Terrorismo
Il Vaticano reagisce all’attentato a Trump, senza però nominarlo!
Il 14 luglio si era registrata la reazione del Vaticano bergogliano rispetto all’attentato contro la vita del presidente candidato Donald J. Trump.
«La Sala Stampa vaticana ha riferito che l’episodio di violenza (…) “ferisce le persone e la democrazia, provocando sofferenza e morte”. Assieme ai vescovi statunitensi, chiude la breve nota, la Santa Sede prega “per l’America, per le vittime e per la pace nel Paese, perché non prevalgano mai le ragioni dei violenti» riporta Vatican News.
Interessante notare come – almeno in queste parole riportate – si parli di un generico «episodio di violenza» e non direttamente del principale obiettivo di questa violenza, cioè Trump.
La cosa potrebbe essere non casuale.
LifeSiteNews ha paragonato questa dichiarazione alla precedente dichiarazione della Santa Sede in seguito all’assassinio dell’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe due anni fa. L’inizio della quale recitava: «Sua Santità Papa Francesco è stato profondamente rattristato nell’apprendere dell’assassinio del sig. Shinzo Abe». Wright ha osservato che il Papa è stato veloce a menzionare il nome di Abe.
Una dichiarazione più recente, successiva al tentato assassinio del premier slovacco Robert Fico a maggio, scritta dal Papa in prima persona, recita in parte: «ho appreso con dolore la triste notizia dell’attacco al primo ministro della Repubblica Slovacca, Sua Eccellenza il Signor Robert Fico».
«In entrambi i casi, si tratta di dichiarazioni rilasciate per conto o dal Papa stesso, ma questa è stata semplicemente rilasciata dal corpo stampa del Vaticano», ha notato Frank Wright.
Il disprezzo di Bergoglio per Trump è risalente: lo attaccò come «non cristiano» ancora nel 2016 prima delle elezioni presidenziali, esprimendo disgusto per la sua idea di erigere un muro contro gli immigrati.
Fu indicativa la foto della visita del presidente Trump in vaticano anni fa, dove il pontefice esibì un incontrovertibile «muso lungo» mai visto in altre foto ufficiali. Notiamo che il fotografo di questa immagine è Evan Vucci, lo stesso che ha scattato l’immagine icone di Trump ferito che alza il pugno al cielo con gli agenti a trattenerlo e la bandiera USA che garrisce sullo sfondo.
It’ll always be hilarious just how much the Pope dislikes Trump.
Pope Francis criticized Trump’s anti-immigrant rhetoric, “A person who thinks only about building walls, wherever they may be, and not of building bridges, is not Christian.”
He said Trump wasn’t a Christian… pic.twitter.com/1wcxyB48UC
— Art Candee ???????? (@ArtCandee) June 25, 2024
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Parimenti, il suo accordo con politici sedicenti cattolici abortisti come Nancy Pelosi e Joe Biden – cui secondo molti vescovi statunitensi dovrebbe essere negata la comunione – è chiaro.
Secondo alcuni una delle componenti elettorali che spinge Biden è proprio il cattolicesimo modernista, perfettamente in linea con la trasformazione sociale in corso, visibilmente presente con l’omotransessualizzazione. I gesuiti americani e la loro rivista America, che sono in prima linea in questo fenomeno, si dice abbiano grande influenza sul Bergoglio, come testimoniato dalle continue lodi dell’argentino nei confronti del gesuita ultra-pro-LGBT padre James Martin.
Trump quattro anni fa, quando era ancora presidente in carica, aveva rilanciato sul suo seguitissimo account Twitter una lettera di mons. Carlo Maria Viganò che lo metteva in guardia dalle tenebre del Deep State e di quella che ha chiamato Deep Church.
Come noto, ora Viganò è stato scomunicato ufficialmente con accusa di scisma. L’arcivescovo già Nunzio Apostolico a Washington dichiara che ad essere in scisma è lo stesso Vaticano modernista.
Con evidenza, una delle vene attraverso cui tale scisma passa è il rapporto con Donald Trump, ossia con la massima incarnazione del populismo antimondialista dell’ora presente.
Per la neochiesa sottomessa al Nuovo Ordine Mondiale, non poteva essere altrimenti.
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Immagine di Medol via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Terrorismo
L’afghano della sparatoria di Washington aveva collaborato con la CIA
Rahmanullah Lakanwal, il presunto responsabile dell’attentato mortale contro due militari della Guardia Nazionale a Washington DC, aveva collaborato con la CIA durante l’occupazione americana dell’Afghanistan.
Mercoledì l’uomo, cittadino afghano, ha aperto il fuoco a bruciapelo contro due appartenenti alla Guardia Nazionale della Virginia Occidentale che stavano effettuando un pattugliamento. Il giorno dopo è deceduta la specialista dell’Esercito Sarah Beckstrom, mentre il sergente maggiore dell’Aeronautica Andrew Wolfe versa ancora in condizioni critiche.
Secondo le autorità, Lakanwal è arrivato negli Stati Uniti nel settembre 2021 grazie a un visto speciale riservato agli afghani a rischio – inclusi quelli che avevano lavorato con le forze occidentali – dopo la riconquista talebana del Paese.
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Giovedì il direttore della CIA John Ratcliffe ha confermato che il sospettato era stato ammesso negli USA «in virtù del suo precedente impiego con il governo statunitense, compresa la CIA, come membro di una forza partner a Kandahar», rapporto terminato subito dopo l’evacuazione caotica dell’agosto 2021.
«Questo individuo – e purtroppo tanti altri come lui – non avrebbe mai dovuto mettere piede qui», ha dichiarato Ratcliffe, facendo eco alle dure critiche del presidente Donald Trump nei confronti del «disastroso» ritiro ordinato dall’amministrazione Biden.
Anche il direttore dell’FBI Kash Patel ha confermato che Lakanwal «manteneva rapporti in Afghanistan con forze alleate» e che tali legami sono attualmente oggetto di indagine.
Il servizio pashto della BBC ha intervistato un ex comandante che aveva operato accanto a Lakanwal: questi lavorava come specialista GPS in un’unità denominata Scorpion Forces, inizialmente sotto il controllo diretto della CIA e poi passata alla Direzione Nazionale per la Sicurezza afghana. Sempre secondo l’ex comandante, Lakanwal contribuì inoltre a proteggere le truppe USA all’aeroporto di Kabul nelle ultime, concitate settimane del ritiro.
Lakanwal ha lasciato Kandahar per Kabul cinque giorni prima dell’ingresso dei talebani nella capitale (agosto 2021) ed è stato evacuato in aereo verso gli Stati Uniti appena sei giorni dopo.
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Immagine screenshot da YouTube
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