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Essere genitori

La strage della famiglia adottiva con due mamme

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Una giuria speciale della California ha dichiarato ad inizio aprile che due donne si sono uccise coinvolgendo nell’omicidio-suicidio i loro sei figli adottati. I fatti risalgono al marzo 2018. La macchina delle due donne, unite in matrimonio omosessuale come da nuova legge americana, è stata ritrovata sotto un dirupo di 30 metri.

 

Le due donne bianche avevano adottato sei bambini di colore, tutti morti.

 

Sarah Hart aveva assunto 42 dosi di Benadryl, mentre Jennifer Hart, l’autista, aveva una concentrazione di alcol nel sangue dello 0,102% quando ha spinto la macchina giù dalla scogliera. In California, è illegale per i conducenti avere un livello di 0,08 percento o superiore.

 

Jennifer – la figura dominante della coppia – viaggiava con i bambini ai festival musicali diverse settimane l’anno; Sarah era una commessa dei negozi Kohl. La famiglia riceveva circa $ 2000 al mese in assistenza all’adozione.

 

La storia, raccontata dal New York Times dal quale attingiamo, è tuttavia è ben più agghiacciante del semplice omicidio-suicidio per incidente stradale.

Le due donne bianche avevano adottato sei bambini di colore. Ora sono tutti morti.

 

Alle 15.38 di lunedì 26 marzo 2018 una turista tedesca chiamò la polizia da Juan Creek, lungo l’autostrada panoramica californiana Highway 1. Aveva notato qualcosa di strano: sembrava un veicolo sportivo o un’utilitaria ribaltato nell’oceano Pacifico.

 

All’arrivo della pattuglia, gli agenti trovarono il SUV. Jennifer Hart era al volante e sua moglie, Sarah Hart, intrappolata fra il tettuccio e i sedili posteriori. Erano entrambe senza vita.

 

Una coppia di madri omosessuali – una dittatoriale ed eccentrica, l’altra costantemente al lavoro e raramente a casa – che distribuivano pene crudeli e perennemente negavano il cibo ai loro sei figli.

Nell’arco di tre settimane la polizia scoprì anche i resti di quattro dei sei figli delle Hart – Mark, 19 anni; Jeremiah, 14 anni; Abigail, 14 anni; Ciera, 12 anni – e ne dichiararono il decesso. Scoprirono anche resti ossei in una scarpa da donna, e confermarono che si trattava dei resti di Hannah, 16 anni. Devonte, 15 anni, a gennaio era ancora considerato scomparso, ma si presume sia morto.

 

Jennifer, 38 anni, era ubriaca nel momento dell’accaduto e Sarah, 38, e due dei bambini avevano nel sangue una quantità di antistaminici tale da causare assopimento.

 

Punizioni e crudeltà

Le oltre 1.000 pagine di documenti investigativi divulgati dalla polizia dello stato di Washington – ultima dimora della famiglia omogenitoriale – mostrano un ritratto vivido della coppia e dei loro figli adottivi. Dipingono Jennifer e Sarah come madri adottive sottoposte a una crescente tensione, che fuggivano ai primi segnali di problemi e facevano terra bruciata intorno ai figli man mano che le indagini si intensificavano.

 

I bambini dovevano alzare la mano prima di parlare, erano nei guai se ridevano a tavola e in un caso fu loro proibito di dire ad uno dei bambini, Markis, «Buon compleanno» il giorno del suo compleanno.

Dozzine di pagine di rapporti redatti  da funzionari per l’assistenza ai minori dipingono il ritratto di una coppia di madri omosessuali – una dittatoriale ed eccentrica, l’altra costantemente al lavoro e raramente a casa – che distribuivano pene crudeli e perennemente negavano il cibo ai loro sei figli.

 

Gli investigatori hanno anche intervistato almeno due donne che conoscevano la famiglia, e hanno dipinto un inquietante ritratto della vita domestica di questa famiglia omogenitoriale. Hanno detto agli investigatori che i bambini dovevano alzare la mano prima di parlare, erano nei guai se ridevano a tavola e in un caso fu loro proibito di dire ad uno dei bambini, Markis, «Buon compleanno» il giorno del suo compleanno.

