerare preferibile un vile silenzio per quieto vivere alla testimonianza del Vangelo e alla difesa della Verità cattolica. 

 

Una setta scismatica mi accusa di scisma: dovrebbe essere sufficiente per dar prova del sovvertimento in atto. Immaginate quale imparzialità di giudizio potrà esercitare un giudice che dipende da colui che io accuso di essere un usurpatore. Ma proprio perché questa vicenda è emblematica, desidero che i fedeli – che non sono tenuti a conoscere il funzionamento dei tribunali ecclesiastici – comprendano che il delitto di scisma non si consuma quando vi sono fondate ragioni di considerare dubbia l’elezione del Papa, in ragione del vitium consensus e delle irregolarità o delle violazioni delle norme che regolano il Conclave. (cfr. Wernz – Vidal, Ius Canonicum, Roma, Pont. Univ. Greg., 1937, vol. VII, p. 439).

 

La Bolla Cum ex apostolatus officio di Paolo IV stabilisce in perpetuo la nullità della nomina o dell’elezione di qualsiasi Prelato – ivi compreso il Papa – che fosse caduto in eresia prima della sua promozione a Cardinale o elevazione a Romano Pontefice.

 

Essa definisce la promozione o l’elevazione nulla, irrita et inanis, ossia nulla, non valida e senza alcun valore, «anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i Cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso […], ovvero per l’intronizzazione […] dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza a lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica. Paolo IV aggiunge che tutti gli atti compiuti da questa persona sono da considerarsi parimenti nulli e che i suoi sudditi, tanto chierici quanto laici, sono liberati dall’obbedienza nei suoi confronti, fermo tuttavia da parte di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di fedeltà e di obbedienza da prestarsi ai futuri Vescovi, Arcivescovi, Patriarchi, Primati, Cardinali e Romano Pontefice canonicamente subentranti. Paolo IV conclude: Ed a maggior confusione di quelli in tal modo promossi ed elevati, ove pretendano di continuare l’amministrazione, sia lecito richiedere l’aiuto del braccio secolare; né per questo coloro che si sottraggono alla fedeltà e all’obbedienza verso quelli che fossero stati nel modo già detto promossi ed elevati, siano soggetti ad alcuna di quelle censure e punizioni comminate a quanti vorrebbero scindere la tunica del Signore».

 

Per questo motivo, con serenità di coscienza, ritengo che gli errori e le eresie a cui Bergoglio aderiva prima, durante e dopo la sua elezione e l’intenzione posta nella presunta accettazione del Papato rendono nulla la sua elevazione al Soglio. 

 

Se tutti gli atti di governo e di magistero di Jorge Mario Bergoglio, nei contenuti e nelle forme, si dimostrano estranei e addirittura in conflitto con ciò che costituisce l’azione di qualsiasi Papa; se anche un semplice fedele e addirittura un non Cattolico capiscono l’anomalia del ruolo che Bergoglio sta svolgendo nel progetto globalista e anticristiano portato avanti dal World Economic Forum, delle Agenzie dell’ONU, dalla Commissione Trilaterale, dal Gruppo Bilderberg, dalla Banca Mondiale e da tutte le altre tentacolari ramificazioni dell’élite mondialista, ciò non dimostra minimamente la mia volontà di scisma nell’evidenziare e denunciare questa anomalia.

 

Eppure mi si attacca e mi si processa perché vi è chi si illude che condannandomi e scomunicandomi la mia denuncia del colpo di stato perda consistenza. Questo tentativo di mettere tutti a tacere non risolve nulla, ed anzi rende più colpevole e complice chi cerca di dissimulare o minimizzare la metastasi che sta distruggendo il corpo ecclesiale. 

 

La «deminutio» del papato sinodale

A questo si aggiunge il Documento di Studio Il Vescovo di Roma che il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha recentemente pubblicato (qui) e il declassamento del Papato che in esso è teorizzato in applicazione all’Enciclica di Giovanni Paolo II Ut uum sint, che a sua volta si rifà alla Costituzione Lumen Gentium del Vaticano II. Appare del tutto legittimo – e doveroso, in nome del primato della Verità Cattolica sancita nei documenti infallibili del Magistero papale – chiedersi se la scelta deliberata di Bergoglio di abolire il titolo apostolico di Vicario di Cristo e scegliere di definirsi simpliciter Vescovo di Roma non costituisca in qualche modo una deminutio del Papato stesso, un attentato alla divina costituzione della Chiesa e un tradimento del Munus petrinum. E a ben vedere, il passo precedente è stato compiuto da Benedetto XVI, che si è inventato – assieme alla «ermeneutica» di una impossibile «continuità» tra due entità totalmente estranee – il monstrum di un «Papato collegiale» esercitato dal Gesuita e dall’Emerito.

