Connettiti con Renovato 21

Economia

Le banche svizzere e i futuri blackout: dai pagamenti offline alla moneta digitale stile green pass

Pubblicato

il

Se arrivassero blackout, come faremmo a pagare? Dovremmo stare ore o magari giorni senza la possibilità di comprare prodotti o servizi?

 

Ebbene, il cavallo di troia della moneta digitale potrebbe entrare proprio per risolvere questi scenari.

 

Il problema se lo sono posti in Svizzera alla Fondation Genève place financière (FGPF); certo, gli svizzeri sono un popolo lungimirante e ponderato, ma si vede che ritengono l’eventualità di blackout non del tutto remota. La differenza della classe dirigente svizzera, rispetto a quella di molte altre Nazioni, sta nel fatto che non vivono di frottole alla giornata e Pulcinella non è di certo eroe nazionale.

 

Le soluzioni tecnicamente possibili sono poche. Ma quella più sicura da frodi sarebbe una specie di moneta digitale. Questo ve lo diciamo noi, perché la regia sta ancora facendo finta di non averci pensato.

 

La soluzione più antiquata per permettere pagamenti senza contanti sarebbe un ritorno alle vecchie carte di credito. Un tempo però le carte di credito avevano i dati scritti in sovraimpressione su su supporto cartaceo: quando si voleva pagare con la carta di credito il negoziante passava la carta in un apparecchio che copiava i dati della carta su della carta carbone. A quel punto il credito veniva stornato periodicamente presso l’istituto bancario del venditore, che doveva portare fisicamente all’istituto bancario le copie-carbone delle carte di credito.  Di certo, tuttavia, in quegli anni non tutti i negozianti accettavano carte di credito da qualsiasi pagatore perché di fatto funzionavano esattamente come degli assegni e il credito poteva risultare scoperto.

 

Anzi, addirittura la carta di credito poteva risultare falsa e inesistente. Infatti, eredità di quegli anni, ancora oggi può capitare che per poter pagare con carta si richieda di esibire  un documento di identità.

 

Con l’attuale sistema di credito elettronico invece la verifica del credito disponibile e dell’identità del pagatore sono effettuate in tempo reale, collegandosi ai circuiti centralizzati di banche e carte di credito e leggendo il chip che c’è sulla carta.

 

Ma se non ci fosse la corrente elettrica come si farebbe? Non si pagherebbe più? Si tornerebbe ai sistemi insicuri degli anni ‘60

 


Certo, si potrebbero riesumare questi sistemi antiquati per importi bassi; giusto per permettere ai consumatori di comprare da mangiare durante un blackout. Con basso rischio di frodi per i venditori.

 

«Per esempio nei caselli autostradali in Francia si può pagare con la carta di credito senza che la transazione sia verificata dalla banca» ha detto direttore di FGPF Edouard Cuendet. «L’approccio funziona molto bene per i piccoli importi. Si potrebbe ampliare questo sistema ai commerci, ma non a transazioni di grande ampiezza, perché c’è il rischio di malversazioni. Bisogna essere prudenti», riporta un articolo di Tutti.ch, che introduce il tema dei «possibili pagamenti offline».

 

In realtà oggi esisterebbe una tecnologia per verificare che un pagamento a credito non sia scoperto senza dover usare un circuito bancario centralizzato: si tratta della tecnologia blockchain, su cui si basano tutte le criptovalute.

 

Come funziona? Semplicemente prevede che tutta la catena di transazioni ( di tutti gli utenti) sia registrata su un registro distribuito, che può – e anzi deve – essere scaricato periodicamente da tutti gli utenti del circuito. Più o meno come funzionava il green pass: se vi ricordate per verificare la validità di un green pass il controllore doveva avere una app e doveva collegarsi a internet almeno una volta ogni 48 ore. Poi per 48 ore era autonomo. Questo perché – stiamo semplificando – almeno ogni 48 ore doveva essere scaricato il registro aggiornato coi certificati dei nuovi green pass rilasciati e ritirati. La cosa funzionerebbe così anche coi pagamenti.

 

E le criptovalute funzionano esattamente in questo modo: esiste un grande registro delle transazioni condiviso e redistribuito che viene aggiornato da tutti gli utenti del circuito. Senza alcuna possibilità di frode, perché è matematicamente impossibile falsificare alcunché, dato che viene usato un sistema di firme digitali ineludibile – in teoria.

 

In tal modo, se venisse usato un sistema blockchain e doveste pagare 100 euro, il venditore potrebbe stare certo che fino all’ultimo aggiornamento della app predisposta (magari 5 ore prima) il compratore disponeva davvero di 100 euro.