 

In un altro episodio, è stato raccontato agli investigatori, Jennifer era rimasta con i bambini a casa sua. Ordinarono la pizza, ma Jennifer avrebbe permesso ai suoi figli di avere solo una piccola fetta ciascuno. La mattina dopo, però, la pizza era sparita – e Jennifer era arrabbiata, secondo i documenti. Disse alla donna che nessuno dei bambini avrebbe fatto colazione perché nessuno di loro aveva ammesso di aver mangiato la pizza. La donna ha detto che Jennifer avrebbe poi costretto tutti i bambini a sdraiarsi sul loro letto per circa cinque ore come punizione.

 

Scrive il NYT: «Come, si chiedono i conoscenti, una famiglia che sembrava così felice e normale nelle foto può nascondere una vita così oscura?

Affido con tendenze suicide

 Secondo la dettagliosa ricostruzione del NYT, Jennifer Jean Hart e Sarah Margaret Gengler crebbero a 150 miglia di distanza nel South Dakota e si incontrarono alla Northern State University. Già nel  2005 convivevano ad Alexandria, Minnesota.

 

Dai documenti delle indagini emerge che ebbero in affido una sedicenne, che venne loro tolta per «tendenze suicide e minacce». La coppia era in procinto di adottare e disse: «Non vogliamo energia negativa intorno ai nostri bambini», come riportano i documenti.

 

L’assistente sociale aveva «caldamente raccomandato» la famiglia per l’adozione di un secondo gruppo di gemelli

Markis, Hannah e Abigail vennero affidati alle Hart il 4 marzo 2006 e la procedura di adozione venne completata sei mesi dopo. In un anno, le due donne trascorsero almeno 15 ore a prepararsi su temi come «l’esaltazione della diversità etnica» e «aiutare i bambini vittime di abusi».

 

«La famiglia Hart coglieva ogni occasione per valorizzare il patrimonio etnico dei figli», aveva scritto un assistente sociale in un rapporto per il Permanent Family Research Center, casa famiglia e agenzia di adozioni a Fergus Falls, Minnesota, che venne chiusa dopo una denuncia per violazioni del codice. L’assistente sociale aveva «caldamente raccomandato» la famiglia per l’adozione di un secondo gruppo di gemelli.

 

Jeremiah, Devonte e Ciera vennero adottati nel giugno 2008, come si legge nei documenti; Jennifer e Sarah si sposarono in Connecticut, dove il matrimonio omosessuale era già legale, l’anno seguente.

 

In una e-mail datata marzo 2009, Jennifer comunicava il nuovo progetto della famiglia: Sarah «sta cercando di rimanere incinta», scrisse.

 

«Ne parliamo da ormai 10 anni, ora abbiamo scelto il donatore», scrisse Jennifer. «Questo mese farà per la prima volta tutto il percorso. È abbastanza snervante».

 

Ma in luglio, scrisse in un’altra mail, il dottore «non riusciva più a sentire il battito».

 

Sei giorni dopo, aggiornò il suo destinatario: «Il bambino non ce l’ha fatta».

 

Ogni turbolenza veniva mascherata da video pubblici e post sui social media che le faceva apparire come una famiglia felice

Violenza domestica

Nell’agosto 2010, in una mail a un’altra donna, Jennifer si lamentava di Sarah perché aveva «detto cose molto offensive».

 

«Per un periodo mi sono sentita poco apprezzata e data per scontata nella relazione … e a volte non mi sentivo amata – scrisse – nel profondo del mio cuore so quanto mi ama … ma non è in grado di dimostrarmelo».

 

«Sentivo che stavo crescendo i bambini da sola – aggiunse –Ho bisogno di staccare».

 

Pochi mesi dopo, il Minnesota Child Welfare ricevette sei denunce di abusi e negligenze commessi dalle Hart – due delle quali ritenute verosimili. In un episodio, Sarah ammise di aver alzato le mani su Abigail. Dai rapporti si apprende che Sarah fu ritenuta colpevole del reato minore di violenza domestica. La disputa era iniziata per un penny, un centesimo di dollaro: i genitori ne scoprirono uno nella tasca di Abigail e la accusarono di mentire su come l’aveva preso. Ne seguì una sculacciata, che secondo le dichiarazioni documentate di Sarah Hart «andò fuori controllo».

