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Geopolitica

Israele minaccia di morte la guida suprema dell’Iran Khamenei

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Giovedì il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dichiarato che la guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, «non può più essere tollerata». Precedenti resoconti mediatici suggerivano che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avesse bloccato un piano israeliano per assassinarlo.

 

Venerdì scorso Israele ha lanciato attacchi aerei contro gli impianti nucleari iraniani e ha compiuto uccisioni mirate di alti ufficiali militari. Gli attacchi hanno provocato la risposta iraniana e da allora i due Paesi si sono scambiati colpi.

 

Katz ha rilasciato questa dichiarazione in seguito a un attacco missilistico che avrebbe gravemente danneggiato l’ospedale Soroka di Be’er Sheva, un’importante città nel sud di Israele. Shlomi Codish, direttore generale dell’ospedale, ha affermato che il missile ha colpito un vecchio edificio che era stato evacuato.

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«Ci sono danni estesi ad altri edifici dell’ospedale. Tutti i pazienti e tutto il personale erano nei rifugi», ha detto Codish. «I diversi feriti che abbiamo sono lievi, per lo più a causa dell’onda d’urto dell’esplosione».

 

Il Katz ha affermato che Khamenei aveva ordinato personalmente gli attacchi contro gli ospedali, il che, a suo dire, giustificava la richiesta di morte del leader iraniano. Ha anche accusato Khamenei di voler distruggere Israele.

 

I media iraniani, tuttavia, hanno riferito che l’obiettivo designato era una base dell’Intelligence militare israeliana situata nel parco tecnologico avanzato Gav-Yam Negev, a circa 1,3 km dall’ospedale.

 

La scorsa settimana, diverse fonti occidentali hanno affermato che Israele aveva consultato gli Stati Uniti in merito a un piano per assassinare Khamenei prima dell’ultima escalation. Secondo Axios, Trump avrebbe respinto l’idea, mentre funzionari statunitensi avrebbero dichiarato a Israele: «gli iraniani non hanno ucciso un americano e la discussione sull’uccisione di leader politici non dovrebbe essere sul tavolo».

 

In un’intervista rilasciata domenica alla Fox News, il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu ha affermato che l’Iran ha tentato due volte di assassinare Trump e che lo considera ancora un bersaglio a causa della sua ferma posizione contro Teheran.

 

 

Le autorità statunitensi hanno accusato due individui, uno dei quali postumo, in due casi distinti di aver tentato di assassinare Trump durante la sua campagna elettorale per il 2024, ma non hanno collegato nessuno dei due a Teheran. Funzionari statunitensi hanno anche affermato che l’Iran aveva cospirato con cittadini statunitensi per uccidere Trump prima della sua seconda vittoria elettorale, cosa che Teheran ha negato.

 

Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse ore Trump ha minacciato Khamenei, affermando sui social media che è «un bersaglio facile, ma è al sicuro» perché «non lo elimineremo (non lo uccideremo!), almeno non per ora». Il presidente USA anche chiesto la «resa incondizionata» dell’Irano.

 

In risposta, l’ayatollah guida suprema della rivoluzione iraniana ha dichirato che il Paese non si arrenderà e che la conseguenza di un attacco americano produrrebbe «danni irreparabili».

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Immagine di Official website of Ali Khamenei via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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Geopolitica

La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

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La Serbia non potrà entrare nell’UE senza un pieno allineamento alla politica estera del blocco, incluse tutte le sanzioni contro la Russia, ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.   La Serbia, che ha richiesto l’adesione all’UE nel 2009 e ha ottenuto lo status di paese candidato nel 2012, è tra i pochi stati europei a non aver imposto restrizioni a Mosca. Belgrado ha sottolineato i suoi storici legami con la Russia e la dipendenza dalle sue forniture energetiche.   Mercoledì, durante una conferenza stampa a Belgrado accanto al presidente serbo Aleksandar Vucic, von der Leyen ha ribadito che la Serbia deve compiere «passi concreti» verso l’adesione e mostrare un «maggiore allineamento» con le posizioni dell’UE, incluse le sanzioni, evidenziando che l’attuale livello di conformità della Serbia alla politica estera dell’UE è del 61%, ma ha insistito che «serve fare di più», sottolineando il desiderio di Bruxelles di vedere Belgrado come un «partner affidabile».

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Vucic ha più volte dichiarato che la Serbia non imporrà sanzioni alla Russia, definendo la sua posizione «indipendente e sovrana». Tuttavia, il rifiuto di Belgrado ha attirato crescenti pressioni da parte di Bruxelles e Washington.   La settimana scorsa, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Petroleum Industry of Serbia (NIS), parzialmente controllata dalla russa Gazprom Neft, spingendo la Croazia a interrompere le forniture di greggio. Vucic ha avvertito che tali misure potrebbero portare alla chiusura dell’unica raffineria petrolifera serba entro novembre, mettendo a rischio l’approvvigionamento di benzina e carburante per aerei.   Come riportato da Renovatio 21proteste sempre più violente si susseguono nel Paese, che Belgrado attribuisce a influenze occidentali volte a destabilizzare il governo.   Le proteste hanno già portato alle dimissioni del primo ministro Milos Vucevic e all’arresto di diversi funzionari, tra cui un ex ministro del Commercio, con l’accusa di corruzione.   Il presidente Aleksandar Vucic ha affermato che i disordini sono stati fomentati dall’estero e ha denunciato quella che ha definito «violenza mascherata da attivismo»: «mancano pochi giorni prima che inizino a uccidere per le strade» aveva detto lo scorso agosto davanti all’ennesima ondata di proteste violente.   Come riportato da Renovatio 21, le grandi manifestazioni contro Vucic di marzo erano seguite la visita pubblica del figlio del presidente USA Don Trump jr. al premier di Belgrado.