 

Il Documento di Studio cita non a caso una frase di Paolo VI: Il Papa [] è senza dubbio il più grave ostacolo sulla via dell’ecumenismo (Discorso al Segretario per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, 28 Aprile 1967). Montini aveva iniziato a preparare il terreno quattro anni prima, deponendo enfaticamente il triregno.

 

Se questa è la premessa di un testo che deve servire per rendere il Papato Romano «compatibile» con la negazione del Primato di Pietro che gli eretici e gli scismatici rifiutano; e se lo stesso Bergoglio si presenta come primus inter pares nel consesso delle sette e denominazioni cristiane non in comunione con la Sede Apostolica, venendo meno alla proclamazione della dottrina cattolica sul Papato definita solennemente e infallibilmente dal Concilio Vaticano I, come si può pensare che l’esercizio del Papato e la stessa volontà di accettarlo non siano inficiati da un vizio di consenso (qui e qui), tale da rendere nulla o quantomeno fortemente dubbia la legittimità di “Papa Francesco»?

 

Da quale «chiesa» mi potrei separare, quale «papa» rifiuterei di riconoscere, se la prima si definisce «chiesa conciliare e sinodale» in antitesi alla «chiesa preconciliare» – ossia la Chiesa di Cristo – e il secondo dimostra di ritenere il Papato proprio appannaggio personale di cui disporre modificandolo e alterandolo a piacimento, e sempre in coerenza con gli errori dottrinali implicati dal Vaticano II e dal «magistero» postconciliare? 

 

Se il Papato Romano – il Papato, per intenderci, di Pio IX, Leone XIII, Pio X, Pio XI, Pio XII – è considerato un ostacolo al dialogo ecumenico e il dialogo ecumenico viene perseguito come priorità assoluta della «chiesa sinodale» rappresentata da Bergoglio, in quale altro modo potrebbe concretizzarsi questo dialogo, se non nella rimozione di quegli elementi che rendono il Papato incompatibile con esso, e quindi manomettendolo in modo del tutto illegittimo e invalido? 

 

Il conflitto di tanti confratelli e fedeli

Sono convinto che tra i Vescovi e i sacerdoti vi siano molti che hanno vissuto e vivono ancor oggi lo straziante conflitto interiore di trovarsi divisi tra ciò che Cristo Pontefice chiede loro (e lo sanno) e ciò che colui che si presenta come Vescovo di Roma impone con la forza, con il ricatto, con le minacce.

 

È oggi quantomai necessario che noi Pastori ci svegliamo dal nostro torpore: Hora est jam nos de somno surgere (Rom 13, 11). La nostra responsabilità dinanzi a Dio, alla Chiesa e alle anime ci impone di denunciare senza equivoci tutti gli errori e le deviazioni che troppo a lungo abbiamo tollerato, perché non saremo giudicati né da Bergoglio né dal mondo, ma da Nostro Signore Gesù Cristo. A Lui renderemo conto di ogni anima perduta per nostra negligenza, di ogni peccato da essa commesso per causa nostra, di ogni scandalo dinanzi al quale abbiamo taciuto per falsa prudenza, per quieto vivere, per complicità.

 

Nel giorno in cui dovrei presentarmi a difendermi dinanzi al Dicastero per la Dottrina della Fede, ho deciso di rendere pubblica questa mia dichiarazione, alla quale unisco una denuncia dei miei accusatori, del loro «concilio» e del loro «papa».

 

Prego i Santi Apostoli Pietro e Paolo, che hanno consacrato la terra dell’Alma Urbe con il proprio sangue, di intercedere presso il trono della Maestà divina, affinché ottengano alla Santa Chiesa di essere finalmente liberata dall’assedio che la eclissa e dagli usurpatori che la umiliano, facendo della Domina gentium la serva del piano anticristico del Nuovo Ordine Mondiale. 