In un episodio, Sarah ammise di aver alzato le mani su Abigail. Dai rapporti si apprende che Sarah fu ritenuta colpevole del reato minore di violenza domestica

 

La famiglia fece il primo grande trasloco a West Linn, Oregon, dove un anonimo comunicò alle autorità che i figli delle Hart apparivano malnutriti. Gli investigatori dell’Oregon avviarono un’inchiesta e interrogarono alcune donne che conoscevano la famiglia, che descrissero le Hart come genitori militari che imponevano ai figli una disciplina molto rigida. «Erano addestrati come Robot», riporta un articolo dell’anno passato.

 

Il discorso della privazione del cibo emerse più volte.

In un episodio del 2011, Hannah disse a un’infermiera della scuola che non aveva mangiato. Jennifer Hart si arrabbiò e spinse una banana e delle noci nella bocca del la bambina. Di fronte a questo fatto, Sarah Hart sostenne che la figlia Hannah stava «giocando alla food card» e che avrebbe dovuto semplicemente bere dell’acqua.

Un operatore per l’assistenza ai minori riferì che la scuola per bambini smise di chiamare le due madri, perché i funzionari temevano che i bambini sarebbero stati puniti.

 

Alla fine, un operatore per l’assistenza ai minori riferì che la scuola per bambini smise di chiamare le due madri, perché i funzionari temevano che i bambini sarebbero stati puniti. Alla fine, le signore Hart tirarono via i bambini da scuola, iniziarono a fare homeschooling e poi si trasferirono.

 

Ogni turbolenza veniva mascherata da video pubblici e post sui social media che le faceva apparire come una famiglia felice, seppur eccentrica. I video di YouTube pubblicati da Jennifer, infatti, mostrano Devonte che balla mentre gli altri figli intonano We Are So Provided For.

 

Ma a una manifestazione del 2014 a Portland, Oregon, contro le violenze della polizia, Devonte venne fotografato con espressione sofferente abbracciato a un poliziotto bianco. L’immagine diventò virale e segnò il momento per trasferirsi di nuovo.

Un anonimo comunicò alle autorità che i figli delle Hart apparivano malnutriti

 

Il problema, notò un assistente sociale del Minnesota, era che Jennifer e Sarah Hart «sembravano normali». Una vicina settantunenne le definisce «ragazze molto amichevoli», tuttavia dice al quotidiano americano che non conosceva bene i loro figli perché le madri «non li lasciavano uscire di casa molto spesso». Quando lo facevano, i bambini erano «molto disciplinati». «Scendevano tutti gli scalini a file singolo e uscivano nella fila singola del cortile». Il comportamento dei bambini la infastidiva, perché «non era quello dei bambini normali».

 

L’uccisione dei bambini

Nel maggio 2017 le Hart vivevano in un terreno di oltre 2 acri a Woodland, Washington. Le uniche due abitazioni nelle vicinanze erano chiuse da file di alberi e steccati. Bruce e Diana DeKalb vivevano in una di queste. Dissero agli investigatori che erano eccitati all’idea di avere dei nuovo vicini, ma li vedevano così di rado che si chiedevano se davvero una famiglia si fosse trasferita.

 

Era vero. All’1.30 di notte nell’agosto del 2017, Hannah suonò alla porta dei DeKalb e si precipitò all’interno. Le mancavano due denti ed era talmente magra che sembrava avere 6 o 7 anni, dissero i DeKalb in un’intervista.

All’1.30 di notte nell’agosto del 2017, Hannah suonò alla porta dei DeKalb e si precipitò all’interno. Le mancavano due denti ed era talmente magra che sembrava avere 6 o 7 anni, dissero i DeKalb in un’intervista.

 

 «Potete portarmi a Seattle?» aveva chiesto al signor DeKalb, 63 anni.

Hannah raccontò di aver saltato dalla finestra del secondo piano per scappare. Disse di essere stata frustata e che le sue madri erano razziste.

 

Pochi minuti dopo, le madri di Hannah si presentarono alla porta e Hannah si nascose in camera da letto. Alla fine, la signora DeKalb concesse un po’ di tempo a Jennifer e Hannah per parlare da sole. Quando tornarono, Hannah si scusò e tornarono a casa.

