Geopolitica
La Polonia introduce controlli alle frontiere con gli altri Paesi Schengen

Il governo polacco attuerà controlli temporanei alla frontiera con la Slovacchia a causa del crescente numero di migranti illegali che cercano di entrare in Germania attraverso la rotta balcanica, ha annunciato martedì in una conferenza stampa il ministro degli Interni Mariusz Kaminski. Misure simili sono state adottate anche dai governi di Austria e Repubblica Ceca.
Kaminski ha dichiarato che solo nelle ultime due settimane le autorità polacche hanno individuato e arrestato un totale di 551 migranti illegali alla frontiera e che il numero di migranti illegali è aumentato del 1000% rispetto allo scorso anno.
Sia la Polonia che la Slovacchia fanno parte della zona Schengen, il che significa che di solito non esistono controlli standard alle frontiere tra le due nazioni.
Varsavia ha affermato che le nuove misure verranno introdotte per un periodo iniziale di dieci giorni. Il comandante della guardia di frontiera polacca, Tomasz Praga, ha osservato che i controlli potranno successivamente essere rinnovati per periodi non superiori a 20 giorni. Un altro rappresentante delle guardie di frontiera ha inoltre affermato durante la conferenza stampa che il periodo totale durante il quale i controlli alle frontiere possono essere ripristinati non può superare i due mesi.
«Intraprendiamo tali azioni perché siamo uno Stato responsabile. Stiamo difendendo efficacemente il confine con la Bielorussia e speriamo che il problema nei Balcani e sul confine polacco-slovacco venga risolto in modo efficace», ha affermato Kaminski.
Il ministro degli Interni ha accusato le politiche di Bruxelles dell’ondata di rifugiati, affermando che la politica migratoria dell’UE è «irresponsabile e inadeguata alla realtà».
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«L’unica risposta adeguata all’ondata di migrazione illegale è una dura protezione delle frontiere esterne dell’UE e un cambiamento nel sistema di asilo», ha affermato.
Nel frattempo anche la Repubblica Ceca e l’Austria hanno annunciato i controlli alle frontiere con la Slovacchia che inizieranno a mezzanotte e dureranno inizialmente dieci giorni. Il primo ministro ceco Petr Fiala ha dichiarato che «grazie alle ispezioni saremo in grado di garantire ancora meglio la sicurezza dei nostri cittadini», sottolineando che Praga combatte attivamente i trafficanti e i «commercianti di miseria umana».
Anche il ministro degli Interni austriaco Gerhard Karner ha affermato che lo scopo dei controlli è impedire ai trafficanti di intraprendere rotte alternative verso l’UE attraverso l’Austria.
Il mese scorso, le autorità tedesche hanno anche denunciato l’afflusso di richiedenti asilo nel paese e hanno introdotto pattuglie di polizia ai confini con la Polonia e la Repubblica ceca. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che il numero di rifugiati che arrivano in Germania è «troppo elevato» e ha insistito sulla necessità di cambiare la situazione migratoria.
«Le cose non possono rimanere come sono adesso: più del 70% di tutti i rifugiati che arrivano in Germania non sono stati registrati in anticipo, anche se quasi tutti sono stati in un altro Paese dell’UE», ha detto Scholz.
A qualcuno potrebbero tornare alla mente – perché certe cose non si dimenticano – i sacri confini di Schengen invocati dall’allora premier Conte a inizio pandemia. Ovviamente Schengen fu sospesa, con i valichi dall’Italia considerata infetta chiusi dai Paesi limitrofi, e le famiglie a Gorizia che dovevano parlarsi attraverso una rete di confine.
Come riportato da Renovatio 21, l’Austria dieci mesi fa ha di fatto rigettato il sistema Schengen attuando un blocco per gli ingressi di Romania e Bulgaria. Il cancelliere austriaco Karl Nehammer un mese fa ha ribadito che il sistema di immigrazione della UE «è rotto da anni».
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Immagine di Janusz Jurzyk via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Geopolitica
Erdogan chiama Netanyahu il «macellaio di Gaza»

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Geopolitica
Tentato golpe in Sierra Leone