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Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese il servizio di Intelligence estero russo (SVR) ha sostenuto che l’UE starebbe cercando di orchestrare un «Maidan serbo» per insediare un governo filo-Bruxelles. Belgrado nel dicembre 2023 produsse evidenti segni di «maidanizzazione» in corso. Già allora presidente serbo accusò le potenze occidentali di tentare di «ricattare» la Serbia affinché sostenga le sanzioni e di tentare di orchestrare una «rivoluzione colorata» – una sorta di Maidan belgradese –contro il suo governo a dicembre.   Vucic giorni fa ha accusato le potenze occidentali di aver cercato di orchestrare il suo rovesciamento. In un’intervista su Pink TV trasmessa lunedì, il presidente serbo aveva affermato che le «potenze straniere» hanno speso circa 3 miliardi di euro nell’ultimo decennio nel tentativo di estrometterlo dal potere.   Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri Pietro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.

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  Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

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Afghanistan e Pakistan hanno dichiarato un cessate il fuoco temporaneo, mettendo fine agli scontri iniziati mercoledì mattina tra le loro forze. Più di una dozzina di civili sono stati uccisi nell’ultimo conflitto armato tra i due paesi vicini.

 

Il ministero degli Esteri pakistano ha comunicato, alcune ore dopo lo scontro, che Kabul e Islamabad hanno concordato una tregua di 48 ore, con inizio alle 18:00 ora locale di mercoledì.

 

Nella sua nota, il ministero ha sottolineato che entrambe le parti «si impegneranno sinceramente attraverso il dialogo per trovare una soluzione positiva ai loro problemi complessi ma risolvibili».

 

In precedenza, il portavoce dei talebani afghani Zabihullah Mujahid aveva scritto su X che le forze pakistane avevano avviato un attacco, utilizzando «armi leggere e pesanti», causando la morte di 12 civili e il ferimento di oltre 100 persone.

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Il portavoce aggiunto che le forze afghane hanno risposto al fuoco, uccidendo un «gran numero» di soldati, confiscando armi e carri armati pakistani e distruggendo installazioni militari.

 

Ali Mohammad Haqmal, portavoce del distretto di Spin Boldak, in Afghanistan, luogo dello scontro, ha stimato che le vittime civili siano state 15. Secondo l’AFP, un funzionario dell’ospedale locale ha riferito che tra i feriti ci sarebbero 80 donne e bambini.

 

Islamabad ha definito le accuse «oltraggiose» e «palesi menzogne», sostenendo che i talebani afghani abbiano iniziato le ostilità attaccando una postazione militare pakistana e altre aree vicino al confine. L’esercito pakistano ha dichiarato di aver respinto l’assalto, uccidendo 37 combattenti talebani in due operazioni distinte.

 

Secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti di sicurezza anonime, lo scontro sarebbe durato circa cinque ore.

 

Il conflitto segue un’escalation di scontri avvenuta nel fine settimana, durante la quale Afghanistan e Pakistan si sono accusati a vicenda per le vittime. I talebani hanno affermato di aver ucciso 58 soldati pakistani, mentre Islamabad ha dichiarato di aver conquistato 19 posti di frontiera afghani.

 

Le tensioni transfrontaliere tra Afghanistan e Pakistan sono aumentate negli ultimi anni, con entrambe le parti che si accusano ripetutamente di ospitare militanti.

 

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Immagine di Raza0007 at the English Wikipedia via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 


 

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Geopolitica

Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

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Uno dei corpi restituiti martedì da Hamas non appartiene a nessuno degli ostaggi tenuti prigionieri dal gruppo armato palestinese a Gaza, hanno affermato le Forze di difesa israeliane (IDF).   Lunedì Hamas ha liberato gli ultimi 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio del rilascio di quasi 2.000 prigionieri palestinesi, nell’ambito di un accordo mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia. Martedì, il gruppo ha iniziato a consegnare i cadaveri dei prigionieri deceduti a Israele, restituendone sette in due lotti tramite la Croce Rossa.   Tuttavia, le IDF hanno dichiarato mercoledì in una dichiarazione su X che un esame presso l’istituto forense Abu Kabir ha rivelato che uno dei quattro corpi del secondo lotto «non appartiene a nessuno degli ostaggi». Si ritiene che i resti appartengano a un palestinese, hanno aggiunto.     Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato.   Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti.   Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.  

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