 

In difesa della Chiesa

La mia non è dunque una difesa personale, ma della Santa Chiesa di Cristo, nella quale sono stato costituito Vescovo e Successore degli Apostoli, con il preciso mandato di custodire il Deposito della Fede e di predicare la Parola, insistere opportune importune, riprendere, rimproverare, esortare con ogni pazienza e dottrina (2 Tim 4, 2). 

 

Respingo con forza l’accusa di aver lacerato la veste inconsutile del Salvatore e di essermi sottratto alla suprema Autorità del Vicario di Cristo: per separarmi dalla comunione ecclesiale con Jorge Mario Bergoglio, dovrei essere stato prima in comunione con lui, cosa che non è possibile dal momento che lo stesso Bergoglio non può esser considerato membro della Chiesa, a causa delle sue molteplici eresie e della sua manifesta alienità ed incompatibilità con il ruolo che invalidamente ed illecitamente ricopre. 

 

Le mie accuse a Jorge Mario Bergoglio 

Dinanzi ai miei Confratelli nell’Episcopato e all’intero corpo ecclesiale, io accuso Jorge Mario Bergoglio di eresia e di scisma, e come eretico e scismatico chiedo che venga giudicato e rimosso dal Soglio che indegnamente occupa da oltre undici anni. Ciò non contraddice in alcun modo l’adagio Prima Sedes a nemine judicatur, perché è evidente che un eretico, in quanto impossibilitato ad assumere il Papato, non è al di sopra dei Prelati che lo giudicano.

 

Accuso parimenti Jorge Mario Bergoglio per aver provocato – a causa del prestigio e dell’autorevolezza della Sede Apostolica che usurpa – gravi effetti avversi, sterilità e morte nei milioni di fedeli che hanno seguito il suo martellante appello a sottoporsi all’inoculazione di un siero genico sperimentale prodotto con feti abortivi, giungendo a far pubblicare una Nota che indicava il suo uso come moralmente lecito (qui e qui). Egli dovrà rispondere dinanzi al Tribunale di Dio di questo crimine contro l’umanità.

 

Denuncio infine l’Accordo segreto tra la Santa Sede e la dittatura comunista cinese, con il quale la Chiesa è umiliata e costretta ad accettare la nomina governativa dei Vescovi, il controllo delle celebrazioni e le limitazioni alla sua libertà di predicazione, mentre i Cattolici fedeli alla Sede Apostolica sono perseguitati impunemente dal governo di Pechino nel silenzio complice del sinedrio romano.

 

Il rifiuto degli errori del Vaticano II

Mi faccio un motivo di onore l’esser «accusato» di rifiutare gli errori e le deviazioni implicati dal cosiddetto Concilio Ecumenico Vaticano II, che considero del tutto privo di autorità magisteriale a causa della sua eterogeneità rispetto a tutti i veri Concili della Chiesa, che integralmente riconosco e accolgo, così come tutti gli atti magisteriali dei Romani Pontefici. 

 

Respingo convintamente le dottrine eterodosse contenute nei documenti del Vaticano II e che sono state condannate dai Papi sino a Pio XII, o che contraddicono in qualsivoglia modo il Magistero Cattolico (cfr. Allegato I). Trovo a dir poco sconcertante che a processarmi per scisma siano coloro che fanno propria la dottrina eterodossa secondo la quale sussiste un vincolo di unione «con coloro che, essendo battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l’unità di comunione sotto il successore di Pietro» (LG:15). Mi chiedo con quale improntitudine si possa contestare ad un Vescovo il venir meno di una comunione che si afferma altresì esistere con gli eretici e gli scismatici. 

 

Condanno, respingo e rifiuto parimenti le dottrine eterodosse espresse nel cosiddetto «magistero postconciliare» originate dal Vaticano II, così come le recenti eresie relative alla «chiesa sinodale», alla riformulazione del Papato in chiave ecumenica, all’ammissione dei concubinari ai Sacramenti e alla promozione della sodomia e dell’ideologia «gender». Condanno parimenti l’adesione di Bergoglio alla frode climatica, folle superstizione neomalthusiana partorita da chi, odiando il Creatore, non può che detestarne anche la Creazione, e l’uomo con essa, fatto ad immagine e somiglianza di Dio. 

