Spirito
«Il Signore della vita, che era morto, regna vivo»: omelia pasquale di mons. Viganò
Renovatio 21 pubblica l’omelia nella Domenica di Resurrezione dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

SURREXIT VERE
Omelia nella Domenica di Resurrezione
Resurrexi, et adhuc tecum sum, alleluja.
Posuisti super me manum tuam, alleluja.
Mirabilis facta est scientia tua, alleluja, alleluja.
Intr. ad Missam in die Paschatis
Resurrexi, abbiamo cantato nell’Introito solenne di questo santissimo giorno. È la voce del Verbo Incarnato che si rivolge al Padre: Sono risorto e sono di nuovo con te; tu hai posto su di me la tua mano, la tua sapienza è degna di ammirazione.
Sono versetti del Salmo 138 della Vulgata, che fanno da controcanto al grido del Golgota, Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? Un grido lanciato non come voce di disperazione, ma come antifona del Sacrificio perfetto che il Sommo Sacerdote celebra sulla Croce offrendoSi come Vittima immacolata. Vi cogliamo il richiamo all’Introito della Notte di Natale: Dominus dixit ad me: filius meus es tu, ego hodie genui te (Salmo 2, 7), il Signore mi ha detto: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato.
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Per questo il giorno di Pasqua è veramente dies, quam fecit Dominus, giorno che la Santissima Trinità ha preparato sin dalla fondazione del mondo in vista dell’Incarnazione e della Redenzione. Nella Lettera agli Ebrei (Eb 10, 5-10), San Paolo riprende il Salmo 39 e lo interpreta nel suo significato cristologico: Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà – la volontà del Padre, che chiede al proprio Figlio Unigenito di offrirSi per noi, pro nobis obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Fil 2, 8). Dinanzi all’obbedienza del Figlio, il Padre Lo ha esaltato e Gli ha dato un nome che è sopra ogni nome, affinché ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e sottoterra.
La Resurrezione dai morti di Nostro Signore Gesù Cristo è il tributo di gloria a Colui che siede alla destra del Padre, il Quale pone i Suoi nemici a sgabello dei Suoi piedi (Salmo 109, 1).
Ipse verus est Agnus, qui abstuilit peccata mundi – intonerò tra poco al Prefazio – qui mortem nostram moriendo destruxit, et vitam resurgendo reparavit. Egli è l’Agnello che Si fa carico dei nostri peccati, Colui che morendo ha distrutto la morte, e risorgendo ha ripristinato la vita. Un grande combattimento si è svolto sul Calvario: Mors et vita duello conflixere mirando: dux vitæ, mortuus, regnat vivus.
Il Signore della vita, che era morto, regna vivo. Agnus redemit oves, l’agnello ha redento le pecore, Cristo innocente ha riconciliato al Padre i peccatori.
Per questo, nel silenzio del Sabato Santo, il diacono prorompe nella triplice esclamazione dell’Exsultet: O inæstimabilis dilectio caritatis: ut servum redimeres, Filium tradidisti! O certe necessarium Adæ peccatum, quod Christi morte deletum est! O felix culpa, quæ talem ac tantum meruit habere Redemptorem! O amore di infinita carità: per redimere il servo, hai consegnato il Figlio! O certamente necessario peccato di Adamo, cancellato dalla morte di Cristo! O beata colpa, che ha meritato di avere tale e tanto grande Redentore!
Quando la santa Liturgia ci fa cantare Surrexit Dominus vere, noi proclamiamo la Resurrezione di Cristo non come oggetto di Fede, ma come realtà storica che dà corpo e sostanza alla divina Rivelazione. Egli è risorto davvero, come aveva detto. È risorto nonostante le guardie poste a presidio del Sepolcro. È risorto ed è apparso a Sua Madre, alla Maddalena, agli Apostoli. Ha lasciato la Sindone quale prova scientifica inconfutabile della potenza divina. Surrexit Dominus vere.
Perché tutto quello che riguarda Dio è vero, giusto, buono, bello e gratuito; mentre ciò che viene da Satana è falso, ingiusto, cattivo, brutto e oggetto di commercio. Dio ci dona Suo Figlio per restituirci il destino di eternità beata che gratuitamente ci aveva concesso al principio.
Satana ci vende con la frode l’inganno di un effimero presente di piaceri fuggevoli, a prezzo della nostra anima che condanniamo alla dannazione. Con la Croce questo rapporto mercantile viene rovesciato, e torna ad affermarsi prepotentemente la razionale follia della divina Carità, perché laddove è abbondato il peccato, lì ha sovrabbondato la grazia (Rom 5, 20).
Il mondo non accetta la gloria della Resurrezione come fatto storico ancor prima che come miracolo, per due motivi.
Il primo è che solo Dio può resuscitare i morti: la Resurrezione è dunque un evento straordinario di origine incontestabilmente divina che rende non solo credibile, ma credenda – da credersi – la Rivelazione cristiana e la Santa Chiesa che ne è custode.