 

Hannah e la famiglia tornarono la mattina seguente con una lettera di scuse. Jennifer spiegò che Hannah era bipolare e che non aveva accettato la morte del loro gatto. Infatti, insistette Jennifer, i bambini amavano la nuova casa, proprio come amavano l’avventura. I bambini annuirono.

 

«Era così convincente», disse la signora DeKalb, 59 anni, riferendosi a Jennifer. Ma era ancora preoccupata. Nei mesi che seguirono, nessuno dei bambini parlò con lei.

 

La famiglia ha acquisito notorietà internazionale da una foto ampiamente condivisa del figlio Devonte Hart che abbraccia un sergente di polizia bianco durante una dimostrazione del 2014 a Portland, Oregon.

Poi, nel marzo 2018, Devonte iniziò a bussare alla loro porta in cerca di cibo.

Devonte disse che le madri avevano nascosto il cibo per punizione, ma chiese di non far sapere alla «mamma» che era stato lì. Quando la DeKalb chiese quale mamma, lui spiegò che c’erano «mamma e Sarah», e che «mamma era la responsabile degli abusi». Sarah non era d’accordo ma «tollerava» il comportamento di Jennifer.

 

«Dal profondo del cuore, assolutamente, credo a quello che mi ha detto», disse la signora DeKalb.

 

Devonte chiese anche di non chiamare la polizia perché temeva che la famiglia sarebbe stata divisa. Ma nei giorni successivi la signora DeKalb disse di avere intenzione di farlo. La notte seguente, quando Devonte si presentò alla loro porta, chiese: «Hai già chiamato?»

 

Devonte venne fotografato con espressione sofferente abbracciato a un poliziotto bianco. L’immagine diventò virale e segnò il momento per trasferirsi di nuovo.

Fu il signor DeKalb a contattare l’agenzia statale per la tutela dei minori il 23 marzo 2018.

In seguito furono travolti da un pensiero orribile: «Siccome le abbiamo segnalate, loro hanno preso i bambini e li hanno uccisi».

 

La fine

Non c’era niente di strano nell’atteggiamento di Sarah quel venerdì, disse agli investigatori uno dei colleghi di Sarah, che lavorava nel negozio Kohl’s. Altri invece ricordano che in passato faceva strane lamentele sui bambini e diventava visibilmente turbata dopo le chiamate di Jennifer.

 

Sarah lamentava che i bambini «non facevano nulla da soli», che avevano «problemi con il cibo» e che non potevano entrare in cucina.

Il vicedirettore disse anche che Sarah si preoccupava molto quando Jennifer chiamava o le mandava messaggi durante il lavoro, a volte usciva dalla stanza in lacrime e a pezzi dopo le telefonate.

Sarah lamentava che i bambini «non facevano nulla da soli», che avevano «problemi con il cibo» e che non potevano entrare in cucina.

 

Sarah raccontò al capo che Jennifer soffriva di depressione e disse a un altro collega che Jennifer «stava a letto a piangere tutto il giorno». Nei documenti delle indagini si legge che un parente stretto di Jennifer era «preoccupato per la sua salute mentale».

 

Il vicedirettore raccontò agli investigatori una conversazione con Sarah che gli rimase impressa: una volta gli aveva detto che «sperava che qualcuno le avesse detto che andava bene lo stesso non avere una famiglia numerosa».

 

«Allora – disse Sarah – non avremmo adottato i bambini».

 

Il SUV lanciato giù dalla scogliera

Con tutto quello che stava accadendo a casa, disse il direttore, «Sarah non aveva mai saltato il lavoro».

 

I video esaminati dagli investigatori mostrano Sarah Hart lasciare Kohl’s intorno alle 17:26 del 23 marzo su una Pontiac bianca. Un ufficiale del servizio di tutela dei minori, attivato dalla chiamata del signor DeKalb, arrivò alla casa delle Hart circa 10 minuti prima e vide il SUV color oro imboccare la strada e accostarsi vicino alla casa, secondo il rapporto. L’assistente sociale bussò alla porta principale. Nessuna risposta. Lasciò il suo biglietto da visita. Prima delle 3 del mattino seguente Sarah Hart inviò un messaggio ad almeno tre colleghi: «Pensavo di riuscire a venire a lavorare, ma sono troppo ammalata».