 

Conclusione

Ai fedeli Cattolici, oggi scandalizzati e disorientati dai venti di novità e dalle false dottrine che vengono promosse e imposte da una Gerarchia ribelle al divino Maestro, io chiedo di pregare e di offrire i loro sacrifici e digiuni pro libertate et exaltatione Sanctæ Matris Ecclesiæ, perché la Santa Madre Chiesa ritrovi la sua libertà e possa trionfare con Cristo, dopo questo tempo di passione.

 

Che quanti hanno avuto la Grazia di essere incorporati ad essa nel Battesimo non abbandonino la loro Madre, oggi sofferente e prostrata: tempora bona veniant, pax Christi veniat, regnum Christi veniat.

 

Data a Viterbo, il giorno 28 del mese di Giugno, Anno del Signore 2024, Vigilia dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Renovatio 21 offre questo testo di Monsignor Viganò per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

Pensiero

Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale

Pubblicato

il

Da

Ho un argomento molto metafisico, e al contempo concretissimo, per combattere l’abominio dell’ora legale. Un argomento che sono persino in grado di visualizzare.   Ci sono, certo i numeri: ci dicono che risparmieremo 300 gigawattora. Quando stanotte mi sono svegliato ad un orario innaturale, nella confusione inevitabile di non sapere se è troppo presto o troppo tardi, ho ripensato ad un altro dato: quante persone, in questi giorni, moriranno negli incidenti stradali dovuti ai colpi di sonno? Non credo che nessuno abbia mai fatto questo calcolo, che sarebbe più importante che qualsiasi discorso sparagnino.   Ma a chi importa? L’ora legale, teorizzata da Beniamino Franklin che, democraticamente, voleva piazzare un cannone in ogni via per svegliare la popolazione all’ora che diceva lui per risparmiare in candele, in Italia fu adottata nel 1916, in piena Prima Guerra Mondiale: i nostri ragazzi andavano verso l’inutile strage, il potere pensava a cambiargli l’orologio. Non sono in grado di calcolare l’effetto che l’ora legale può aver avuto sulle trincee, e non ho voglia nemmeno di chiedermelo.   Tuttavia non è questo pensiero di morte – diligente e terminale conseguenza dell’azione dello Stato moderno, che è macchina antiumana – che mi spinge a vedere nell’ora legale un’aberrazione satanica.

Sostieni Renovatio 21

Ho, negli occhi, e nel cuore, un’immagine invincibile, quella della chiesetta dove assisto alla Santa Messa, ovviamente in rito tridentino. Molti lettori già la conoscono, perché ho usato la sua foto in vari articoli.   Andò più o meno così: oramai sette anni fa, trovammo questa chiesetta – dell’estrema nobiltà della proprietà che ce la concesse parlerò altrove. Si tratta di un oratorio che risale al XII secolo, ma notizie certe in merito non si hanno, e mi piace pensare che vi sia davvero un millennio di storia lì.   La chiesa sta fuori dalla città, sopra un borghetto che sa ancora di medioevo, su una collina di boschi e pareti di roccia. L’oratorio stesso sembra posato su un’enorme roccia, anzi sembra esservi stato scolpito, sottratto una scalpellata dopo l’altra da quantità di mani laboriose e fedeli vissute in secoli dimenticati.   Arrivati al nostro secolo, arrivati a noi, c’era pronto tutto quello che serviva: il luogo era stato restaurato, nessuno vi aveva introdotto il tavolone-alare conciliare, a poca distanza c’era tanto parcheggio… per i tanti che, non solo dalla provincia, finalmente potevano avere a portata la Messa in latino.   Iniziarono così le celebrazioni del rito antico, tuttavia ottenemmo dai sacerdoti, impegnati a dire Messe in tanta parte della regione ed oltre, un orario pre-serale, alle 18.   D’inverno, a quell’ora è il buio. Nella scala di pietra mettevamo delle candeline, e lo facciamo ancora oggi in caso di celebrazione notturna. L’effetto è abbastanza magico, tuttavia nulla ha a che fare con quanto avremmo scoperto più avanti.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Anni dopo, a fronte di una comunità di fedeli sempre più vasta e persistente (unita davvero, come dimostrò la solidarietà in pandemia…) aumentarono il numero di Sante Messe, e fu concessa quindi una celebrazione la domenica mattina, alle 11:00.   Saltò così fuori il fenomeno che ancora mi stupisce, mi commuove. Ci accorgemmo che, precisamente a mezzogiorno – ora nella quale si ha, con la messa iniziata alle 11, la consacrazione eucaristica, un raggio di luce entra dalla finestra a lato e colpisce esattamente il centro dell’altare, dove è posato il tabernacolo.   L’incenso aiuta a vederlo, tuttavia a volte può capitare di notarlo anche in assenza di fumo. È impressionante. Tendo a sospettare di quanti vedono questa cosa e non restano sbalorditi. Le immagini che vedete qui sotto non sono ritoccate in nessun modo. Anzi, ad occhio nudo l’effetto è ancora più forte.    

