Economia
Le sanzioni lasciano decine di petroliere inutilizzate
Decine di petroliere che in precedenza trasportavano greggio russo restano attualmente vuote e ferme al largo delle coste russe, cinesi e turche dopo essere state colpite dalle sanzioni occidentali. Lo ha riportato la settimana passata Bloomberg, citando i dati di tracciamento.
Alcune delle 53 navi sarebbero state prese di mira per aver violato il tetto massimo di prezzo del G7 sulle esportazioni di petrolio russo, mentre altre sono state designate per appartenere all’impresa petrolifera statale russa Sovcomflot. Alcune sono state sanzionate per presunti rischi ambientali.
A febbraio, gli Stati Uniti hanno preso di mira la Sovcomflot e più di una dozzina di navi affiliate alla società statale.
Secondo i dati citati dall’agenzia di stampa, quasi tutte le petroliere designate per aver violato le sanzioni di USA, Regno Unito e UE da ottobre non sono state in grado di imbarcare alcun carico da allora. Solo tre di loro sarebbero state caricate e successivamente avrebbero spento i loro transponder per nascondere ulteriori attività.
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Bloomberg osserva che le tariffe del trasporto merci, in calo in parte a causa delle sanzioni, dimostrano che le sanzioni hanno ostacolato il movimento delle navi ma non sono riuscite ad aumentare visibilmente i costi per la Russia per i singoli carichi.
I governi occidentali hanno introdotto il tetto massimo dei prezzi insieme a un embargo sul petrolio russo trasportato via mare nel tentativo di colpire l’economia del paese, mantenendo allo stesso tempo il greggio russo in flusso verso i mercati globali per non innescare aumenti dei prezzi. Le misure sono state imposte a dicembre 2022 e sono state seguite a febbraio 2023 da restrizioni simili sulle esportazioni di prodotti petroliferi russi.
Mosca ha risposto dirottando la maggior parte delle sue esportazioni di energia verso l’Asia, in particolare verso India e Cina, dove il greggio russo può essere venduto a prezzi superiori al tetto massimo dell’Occidente, poiché Nuova Delhi e Pechino hanno scelto di non aderire alle sanzioni contro uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo, scrive RT.
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Economia
Nvidia supera quota 5 trilioni di dollari
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Economia
Goldman Sachs: l’Occidente è indietro di un decennio rispetto alla Cina per quanto riguarda le terre rare
Goldman Sachs ha avvertito che l’Occidente potrebbe impiegare fino a un decennio per contrastare il dominio cinese nel settore delle terre rare. Questi minerali, indispensabili per la maggior parte delle tecnologie contemporanee, restano al centro di una controversia commerciale tra Washington, l’UE e Pechino.
Secondo i dati dell’Agenzia internazionale per l’energia e degli analisti del settore, la Cina gestisce oltre il 90% della raffinazione globale delle terre rare e il 98% della produzione complessiva di magneti.
Sebbene la Cina estragga circa i due terzi dei minerali di terre rare mondiali, controlla anche le fasi di lavorazione e manifattura che li trasformano in componenti utilizzabili.
«Ci vorranno anni per sviluppare catene di approvvigionamento autonome in Occidente», ha dichiarato Daan Struyven, co-responsabile della ricerca globale sulle materie prime di Goldman Sachs, in un podcast di martedì. Ha calcolato che occorreranno circa dieci anni per realizzare una miniera e circa cinque anni per una raffineria.
Ad aprile, la Cina ha introdotto controlli sulle esportazioni di vari elementi delle terre rare impiegati in applicazioni militari, motivandoli con esigenze di sicurezza nazionale e tutela delle risorse strategiche. All’inizio del mese, ha inasprito le norme con licenze più rigorose e clausole extraterritoriali, colpendo soprattutto le forniture destinate all’industria della difesa e dei semiconduttori statunitense.
Gli analisti interpretano le restrizioni di Pechino come una replica alle limitazioni imposte da Washington sui semiconduttori avanzati e sulle attrezzature per chip, in vigore dalla fine del 2022, che hanno compreso il sequestro di uno stabilimento di produzione di chip cinese da parte del governo olandese sotto pressione USA.
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Queste misure intendono ostacolare lo sviluppo cinese di chip di alta gamma che potrebbero potenziare le sue capacità militari e di intelligenza artificiale.
Il presidente statunitense Donald Trump ha affermato che i due Paesi sono «di fatto in una guerra commerciale» e ha minacciato dazi aggiuntivi del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre. La Cina ha giurato di «combattere fino alla fine».
Come riportato da Renovatio 21, in questi giorni Trump ha raggiunto accordi sulle terre rare con l’Australia.
Il ministero del Commercio cinese ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.
Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.
Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
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