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La fondatrice della Leche League si dimette: l’associazione per l’allattamento al seno è ora in mano ai transessuali

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Marian Tompson, fondatrice di La Leche League – organizzazione che promuove l’allattamento al seno – si è dimessa da ogni incarico, pubblicando una lettera pubblica.

 

La Tompson, 94 anni, aveva fondato con altre donne della Leche League (LLL) in Illinois nel 1956, con l’obbiettivo di creare un’organizzazione in cui le madri potessero aiutare altre madri ad allattare al seno in un’epoca in cui la maggior parte dei bambini negli Stati Uniti veniva allattata con il latte artificiale.

 

All’epoca, l’insistenza per l’allattamento al seno pareva una pretesa da Controcultura. Tuttavia, capitoli della Leche Leaugue si diffusero rapidamente in tutto il mondo, portando alla creazione di La Leche League International (LLLI).

 

Negli ultimi anni, tuttavia, la League ha subito delle trasformazioni contro cui la Tompson (una delle ultime fondatrici sopravvissute) ha pubblicato la lettera di dimissioni.

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Care leader della Leche League,

 

Voglio condividere con voi alcune notizie importanti.

 

Il 6 novembre 2024 mi sono dimesso dal Consiglio di amministrazione della LLLI e dalla stessa LLL, un’organizzazione che è diventata una parodia del mio intento originale.

 

Da organizzazione con la missione specifica di supportare le donne biologiche che desiderano dare ai propri bambini il miglior inizio di vita allattandoli al seno, l’attenzione della LLL si è leggermente spostata per includere anche gli uomini che, per qualsiasi motivo, desiderano provare l’esperienza dell’allattamento al seno, nonostante non siano state condotte ricerche approfondite a lungo termine sull’allattamento maschile e su come questo possa influire sul bambino.

 

Questo passaggio dal rispetto delle norme della Natura, che è il fulcro della maternità attraverso l’allattamento al seno, all’assecondare le fantasie degli adulti, sta distruggendo la nostra organizzazione.

 

Nonostante i miei sforzi in questi ultimi due anni come membro del Consiglio di Amministrazione, è diventato chiaro che non c’è nulla che io possa fare per cambiare questa traiettoria restando coinvolto.

 

Tuttavia, lascio la porta aperta per tornare quando La Leche League tornerà alla sua Missione e al suo Scopo originali.

 

Ringrazio ciascuno di voi per gli anni trascorsi a rendere questo mondo un posto più sano e felice, stando al fianco di tutte le mamme che hanno bisogno di aiuto per l’allattamento dei loro bambini.

 

Con tanto amore,

 

Marian Tompson

Fondatrice della Leche League

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Le dimissioni della Tompson erano attese da tempo. La Leche League è stata infiltrata da attivisti trans da un po’, scrive LifeSite, e il consiglio internazionale ha recentemente ordinato ai suoi affiliati nel Regno Unito di consentire agli «uomini che si identificano come trans» di partecipare alle riunioni un tempo riservate esclusivamente alle madri.

 

Anche Miriam Main, una sostenitrice scozzese dell’allattamento al seno, ha annunciato che lascerà La Leche League questa settimana per motivi simili. La Main ha osservato, nella sua lettera di dimissioni, che ha cercato di far sì che i leader ascoltassero le sue preoccupazioni, ma che è stata completamente ignorata.

 

«Nelle pubblicazioni e nei materiali LLL ho notato che “madre” veniva sostituito con “genitore”, “allattamento” veniva sostituito con “allattamento al petto” e le donne venivano costantemente definite “famiglie che allattano”» scrive la Main.

 

«Questi cambiamenti linguistici si sono evoluti molto rapidamente in un completo allontanamento dalla filosofia e dalla missione LLL, guidati da un gruppo di fanatici all’interno dell’organizzazione. I leader che esprimevano preoccupazioni sulla chiarezza del linguaggio, ad esempio per le donne per le quali l’inglese non è la loro prima lingua, venivano ridicolizzati e abusati».

 

«Abbiamo iniziato a sentirci dire che, in quanto organizzazione inclusiva, avremmo dovuto accogliere alle nostre riunioni uomini transgender che desideravano allattare. I leader hanno quindi iniziato a sollevare legittime preoccupazioni su questioni di salvaguardia. Ad esempio, la sicurezza fisica di un neonato allattato da un uomo; la sicurezza sociale e fisiologica di una madre separata dal suo bambino in modo che un uomo possa allattare; la sicurezza psicologica delle donne nella stanza in cui è presente un uomo; la necessità di privacy per le donne con determinate convinzioni religiose. Sollevando tali preoccupazioni, ci è stato detto che eravamo transfobici e siamo stati paragonati a razzisti e nazisti, da altri leader!»

