Sorveglianza
La Francia approva una legge per spiare i cittadini accedendo da remoto a telefoni e altri dispositivi
Il Parlamento francese ha concordato una legge che consente alla polizia di sorvegliare i sospetti controllando e accendendo da remoto il microfono, la fotocamera e il GPS dei loro telefoni cellulari e altri dispositivi.
La sera del 5 luglio, i parlamentari francesi hanno votato a favore di un disegno di legge di riforma della giustizia che include la controversa disposizione sullo spionaggio, riporta il quotidiano francese Le Monde.
Secondo Le Monde, la nuova disposizione sulla sorveglianza «riguarderà laptop, automobili e altri oggetti connessi, nonché telefoni; il provvedimento consentirebbe la geolocalizzazione degli indagati in reati punibili con almeno cinque anni di reclusione».
I legislatori hanno aggiunto un emendamento che limita l’uso di dispositivi di accesso remoto a «quando esso è giustificato dalla natura e dalla gravità del reato» e «per una durata strettamente proporzionale».
Tutti i casi di spionaggio della polizia sui dispositivi devono essere approvati da un giudice e la durata della sorveglianza non deve superare i sei mesi. Le «professioni sensibili» tra cui giornalisti, medici, giudici, avvocati e parlamentari sarebbero escluse come obiettivi, secondo il disegno di legge.
Il gruppo di difesa dei diritti digitali La Quadrature ha affermato che la nuova legge «solleva serie preoccupazioni per le violazioni delle libertà fondamentali», in materia di privacy e libertà di movimento, e ha definito la disposizione parte di una «scivolata verso la sicurezza pesante».
I funzionari del governo francese responsabili del disegno di legge hanno tentato di minimizzare il pericolo che contribuirà a creare uno stato di sorveglianza. Il ministro della Giustizia Éric Dupond-Moretti ha affermato che la legge riguarderebbe solo «dozzine di casi all’anno» e ha affermato che la Francia è «lontana dal totalitarismo di 1984».
Il ministro ha quindi insistito sul fatto che «le vite delle persone saranno salvate» attraverso la nuova legge sulla sorveglianza.
La legislazione che consente alla polizia di accedere da remoto ai dispositivi apre la porta allo stato per spiare legalmente i suoi cittadini in modo più ampio.
Il governo francese, guidato dal «Young Global Leader» del World Economic Forum Emmanuel Macron, sembra utilizzare le recenti rivolte dei migranti per spingere per una maggiore sorveglianza digitale e censura. Il WEF, ricordiamo, è quel gruppo estremista il cui guru dice che non bisogna permettere che una crisi venga sprecata.
Un giorno prima dell’approvazione del nuovo disegno di legge sulla sorveglianza, Macron – la cui prima azione da presidente rieletto è stata l’avvio delle procedure per l’implementazione dell’ID digitale – ha suggerito di interrompere l’accesso ai social media come risposta alla violenza nelle strade della Francia – bizzarra nemesi storica, viste le accuse per cui la CIA avrebbe operato sui social network per sostenere la sua candidatura all’Eliseo.
Dopo aver ballato al concerto dell’icona gay geriatrica Elton John mentre Nanterre bruciava, il Macron ha detto che anche i videogiochi potrebbero avere avuto un ruolo nei moti vandalici diffusi nelle città francesi e non solo.
La Francia si era data poteri di perquisizione anche informatica molto ampli dopo la strage terrorista del Bataclan a fine 2015; non è chiaro quanti di questi poteri speciali assunti dallo Stato siano rientrati.
In Italia, all’altezza dei primi lockdown COVID, il governo Conte bis, tramite la legge «spazza corrotti» del ministro della Giustizia grillino Alfonso Bonafede, vennero istituiti i «trojan di Stato», cioè di virus che infettano i telefoni dei sospetti per intercettarne ogni attività e renderla disponibile da remoto agli investigatori
I trojan di Stato erano precedentemente ammessi nelle inchieste su mafia e terrorismo, ora invece possono essere usati anche nell’area dei reati contro la pubblica amministrazione.
Immagine di Toufik-de-Planoise via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Sorveglianza
Perquisita la casa di un professore tedesco per un tweet che criticava l’ideologia woke
La polizia tedesca ha effettuato un’irruzione nell’abitazione di un docente universitario conservatore a seguito di un tweet critico verso l’ideologia woke.