 

Le autorità esaminarono il video di quella che sembra Jennifer a un negozio Safeway la mattina di domenica 25 marzo. Il supermercato era a circa 25 miglia da Juan Creek sulla Highway 1.

 

Gli inquirenti tornarono alla casa delle Hart il giorno successivo. Il SUV era sparito; una turista tedesca l’avrebbe ritrovato qualche ora dopo, ribaltato sulla scogliera a strapiombo nell’oceano Pacifico. 

 

 

 

 

 

 

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«Influencer» per genitori condannata per abusi su minori

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Una madre americana di sei figli, i cui consigli online sui genitori hanno attirato più di due milioni di abbonati su YouTube, è stata condannata il mese scorso ad almeno quattro anni di carcere con l’accusa di aggravamento di abusi su minori.

 

Ruby Franke, 42 anni, che gestiva il canale YouTube «8 Passengers», ora cancellata, è stata arrestata lo scorso agosto nello stato americano dello Utah quando suo figlio dodicenne malnutrito è scappato dalla casa di un’altra donna, Jodi Hildebrandt, 54 anni, per chiedere cibo e acqua a un vicino.

 

Il bambino era stato legato con nastro adesivo e aveva ferite aperte visibili a causa dell’essere stato legato con una corda, secondo i documenti della polizia. Hildebrandt, con il quale Franke collaborava in un’impresa commerciale separata, è stata condannata alla stessa pena detentiva di quattro pene da uno a 15 anni ciascuna.

 

Entrambe si erano dichiarate colpevoli a dicembre delle accuse di abuso aggravato di secondo grado su minori.

 

 

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Scusandosi con i suoi figli dopo la sua condanna, Franke ha detto di aver «creduto che l’oscurità fosse luce e che il giusto fosse sbagliato. Farei qualsiasi cosa al mondo per voi. Ho preso da voi tutto ciò che era tenero, sicuro e buono». Nella sua stessa dichiarazione, la Hildebrandt ha detto che spera che i bambini possano «guarire fisicamente ed emotivamente».

 

Durante il processo dell’anno scorso, il pubblico ministero Eric Clarke ha detto alla corte che due dei figli di Franke erano stati costretti a vivere in un «ambiente simile a un campo di concentramento» e gli erano stati «regolarmente negati cibo, acqua, letti in cui dormire e praticamente ogni forma di divertimento».

 

 

La Franke aveva creato il suo canale YouTube «8 Passengers» nel 2015 e l’estate scorsa aveva accumulato 2,3 milioni di abbonati, molti dei quali attratti dai video della vita familiare suburbana di Franke.

 

Tuttavia, alcuni spettatori si sono preoccupati nel 2020 quando uno dei suoi figli ha detto in un video che aveva dormito su un pouf per sette mesi. Altri video descrivevano Franke che tratteneva il cibo dai suoi figli e «annullava» il Natale come punizione.

 

Il canale YouTube «8 Passengers» è stato cancellato nel 2022, lo stesso anno in cui la Franke si era separata dal marito Kevin.

 

Nell’ambito di un patteggiamento, Hildebrandt – che ha collaborato con Franke in una serie di video di «life coaching» – ha ammesso di essere a conoscenza degli abusi sui minori e di aver costretto uno dei figli di Franke a «saltare più volte in un cactus».

 

Ha aggiunto che Franke aveva detto ai suoi figli che erano «malvagi e posseduti» e dovevano «pentirsi».

 

In una dichiarazione rilasciata dal suo avvocato prima del processo l’anno scorso, Kevin Franke ha chiesto che fosse inflitta la pena massima al suo ex partner per l’abuso «orribile e disumano» dei suoi figli.