 

La dirigenza LLL, continua Main, ha «dimostrato che l’allattamento maschile teorico supera le esigenze delle donne reali che vivono nel Regno Unito», aggiungendo che «il dolore che provo per la perdita di LLL dalla mia vita è enorme».

 

Né la Tompson né la Main hanno finora risposto alle richieste dei media di delineare ulteriormente le loro posizioni, tuttavia, scrive LifeSite «un giro sui siti web di LLL evidenzia quanto la putrefazione dell’ideologia di genere si sia diffusa all’interno dell’organizzazione».

 

Il sito di LLL International ha un’intera sezione sui «genitori transgender e non binari» che fornisce istruzioni passo dopo passo su come i maschi potrebbero essere in grado di produrre latte. Questo nonostante non ci siano prove mediche che tale procedura sia sicura per il bambino, ma LLL, come tante altre istituzioni dirottate, sta anteponendo i desideri degli uomini con disforia di genere alle esigenze dei bambini.

 

La Leche League Canada ha una sezione con una bandiera arcobaleno gigante e la domanda «Cos’è l’allattamento al petto?» (si usa la parola chestfeeding, cioè allattamento al petto, invece che breastfeeding, allattamento al seno). in cui spiegano:

 

«L’allattamento al petto è un termine usato da alcuni genitori che si identificano come transmascolini e non binari per descrivere il modo in cui nutrono e accudiscono i loro figli dai loro corpi. Una persona che usa il termine allattamento al petto può, o non può, aver subito un intervento chirurgico al tessuto mammario. Altre parole che possono essere usate sono: “allattare”, “alimentare” …».

 

Da tempo il linguaggio di «inclusione» dei transgender avanza nei reparti di maternità del Regno Unito, dove, come abbiamo già detto, è stata proposta la sostituzione del termine «breastfeeding» («allattamento al seno») con «chestfeeding» («allattamento al petto»).

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Come riportato da Renovatio 21, in Gran Bretagna già quattro anni fa le autorità ammonivano di non dire più «allattare al seno» per non turbare i transgender.

 

Nel 2022 fu attaccata direttamente la lingua inglese per espressioni come «latte materno», che bisogna sostituire con «human milk», «latte umano»), «parent’s milk» («latte dei genitori») e persino, in modo più ridicolo, «father’s milk», cioè «latte paterno».

 

A inizio 2024 il Servizio Sanitario nazionale britannico iniziò quindi a promuovere il «latte trans», con una lettera agli attivisti omotransessualisti che sosteneva che le secrezioni dai capezzoli dei transessuali indotte dai farmaci sono buone quanto il latte materno per i bambini.

 

Come riportato da Renvatio 21, l’anno scorso l’ente di beneficenza medico britannico Jo’s Cervical Cancer Trust ha suggerito agli operatori sanitari di utilizzare i termini «bonus hole» («buco bonus») e «front hole» («buco frontale») al posto della parola «vagina» per dimostrare così accoglienza negli screening cervicali nei confronti di transessuali e i pazienti non binari.

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La prima donna primo ministro del Giappone si oppone al «matrimonio» omosessuale

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La nuova prima ministra giapponese, Sanae Takaichi, prima donna a ricoprire questa carica, si oppone al «matrimonio» omosessuale.   Takaichi, insediatasi martedì, ha espresso durante un dibattito elettorale dello scorso mese la sua contrarietà al «matrimonio» omosessuale, pur definendo «giusta» una relazione omosessuale, secondo il sito di informazione LGBT Them.   Nel 2023, durante una riunione della commissione bilancio del governo, ha descritto la legalizzazione del «matrimonio» omosessuale come una «questione estremamente complessa», citando un articolo della costituzione giapponese che definisce il matrimonio come basato sul «consenso reciproco di entrambi i sessi».   Le posizioni di Takaichi sul «matrimonio» omosessuale, non legale in Giappone, sono in contrasto con l’opinione pubblica del Paese, prevalentemente laica. Un sondaggio Pew del 2023 ha rilevato che circa il 70% dei giapponesi sostiene il «matrimonio» omosessuale, il tasso di approvazione più alto tra i Paesi asiatici analizzati.   Diverse città e località giapponesi emettono «certificati di unione» per le coppie omosessuali. Ad esempio, nel 2015 il distretto di Shibuya a Tokyo ha approvato una normativa che riconosce le coppie omosessuali «come partner equivalenti a quelli sposati per legge».

