Geopolitica
Kiev parla di «massima uccisione di russi». Il Cremlino invoca una punizione sugli «assassini di fatto» sostenuti dall’Occidente

L’Ucraina ha attualmente un solo piano, che è una campagna per uccidere il numero massimo di russi, ha detto giovedì Mikhail Podolyak, consigliere del capo dell’ufficio del presidente Zelens’kyj, durante una maratona televisiva.
«C’è solo un piano: l’avanzata più brutale con la massima uccisione di russi su questa rotta», ha detto Podolyak, osservando che Kiev «non può semplicemente fermarsi da qualche parte e dire “va bene, pensiamo e parliamo di qualcosa ora”».
«L’unico scenario possibile per l’Ucraina è raggiungere i suoi confini del 1991», ha dichiarato il consigliere del presidente ucraino.
A maggio il Podoliak aveva sostenuto che il suo Paese odia la Russia e coloro che la rappresentano e ha promesso di «perseguitare» i russi «sempre e ovunque». A ciò sono seguiti i commenti di Kirill Budanov, il capo dell’agenzia di Intelligence militare ucraina ora sparito, che si è vantato di come i suoi agenti avessero assassinato personaggi pubblici russi e ha promesso che Kiev «continuerà a uccidere russi ovunque sulla faccia di questo mondo».
Come riportato da Renovatio 21, il Podolyak è quello che un anno fa, intervistato dal Guardian parlava di contrattacco nucleare alla Russia.
All’inizio di questa settimana, il ministro della Difesa ucraino Aleksey Reznikov ha rivelato che Kiev era stata incaricata dai suoi sostenitori occidentali nei primi giorni del conflitto di «uccidere quanti più russi possibile» prima di arrendersi.
«Abbiamo chiesto, “possiamo avere gli Stinger?”», ha detto Reznikov alla rivista Foreign Policy in un’intervista pubblicata martedì. «Ci è stato detto: “no, scavate trincee e uccidete quanti più russi potete prima che sia finita”».
Il ministro si è vantato che da allora le forze armate ucraine hanno ricevuto un gran numero di armi occidentali e armi pesanti e ha affermato che anche Kiev sarà presto equipaggiata con aerei da combattimento F-16.
Durante un incontro con Zelens’kyj a Kiev, il senatore statunitense Lindsey Graham aveva espresso gioia per il fatto che «i russi stanno morendo» e ha detto più tardi durante l’incontro che i miliardi di dollari che gli Stati Uniti hanno versato in Ucraina sono stati «i migliori soldi che abbiamo mai speso».
Alle parole di Podolyak ieri ha risposto il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, dicendo che qualsiasi persona che minacci di uccidere i russi è un nemico che dovrebbe essere e sarà punito per averlo fatto.
«Così dicono i nostri nemici, e noi dobbiamo combatterli. Non puoi minacciare i russi di omicidio. I russi dovrebbero punirli per questo, e lo faremo», ha dichiarato Peskov al canale Rossija 1.
Il portavoce ha osservato che Podoliak «non è stato un pioniere» in questo tipo di dichiarazioni, poiché anche il capo della direzione principale dell’Intelligence militare ucraina (GUR) Kirill Budanov e membri del Consiglio di sicurezza del paese hanno «ripetutamente parlato del loro desiderio di uccidere quanti più russi possibile».
Come riportato da Renovatio 21, Budanov non si vede più in pubblico da settimane, e secondo alcuni sarebbe stato ferito gravemente.
Peskov ha anche affermato di volere che le dichiarazioni sull’uccisione di cittadini russi fatte da Podolyak e altri funzionari ucraini siano valutate dai sostenitori stranieri di Kiev.
«I parlamentari di quei Paesi dovrebbero capire a chi stanno inviando i loro aiuti – agli assassini di fatto; persone che dichiarano la loro intenzione di uccidere», ha spiegato.
Peskov il mese scorso aveva definito l’Ucraina come uno «Stato sponsor del terrorismo».
Renovatio 21 ha chiesto al lettore, già più di un anno fa, di valutare la fibra di Kiev davanti alla brutale uccisione, ancora oggi sconvolgente e indicativa, del negoziatore ucraino Denis Kireev, impegnato per conto di Kiev nei primi tentativi pubblici di accordi con la Russia.