Iscriviti al canale Telegram

È interessante notare che lo abbiamo riscoperto noi a Messa, ma da qualche parte l’eco di questo miracolo luminoso risuonava ancora. Una signora della Pro Loco, che ha stampato un libro sulla chiesetta, mi aveva domandato se mai fosse vera una leggenda locale secondo cui nel giorno del Santo patrono dell’oratorio un raggio di luce colpisce l’altare. Ho risposto invitandola a Messa la domenica successiva, dove ha fatto tante foto con il telefonino, e compreso che la leggenda conteneva una realtà ancora più stupefacente: quel raggio si produce ogni giorno.   Il fenomeno impone tanti pensieri. Il primo, è che le mani che hanno eretto questa chiesa sapevano fare cose che i moderno non sono in grado di fare. Di più: chi l’ha costruita, l’ha basata su principi che sono sconosciuti all’architettura moderna. Per fare una chiesa, bisogna orientarla, cioè l’abside deve dare ad orientem (come il sacerdote prima del Concilio), ma non solo.   Ho l’idea che chi ha costruito la chiesetta lo abbia fatto proprio a partire da quel raggio, alla faccia di quanti ne osservino gli elementi (scala esterna, portone, altare) e li considerino disallineati. Ossia, l’intera chiesa è concepita a partire dal rapporto del Cielo con la Terra, cioè di Dio con l’uomo – questo è un senso ultimo della religione cristiana, quella della divinità che si fa essere umano, del Dio del Cielo che scende sulla Terra, del Cielo che nutre la Terra con la sua luce, il suo calore la sua grazia.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Quel raggio, che casca durante la Santa Messa esattamente nel momento più alto, significa in maniera incontrovertibile l’armonia tra il Cielo e la Terra. L’accordo, nella bellezza, accordato all’uomo da un Dio buono, un Dio che è luce, che è amore.   Questo è l’ordine celeste, infinito, stupendo. Questo è il logos. Questo è il cosmos.   Non ci sono voluti tanti mesi per capire che, a parte il cattivo tempo, c’era solo una cosa in grado di distruggere il nostro raggio divino: l’ora legale. Come a marzo si cambia l’ora, quella luce svanisce, si fa più tenue, fino a sparire, facendo capolino, forse, solo dopo la Messa, quando qualcuno si attarda ad una confessione fuori tempo ed altri (io) rassettano prima di chiudere.   Di fatto, poi, il fascio luminoso scompare del tutto, dalla vista come dai cuori. Fine della magia, per ordine dello Stato moderno.  

Aiuta Renovatio 21

Ho sempre preso questo fatto come la prova definitiva della nequizia dell’ora legale – del suo essere un invento contronatura, e quindi contro Dio.   Solo il mondo moderno poteva pensare di alterare persino il tempo: l’uomo si sente in grado di modificare l’immutabile, l’uomo introduce il suo artificio in un sistema la cui complessità ha milioni di anni. Non è diverso per tante altre questioni: ad esempio, i vaccini, la fecondazione in vitro, la bioingegneria…   L’uomo-dio crede di poter mettere mano su qualsiasi cosa, devastando le leggi stesse della creazione, disintegrando quindi l’equilibrio del Cielo e della Terra – una realtà conosciuta dalla saggezza cinese: «l’uomo si conforma alla Terra / La Terra si conforma al Cielo / il Cielo si conforma al Tao» (Tao Te King, XXV). Era chiaro, agli antichi cinesi, che il Cielo è legato alla morale: «Sotto il cielo tutti / sanno che il bello è bello, / di qui il brutto, sanno che il bene è bene, / di qui il male» (Tao Te King, II).   Ora, nel Cristianesimo l’armonia tra la Terra e il Cielo è in realtà una vera alleanze tra persone, cioè tra gli uomini e Dio – e questa nuova alleanza è il Cristo risorto.   Alterare il tempo significa frantumare la relazione naturale con il Cielo. Adulterare la luce del sole significa quindi andare contro il divino, contro la legge naturale, contro Dio.   Non poteva essere altrimenti: il mondo moderno odia, più ancora dell’uomo, Nostro Signore, che vuole sostituire con l’essere umano ubriacato di hybris satanica, l’umanità onnipotente che, apoteosi del non serviam, si crede capace di cambiare le leggi del cosmo.   Ecco perché combatto l’ora legale: perché, ve ne rendiate conto o no, fa parte della macchina in atto per distruggere la presenza di Dio sulla Terra.   E quel raggio magnifico me lo ha ricordato anche domenica scorsa: sì, tornata l’ora del Sole, l’ora vera, è tornato. E con lui è venuta ancora da noi questa immagine potente di reincanto del mondo, di bellezza divina, di armonia cosmica, questa visione sacra che vale più di qualsiasi risparmio.   Vale tutto. Vale il senso vero dell’esistenza e dell’universo.   Roberto Dal Bosco