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Inoltre, l’anno scorso un’Alta corte giapponese ha stabilito che il divieto del codice civile sul «matrimonio» omosessuale viola il principio costituzionale contro la discriminazione basata su «razza, credo, sesso, status sociale o origine familiare». Tuttavia, le Alte corti giapponesi non possono abrogare il divieto, rendendo la sentenza simbolica.   Paradossalmente, nonostante sia la prima donna a capo del governo giapponese, l’amministrazione di Takaichi è stata criticata dalla sinistra come un ostacolo per la «parità di genere» e i «diritti delle minoranze sessuali». L’emittente pubblica americana PBS News l’ha definita «non femminista».   Takaichi sostiene la successione esclusivamente maschile della famiglia imperiale, che ha un ruolo cerimoniale, e si oppone alla possibilità per le coppie sposate di mantenere cognomi separati, sostenendo che ciò potrebbe «minare la struttura sociale basata sulle unità familiari». Tuttavia, non insiste sul fatto che la donna debba adottare il cognome del marito. Curiosamente, il marito di Takaichi, il politico LDP Taku Yamamoto, ha preso il suo cognome quando si sono risposati, per cui ora legalmente si chiama Taky Takaichi   «La nascita della prima donna primo ministro giapponese è storica, ma (Takaichi) rappresenta un’ombra per la parità di genere e i diritti delle minoranze sessuali», ha dichiarato a PBS Soshi Matsuoka, attivista LGBT. «Le opinioni di Takaichi su genere e sessualità sono estremamente conservatrici e potrebbero costituire un grave ostacolo per i diritti, in particolare per le minoranze sessuali».   Il Giappone resta uno dei pochi Paesi sviluppati, insieme a Paesi come Corea del Sud e Repubblica Ceca, a non aver legalizzato il «matrimonio» omosessuale.

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Il Parlamento austriaco vieta il linguaggio «inclusivo di genere» nelle sue comunicazioni ufficiali

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Il presidente del Parlamento austriaco ha vietato l’uso del cosiddetto linguaggio «inclusivo di genere» nelle comunicazioni ufficiali dell’organo legislativo.

 

Walter Rosenkranz, presidente del Nationalrat (Consiglio nazionale, la Camera bassa del Parlamento austriaco), ha recentemente annunciato che il Parlamento tornerà a utilizzare la forma maschile generica delle parole o, in alternativa, la forma maschile e femminile insieme, come nell’espressione «Gentili signore e signori» («Sehr geehrte Damen und Herren»).

 

In precedenza, il Parlamento di Vienna aveva adottato una variante ideologica che prevedeva l’inserimento di lettere maiuscole interne, due punti, asterischi o barre all’interno di sostantivi per includere persone di generi diversi, compresi coloro che si identificano come «transgender».

 

Questo adattamento linguistico, promosso da attivisti di sinistra in molte istituzioni austriache e tedesche, è estraneo alla lingua tedesca scritta. L’Associazione per la Lingua Tedesca ha più volte criticato questo linguaggio «inclusivo di genere», definendolo una «lingua ideologica» che «viola le regole ortografiche vigenti» e cerca di «rieducare» i cittadini. I sondaggi indicano che l’80-90% dei tedeschi rifiuta questo linguaggio ideologico.

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«Come istituzione governativa, dobbiamo rispettare le regole stabilite dal Consiglio per l’ortografia tedesca, l’unica istituzione riconosciuta dal governo», ha dichiarato Rosenkranz al quotidiano austriaco Krone. «Nel 2021, il Parlamento ha anche stabilito una base giuridica nel Piano di promozione delle donne. Voglio che le persone si attengano a questo e non inventino una propria lingua. Perché la vera uguaglianza si ottiene attraverso l’istruzione, le pari opportunità e il rispetto, non con i segni di punteggiatura».

 

«Il Parlamento è un luogo di democrazia, non di esperimenti linguistici», ha aggiunto. «Torniamo a una lingua che rispecchia lo spirito della Costituzione austriaca: universalmente comprensibile, oggettiva e inclusiva nel senso più autentico».