Il secondo è che la Resurrezione è premio per la Passione e Morte, affrontate in obbedienza alla Volontà del Padre per ripristinare il κόσμος divino infranto dal peccato.
Accettare la Resurrezione significa dunque accettare la necessità di un’espiazione, di una redenzione per noi, figli dell’ira assoggettati a Satana. Significa riconoscere che il Figlio di Dio ha dato la vita per noi, che il Creatore ha pagato per la creatura, che il padrone si è offerto per il servo. Solo chi è da Dio riesce a intuire l’abisso di Carità infinita che muove la Santissima Trinità a salvarci; mentre chi non è da Dio si ribella non solo alla Giustizia della punizione che egli merita per aver infranto gli ordini divini, ma ancora di più alla Misericordia della redenzione che non potrebbe nemmeno lontanamente sperare, ottenuta con l’Incarnazione di Dio e con la Sua Passione e Morte.
Accettare la Resurrezione significa quindi riconoscerci bisognosi di perdono per una colpa, la cui gravità è infinita a causa dell’infinita offesa alla Maestà divina.
Accettare la Resurrezione significa riconoscere un ordine superiore – talmente superiore da essere necessariamente soprannaturale – che non nega la necessaria Giustizia divina, ma afferma la gratuità della sovrabbondante divina Misericordia, mossa da quello stesso Amore che procede dal Padre e dal Figlio.
Significa riconoscerci nel nostro nulla dinanzi al tutto di Dio, lasciandoci salvare non per i nostri meriti, ma per la Sua infinita bontà. Significa essere umili nell’accogliere con riconoscente stupore la magnificenza del Signore, generoso oltre ogni immaginazione: un Signore che ci invita al banchetto nonostante siamo storpi, zoppi e mendicanti, ci dona anche la veste nuziale della Grazia dopo che abbiamo insudiciato quella che Egli ci aveva dato in justitia et sanctitate veritatis.
Vi è qualcosa di assurdo e sciagurato nel volersi sottrarre alla Redenzione, e questo tratto di follia suicida è ciò che strappa tante anime alla beatitudine eterna.
L’orrore del peccato non consiste solo nell’essere la causa dei patimenti di Nostro Signore, ma nell’accecare la nostra vista spirituale rendendola incapace di lasciarsi sopraffare dalla Misericordia divina. Orgoglio, maledetto orgoglio.
Mentre Dio ci dà la vita materiale e spirituale per renderci partecipi della Sua gloria, Satana ci dà la morte portandoci a violare i Comandamenti e a rifiutare la salvezza che Dio ci offre nel Sacrificio di Cristo. Pecchiamo per orgoglio, e per orgoglio siamo indotti a rimanere nell’inimicizia con Dio.
Celebriamo degnamente la Santa Pasqua, cari fratelli. Celebriamola con la serena adesione di intelletto e volontà ai piani ineffabili del Signore, consapevoli che è proprio nella inæstimabilis dilectio caritatis che ruota tutta l’economia della salvezza; una salvezza che è vanificata non tanto e non solo dal peccato, ma anche e soprattutto dall’orgoglio che quel peccato rende inespiabile perché lo sottrae all’impetuoso torrente di Grazie infinite che sgorga dal Costato di Cristo.
Celebriamo la Santa Pasqua nell’umiltà, ossia rimettendo tutte le cose al loro posto, nella loro originaria gerarchia. E in quell’ordine metafisico già di per sé perfetto impariamo a scorgere con umiltà la gratuità della Redenzione, la necessità di corrispondervi con tutto il nostro essere, l’assoluta urgenza di predicare Cristo, e Cristo crocifisso, che il Padre ha glorificato dopo l’ignominia del Golgota facendoLo resuscitare dai morti.
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Il mondo odia e si ribella alla Signoria universale di Cristo non perché esso non voglia riconoscere e servire un sovrano – Non habemus regem, nisi Cæsarem, gridava la turba deicida davanti al Pretorio – ma perché Egli ha cinto la corona regale sul trono della Croce, sconfiggendo una volta per tutte il regno di tenebre del peccato e della morte.
Facciamo nostre le parole dell’Apostolo che abbiamo cantato Giovedì Santo: Nos autem gloriari oportet in cruce Domini nostri Jesu Christi, in quo est salus, vita et resurrectio nostra, per quem salvati et liberati sumus (Gal 6, 14).
Sia al nostro fianco, in quest’ora di vittoria e di trionfo, come nostra Madre e Signora, Colei che rimase ai piedi della Croce, la Regina Crucis.
E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
20 Aprile MMXXV
Dominica Resurrectionis
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Immagine: Andrea Mantegna (1431–1506), Resurrezione di Gesù (14571459), Musée des Beaux-Arts, Tours.
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Quarant’anni fa, l’arcivescovo Lefebvre diceva la verità
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Papa Leone incontra le vittime di abuso poco dopo aver lodato don Milani
Papa Leone XIV ha incontrato gli attivisti di ECA (Ending Clergy Abuse), rete costituita da vittime di abusi del clero particolarmente attiva negli Stati Uniti. I giornali mainstream riportano la notizia sottolineando come si tratterebbe di una «prima volta».