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagini dell’autore
Continua a leggere

Spirito

Cristo Re, il cosmo divino contro il caos infernale. Omelia di Mons. Viganò

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica l’omelia nella festa di Cristo Re dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

 

 

 

Israël es tu Rex

Omelia nella festa di Cristo Re

 

 

 

Israël es tu Rex,
davidis et inclyta proles;
nomine qui in Domini,
Rex benedicte, venis.

D’Israele Tu sei il Re,
di David la nobile prole;
Tu che vieni, Re benedetto,
nel Nome del Signore.

Teodolfo di Orléans,
Inno Gloria laus et honor.

 

Gloria, laus et honor tibi sit, Rex Christe Redemptor. Al canto di questo inno antichissimo, intonato nella Domenica delle Palme dinanzi alle porte serrate della chiesa, la processione del clero e dei fedeli entra solennemente nella nuova Gerusalemme, spalancandone i robusti battenti con il triplice colpo della Croce astile.

 

La suggestiva cerimonia della seconda Domenica di Passione rievoca l’ingresso trionfale di Nostro Signore nella Città santa, di cui era figura l’ingresso di Salomone (1Re 1, 32-40). Essa ha dunque un’indole eminentemente regale, perché con questa presa di possesso del Tempio, Egli è riconosciuto e osannato come Dio, come Messia e come Re dei Giudei: il Cristo, Χριστός, l’Unto del Signore. La Sua divina Regalità era già stata testimoniata e onorata dai Magi, nella grotta di Betlemme: con l’oro al Re dei Re, l’incenso al Dio Vivo e Vero, la mirra al Sacerdote e Vittima.

 

Poco meno di cent’anni fa, l’11 Dicembre 1925, il grande Pontefice lombardo Pio XI promulgò l’immortale Enciclica Quas primas, nella quale è definita la dottrina della universale Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo: Egli è Re in quanto Dio, in quanto discendente della stirpe regale della tribù di Davide e per diritto di conquista mediante la Redenzione.

 

L’istituzione di questa festa non ha in verità introdotto nulla di nuovo. Essa è stata voluta da Pio XI per contrastare e combattere la peste del liberalismo laicista, il massonico Libera Chiesa in libero Stato e la folle presunzione di estromettere Gesù Cristo dalla società civile. Pio XI non fu il solo a ribadire solennemente la dottrina cattolica: prima di lui Clemente XII, Benedetto XIV, Clemente XIII, Pio VI, Pio VII, Leone XII, Pio VIII, Gregorio XIV, Pio IX, Leone XIII e San Pio X avevano severamente condannato le logge segrete, la carboneria, la Massoneria e tutti gli errori che i nemici di Cristo avevano sparso e alimentato nel corso degli ultimi due secoli.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Dopo la grande frattura del Protestantesimo nel Cinquecento, i tre secoli successivi hanno visto affrontarsi in una serie di terribili battaglie la Chiesa Cattolica e l’Antichiesa, cioè la Massoneria: da una parte, il Principe della Pace e le Sue schiere angeliche e terrene; dall’altra, la scelesta turba, la folla sciagurata, aizzata dai mercanti asserviti a Lucifero.

