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Protesta

La protesta dei porti può bloccare l’Italia e l’Europa. Immagini dallo sciopero

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Come preannunciato dalle manifestazioni delle ultime settimane, il porto di Trieste – hub energetico tra i più importanti d’Europa – è entrato in sciopero contro il green pass che sarà in vigore tra quattro giorni.

 

Su 950 lavoratori portuali, il 40% non avrebbe il green pass. Secondo il Coordinamento Lavori Portuali Trieste (CLPT), l’adesione allo sciopero sarebbe dell’80%.

 

 

La chiusura del porto di Trieste, primo porto petrolifero del Mediterraneo, porterebbe il caos energetico in Svizzera, Germania, Austra, Cechia, Ungheria.

La chiusura del porto di Trieste, primo porto petrolifero del Mediterraneo, porterebbe il caos energetico in Svizzera, Germania, Austra, Cechia, Ungheria.

 

La sostituzione dei lavoratori portuali non è cosa facile: un lavoro per cui serve formazione, e un corpo operaio (come si vede in queste ore) davvero unito e solidale, lontanissimo dalle sirene istituzionali dei sindacati-istituzione.

 

Sotto la prefettura di Trieste i poliziotti si sono tolti il casco, fra gli applausi generali.

 

I portuali di Trieste hanno di fatto assunto il ruolo di guida nazionale nell’agitazione contro la certificazione verde che impedisce il lavoro ai lavoratori.

 

A Genova oggi i portuali hanno scandito lo slogan «Trieste chiama, Genova risponde».

 

Anche a Napoli la protesta dei portuali si è fatta sentire

 

Ora la palla è al governo. Il tentativo di demonizzare come «fascista» il rifiuto del green pass – che nelle ultime ore ha avuto la sua apoteosi politico-mediatica – potrebbe essere fallita definitivamente davanti a queste immagini di vera, lucida lotta operaia.

 

Potrebbe esservi già qualche smottamento.

 

Nel pomeriggio, il sottosegretario alla Salute Andrea Costa dichiara la possibilità di rivedere le regole, anche se più in là nel tempo. «È ragionevole pensare che con l’anno nuovo ci potrà essere una revisione delle misure restrittive in atto nel nostro Paese (…) compreso il Green pass che potrà essere rivisto e ridotto nella sua applicazione». Poi non ce la fa a resistere al richiamo della foresta e attacca i manifestanti: «Paese in ripresa grazie a vaccinati non a chi contesta green pass».

 

Non abbiamo davanti alcun segno di cedimento da parte del potere. Attendiamo di vedere l’evoluzione della protesta portuale, non bollinabile artificiosamente come «fascista» in alcun modo

Non abbiamo davanti alcun segno di cedimento da parte del potere. Attendiamo di vedere l’evoluzione della protesta portuale, non bollinabile artificiosamente come «fascista» in alcun modo.

 

I portuali triestini hanno dichiarato apertis verbis di essere pronti a bloccare le operazioni in entrata e in uscita. Una settimana di agitazione potrebbe mettere in ginocchio mezzo continente.

 

La storia recente ci ha insegnato che l’attuale premier non teme le catastrofi nazionali con disordini sociali: abbiamo visto con la Grecia. Tuttavia questa volta non è chiuso in una torre a Francoforte a guardare fiamme lontanissime.

 

Se qualche forza residuali nei partiti se ne rendesse conto, il medioevo dei draghi finirebbe d’un tratto.

 

 

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Protesta

Un morto e oltre 100 feriti in una protesta dei giovani del Perù

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Secondo le autorità, violenti scontri antigovernativi avvenuti mercoledì nella capitale peruviana Lima hanno provocato almeno un morto e oltre 100 feriti.

 

La settimana scorsa, il Congresso peruviano ha destituito la presidente Dina Boluarte a seguito dell’indignazione popolare per l’aumento della criminalità e numerosi scandali di corruzione, nominando il capo del Congresso José Jeri come presidente ad interim. Jeri, che ha presentato il suo gabinetto martedì, ha promesso di concentrarsi sulla lotta alla criminalità, ma si è trovato di fronte a proteste che ne chiedevano la rimozione.

 

Mercoledì sera, migliaia di manifestanti, prevalentemente giovani, insieme a rappresentanti sindacali, hanno marciato per le strade di Lima per contestare il nuovo governo di Jeri. La protesta è degenerata in violenza quando i dimostranti hanno cercato di abbattere le barriere di sicurezza fuori dal Congresso, spingendo la polizia antisommossa a intervenire.