 

«Non a caso, il Bundestag tedesco e il Consiglio nazionale svizzero, così come quasi tutti i media stampati, non utilizzano un linguaggio neutro rispetto al genere», ha sottolineato il Presidente del Parlamento.

 

Le linee guida non si applicano ai discorsi tenuti nel Consiglio nazionale né ai testi presentati dai parlamentari, che, in virtù del loro mandato, sono liberi di redigere i propri documenti come preferiscono.

 

Rosenkranz, primo Presidente del Consiglio Nazionale austriaco nominato dal Partito della Libertà (FPÖ) è stato eletto dopo che l’FPÖ è diventato il partito più votato alle elezioni nazionali del 2024. Tuttavia, pur avendo ottenuto il maggior numero di voti, l’FPÖ non fa parte della coalizione di governo, poiché non dispone della maggioranza assoluta necessaria e gli altri partiti hanno rifiutato di allearsi con esso.

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Il transgenderismo è in declino tra i giovani americani: «una moda in declino»

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Un recente rapporto indica un calo nell’identificazione transgender tra i giovani americani, dopo il picco registrato durante l’amministrazione Biden.   Il rapporto, intitolato «The Decline of Trans and Queer Identity among Young Americans», redatto dal professor Eric Kaufmann, analizza i dati di studenti universitari negli Stati Uniti attraverso sette fonti.   I risultati mostrano che l’identificazione transgender è scesa a circa la metà rispetto al massimo raggiunto nel 2023, passando dal 7% al 4%.

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Tra il 2024 e il 2025, meno studenti universitari del primo anno si sono identificati come «trans o queer» rispetto agli studenti dell’ultimo anno, invertendo la tendenza osservata nel 2022-2023.   Anche l’identificazione come «non binario» (né uomo né donna) è diminuita della metà in tre delle cinque fonti di dati dello studio. L’identificazione eterosessuale è in aumento, pur rimanendo inferiore rispetto al 2020, mentre quella gay e lesbica è rimasta stabile.   «Questo suggerisce che la non conformità di genere/sessuale continuerà a diminuire», ha scritto Kaufmann su X, commentando i risultati, definendo l’identità transgender e queer una «moda» ormai in declino.   «Il calo delle persone trans e queer sembra simile allo svanire di una tendenza», ha affermato, sottolineando che tale cambiamento è avvenuto indipendentemente dalle variazioni nelle convinzioni politiche o nell’uso dei social media, ma con un ruolo significativo del miglioramento della salute mentale.   «Gli studenti meno ansiosi e, soprattutto, meno depressi [sono] associati a una minore percentuale di identificazioni trans, queer o bisessuali», ha aggiunto.   Come riportato da Renovatio 21, gennaio, il presidente Trump – che prima di rientrare alla Casa Bianca aveva promesso di fermare la «follia transgender» dal primo giorno della sua presidenza –ha firmato un ordine esecutivo per vietare al governo federale di finanziare o promuovere la transizione di genere nei minori. «Questa pericolosa tendenza sarà una macchia nella storia della nostra nazione e deve finire», ha dichiarato.   Sono seguiti interventi dell’amministrazione Trump contro il reclutamento di trans nell’esercito (nonché la cacciata dei già recluati) e la partecipazione di transessuali maschi alle gare sportive delle donne. «la guerra allo sport femminile è finita» ha dichiarato il presidente americano.

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Secondo il Williams Institute, il 76% delle persone transgender (circa 2,8 milioni) ha meno di 35 anni, di cui il 25% (724.000) è tra i 13 e i 17 anni. Il rapporto evidenzia che la composizione razziale delle persone transgender riflette quella degli Stati Uniti. Circa un terzo si identifica come donna, un terzo come uomo e un terzo come non binario.   Dal 2022, il Williams Institute stima che il numero di persone transgender sia cresciuto da 1,6 milioni a 2,8 milioni, un aumento del 75% in tre anni.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa uno studio dell’ente americano Public Religion Research Institute (PRRI) aveva rivelato che più di un americano su quattro (28%) di età compresa tra 18 e 25 anni, nota come Generazione Z, si è identificato come LGBT.   La «moda» ora può essere finita. Tuttavia, ci chiediamo: quale ne è stato il prezzo?   Quanti ragazzi castrati per sempre? Quante ragazze mutilate dei seni? Quanti adolescenti intossicati di steroidi sintetici? Quante famiglie lacerate e distrutte?

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