 

Il mito del «popolo sovrano» ha sepolto sotto le rovine della Rivoluzione secoli di civiltà cristiana, mostrando sino a quali aberrazioni l’uomo potesse giungere. I Martiri di questi secoli di violenze inaudite e di eccidi ancora impuniti ci guardano dai loro scranni in cielo, chiedendo giustizia per il sangue che essi hanno versato, e con il loro silenzio – quasi di notte oscura per la Chiesa, alla vigilia della sua passione – essi osservano increduli i papi di questi ultimi decenni deporre le armi spirituali e cooperare con i nemici di Cristo.

 

Da quegli scranni ci guardano anche i Pontefici guerrieri che – anche a costo della propria vita, come Pio VI, imprigionato da Napoleone e morto di stenti in carcere – seppero affrontare a testa alta i più feroci attacchi contro Dio, contro il Papato, contro la Gerarchia Cattolica, contro i fedeli. Se la Storia non fosse stata falsificata dai momentanei vincitori di questa guerra – come avviene ancora oggi – nelle scuole i nostri figli studierebbero non la presa della Bastiglia, non le menzogne dell’epopea del Risorgimento, non le gesta di mercenari cospiratori o di ministri corrotti, ma le fasi del genocidio contro i Cattolici delle Nazioni un tempo cristiane.

 

Quando venne istituita la festa di Cristo Re, la Chiesa Cattolica non poteva più avvalersi della cooperazione dei Sovrani cattolici, che nelle leggi civili e penali avevano fatto osservare i principi del Vangelo e della Legge naturale. La prima autorità dell’ancien régime a cadere fu infatti la Monarchia di diritto divino, che attinge alla Regalità di Cristo la potestà vicaria nelle cose temporali.

 

La seconda autorità cadde pochi decenni dopo, e fu quella dei pontefici asserviti alla Rivoluzione. Con la deposizione della tiara papale, Paolo VI suggellò l’abdicazione della potestà di Cristo nelle cose spirituali e la resa alle ideologie anticristiche e anticattoliche della Sinagoga di Satana. «Anche noi, più di ogni altro abbiamo il culto dell’uomo», disse Montini alla chiusura del Vaticano II (1). E sotto le volte della Basilica Vaticana echeggiarono queste parole: «La Chiesa si è quasi dichiarata l’ancella dell’umanità», parole che solo pochi anni prima avrebbero scandalizzato qualsiasi Cattolico.

 

Paolo VI – e con lui il predecessore Giovanni XXIII – furono gli iniziatori del processo di liquidazione della Chiesa di Cristo e su di essi incombe la responsabilità di aver disarmato la Cittadella e averne spalancate le porte per meglio farvi entrare il nemico, salvo poi ipocritamente denunciare che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio» (2). E nulla si salvò da quell’operazione di disarmo: né la dottrina, né la morale, né la liturgia, né la disciplina.

 

Così venne sfigurata anche la festa di Cristo Re, la cui data fu spostata alla fine dell’anno liturgico, assumendo una valenza escatologica: Cristo Re del mondo a venire, non delle società terrene. Perché la Signoria del Verbo Incarnato non doveva rappresentare un ostacolo al dialogo con «l’uomo contemporaneo» e con l’idolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Iscriviti al canale Telegram

I fautori di questo smantellamento suicida ebbero a rallegrarsi che finalmente si fosse posto fine al trionfalismo postridentino di una Chiesa che voleva convertire il mondo a Cristo, e non adattare la divina Rivelazione all’antievangelo dell’Antichiesa; di una Chiesa che onorava il proprio Signore come Re universale e a Lui voleva condurre tutte le anime, perché nel regnum Christi esse potessero vivere nella pax Christi.

 

Scelesta turba clamitat: regnare Christum nolumus (3) – cantiamo nel magnifico inno della festa odierna – La folla scellerata schiamazza: Non vogliamo che Cristo regni! Questa bestemmia è il grido di battaglia delle orde di Lucifero, dei figli delle tenebre; lo stesso grido che risuonò quando lo spirito ribelle e orgoglioso di Satana vomitò il suo Non serviam. Un grido che sovverte il κόσμος divino, fondato in Nostro Signore Gesù Cristo, nel Dio incarnato per obbedienza all’Eterno Padre, e per obbedienza morto sulla Croce propter nos homines et propter nostram salutem.