 

Secondo i resoconti, i manifestanti hanno attaccato gli agenti con pietre, bombe molotov e fuochi d’artificio, mentre la polizia ha risposto utilizzando gas lacrimogeni e razzi per disperdere la folla.

 

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Lo Jeri ha criticato la protesta sui social media, etichettandola come «irresponsabile» e affermando che criminali si erano infiltrati nella folla per «seminare disordine». Ha assicurato che i colpevoli della violenza dovranno subire «tutto il rigore della legge».

 

Le manifestazioni contro corruzione e criminalità si sono acuite a Lima, dove i casi di estorsione sono passati da poche centinaia annue nel 2017 a oltre 2.000 mensili nel 2025, causando la morte di decine di autisti di autobus e attentati con bombe contro imprese. Questa ondata di violenza ha indotto la proclamazione dello stato di emergenza all’inizio dell’anno.

 

Tuttavia, molti ritengono lo Jeri inadeguato a gestire la crisi. Un sondaggio Ipsos del mese scorso ha rilevato che solo il 5% approva il suo lavoro come presidente del Congresso, mentre quasi l’80% lo critica. Il Perù ha visto sette governi negli ultimi dieci anni, compreso l’ultimo in ordine di tempo.

 

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Protesta

La polizia usa lacrimogeni e idranti contro i manifestanti a Brusselle

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Episodi di protesta con violenza sono emersi durante le manifestazioni delle ultime ore a Brusselle.   Le immagini della protesta mostrano i manifestanti che si scontrano con le forze dell’ordine, lanciano fuochi d’artificio e sventolano bandiere e cartelli.   Poliziotti in tenuta antisommossa sono stati visti utilizzare gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere la folla.  

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Secondo HLN, Gert Truyens, presidente del sindacato CGSLB, ha dichiarato che la manifestazione è stata interrotta a causa degli scontri provocati da una minoranza violenta tra i dimostranti.   «Questi non sono manifestanti, ma individui che causano disordini», ha riportato il giornale.   Durante la giornata, lo sciopero generale ha fortemente compromesso i servizi di trasporto pubblico e ha bloccato le partenze nell’aeroporto principale di Bruxelles.   De Wever, eletto a febbraio, ha proposto misure di austerità per affrontare il crescente deficit di bilancio del Belgio.  

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Protesta

I giovani della generazione Z protestano anche in Marocco: le immagini

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Proteste guidate da giovani per chiedere migliori ospedali e scuole si sono diffuse in diverse città del Marocco nella tarda serata di lunedì. Secondo testimoni e organizzazioni per i diritti umani, decine di persone sono state arrestate a Rabat, Casablanca, Agadir, Tangeri e Oujda.

 

Le manifestazioni, coordinate online dal gruppo informale «GenZ 212» tramite TikTok, Instagram e Discord, hanno visto anche il coinvolgimento di Morocco Youth Voices, che ha invitato i partecipanti a radunarsi pacificamente per stimolare il dibattito sulle politiche sociali.

 

I disordini sono iniziati ad Agadir, dove la frustrazione per le condizioni degli ospedali si è rapidamente propagata tramite i social media ad altre città. L’Associazione Marocchina per i Diritti Umani, citata dall’*AP*, ha riportato oltre 120 arresti nel fine settimana.

 


 

 

 

 

 

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Le autorità hanno smentito le accuse secondo cui i preparativi per la Coppa del Mondo 2030, co-ospitata da Marocco, Spagna e Portogallo, avrebbero sottratto risorse ai servizi essenziali.

 

Il premier marocchino Aziz Akhannouch, anche sindaco di Agadir, ha difeso l’operato del governo: «Abbiamo portato avanti riforme, aumentato la spesa e stiamo costruendo ospedali in tutte le regioni del Paese», ha dichiarato, come riportato dall’agenzia AP. Ha ammesso, tuttavia, che l’ospedale principale di Agadir soffre di carenze croniche e infrastrutture obsolete.

 

La popolazione marocchina è prevalentemente giovane, con metà degli abitanti sotto i 25 anni.

 

Come riportato da Renovatio 21, proteste simili guidate da giovani hanno recentemente scosso altri paesi. In Madagascar, le dimostrazioni per la carenza di energia e acqua hanno portato lunedì allo scioglimento del governo. In Nepal, a inizio settembre, proteste contro il divieto di piattaforme social e la corruzione hanno costretto alle dimissioni il Primo Ministro KP Sharma Oli.

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