Si tratta del primo tra Papa Leone XIV e un gruppo di vittime, nonché il primo con un’associazione dedicata alla lotta contro gli abusi. I suoi predecessori, da Benedetto XVI a Francesco I, avevano incontrato gruppi di vittime, ma mai organizzazioni strutturate come ECA, che ha seguito molti viaggi di papa Francesco con proteste, specialmente nei Paesi più colpiti dagli abusi, senza però essere mai ricevuta. Oggi, invece, l’associazione ha varcato le porte del Vaticano.
Pochi giorni fa, la Pontificia Commissione per la tutela dei minori aveva pubblicato il Rapporto annuale, evidenziando la lentezza di alcune diocesi nel contrastare gli abusi. Tra i casi critici è stato citato l’Italia, con la CEI che ha replicato sottolineando gli sforzi compiuti in formazione e prevenzione.
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«È stata una conversazione profondamente significativa», ha dichiarato Gemma Hickey, presidente di ECA e sopravvissuta agli abusi in Canada. «Riflette un impegno comune per la giustizia, la guarigione e un cambiamento autentico. I sopravvissuti hanno a lungo cercato un posto al tavolo, e oggi ci siamo sentiti ascoltati». ECA definisce l’incontro «un passo storico e pieno di speranza verso una maggiore cooperazione».
Non è chiaro se tale organizzazione di vittime, premiata con l’udienza papale a favore di telecamere, abbia presente che solo pochi giorni fa il papa ha lodato, per la seconda volta, un sacerdote, diciamo così, controverso, definendolo perfino ripetutamente «profeta».
Il quadretto edificante avviene infatti a poche ore da un riferimento entusiastico fatto nei confronti di Don Milani. L’11 ottobre, parlando ai pellegrini delle diocesi toscane, Prevost ha citato in modo molto benevolo il controverso prete-maestro della Barbiana: «Don Lorenzo Milani, profeta della Chiesa toscana, che Papa Francesco ha definito “testimone e interprete della trasformazione sociale ed economica”, aveva come motto “I care“, cioè “mi importa”, mi interessa, mi sta a cuore».
Non è la prima volta. Il 12 giugno all’incontro con il clero della diocesi di Roma aveva definito di Don Lorenzo Milani come di «un profeta di pace e giustizia».
Scandali vari – il più grosso esploso sui giornali nel 2017, all’altezza dell’uscita del romanzo di Walter Siti Bruciare tutto, che faceva a partire dalla sua dedica un pesante ammiccamento – hanno portato alla luce lettere scritta da Don Milani dal contenuto fortemente inquietante.
In un lettera di Don Milani a Giorgio Pecorini, contenuta nel libro di quest’ultimo Don Milani! Chi era Costui? (Baldini&Castoldi, 1996, pp. 386-391), il presbitero autore del celebre Lettera ad una professoressa scriveva:
«… Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani più che la Chiesa e il Papa? E che se un rischio corro per l’anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!) (…) E chi potrà mai amare i ragazzi fino all’osso senza finire col metterglielo anche in culo se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno e desideri il Paradiso?». Il corsivo è nostro.
In un’altra lettera ad un amico vi sarebbe scritto «Vita spirituale? Ma sai in che consiste oggi per me? Nel tenere le mani a posto».
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Nonostante questi fatti, e voci ricorrenti sul personaggio che non circuitavano solo nei circoli tradizionalisti a lui ostili, negli anni scorsi la chiesa toscana sembrava indirizzata a tentare il processo di beatificazione del Milani, processo che, con evidenza, davanti a questi macigni subì una battuta d’arresto.
Ciononostante, il 20 giugno 2017 Bergoglio – che aveva avuto pure i suoi scandali con il caso della «Casita de Dios», ma anche col presbitero cileno Karadima, col prete ciellino don Inzoli etc. – effettuò un «pellegrinaggio» (sic – proprio come per i viaggi presso santuari e luoghi sacri) a Barbiana, per onorare don Milani. Un segnale che per molti è apparso chiaro, e terrificante.
Ora, papa Prevost si rivela, come in tanti altri temi, dalla sin0dalità all’omotransessualismo alla farsa climatica – totalmente in linea con il predecessore, lasciando intendere un papato di continuità totale con la catastrofe conciliare in generale e la catastrofe bergogliana in particolare.
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Immagine screenshot da YouTube
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«Persecuzione feroce e genocida contro i cattolici» e «vile e cortigiana complicità». Mons. Viganò contro Parolin sulle persecuzioni in Nigeria
Conosco bene e porto quotidianamente nel cuore la situazione di sofferenza e di persecuzione dei Cattolici nigeriani, essendo vissuto in Nigeria per sei anni, dal 1992 al 1998, come Nunzio Apostolico.
Le parole vergognose del Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin sul… pic.twitter.com/fBeMP085CE — Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 22, 2025
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Fans of the Romanian national football team unfurled a banner before their Worlld Cup Qualifier pic.twitter.com/asTnmvuV1l — Catholic Arena (@CatholicArena) October 15, 2025
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