Persecuzioni
India, suora arrestata con (false) accuse di istigazione al suicidio e conversione

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
In cella la 62enne suor Sahaya Mary, responsabile di un ostello per studenti legato alla Sacred Heart Higher Secondary School di Michaelpatti. Dietro il fermo la morte per avvelenamento di una studentessa 17enne. Social e media hanno amplificato e distorto la vicenda. La giovane aveva perso la mamma otto anni fa ed era vittima di molestie della matrigna, supporter del BJP.
Le autorità indiane hanno arrestato una suora responsabile di un ostello con l’accusa di conversione forzata, culminata nel suicidio di una studentessa minorenne della Sacred Heart Higher Secondary School di Michaelpatti, villaggio nel distretto di Thanjavur (diocesi di Kumbakonam, Tamil Nadu).
La ragazza, di 17 anni, era ospite del centro la cui gestione ricade sotto l’amministrazione scolastica e si è avvelenata nella sua stanza il 9 gennaio scorso, morendo a distanza di 10 giorni nonostante i tentativi di cura.
In cella la 62enne suor Sahaya Mary, responsabile di un ostello per studenti legato alla Sacred Heart Higher Secondary School di Michaelpatti.
A causa del decesso, gli inquirenti hanno fermato la 62enne suor Sahaya Mary incriminandola in base all’articolo 305 del codice penale (favoreggiamento nel suicidio di un minore), 511, 75 e 82 comma 1. Tuttavia, nella denuncia (il First information report) redatta dai poliziotti che sono riusciti a parlare con la vittima prima della morte, non si fa menzione del tentativo di conversione; una storia che sarebbe stata fatta circolare in realtà da elementi radicali indù locali per aizzare gli animi.
La religiosa appartiene alle suore francescane del Cuore immacolato di Maria, la cui sede è a Pondicherry. La giovane ha assunto il veleno il 9 gennaio, ma ha nascosto il gesto ed è stata ricoverata per continui conati di vomito.
La polizia ha registrato la denuncia il 16 gennaio, tre giorni prima del decesso avvenuto il 19. Gli agenti hanno arrestato la suora, che viveva nel complesso e soffre fra l’altro di una marcata sordità.
La polizia ha anche commesso una palese irregolarità rivelando il nome della vittima [che noi preferiamo mantenere segreta per la minore età], che ha iniziato a circolare nei media e sui social network. La religiosa ha subito offerto la massima collaborazione agli inquirenti, per chiarire tutti i contorni della drammatica vicenda: la ragazza non voleva tornare a casa per le molestie subite dalla matrigna, una grande sostenitrice del BJP (il Bharatiya Janata Party, di destra e al potere dal 2014). In un momento di profonda difficoltà ha deciso di avvelenarsi nella sua stanza.
Social e media hanno amplificato e distorto la vicenda. La giovane aveva perso la mamma otto anni fa ed era vittima di molestie della matrigna, supporter del BJP
Da vicenda privata, la storia è stata rilanciata sugli organi di informazione e in rete, assumendo una deriva politica con strumentalizzazioni su più fronti, compresa l’accusa (infondata) di conversione forzata.
Interpellato da AsiaNews mons. Francis Anthonysamy, vescovo di Kumbakonam, esprime «grande cordoglio per la tragica morte» della ragazza, augurandosi che «giustizia sia fatta» per la suora che, al momento, è sotto custodia.
Padre John Zacharias, legale rappresentante della diocesi di Thanjavur, parla di «accuse false e prefabbricate» basate su tentativi di conversione mai avvenuti, perché «aveva solo dato ospitalità» a una ragazza in difficoltà. Ma la verità starebbe emergendo perché «non vi è prova alcuna» del tentativo di conversione forzata della minorenne.
Padre Santhanam SJ, avvocato gesuita del National Lawyers Forum of Religious and Priests ricorda che «la vittima ha perso la madre otto anni fa» e il padre «ha sposato un’altra donna» che «molestava» la ragazza.
«Per questo – conclude – la giovane ha scelto di stare con le suore, anche durante il lockdown per il COVID non voleva tornare a casa nel timore di subire violenze dalla matrigna».
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Immagine di Bombman via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

