Stato
Islamizzazione dello Stato in Malesia: entro fine anno l’omologazione tra sharia e Costituzione

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La scadenza fissata dal governo per il 31 dicembre 2024. Molti sollevano dubbi su una data sin troppo ravvicinata e sulle possibilità di intervento del Parlamento in una materia delicata. In gioco due visioni opposte fra laicità dello Stato e islamizzazione.
Per cercare di superare le difficoltà da tempo evidenziate nel percorso di adeguamento della legge coranica al dettato costituzionale, il governo malaysiano ha indicato il 31 dicembre come termine ultimo per omologare l’applicazione della sharia alla Costituzione nei vari Stati della Federazione.
Molti sollevano dubbi sulla scadenza ritenuta troppo ravvicinata, ma l’iniziativa ufficiale contribuirà a riaccende il dibattito sulla congruità fra legge dello Stato e quella religiosa, sempre rischioso in un Paese attraversato da diverse faglie di natura etnica, sociale e religiosa.
Come segnalato sulla stampa malaysiana, il 18 febbraio il ministro per gli Affari religiosi Mohd Na’im Mokhtar si è impegnato a spianare la strada a un rapporto più certo e meno problematico fra legge civile e religiosa entro l’anno in corso. In questo avrà la cooperazione del sovrano dello Stato di Selangor, Sharafuddin Idris Shah, che presiede il Consiglio nazionale degli Affari religiosi islamici (National Council of Islamic Religious Affairs).
Un contributo dovrebbe arrivare dal comitato speciale guidato da un ex presidente della Corte suprema, che ha iniziato i lavori lo scorso anno, incaricato di valutare le possibilità di estendere le competenze del Parlamento per potere intervenire in questa delicata materia.
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A evidenziarne la necessità, la sentenza dei giudici supremi emessa il 9 febbraio sull’incostituzionalità di 16 leggi in vigore nello Stato nord-occidentale di Kelantan. Le norme riguardano numerosi reati punibili secondo la legge religiosa, dalla sodomia agli abusi sessuali, dal possesso di false informazioni alla dipendenza da droghe e alcool, fino ai criteri applicati nei giudizi.
Tutti argomenti coperti dalla legge dello Stato, su cui il Parlamento federale ha giurisdizione ma in parte modificati dalle leggi locali in senso più aderente agli ideali religiosi.
Se la comunicazione del ministro ha avviato un dibattito sui tempi, altri rilevano come intervenire in questa materia sia un elemento nodale per la stessa identità del Paese. Le modifiche alla legge includono potenzialmente emendamenti alla Costituzione e la revisione di leggi a livello federale e degli Stati; tuttavia, il punto focale e spesso eluso per evitare ripercussioni politiche e sociali è se sia necessario adattare le leggi di ispirazione religiosa in sintonia con la Costituzione oppure modificare la Costituzione secondo principi religiosi.
In buona sostanza viene riproposto il dualismo persistente dall’indipendenza tra laicità dello Stato e islamizzazione di una società oggi composta al 60% di malesi musulmani.
Ogni soluzione potrebbe essere invisa a una delle parti e mettere in discussione la stessa Costituzione che nell’articolo 121 (1A) prevede che le questioni legate all’identità vengano giudicate dai tribunali della sharia nei vari Stati.
Il sistema in vigore prevede che il Diritto penale e di famiglia sia applicato ai musulmani secondo la tradizione islamica recepita da leggi approvate dalle assemblee legislative dei singoli Stati; per i non musulmani valgono il codice civile e penale di pertinenza del Parlamento centrale.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di Gordon via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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Politica
Trump dice di voler andare in Paradiso. Tutto lo Stato dovrebbe essere calibrato così

Il presidente Donald Trump ha recentemente affermato di voler «provare ad andare in paradiso, se possibile», mentre discuteva dei suoi sforzi per porre fine alla guerra in corso in Ucraina. Lo riporta LifeSite.
«Se riesco a salvare 7.000 persone a settimana dall’essere uccise, penso che sia questo il motivo per cui voglio provare ad andare in paradiso, se possibile», ha detto all trasmissione della TV via cavo americana Fox and Friends martedì mattina. «Sento dire che non sto andando bene, che sono davvero in fondo alla scala sociale. Ma se posso andare in paradiso, questo sarà uno dei motivi».
La scorsa settimana Trump ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin in Alaska per discutere degli sforzi per porre fine al conflitto in corso, iniziato con l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. All’inizio di questa settimana Trump ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj alla Casa Bianca.
Trump: “I want to try and get to heaven if possible. I hear I’m not doing well. I hear I’m really at the bottom of the totem pole.” pic.twitter.com/y1izqVGM84
— Aaron Rupar (@atrupar) August 19, 2025
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Dal discorso sembra che Trump stia trattando un affare, il deal definitivo. Nel computo inserisce anche le vite che ha salvato fermando la guerra tra India e Pakistan.
Sebbene Trump non sia mai stato particolarmente religioso, in passato ha affermato di credere in Dio, in particolare dopo essere sopravvissuto al tentativo di assassinio nel luglio 2024 – momento che ha fatto parlare a tantissimi, compresa Renovatio 21, di intervento divino.
Molti commentatori progressisti hanno deriso le dichiarazioni di Trump. Il Lincoln Project, un’organizzazione che si batte per la causa «Never Trump», ha preso in giro le dichiarazioni del presidente. L’ex consulente del Partito Repubblicano Rick Wilson ha ipotizzato che il «background» di Trump significhi che non potrà entrare in paradiso.
Tuttavia, il commentatore cattolico Michael Knowles ha affermato che i commenti di Trump sono un buon segno. «Di tutti i motivi per cui si può attaccare un politico, questo non sarà mai superato», ha detto Knowles. «Attaccare un presidente perché vuole andare in paradiso».
La portavoce Karoline Leavitt ha affermato che il presidente è «seriamente» intenzionato ad andare in paradiso.
La politica del Paradiso pare essere un concetto in ascesa negli ultimi tempi. In una interessante intervista nel podcast di Tucker Carlson, il commentatore cattolico Matt Walsh ha sintetizzato una formula perfetta: «la mia ideologia politica a questo punto è: voglio che i miei figli vadano in paradiso. Voglio che siano brave persone felici».
“My political ideology is that I want my kids to go to Heaven.” – @MattWalshBlog on @TuckerCarlson
Spot on, and could not agree more. pic.twitter.com/Xwc9QQR5cN
— Tridentine Brewing (@TridentineBrew) May 1, 2025
Ripetiamo la perfetta sintesi: l’unica ideologia politica è quella di far sì che i propri figli vadano in paradiso.
Il fine di ogni Stato dovrebbe essere la prossima generazione – che deve, innanzitutto nascere – e il suo destino celeste.
Il fine dello Stato dovrebbe essere, quindi, la vita umana.
Quanto siamo lontani da questa semplice realtà?
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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