L’operazione si è svolta giovedì mattina a Berlino, nella casa di Norbert Bolz, noto pubblicista e studioso di media, ex professore di studi sui media presso l’Università Tecnica di Berlino fino al 2018.
L’irruzione rientra in un’indagine sull’uso di simboli di organizzazioni incostituzionali, come previsto dall’articolo 86a del codice penale tedesco.
Il 20 gennaio 2024, Bolz ha pubblicato un post su X, scrivendo: «Ottima traduzione di “woke“: Germania, svegliati! [in tedesco: “Deutschland erwache“]», citando un articolo del quotidiano di sinistra Taz, che aveva usato la stessa espressione nel titolo: «Divieto dell’AfD e petizione Höcke: la Germania si risveglia [in tedesco: “Deutschland erwacht“]».
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La frase «Deutschland erwache» (La Germania si risveglia) era un verso dello «Sturmlied», inno del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. Sebbene Bolz l’abbia utilizzata in modo sarcastico e citando il giornale di sinistra, la Procura ha deciso di emettere un mandato di perquisizione per la sua abitazione, indagandolo per l’uso di un’espressione legata a un’organizzazione vietata, il Partito Nazista.
Bolz, noto commentatore politico con oltre 91.000 follower su X e frequente ospite di talk show, è stato difeso dal suo avvocato, Joachim Steinhöfel, esperto di diritto dei media. In una dichiarazione ad Apollo News, Steinhöfel ha criticato l’irruzione: «Siamo di fronte a una preoccupante perdita di controllo del sistema giudiziario penale, che sembra aver coinvolto anche l’Ufficio federale di polizia criminale. Quando un rinomato studioso come il professor Bolz subisce una perquisizione domiciliare per un tweet chiaramente ironico, c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro Stato di diritto».
«Non è accettabile che le autorità non riescano più a distinguere tra propaganda criminale ed espressione legittima di opinioni», ha aggiunto.
Bolz ha espresso il suo turbamento in una dichiarazione al sito Nius: «Di solito scrivo e parlo di questo mondo. È spaventoso quando questa realtà bussa improvvisamente alla tua porta. Non sono scioccato, perché me lo aspettavo. Ma constatare che la situazione è esattamente come descritta dalle analisi critiche è inquietante sotto ogni punto di vista».
Le autorità tedesche sono note per effettuare perquisizioni domiciliari a causa di post online, soprattutto se in contrasto con l’ortodossia della sinistra dominante.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso, la polizia ha fatto irruzione nella casa di un anziano per aver condiviso un meme che definiva «idiota» l’allora vice-cancelliere dei Verdi tedeschi.
Quattro mesi fa si sono avuto raid della polizia alle sei del mattino in tutta la Germania per prendere di mira centinaia di individui sospettati di aver insultato i politici o di aver diffuso «odio e incitamento» online. L’azione massiva, condotta dall’Ufficio federale di polizia criminale (BKA), utilizzava il nuovo articolo 188 del Codice penale per colpire gli individui accusati di razzismo e incitamento all’odio.
«Quando la polizia è alla porta, ogni colpevole si rende conto che i crimini d’odio hanno delle conseguenze», ha scritto su X il ministro degli Interni Nancy Faeser, vantandosi delle retate. La Faeser nota per la sua volontà di introdurre programmi contro l’«estremismo di destra» fra i bambini dell’asilo.
Mesi fa un tribunale distrettuale tedesco ha condannato il caporedattore della rivista conservatrice Deutschland-Kurier a sette mesi di carcere per aver diffamato l’allora ministro degli Interni Faeser – proprio quella dei corsi contro l’estremismo di destra per i bambini di tre anni nei kindergarten – con quello che era chiaramente un meme satirico.
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La repressione più dura si abbatte in Germania da anni, prendendo di mira soprattutto AfD, perseguitata dagli stessi servizi di sicurezza della Budesrepubblica. Infatti, i servizi di sicurezza interna tedeschi BfV hanno messo sotto sorveglianza il loro stesso ex capo, Hans-Georg Maaßen.