Persecuzioni
Terra Santa, il Patriarca latino di Gerusalemme vuole credere al piano di Trump

Dopo l’intercettazione da parte di Israele della flottiglia internazionale islamo-sinistra partita da Barcellona, in Spagna, per bloccare il blocco di Gaza, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, discute delle speranze di pace in Terra Santa, riaccese dal piano di pace proposto da Donald Trump.
Il giornalista italiano Mario Calabresi cede la parola a un alto prelato lucido e moderatamente ottimista: «L’abbordaggio della flottiglia era inevitabile. Avevo però parlato con gli organizzatori per dissuaderli dal giungere allo scontro con le autorità israeliane. (…) Tanto più che questa flottiglia non porta nulla agli abitanti di Gaza e non cambia in alcun modo la situazione», spiega il Patriarca latino della Città Santa.
Un giudizio finale che contrasta con la beata ingenuità dei media progressisti occidentali, che vorrebbero dipingere gli agitatori islamo-goscisti della flottiglia in rotta verso la Striscia di Gaza come chierichetti animati da uno spirito di pace e fratellanza.
Tornando alla situazione dei cristiani nella regione, il cardinale Pizzaballa ricorda che nei suoi trentacinque anni a Gerusalemme non ha mai vissuto un periodo così doloroso e tragico. «C’è stato il tempo della guerra, il tempo della speranza, il tempo della faticosa costruzione di un processo di pace, poi il tempo del crepuscolo di ogni possibile convivenza, segnato dalla vittoria degli estremisti e del radicalismo. E oggi stiamo attraversando l’era delle rovine», ritiene.
E a sostegno delle sue affermazioni: «La situazione è drammatica. Le immagini rendono solo in parte giustizia a ciò che si sta vivendo sul campo. La distruzione è colossale. Oltre l’ottanta per cento delle infrastrutture è ridotto in macerie e centinaia di migliaia di persone hanno dovuto essere sfollate ed evacuate tre, quattro, cinque, persino sette volte. Famiglie che hanno perso tutto».
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La sua descrizione della vita a Gaza evoca la fame «reale» provata dagli abitanti, anche se evita di usare il termine carestia, spesso utilizzato a fini propagandistici: «Non è solo una questione di quantità, ma anche di qualità: non arrivano né frutta, né verdura, né carne; due anni senza vitamine né proteine. Un disastro assoluto», spiega l’alto prelato.
A questo si aggiunge «la quasi totale assenza di ospedali, che rende impossibile curare i feriti, i mutilati, ma anche le malattie comuni che non possono più essere monitorate. Penso alla dialisi, che è scomparsa; al cancro, dove l’oncologia non esiste più». I bisogni non si limitano a quelli materiali: «Penso ancora che stiamo entrando nel terzo anno senza scuola per bambini e adolescenti. È molto difficile parlare di speranza se non forniamo una scuola, se l’istruzione diventa impossibile».
La comunità di rifugiati della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza ha scelto di rimanere. Una decisione rischiosa ma inevitabile: «In parrocchia ci sono musulmani gravemente disabili che non hanno modo di muoversi, assistiti dalle suore. E anziani molto fragili per i quali andarsene significherebbe la morte. Devono rimanere, e i nostri sacerdoti e le nostre suore hanno deciso di rimanere con loro. È la scelta della Chiesa, che decide di rimanere come presenza attiva e pacifica», sottolinea Pizzaballa.
Riguardo al piano di pace imposto alle parti dall’inquilino della Casa Bianca, il patriarca vuole credere che una soluzione pacifica sia ancora possibile: «Il piano di Trump ha molti difetti, ma è vero che nessun piano sarà mai perfetto. Tutti sono stanchi, esausti e devastati da questa guerra, e ormai sembra chiaro che ci stiamo muovendo verso una conclusione».
Tuttavia, anche se le armi tacessero e Hamas accettasse di consegnare gli ostaggi e disarmare, ciò non significherebbe la fine del conflitto: «Il conflitto continuerà a lungo, perché le cause profonde di questa guerra non sono ancora state affrontate. Il conflitto israelo-palestinese non finirà finché al popolo palestinese non verrà offerta una prospettiva chiara, evidente e reale. Le conseguenze e le ripercussioni di questa guerra su entrambe le popolazioni, israeliana e palestinese, dureranno per molti anni», conclude il Patriarca di Gerusalemme.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
Persecuzioni
Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere

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Persecuzioni
Il ministro israeliano Katz: suore e clero cristiano saranno considerati terroristi se non lasceranno Gaza

Mercoledì il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha minacciato affermando che i residenti della città di Gaza, colpita dalla carestia, hanno un’«ultima opportunità» di fuggire a sud o di essere classificati come «terroristi», mentre l’esercito israeliano sostenuto dagli Stati Uniti continua la sua operazione di pulizia etnica volta a radere al suolo ogni edificio della città. Lo riporta LifeSite,
Con un tweet su X, il Katz ha annunciato che l’esercito di occupazione israeliano (IDF) aveva quasi circondato Gaza City. «Questa è l’ultima opportunità per i residenti di Gaza che lo desiderano di spostarsi a sud e lasciare i terroristi di Hamas isolati a Gaza City, di fronte alle operazioni in corso dell’IDF a pieno regime».
«Coloro che rimarranno a Gaza saranno considerati terroristi e sostenitori del terrorismo», ha avvertito.
Secondo l’IDF, circa 780.000 civili palestinesi sono fuggiti da Gaza City da agosto, mentre altre stime riportano che la cifra si aggirerebbe intorno ai 400.000, su un totale di circa 1 milione. Ciò significa che diverse centinaia di migliaia di persone rimangono in città per vari motivi, tra cui malattie, debolezza a causa della carestia, anziani o disabili, per sopportare un altro crimine contro l’umanità, ovvero lo sfollamento.
Tra coloro che hanno deciso di restare ci sono religiosi e sacerdoti cattolici e ortodossi che hanno concluso che la loro responsabilità è quella di rimanere con i disabili e i malnutriti dei loro gruppi sfollati, che hanno trovato rifugio nelle rispettive parrocchie di Gaza City.
In una dichiarazione del 26 agosto dei Patriarcati latino e greco di Gerusalemme, guidati rispettivamente dal cardinale Pierbattista Pizzaballa e da Teofilo III, è stato spiegato che per coloro che sono indeboliti e malnutriti a causa della carestia provocata dall’uomo in Israele, insieme ai disabili, lasciare Gaza City «e cercare di fuggire verso sud sarebbe niente meno che una condanna a morte».
E così, per queste ragioni, le Missionarie della Carità di Santa Madre Teresa, insieme al clero che si è preso cura di queste persone vulnerabili, «hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che saranno nei complessi».
All’inizio del mese scorso Tel Aviv ha ordinato la completa evacuazione di Gaza City, costringendo i palestinesi sfollati a spostarsi a sud nella regione di Mawasi, che l’esercito israeliano ha definito «zona sicura», nonostante l’abbia bombardata più volte.
«Si chiama zona sicura, ma viviamo qui da mesi e sappiamo per certo che non è sicura», ha detto un giornalista sfollato ad Al Jazeera. «Come posso definirla sicura quando Israele ha ucciso e bombardato mia sorella proprio all’interno di questa “zona sicura”?»
A causa dei bombardamenti di routine e delle occasioni in cui i palestinesi sfollati e affamati vengono spesso colpiti dai cecchini israeliani sostenuti dagli Stati Uniti mentre cercano aiuti umanitari, molti altri sono rimasti a Gaza City.
L’attivista Jason Jones in un articolo di mercoledì che affrontava questi eventi ha scritto che «non si può sopravvalutare l’urgenza morale della situazione. È imperativo che i cristiani di ogni tipo e tutte le persone di buona volontà siano solidali con la comunità attualmente minacciata a Gaza».
Jones, fondatore e presidente del Vulnerable People Project ha avvertito che «il presidente Trump sembra contento di starsene seduto a guardare mentre le forze israeliane uccidono i cristiani di Gaza, tra cui le Missionarie della Carità, insieme ad altri che la comunità cristiana ha preso sotto la sua cura».
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Immagine di Catholic Church of England and Wales via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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