 

Certo, nell’arco di quelle 5 ore di blackout un pagatore truffaldino potrebbe avere speso quei 100 euro altre volte con altri venditori. E questi se ne accorgerebbero solo al prossimo aggiornamento dei registri distribuiti delle transazioni. Con le normali criptovalute – non per nulla – i registri distribuiti vengono aggiornati al massimo nell’arco di pochi minuti.

 

Ad ogni modo, una soluzione tecnologica del genere resterebbe comunque l’opzione migliore, anche se vi fossero tempi da latenza elevati tra un aggiornamento e l’altro dei registri. Sicuramente più efficiente che non tornare alla carta carbone degli anni ’60.

 

Si aggiunga che, dopotutto, questi applicativi possono girare su smartphone, che sono veri e propri computer portatili con autonomia lunga. E per ricaricarli basta una quantità modesta di corrente elettrica, ottenibile magari da piccoli pannelli solari.

 

Per evitare l’inconveniente sopra visto, sarebbe sufficiente la permanenza della rete 4G, che permetterebbe di mantenere costantemente aggiornati i registri distribuiti di un’eventuale moneta digitale su tutti gli smartphone degli utenti e, specialmente, dei venditori. In base a quanto vi abbiamo accennato, è chiaro infatti che il problema della connettività per aggiornare il registro distribuito ce l’avrebbe chi incassa, non chi paga.

 

Peraltro – chi ha mai provato a pagare in criptovalute nei posti che le accettano lo sa – la transazione avviene esattamente come l’esibizione del green pass: si deve esibire un QR code sullo smartphone e premere un bottone verde  sul display per autorizzare la transazione.



Di fatto avete già pagato con una siffatta moneta digitale, solo che in quel caso il prodotto acquistato era la vostra libertà di movimento e l’importo pagato era una puntura o un tampone.

 

Ecco, fare la spesa in un Paese trafitto dai blackout funzionerebbe nello stesso identico modo. Esibendo un QR code vi direbbero «sì, può uscire con la spesa» e vi trovereste qualche soldo in meno sul portafoglio digitale dello smartphone.

 

Il green pass palesemente non serviva per risolvere l’emergenza sanitaria e sarebbe buffo scoprire che ora serve per risolvere l’emergenza dei blackout.

 

Fa sempre bene citare questa massima pokeristica: «se ti siedi ad un tavolo da poker e dopo 20 minuti non hai ancora capito chi è il pollo, beh il pollo sei tu».

Che tradotta nel contesto suonerebbe come: «se dopo 3 anni non hai capito che il tuo ministero della Salute non è un pollo, allora il pollo sei tu».

 

 

Gian Battista Airaghi

 

 

Continua a leggere

Economia

Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Pubblicato

il

Da

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.

 

La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.

 

Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».

 

Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.

 

Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.

Sostieni Renovatio 21

Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.

 

Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.

 

A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.

 

Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.

 

Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.

 

A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

 

Continua a leggere

Economia

Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

Pubblicato

il

Da

Il presidente degli Stati Uniti Donaldo J. Trump ha dichiarato di apprezzare ancora Elon Musk, nonostante un acceso diverbio tra i due all’inizio di quest’anno. Trump ha tuttavia avvertito che i piani del CEO di Tesla di creare un proprio partito politico si riveleranno infruttuosi.   Musk «è una brava persona», ha detto Trump mercoledì a Scott Jennings, conduttore dello Scott Jennings Show su Salem Radio, definendo il magnate statunitense un «brav’uomo» e un «uomo di buon senso».   Musk ha sostenuto Trump nelle elezioni del 2024 e ha ricoperto temporaneamente la carica di capo del Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE) prima che i due litigassero pubblicamente sul pacchetto di spesa del presidente, il «Big Beautiful Bill».   Come riportato da Renovatio 21, dopo il litigio il Musk avrebbe cambiato numero, mentre il presidente ha dichiarato di prendere in considerazione la deportazione del miliardario immigrato. Musk aveva accusato in un post Trump di essere coinvolto nel caso Epstein, e suggerito di poter fermare il programma spaziale statunitense.   Secondo il presidente degli Stati Uniti, il miliardario di origini sudafricane è «per l’80% un super genio e per il 20% ha qualche problema». Trump ha anche affermato di aver «sempre» apprezzato Musk e di continuare a pensare bene di lui.   Trump ha tuttavia sostenuto che l’ambizione di Musk di creare un nuovo partito politico statunitense si sarebbe rivelata infruttuosa. «Cosa farà? Si schiererà con i lunatici della sinistra radicale? … Non credo che abbia scelta». Il presidente ha aggiunto che vorrebbe che il magnate della tecnologia tornasse a sostenere i repubblicani.   Come riportato da Renovatio 21, già in passato Musk si era detto pentito degli attacchi, con Trump a segnalare una disponibilità al perdono.