Un gruppo di soldati e agenti di polizia ha lanciato lo scorso fine settimana una serie di attacchi contro strutture militari e prigioni in Sierra Leone nel tentativo di rovesciare il governo civile, sostengono le autorità del paese dell’Africa occidentale. Lo riporta RT.
Il ministro dell’Informazione della Sierra Leone, Chernor Bah, ha detto martedì ai giornalisti che 13 ufficiali militari e un civile sono stati arrestati in relazione all’incidente.
«L’incidente è stato un tentativo di colpo di Stato fallito. L’intenzione era quella di sovvertire e rovesciare illegalmente un governo democraticamente elettoK, ha detto Bah.
Domenica, il Paese dell’Africa occidentale ha imposto un coprifuoco nazionale in seguito agli scontri tra forze di sicurezza e uomini armati che hanno attaccato la caserma Wilberforce nella capitale, Freetown. Secondo il governo, il gruppo armato ha fatto irruzione anche nella prigione centrale di Freetown e ha rilasciato diversi detenuti.
Almeno 21 persone sono state uccise negli spari, tra cui 14 soldati e tre «aggressori», ha detto il ministro Bah martedì. Secondo la polizia, tra le vittime c’è Idrissa Hamid Kamara, popolarmente conosciuto come «Leatherboot» («stivali di cuoio»), considerato come l’«uomo forte» del partito d’opposizione All People’s Congress (APC) e noto come membro della squadra di sicurezza del precedente presidente della Sierra Leone, Ernest Bai Koroma.
Le autorità hanno inoltre riferito che quasi 2.000 prigionieri sono fuggiti durante i disordini, e solo pochi sono tornati volontariamente.
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La polizia della Sierra Leone ha diffuso le fotografie di 34 persone ricercate per presunto coinvolgimento nei disordini. L’elenco comprende 32 uomini e due donne che sono soldati in servizio o in pensione, agenti di polizia e alcuni civili. Secondo il Sierra Leone Telegraph, quasi tutti i latitanti dichiarati sono in qualche modo legati al principale partito di opposizione, l’APC.
Le tensioni in Sierra Leone sono aumentate dopo la rielezione del presidente Bio a giugno, che ha attirato critiche da parte dell’opposizione e degli osservatori internazionali per le preoccupazioni sulla trasparenza.
Ad agosto la polizia ha arrestato alti ufficiali dell’esercito sospettati di aver pianificato un attacco alle istituzioni statali.
Il Paese è reduce da una guerra civile (1991-2002), iniziata il 23 marzo 1991 quando il Fronte Unito Rivoluzionario (RUF), con il sostegno delle forze speciali del Fronte Patriottico Nazionale della Liberia (NPFL) del dittatore liberiano Charles Taylor è intervenuto in Sierra Leone nel tentativo di rovesciare il governo di Joseph Momoh. Il conseguente conflitto durò 11 anni e toccò tutta la nazione, lasciando sul campo oltre 50.000 morti, tra atrocità belluine e crimini contro l’umanità: almeno 1270 scuole distrutte, bambini soldato, eccidi e massacri impressionanti (come quello di Freetown del 1999, chiamato anche «Operation no living thing»), stupri di massa.
Il tentativo di colpo di stato a Freetown arriva in un momento in cui la regione dell’Africa occidentale ha visto il successo del rovesciamento di governi democraticamente eletti, il più recente dei quali è avvenuto in Niger.
La Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) ha condannato l’evento, definendolo un piano di alcuni individui per ottenere armi e interrompere la pace e l’ordine costituzionale dello Stato membro.
Il blocco regionale formato da 15 Stati ha dichiarato lunedì di essere pronto ad assistere la Sierra Leone, anche rafforzando la sicurezza nazionale e dispiegando elementi regionali, se necessario.
Come riportato da Renovatio 21, mesi fa l’ECOWAS aveva minacciato anche l’intervento in Niger, dove un golpe ha messo al potere i militari e detronizzato il presidente filofrancese. Tuttavia, ad oggi, nonostante l’approntamento di 25.000 di soldati nigeriani, nessuna vera iniziativa è stata presa contro i golpisti nigerini, che godono dell’appoggio dei limitrofi Mali e Burkina Faso, che hanno formato un’alleanza.
Tre mesi fa, dopo un golpe, aveva prestato giuramento come presidente ad interim del Gabon un generale dell’esercito. Anche in quel caso, Parigi sospese la cooperazione militare.
Analisti africanisti sostengono che è possibile lo scatenarsi di una guerra che coinvolga l’intero Continente Nero.
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Geopolitica
L’indifferenza per il Sudan uccide

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