Kireev fu trucidato in strada. Furono date motivazioni contrastanti, poi tutti se ne dimenticarono, tra i quintali di coriandoli sparati dai media mainstream per il regime di Kiev e il suo «Churchill del XX secolo».
Immagine di Vitaly V. Kuzmin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Geopolitica
Banca francese dichiarata complice di genocidio

Una giuria federale degli Stati Uniti ha giudicato la banca francese BNP Paribas colpevole di aver contribuito al genocidio in Sudan, riconoscendo che le sue attività hanno sostenuto il governo durante un conflitto che ha causato migliaia di morti e milioni di sfollati nel Paese africano.
La sentenza, pronunciata venerdì a Manhattan, conclude anni di contenzioso relativo alle operazioni della banca che hanno violato le sanzioni statunitensi contro il Sudan. La causa civile, avviata nel 2016 da rifugiati sudanesi negli Stati Uniti, si è concentrata sulle transazioni effettuate da BNP Paribas tra il 2002 e il 2008, che hanno trasferito miliardi di dollari attraverso il sistema finanziario statunitense per conto di enti statali sudanesi. Ciò ha permesso al regime dell’ex presidente Omar al-Bashir di mantenere le entrate petrolifere e importare rifornimenti mentre le forze di sicurezza e le milizie alleate perpetravano violenze di massa.
Il caso si è incentrato sul Darfur, dove dal 2003 le forze governative e le milizie Janjaweed hanno colpito le comunità non arabe. Secondo le Nazioni Unite, il conflitto ha causato oltre 300.000 morti e circa 2,5 milioni di sfollati.
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Il tribunale ha ordinato a BNP Paribas di versare 20,45 milioni di dollari di risarcimento a tre querelanti sudanesi.
«Questo verdetto rappresenta una vittoria per la giustizia e la responsabilità… I nostri clienti hanno perso tutto a causa di una campagna di distruzione alimentata dai dollari americani, che BNP Paribas ha facilitato e che avrebbe dovuto bloccare», ha dichiarato Bobby DiCello, avvocato dei querelanti.
Un portavoce di BNP Paribas, seconda banca europea, ha contestato la sentenza, sostenendo che il Sudan disponeva di altre fonti di finanziamento e che le azioni della banca non hanno direttamente favorito gli abusi. «Questo esito è chiaramente errato e ci sono solide basi per fare ricorso, poiché il verdetto distorce la legge svizzera di riferimento e ignora prove rilevanti che la banca non ha potuto presentare», ha dichiarato il portavoce, secondo Reuters.
Nel 2014, BNP Paribas si era già dichiarata colpevole negli Stati Uniti per accuse penali legate a transazioni per Sudan, Iran e Cuba in violazione delle sanzioni, pagando una multa di circa 8,97 miliardi di dollari.
Il verdetto giunge nel contesto di un conflitto brutale tra le forze armate sudanesi e dei paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (RSF), che nel 2019 hanno deposto il Bashir con un colpo di stato, guidando un fragile governo di transizione prima di entrare in conflitto nell’aprile 2023.
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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Global Witness, una ONG, in un rapporto aveva accusato sessanta tra le principali banche e investitori dell’UE di alimentare la violenza in Sud Sudan, dove l’ONU ha ripetutamente denunciato omicidi diffusi, stupri sistematici e sfollamenti forzati di civili.
Secondo le accuse le banche europee, tra cui le tedesche Allianz e Deutsche Bank, nonché l’italiana Intesa Sanpaolo, avrebbero investito oltre 700 milioni di euro in due società legate a violazioni dei i diritti umani nel paese africano senza sbocco sul mare, ha affermato in un rapporto l’organizzazione internazionale no-profit Global Witness.
La ONG aveva inoltre elencato la società bancaria internazionale francese Crédit Agricole Group tra i principali finanziatori accusati. Global Witness ha quindi sostenuto che, nonostante le sanzioni statunitensi, le due maggiori compagnie petrolifere internazionali che operano in Sud Sudan, la China National Petroleum Corporation (CNPC) e la società statale malese Petronas, continuano a essere finanziate da investitori dell’UE.