L’ondata di perquisizioni segue il divieto di Compact Magazine, una testata sovranista dove erano pure apparsi saggi del segretario di Stato USA Marco Rubio sui limiti dell’ordine mondiale del dopoguerra, e la sua cancellazione da internet. Questa settimana, un tribunale federale di primo grado ha stabilito che il divieto non era costituzionale e costituiva una violazione della libertà di stampa, infliggendo un duro colpo al Ministero dell’Interno federale.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania è il Paese dove mesi fa un cittadino è stato multato per aver criticato giudice che ha solo multato un immigrato per lo stupro di una 15enne: al cittadino tedesco è stata comminata una multa doppia rispetto a quella dell’immigrato stupratore.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso un tribunale di Amburgo ha condannato un uomo a tre anni di galera per aver giustificato l’«aggressione russa» all’Ucraina su Telegram.
Come riportato da Renovatio 21, il caso più avanzato di repressione di libertà di parola pare essere la Gran Bretagna, dove almeno 12 mila persone all’anno sono messe in galere per frasi sui social. In Albione si è arrivati a condannare persino chi prega con la mente.
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Sorveglianza
Il nuovo presidente della Bolivia vuole la blockchain per combattere la corruzione
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Intelligenza Artificiale
Apple Siri accusata di intercettare gli utenti: indagine penale in Francia
La procura francese ha avviato un’indagine penale contro Apple per le accuse secondo cui il suo assistente vocale Siri avrebbe raccolto e analizzato registrazioni degli utenti senza il loro consenso. L’inchiesta è stata assegnata all’agenzia francese per la criminalità informatica, come comunicato dalla procura di Parigi e riportato dal sito Politico e dall’agenzia Reuters.
L’indagine è scaturita da una denuncia presentata a febbraio da un’ONG francese, basata sulla testimonianza della «gola profonda» Thomas Le Bonniec, ex dipendente di un subappaltatore di Apple, che ha dichiarato di aver ascoltato migliaia di registrazioni di Siri nel 2019 durante un’attività di controllo qualità.
Le Bonniec avrebbe lavorato per Globe Technical Services in Irlanda, dove revisionava e annotava clip audio per migliorare l’accuratezza di Siri. Ha riferito a Politico che il materiale rivelava a volte «momenti intimi e informazioni riservate», che potevano consentire l’identificazione degli utenti.
L’informatore ha accolto con favore l’indagine, affermando che dovrebbe permettere di «rispondere a domande urgenti», come il numero di registrazioni effettuate dal lancio di Siri e il luogo in cui i dati sono archiviati.
Un portavoce di Apple in Francia ha dichiarato a Politico che l’azienda «non ha mai utilizzato i dati di Siri per creare profili di marketing, non li ha mai resi disponibili per scopi pubblicitari e non li ha mai venduti a nessuno per nessun motivo».
Apple ha inoltre comunicato a Reuters di aver rafforzato le misure sulla privacy di Siri dal 2019, con ulteriori miglioramenti effettuati quest’anno. L’azienda ha precisato che le conversazioni con Siri «non sono mai state condivise con i marketer né vendute agli inserzionisti».
A gennaio, Apple ha anche sottolineato che non avrebbe conservato «registrazioni audio delle interazioni con Siri, a meno che l’utente non acconsenta esplicitamente».
Come riportato da Renovatio 21, negli Stati Uniti, Apple ha affrontato una class action simile, in cui Siri è stato accusato di aver registrato involontariamente conversazioni private, poi esaminate da appaltatori terzi per il controllo qualità.
All’inizio di quest’anno, l’azienda ha raggiunto un accordo da 95 milioni di dollari, approvato da un giudice federale il mese scorso. L’accordo prevede risarcimenti fino a 20 dollari per dispositivo con Siri abilitato per gli utenti che hanno posseduto prodotti Apple tra il 2014 e il 2024. Inoltre, Apple è stata obbligata a eliminare le vecchie registrazioni di Siri entro sei mesi.
Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno era emerso che il governo britannico aveva una technical capability notice («avviso di capacità tecnica») ad Apple, costringendo l’azienda a creare una backdoor per il suo servizio iCloud criptato. Tale manovra consentirebbe alle forze dell’ordine e alle agenzie di sicurezza britanniche di accedere ai dati criptati archiviati dagli utenti Apple in tutto il mondo, secondo il giornale.
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Immagine di Kārlis Dambrāns via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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