Persecuzioni
Insegnante cattolica uccisa in un attacco dei separatisti papuani

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Rosalia Rerek Sogen, 30 anni, della diocesi di Larantuka, colpita in un assalto di un gruppo di miliziani insieme ad altri colleghi e operatori sanitari. I ribelli li considerano «militari sotto copertura» nella regione di Yahukimo, dove la tensione con l’esercito è tornata alle stelle. Evacuate decine di persone verso Jayapura nel timore di possibili altre azioni simili.
Un’insegnante cattolica nella provincia indonesiana di Nusa Tenggara orientale è stata ucciso in un attacco violento da parte di miliziani indipendentisti papuani. Rosalia Rerek Sogen, 30 anni, della diocesi di Larantuka è morta in un raid avvenuto nel distretto di Anggruk – nella regione Yahukimo – nel quale anche altre otto persone – altri insegnanti e operatori sanitari – hanno riportato gravi ferite.
L’aggressione è avvenuta mentre il gruppo stava svolgendo le proprie mansioni quotidiane. All’improvviso, sono caduti in un’imboscata tesa da membri di una formazione armata separatista nota come come battaglione Eden Sawi-cum-Sisipa.
Secondo fonti militari locali, gli aggressori avrebbero dato fuoco a un’aula e al dormitorio degli insegnanti dopo che le loro richieste di denaro non erano state soddisfatte. La signora Rosalia sarebbe morta arsa viva. Il gruppo separatista ha motivato l’attacco sostenendo che gli insegnanti e gli operatori sanitari erano militari sotto copertura. Questa affermazione ha fatto seguito a una precedente dichiarazione del capo delle Forze armate indonesiane, il generale Agus Subiyanto, che ha affermato che i militari erano dispiegati nell’area per garantire la sicurezza dei civili.
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Il portavoce locale dell’esercito, il colonnello Candra, ha respinto questa accusa, insistendo: «sono tutti insegnanti professionisti». Il portavoce del gruppo armato separatista Sebby Sambom ha replicato intimando a tutti gli agenti «sotto copertura» devono lasciare immediatamente la Regione di Yahukimo. Ha anche minacciato ulteriori attacchi. «chiediamo con urgenza al presidente indonesiano Prabowo di non lanciare contrattacchi contro civili innocenti», ha aggiunto Sebby.
In risposta all’azione dei separatisti l’esercito indonesiano ha evacuato decine di insegnanti e operatori sanitari dalle aree ad alto rischio, tra cui Heriapini, Kosarek, Ubalihi, Nisikni, Walma e il distretto di Kabianggam. Finora, almeno 58 persone, tra cui quattro bambini, sono state trasportate in aereo da Wamena alla capitale di Papua, Jayapura.
Le autorità continuano a monitorare attentamente la situazione, poiché la tensione nella regione rimane alta.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Persecuzioni
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Persecuzioni
Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere

L’arcivescovo armeno Mikael Ajapahyan è stato giudicato colpevole di incitamento al colpo di stato e condannato a due anni di carcere, in un clima di crescente tensione tra la Chiesa nazionale e il governo. Il religioso ha respinto le accuse, definendole di natura politica.
Come riportato da Renovatio 21, l’arcivescovo era stato arrestato ad inizio estate, quando la polizia aveva fatto irruzione nella sede della Chiesa apostolica armena, la più grande del Paese, nella città di Vagharshapat, provocando gravi scontri tra chierici, membri della chiesa e forze dell’ordine.
Negli ultimi mesi, le frizioni tra il primo ministro Nikol Pashinyan e l’opposizione, appoggiata da figure di spicco della Chiesa Apostolica Armena (CAA), si sono intensificate. I critici hanno accusato Pashinyan di compromettere gli interessi nazionali dell’Armenia per aver accettato di cedere alcuni villaggi di confine all’Azerbaigian, Paese con cui l’Armenia ha contenziosi territoriali. Pashinyan ha difeso la decisione, che ha scatenato proteste, sostenendo che punta a risolvere il conflitto decennale tra le due ex repubbliche sovietiche.