Sostieni Renovatio 21

Dopo essersi dimesso dal DOGE, il miliardario aveva annunciato che avrebbe fondato una propria fazione politica per sfidare il sistema bipartitico e presentare candidati alle elezioni di medio termine del 2026. Il mese scorso, ha raddoppiato il suo piano, stroncando un articolo del Wall Street Journal in cui si sosteneva che avesse abbandonato l’idea.   A un certo punto ha azzardato che il suo America Party si sarebbe concentrato sul Congresso degli Stati Uniti in vista delle elezioni di medio termine del 2026, «ma sostenere un candidato alla presidenza non è fuori questione».   In precedenza Trump aveva definito Musk un «disastro ferroviario» e aveva sostenuto che le terze parti «non hanno mai avuto successo negli Stati Uniti», avvertendo che le azioni del miliardario avrebbero solo creato «caos».   Parlando mercoledì del litigio con Musk, Trump ha affermato che l’imprenditore tecnologico «ha esagerato e si pente di non averlo fatto». Musk non ha ancora commentato le parole concilianti del presidente.   Nel frattempo è emerso che Musk, già la persona più ricca del mondo, potrebbe diventare il primo triliardario dopo che il consiglio di amministrazione di Tesla ha presentato un nuovo, massiccio pacchetto retributivo per il suo CEO, per consentirgli di concentrarsi sul produttore di veicoli elettrici in difficoltà. Lo riporta la CNN.   Il pacchetto gli garantirebbe ulteriori azioni Tesla se l’azienda riuscisse a crescere ben oltre il suo valore attuale, con una capitalizzazione di mercato di gran lunga superiore a quella mai raggiunta da qualsiasi altra azienda. Il precedente pacchetto retributivo di Musk, che ha contribuito in modo significativo alla sua enorme ricchezza, prevedeva anche ambiziosi piani di crescita che un tempo sembravano impossibili da raggiungere, ma che Tesla si è dimostrata in grado di raggiungere facilmente.   Il nuovo pacchetto retributivo potrebbe garantire a Musk 423,7 milioni di azioni Tesla aggiuntive. Al valore attuale delle azioni, queste azioni varrebbero 143,5 miliardi di dollari.   Ma Musk otterrebbe quelle azioni solo se il valore delle azioni Tesla aumentasse significativamente nei prossimi anni. Il valore complessivo delle azioni della società dovrebbe raggiungere gli 8,5 trilioni di dollari affinché Musk possa ottenere tutte le azioni, significativamente al di sopra dell’attuale capitalizzazione di mercato di 1,1 trilioni di dollari.   Le 423,7 milioni di nuove azioni che Musk otterrebbe con questo pacchetto varrebbero quasi 1 trilione di dollari se la società raggiungesse gli obiettivi di valutazione più elevati specificati nella dichiarazione di delega di venerdì.   Se le azioni Tesla riuscissero a raggiungere la capitalizzazione di mercato di 8,5 miliardi di dollari, potrebbe diventare l’azienda più preziosa di sempre. Valuterebbe circa il doppio dell’attuale valore di mercato di Nvidia, l’azienda attualmente più ricca presente sul mercato. Tesla è già la casa automobilistica più ricca con un ampio margine, anche se le case automobilistiche tradizionali, come la seconda casa automobilistica più ricca, Toyota, vendono molti più veicoli e ora realizzano maggiori profitti.   La dichiarazione di delega dell’azienda, che illustrava il piano di pagamento di Musk, includeva anche una proposta degli azionisti affinché Tesla acquisisse una partecipazione nella società privata xAI, l’azienda di intelligenza artificiale di cui Musk è anche proprietario. Ciò potrebbe aiutare Elon Musk a consolidare ulteriormente il suo crescente impero commerciale.

Iscriviti al canale Telegram

xAI ha recentemente acquistato X, la piattaforma di social media precedentemente nota come Twitter, che Musk ha acquistato per 44 miliardi di dollari di tasca propria nel 2022. L’azienda non ha preso posizione a favore o contro la proposta degli azionisti, che non fornisce dettagli sull’entità della partecipazione che Tesla dovrebbe acquisire in xAI e a quale prezzo.   Tuttavia un investimento del genere potrebbe arricchire ulteriormente Tesla, dato che Musk è il principale proprietario di xAI.   Musk possiede attualmente 410 milioni di azioni Tesla, per un valore di 139 miliardi di dollari al prezzo di chiusura di giovedì. Questa partecipazione, insieme alle sue partecipazioni in xAI, nella società di razzi SpaceX e in diverse altre aziende che ha fondato e gestisce, lo hanno reso la persona più ricca del pianeta, con un patrimonio di 378 miliardi di dollari secondo il tracker dei miliardari di Bloomberg.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Continua a leggere

Economia

La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

Pubblicato

il

Da

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.

 

In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».

 

«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.

 

Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.

Sostieni Renovatio 21

Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.

 

L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.

 

Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.

 

I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.

 

Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.

 

Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0

 

Continua a leggere

Più popolari