Geopolitica
La Transnistria chiede l’aiuto di Mosca

La Transnistria, una Repubblica non riconosciuta che si è separata de facto dalla Moldavia all’inizio degli anni Novanta, ha chiesto aiuto alla Russia mercoledì nonostante la crescente pressione di Chisinau, che descrive come un «blocco economico». Lo riporta il sito governativo russo RT.
La richiesta di aiuto è stata lanciata in un congresso dei legislatori transnistriani a tutti i livelli, che ha adottato una dichiarazione in materia dove si è chiesto a Mosca di adottare «misure per proteggere la Transnistria nonostante la crescente pressione della Moldavia», sottolineando che quasi la metà delle 450.000 persone che vivono nel Paese non riconosciuto sono cittadini russi.
«Abbiamo chiesto di intensificare le misure politiche e diplomatiche, poiché la Federazione Russa è uno dei mediatori internazionali nel processo di risoluzione», ha spiegato il ministro degli Esteri dell’autoproclamata repubblica, Vitalij Ignatev, parlando all’emittente russa Rossiya 24.
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Il congresso ha anche sollevato la questione del «blocco economico» con il segretario generale dell’ONU, l’OSCE, il Parlamento dell’UE e altri organismi e organizzazioni internazionali, esortandoli a fare pressione su Chisinau.
Mosca ha prontamente reagito alla richiesta di aiuto, promettendo di rispondervi a breve. «Proteggere gli interessi dei residenti della Transnistria, i nostri compatrioti, è una delle nostre priorità. Tutte le richieste vengono sempre attentamente valutate», ha affermato in una nota il ministero degli Esteri russo.
Il Parlamento russo valuterà la richiesta della Transnistria non appena il documento arriverà effettivamente a Mosca, ha detto a RIA Novosti Konstantin Zatulin, un deputato senior della camera bassa, la Duma di Stato.
La mossa è già stata condannata dalla Moldavia, con il vice primo ministro del paese per la reintegrazione, Oleg Serebjan, che ha respinto l’appello di Tiraspol come «propaganda» e negato di aver messo il territorio separatista sotto un “blocco economico”.
«Il Vice Primo Ministro per la Reintegrazione e l’Ufficio per le Politiche di Reintegrazione del Governo Moldavo respingono fermamente le dichiarazioni propagandistiche di Tiraspol. Sottolineano che la regione transnistriana della Repubblica di Moldavia gode di politiche di pace, sicurezza e integrazione economica con l’Unione Europea», ha affermato il Serebjan in una nota.
La Transnistria, una stretta striscia di terra tra la riva sinistra del fiume Dnester e l’Ucraina, ha proclamato l’indipendenza da Chisinau all’inizio degli anni Novanta, poco dopo il crollo dell’Unione Sovietica.
In seguito al fallito tentativo di Chisinau di rivendicare il territorio con la forza, nel 1992 fu raggiunto un cessate il fuoco, con la Russia che manteneva una piccola forza di mantenimento della pace nella regione.
Nel corso degli anni, Tiraspol ha compiuto numerosi passi per integrarsi con Mosca, con la popolazione della repubblica che sosteneva in grande maggioranza l’idea di unirsi alla Russia a metà degli anni 2000.
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La situazione politica in Moldavia, ad ogni modo, è da diversi mesi polarizzata sino all’incandescenza, con l’ex presidente Igor Dodon, capo dell’opposizione, che ha dichiarato che il presidente Maia Sandu sarebbe «controllata dall’estero». «Sandu ha il compito di coloro che la controllano dall’estero, di rendere la Moldavia parte della NATO», ha affermato il Dodon.
Sotto la guida della Sandu, il governo moldavo è diventato sempre più critico nei confronti della Russia e ha represso i sentimenti filo-russi all’interno del Paese, bandendo di recente il partito Sor, che le autorità hanno accusato di essere uno strumento degli «oligarchi».
Come riportato da Renovatio 21, la Sandu ha accusato Mosca di complottare per rovesciare il suo governo e destabilizzare la situazione in Moldavia. Mosca ha respinto con veemenza tali affermazioni.
Vari canali TV sono stati bloccati in Moldavia, russi o considerati «filorussi».
In Agosto la Moldavia aveva vietato l’ingresso nel Paese al noto musicista balcanico Goran Bregovic, ritenuto filorusso.
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Geopolitica
La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

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Geopolitica
Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

Afghanistan e Pakistan hanno dichiarato un cessate il fuoco temporaneo, mettendo fine agli scontri iniziati mercoledì mattina tra le loro forze. Più di una dozzina di civili sono stati uccisi nell’ultimo conflitto armato tra i due paesi vicini.
Il ministero degli Esteri pakistano ha comunicato, alcune ore dopo lo scontro, che Kabul e Islamabad hanno concordato una tregua di 48 ore, con inizio alle 18:00 ora locale di mercoledì.
Nella sua nota, il ministero ha sottolineato che entrambe le parti «si impegneranno sinceramente attraverso il dialogo per trovare una soluzione positiva ai loro problemi complessi ma risolvibili».
In precedenza, il portavoce dei talebani afghani Zabihullah Mujahid aveva scritto su X che le forze pakistane avevano avviato un attacco, utilizzando «armi leggere e pesanti», causando la morte di 12 civili e il ferimento di oltre 100 persone.
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Il portavoce aggiunto che le forze afghane hanno risposto al fuoco, uccidendo un «gran numero» di soldati, confiscando armi e carri armati pakistani e distruggendo installazioni militari.
Ali Mohammad Haqmal, portavoce del distretto di Spin Boldak, in Afghanistan, luogo dello scontro, ha stimato che le vittime civili siano state 15. Secondo l’AFP, un funzionario dell’ospedale locale ha riferito che tra i feriti ci sarebbero 80 donne e bambini.
Islamabad ha definito le accuse «oltraggiose» e «palesi menzogne», sostenendo che i talebani afghani abbiano iniziato le ostilità attaccando una postazione militare pakistana e altre aree vicino al confine. L’esercito pakistano ha dichiarato di aver respinto l’assalto, uccidendo 37 combattenti talebani in due operazioni distinte.
Secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti di sicurezza anonime, lo scontro sarebbe durato circa cinque ore.
Il conflitto segue un’escalation di scontri avvenuta nel fine settimana, durante la quale Afghanistan e Pakistan si sono accusati a vicenda per le vittime. I talebani hanno affermato di aver ucciso 58 soldati pakistani, mentre Islamabad ha dichiarato di aver conquistato 19 posti di frontiera afghani.
Le tensioni transfrontaliere tra Afghanistan e Pakistan sono aumentate negli ultimi anni, con entrambe le parti che si accusano ripetutamente di ospitare militanti.
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Geopolitica
Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato. Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti. Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.🟡Following the completion of examinations at the National Institute of Forensic Medicine, the fourth body handed over to Israel by Hamas does not match any of the hostages. Hamas is required to make all necessary efforts to return the deceased hostages.
— Israel Defense Forces (@IDF) October 15, 2025
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