 

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Lucifero vittima ed eroe: i cartoni animati riscrivono il Bene e il Male

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Un video girato da una mamma italiana preoccupata sta circolando sui social media.   La signora mostra come su un popolare e onnipresente servizio di streaming vi sia un cartone che, alla prima puntata, riscrive completamente la storia biblica.   Per il cartone, Lucifero era buono, ed è stato punito ingiustamente. Si sarebbe poi trovato, «attratto dalla fiera indipendenza», con Lilith, prima moglie di Adamo poi divenuta demone – e già la presenza di questo personaggio nel cartone animato è indicativa, vista la sua persistenza nella mitologia femminista: di fatto, la vediamo scappare dal primo uomo che ancora prima di essere padre già la tratta come un patriarca.   Il lettore può vedere da sé il livello di inversione a cui si arriva: il «Paradiso» è cattivo, Lucifero è vittima della sua crudeltà; l’atto di dare la mela ad Eva è un atto prometeico di amore per l’umanità…  

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Si resta sbalorditi.   Pare addirittura, ma potremmo sbagliarci, che a San Michele Arcangelo, colui che sconfisse Lucifero, siano assegnate fattezze mostruose.   È semplicemente sconcertante: e provate a pensare a una piccola mente che assorbe questa storia prima di poter frequentare il catechismo, dove, in teoria, dovrebbero raccontargli la versione opposta. A chi crederà, alla TV o al catechista? Cosa sortirà la dissonanza cognitiva prodotta?   Apprendiamo che il cartone si chiama Hazbin Hotel ed è realizzato da un’artista poco più che trentenne, Vivienne Medrano, che sempre a tema infernale produce anche un’altra serie chiamata Helluva Boss. Dopo aver lavorato nei film horror, si è fatta largo su YouTube, per poi fare il suo primo cortometraggio «Son of 666» (2013). Bisessuale, si definisce «una donna queer su internet che ha fatto qualcosa di popolare».   La protagonista di Hazbin Hotel è Charlie Morningstar (Carla Stella del Mattino – anche qui, un riferimento a Lucifero) principessa dell’Inferno, nella sua ricerca per trovare un modo per «riabilitare» i peccatori e ammetterli in Paradiso, tramite il suo «Hazbin Hotel», come alternativa all’annuale «sterminio» delle anime da parte del Paradiso a causa della sovrappopolazione dell’Inferno.   La ragazzina protagonista è aiutata dalla sua «fidanzata» Vaggie, che è anche la sua manager, e da un attore pornografico chiamato Angel Dust. Il prodotto è R-rated, cioè, secondo la classificazione americana, adatto ad un pubblico di under 17 solo se accompagnati da un adulto. Amazon lo segna come «18+», tuttavia sappiamo che almeno al pubblico italiano ogni cartone suggerisce di default l’essere fatto per bambini, e il primo episodio è stato distribuito su YouTube, dov’è ancora possibile vedere liberamente anche il trailer, con violenza e oscenità sin dai primi secondi.   Attacco: «Ciao a te, peccatore perduto, ti piace il sangue, la violenza, e la depravazione di natura sessuale?». Segue turpiloquio vario.     La serie è prodotta in collaborazione con Amazon Studios dalla società di intrattenimento indipendente A24, una casa di produzione basata a Nuova York con all’attivo film e serie controversi come Spring Breakers e Euphoria. Lanciato il 19 gennaio 2024, Hazbin Hotel è il suo primo progetto di animazione, già disponibile con doppiaggio italiano.   Non si dichiara come un cartone per bambini: ma allora, per chi è? Quanti adulti amano vedere disegni stilizzati, caricature in movimento, invece che guardare del cinema? Una domanda antica, a cui forse non sappiamo rispondere perché sottovalutiamo l’infantilizzazione delle masse.   Torniamo un secondo sulla presenza in questo prodotto di intrattenimento del demone Lilith, scritto anche Lilit, Lilitu o Lilis, una figura femminile nella mitologia mesopotamica e giudaica, che secondo alcuni teorie non cristiane sarebbe stata la prima moglie di Adamo e presumibilmente un demone primordiale, una creatura «bandita» dal Giardino dell’Eden per non aver rispettato e obbedito ad Adamo – e per questo oggi citata e riverita dai movimenti femministi che combattono il patriarcato e la figura maschile. Si pensa che sia menzionata nella Bibbia in ebraico nel Libro di Isaia (34, 14), in una lista di animali notturni, dove è tradotto dalla versione CEI con «civetta».   La figura è più consistente nella tarda antichità nella mitologia mandea e nelle fonti della mitologia ebraica dal 500 d.C. in poi. Lilith appare in formule di incantesimo che incorporano una breve storia mitica (conosciuti oggi come historiolas nella mitologia mesopotamica, greca, aramaica, mandea e cabalistica) in vari concetti e località che danno descrizioni parziali di lei. La demonessa è menzionata nel Talmud babilonese, nel testo apocrifo Vita di Adamo ed Eva come la prima moglie di Adamo, e nello Zohar Leviticus come «una donna focosa e focosa che per prima convisse con uomo». Molte autorità rabbiniche tradizionali, tra cui Maimonide e Menachem Meiri, rifiutano l’esistenza di Lilith.   Perché un tale personaggio, di fatto conosciuto per lo più solo da chi è appassionato di esoterismo ed affini, compare in un cartone? Perché gli autori sono immersi nella cultura femminismo e nel gender che glorificano Lilith, le streghe, i demòni, l’Inferno. E credono che sia giusto immergere in questo calderone anche i vostri figli, per cucinarli secondo la ricetta del Moloch perverso-polimorfo che si sta impadronendo dell’Occidente e della sua cultura.