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Venerdì, un tribunale di Yerevan ha emesso la sentenza contro Ajapahyan, in custodia cautelare da fine giugno. L’accusa aveva richiesto una condanna a due anni e mezzo, mentre la difesa aveva sostenuto l’innocenza dell’arcivescovo. Secondo l’atto d’accusa, Ajapahyan avrebbe incitato al rovesciamento del governo armeno in due interviste rilasciate a febbraio 2024 e giugno 2025.
Commentando le accuse dopo il suo arresto, Ajapahyan ha dichiarato che il «Signore non perdonerà i miseri servitori che sanno bene cosa stanno facendo».
Ad agosto, Karekin II, Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, ha espresso preoccupazione per la «campagna illegale contro la Santa Chiesa apostolica armena e il suo clero da parte del potere politico», come riportato in una dichiarazione ufficiale della Chiesa.
A giugno, le autorità armene hanno arrestato un altro importante religioso, il vescovo Bagrat Galstanyan, accusandolo di terrorismo e di aver pianificato un colpo di Stato.
Nello stesso mese, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito la spaccatura tra il governo armeno e la Chiesa una «questione interna» dell’Armenia, aggiungendo però che molti membri della numerosa diaspora armena in Russia stavano «osservando questi eventi con dolore» e non «accettavano il modo in cui si stavano svolgendo».
L’Armenia e il vicino Azerbaigian sono entrambe ex repubbliche sovietiche, coinvolte in una disputa territoriale sulla regione del Nagorno-Karabakh dalla fine degli anni Ottanta. La regione, a maggioranza armena, si è staccata da Baku all’inizio degli anni ’90 in seguito a una guerra in piena regola.
Il territorio è stato fonte di costante tensione tra Armenia e Azerbaigian per oltre due decenni, con molteplici focolai e conflitti su larga scala, prima che Baku riuscisse a riprendere il controllo della regione con la forza nel 2023, provocando l’immane esodo degli armeni del Nagorno, regione divenuta prima teatro di atrocità poi di città fantasma.
Come riportato da Renovatio 21, strutture gasiere legate all’Azerbaigian sono state colpite nei pressi di Odessa, a pochi metri dal confine romeno (cioè NATO) nelle scorse ore.
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Baku è legata alla politica europea, ed italiana, tramite il gasdotto TAP, considerato come fornitura di idrocarburo alternativa a Mosca, per cui spinta dalle élite euro-atlantiche di Brusselle, pronte a chiudere un occhio sulle accuse allo Stato dinastico petro-islamico dell’Azerbaigian riguardo i diritti umani.
Secondo un giornale spagnolo, l’Armenia, nel suo movimento di allontanamento da Mosca perseguito dalla presidenza Pashynian, starebbe per porre parte del suo territorio sotto il controllo degli Stati Uniti.
Yerevan è diventata sempre più filo-occidentale sotto Pashinyan; durante la conferenza stampa, il primo ministro ha ribadito che «l’Armenia vuole entrare a far parte dell’UE», riflettendo una legge firmata all’inizio di quest’anno che esprime questa intenzione. Tuttavia, ha riconosciuto che sarà «un processo complicato», poiché il paese dovrà soddisfare determinati standard e ottenere l’approvazione di tutti gli Stati membri.
Nelle ultime settimane, la tensione in Armenia è stata elevata a seguito dell’arresto di due alti prelati della Chiesa Apostolica Armena (CAA) e di uno dei suoi principali sostenitori, l’imprenditore russo-armeno Samvel Karapetyan. Sono stati accusati di aver cospirato per rovesciare il governo di Pashinyan dopo aver esortato la popolazione a protestare contro la decisione del primo ministro di cedere diversi villaggi di confine all’Azerbaigian.
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Immagine screenshot da YouTube
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