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Immagine di Steve Evans via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
Geopolitica
Kushner: Hamas sta agendo in buona fede, Gaza sembra «nuclearizzata», Trump crede che Israele sia «fuori controllo»

Exclusive: Jared Kushner, President Trump’s son-in-law, and special envoy Steve Witkoff give a behind-the-scenes look at the tense moments leading up to the ceasefire and hostage deal after an Israeli bombing threatened to derail the agreement.
“[Trump] felt like the Israelis… pic.twitter.com/WtZpJcYHTG — 60 Minutes (@60Minutes) October 17, 2025
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Geopolitica
La Svezia invita i cittadini ad adottare la «modalità guerra»

I cittadini degli stati europei membri della NATO devono prepararsi a un possibile conflitto con la Russia, ha dichiarato il ministro della Difesa svedese Pal Jonson in un’intervista a RedaktionsNetzwerk Deutschland (RND) pubblicata domenica.
Le parole del Jonson arrivano mentre l’UE intensifica gli sforzi per una rapida militarizzazione. Bruxelles ha descritto la Russia come una minaccia immediata, una narrativa che Mosca ha respinto, considerandola un diversivo politico per distogliere l’attenzione dalle crisi interne dell’Europa.
«Per mantenere la pace, dobbiamo prepararci sia mentalmente che militarmente alla possibilità di una guerra», ha detto il ministro. «Serve un cambiamento di mentalità: dobbiamo adottare una modalità di guerra per scoraggiare, difendere e preservare la pace con determinazione».
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L’aumento della spesa per la difesa risponde alle richieste del presidente statunitense Donald Trump, che ha esortato i membri europei della NATO ad acquistare più armamenti americani, anche per l’Ucraina. Il Jonsone ha difeso tali acquisti, spiegando che l’Europa «semplicemente non dispone o non è ancora in grado di produrre» i sistemi necessari. «L’Ucraina ha bisogno di queste risorse rapidamente», ha aggiunto. «Se l’Europa ne è sprovvista, è ragionevole ottenerle dagli Stati Uniti».
La Commissione Europea ha presentato la scorsa settimana un piano che definisce l’obiettivo di incrementare l’approvvigionamento congiunto di armi ad almeno il 40% entro il 2027. Il documento ha evidenziato la necessità di «investire di più, insieme e a livello europeo», citando i cambiamenti strategici globali verso altre regioni tra «alleati tradizionali».
Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il Consiglio svedese per l’agricoltura ha annunciato la creazione di riserve di emergenza di cereali e altri beni essenziali per garantire ai cittadini l’accesso a cibo sufficiente «in caso di crisi grave e, nello scenario estremo, di guerra». Il governo ha destinato circa 57 milioni di dollari nel bilancio 2026 per finanziare l’iniziativa.
In pratica, ai cittadini svedesi è stato detto di fare scorte e prepararsi ad un assetto di sopravvivenza, e non è la prima volta, e non è il solo Paese..
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Come riportato da Renovatio 21, già a fine 2024 era emerso che Svezia e Finlandia avevano pubblicato informazioni in cui consigliano le loro popolazioni su come prepararsi a una possibile guerra o ad altre crisi inaspettate.
Sempre al termine dell’anno passato, un rapporto UE pubblicato dall’ex presidente finlandese Sauli Niinisto invitava i cittadini europei ad iniziare ad accumulare scorte di beni sufficienti per tre giorni, per essere pronti a fronteggiare potenziali disastri, tra cui un conflitto nucleare. A marzo il governo francese ha annunciato di voler distribuire un «manuale di sopravvivenza» a ogni famiglia per preparare i cittadini ad eventi catastrofici, tra cui la guerra. Tre anni fa la Polonia aveva avviato un programma di distribuzione di pastiglie di iodio ai soccorritori, a cominciare dai vigili del fuoco regionali (i quali a loro volta possono distribuirle alla popolazione generale) in caso di un possibile disastro radioattivo presso la più grande centrale nucleare d’Europa.
La Germania, su chiaro esempio ucraino, sta valutando di preparare alla guerra già i bambini delle scuole.
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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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