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È molto chiaro quello che sta accadendo, e non parliamo del macro-piano spirituale e morale dove è impossibile non vedere l’insorgenza del demoniaco sulle famiglie: a livello più concreto, è facile rintracciare la genealogia di questa cultura che viene fatta percolare nell’industria dell’intrattenimento, anche infantile. Si tratta del rifiuto radicale del cristianesimo tipico del genderismo, che non esita, come visibile in tanti Gay Pride, ad allearsi a forme e motivi del satanismo – sempre, ovviamente, con la scusa della «satira» a portata di mano.   Non si tratta di un caso isolato. Il principale soggetto dell’industria del family entertainment, Disney, sappiamo bene essere diretto lì. Dopo l’ultimo film di Natale I terribili nove (The Naughty Nine) con personaggi apparentemente LGBT e le scene con baci omoerotici nel cartone Lightyear (2022), vi sarebbe anche il caso della serie TV in via di produzione chiamata Little Demon, che ha suscitato presso i cristiani americani polemiche per la «normalizzazione del paganesimo» e il sostegno a Satana e all’Anticristo.   Come riportato da Renovatio 21, il film natalizio 2022 della Disney conteneva una sequenza che mostrava un gruppo di bambini che tengono in mano cartelli che recitano «WE LOVE YOU SATAN», cioè «TI AMO SATANA». Si tratta di un equivoco che dovrebbe far ridere: «Satan» è l’anagramma di «Santa», cioè Santa Claus, Babbo Natale, quindi nella pellicola i bambini si sono sbagliati, del resto basta invertire due lettere.   Non c’è molto da ridere. Invece c’è da tenere lontani i bambini dall’intrattenimento attuale, la cui agenda di inversione propriamente diabolica non è nemmeno più discutibile.

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Bambini travestiti da donne in lingerie bourlesque fatti sfilare per una città spagnola

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È emerso online un video di bambini piccoli che prendono parte a una parata in Spagna indossando lingerie in stile burlesque, copricapezzoli e parrucche, con bandiere arcobaleno LGBT attaccate sulla schiena.

 

Il filmato, girato durante un carnevale annuale a Torrevieja, una città nel sud della Spagna ritenuta «gay-friendly», mostra un gruppo di minori che marcia con diversi che sembrano avere circa 9 o 10 anni o meno.

 

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Oltre ai reggicalze e alle calze erotiche e succinte, ai bambini è stata posizionata una «X» di nastro nero sui capezzoli e è stato applicato un trucco completo sui loro volti.

 

Il video mostra i bambini che vengono istruiti a imitare gli adulti eseguendo gesti provocatori per le strade della città di Alicante davanti a spettatori adulti e ad altri bambini.

 

In un video, si vede una donna che mette qualcosa, presumibilmente dolci, nella bocca dei bambini mentre si muovono.