 

Alla fine dei tempi, ormai prossima, l’Anticristo contenderà a Cristo proprio la Sua universale Signoria, cercando di sedurre i popoli con prodigi e falsi miracoli, addirittura simulando la propria resurrezione. Affascinante, seducente, simulatore, orgoglioso, pieno di sé, l’Anticristo combatterà la Santa Chiesa senza esclusione di colpi, ne perseguiterà i Ministri e i fedeli, ne adultererà la dottrina, ne corromperà i chierici facendone dei propri servi.

 

Quello che vediamo accadere nella sfera civile e religiosa da almeno da due secoli, in un continuo crescendo, è la preparazione di questo piano infernale, volto a spodestare Nostro Signore, a rifiutarLo come Dio, come Re e come Sommo Sacerdote, a calpestare empiamente l’Incarnazione e l’opera della Redenzione.

 

Con la festa di Cristo Re noi cooperiamo al ripristino dell’ordine, del κόσμος divino contro il χαός infernale. Restituiamo a Cristo la corona che già Gli appartiene, lo scettro che Gli ha strappato la Rivoluzione. Non perché stia a noi rendere possibile la restaurazione dell’ordine, di cui sarà artefice unico Nostro Signore, ma perché non è possibile prendere parte a questa restaurazione senza che noi vi contribuiamo.

 

Ai tempi della prima Venuta del Salvatore, il regno di Israele e il tempio non avevano né un Re legittimo, né legittimi Sommi Sacerdoti: l’autorità civile e religiosa era ricoperta da personaggi di nomina imperiale. Nella seconda Venuta alla fine del mondo questa vacanza dell’autorità sarà ancora più evidente, perché Nostro Signore ricomporrà in Sé tutte le cose – Instaurare omnia in Christo (Ef 1, 10) – in un momento storico in cui sarà il Male a dominare in tutti gli ambiti della vita quotidiana, in tutte le istituzioni, in tutte le società.

 

E sarà una vittoria trionfale, schiacciante, totale, inesorabile, su tutte le menzogne e i crimini dell’Anticristo e della Sinagoga di Satana.

Aiuta Renovatio 21

Facciamo nostra la preghiera dell’inno Te sæculorum Principem:

 

O Christe, Princeps Pacifer,
Mentes rebelles subjice:
Tuoque amore devios,
Ovile in unum congrega.

 

O Cristo, Principe che porti la vera Pace: sottometti le menti ribelli e riunisci in un solo ovile quanti si sono allontanati dal Tuo amore. E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

26 Ottobre MMXXV
D.N.J.C. Regis
Dominica XX post Pent., ultima Octobris

 

 

NOTE
1) Cfr. Discorso di Paolo VI alla IX Sessione Pubblica del Concilio Vaticano II, 7 Dicembre 1965.

2) Paolo VI, Omelia nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 1972.

3) Inno Te sæculorum Principem nella festa di Cristo Re.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Dominikosaurus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

Continua a leggere

Spirito

Fraternità San Pio X: ingressi al Seminario 2025

Pubblicato

il

Da

L’ingresso al seminario della Fraternità inizia a settembre nell’emisfero settentrionale, mentre nell’emisfero meridionale, presso il Seminario Nuestra Señora Corredentora situato a La Reja, in Argentina, ha luogo all’inizio di marzo. Un articolo recente è già stato dedicato all’ingresso a Flavigny.   Il Seminario Herz Jesu – Seminario del Sacro Cuore – è lieto di accogliere nove nuovi seminaristi. Dopo aver trascorso una settimana a Jaidhof, in Austria, per il ritiro di rientro, i seminaristi sono finalmente arrivati. Sono stati accolti con la celebrazione della Solennità di San Pio X, come ogni anno.   Per quanto riguarda la provenienza dei nuovi arrivati, i paesi di lingua tedesca possono rallegrarsi. Mentre l’anno scorso a Zaitzkofen non erano arrivati ​​tedeschi, quest’anno ce ne sono quattro. Con due svizzeri, il seminario ha di nuovo tra le sue fila dei cittadini della Confederazione. Due polacchi e uno sloveno completano questo nuovo anno di spiritualità.   All’inizio di quest’anno accademico, il seminario conta un totale di 54 seminaristi, superando di uno il record dell’anno scorso. Con un’età media di soli 21,9 anni, il primo anno contribuirà a un notevole ringiovanimento della comunità seminaristica.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine da FSSPX.News

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 
 
Continua a leggere

Più popolari