 

Alcuni di coloro che hanno pubblicato il filmato hanno notato che il titolo della «performance» era «Prometer hasta meter» che indica qualcuno che promette qualsiasi cosa e poi se ne dimentica una volta ottenuto ciò che voleva.

 

Altri video mostravano adulti che indossavano gli stessi abiti ed eseguivano gli stessi movimenti.

 

 

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Secondo l’account Twitter Right Angle News Network gli organizzatori del numero sarebbero noti per il loro «simbolismo antagonista che prende di mira principalmente il cristianesimo».

 

 

Va notato come Torrevieja sia governata in solitario dal Partido Popular (PP), la versione spagnuola della Democrazia Cristiana, sempre pronta a compromessi o a vere e proprie aperture alla dissoluzione del mondo moderno. La scorsa estate il sindaco della città presenziò, tra drappi omotransessualisti, alla lettura di un manifesto gay nel corso delle celebrazioni del Pride, riporta il quotidiano catalano La Vanguardia.

 

Nel manifesto letto alla presenza del primo cittadino del partito conservatore vi erano una presa di posizione sui «divorzi duri che alcuni usano per legittimare la violenza sessista», i quali «hanno bisogno di opposizione» da parte degli omosessualisti. Il machismo come «la violenza di genere esiste e necessita di opposizione. Perché il genere non è un’ideologia e il collettivo LGTBIQ+ non è una lobby. Perché il concetto di famiglia non è impermeabile, non è un uomo e una donna che hanno figli».

 

Pochi mesi dopo, ecco che, con la scusa del carnevale, anche l’immagine dei figli diviene, come dire, «non impermeabile». Alcuni sostengono che si tratti in realtà di bambine, ma la sostanza non sembra cambiare molto.

 


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È piuttosto inutile nascondersi dietro al fatto che si tratta di carnevale: non si tratta nemmeno di adolescenti, si tratta di bambini piccoli, e l’effetto che un simile video fa sull’animo di un genitore è scioccante.

 

Del resto lo avevano detto: «convertiremo i vostri figli». La canzone dei gay organizzati uscita qualche anno fa, poi subito sparita quando si scoprirono i possibili trascorsi di alcuni cantori coinvolti, di fatto si limitava a riprendere un programma noto.

 

Nel febbraio 1987, comparve sulla testata americana Gay Community News un testo (che non sarebbe sbagliato etichettare come un vero hate speech eterofobo, ma per quello la legge non c’è e non ci sarà mai) intitolato Gay Manifesto. Lo firmava un certo Michael Swift, che alcuni credono fosse solo uno pseudonimo. L’incipit di tale «Manifesto omosessuale» recitava:

 

«Sodomizzeremo i vostri figli, emblema della vostra debole mascolinità, dei vostri sogni superficiali e delle bugie volgari. Li sedurremo nelle vostre scuole, nei vostri dormitori, nelle vostre palestre, nei vostri spogliatoi, nei vostri palazzetti dello sport, nei vostri seminari, nei vostri gruppi giovanili, nei bagni dei vostri cinema, nei vostri dormitori dell’esercito, nelle vostre fermate dei camion, nei vostri club per soli machi, nelle vostre Camere dei Deputati, ovunque gli uomini stiano assieme agli uomini. I vostri figli diventeranno i nostri servi e obbediranno ai nostri ordini. Saranno riplasmati a nostra immagine. Verranno a desiderarci e ad adorarci».

 

Fu detto che in realtà si trattava di satira, di uno scherzo. Insomma, una carnevalata, anche qui. Tuttavia il ritornello si ripete nei decenni.

 

Come riportato da Renovatio 21, la marcia delle Drag Queen durante il Pride di Nuova York della scorsa estate ha scandito una coretto in piena lucidità: «We’re here, we’re queer, we’re coming for your children», cioè «Siamo qui, siamo finocchi, stiamo venendo a prendere i vostri figli». Com’era? «Prometer hasta meter»…

 


Il carnevale non può essere la scusa per tale abisso di degrado – soprattutto perché bisogna realizzare che il carnevale non è solo uno strumento, è il fine di tutto questo, un mondo che, come nel momento di festa estrema, inverte qualsiasi legge naturale e sociale.

 

Preparatevi ad una difesa ad oltranza della vostra prole e della sua innocenza.

 

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