Politica
Il rivale di Maduro lascia il Venezuela per la Spagna

Il leader dell’opposizione venezuelana Edmundo Gonzalez, principale rivale del presidente Nicolas Maduro alle recenti elezioni presidenziali, ha lasciato il Paese per la Spagna, dove dovrebbe ottenere asilo politico.
Il politico 75enne è stato evacuato dal paese domenica da un aereo dell’aeronautica militare spagnola. Gonzalez aveva già chiesto asilo politico e Madrid «ovviamente» glielo avrebbe concesso, ha affermato il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares.
Caracas ha dichiarato di aver accettato di lasciare che il politico abbia un passaggio sicuro all’estero, nonostante sia accusato di diversi crimini, per «il bene della tranquillità e della pace politica del Paese», ha affermato la vicepresidente venezuelana Delcy Rodriguez. Prima che la sua uscita fosse concordata, il politico era rimasto per un periodo di tempo non specificato presso l’ambasciata spagnola come «rifugiato volontario», ha osservato in una dichiarazione.
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Gonzalez si è nascosto poco dopo le elezioni presidenziali di luglio. Secondo i dati ufficiali forniti dal Consiglio elettorale nazionale, Maduro ha vinto con il 52% dei voti. L’opposizione, tuttavia, ha accusato Caracas di aver truccato i seggi, sostenendo che Gonzalez era in realtà il vero vincitore, con circa il 67% delle schede.
Il candidato dell’opposizione è stato sostenuto dagli USA, insieme all’UE e a diversi altri paesi che hanno rifiutato di riconoscere la vittoria di Maduro. Altre nazioni, tuttavia, tra cui Cina e Russia, hanno sostenuto il presidente eletto e riconosciuto l’esito del voto.
All’inizio di settembre, le autorità venezuelane hanno emesso un mandato di arresto per l’oppositore, accusando Gonzalez di molteplici reati, tra cui incitamento a disobbedire alle leggi, falsificazione di documenti pubblici, usurpazione di funzioni pubbliche, cospirazione, associazione a delinquere e sabotaggio.
Lo sviluppo avviene mentre sei esponenti dell’opposizione venezuelana rimangono asserragliati nell’ambasciata argentina a Caracas, con la struttura circondata dalle forze di sicurezza locali. Venezuela e Argentina hanno interrotto le relazioni diplomatiche tra loro subito dopo le elezioni presidenziali, poiché Buenos Aires si è affrettata a metterne in discussione l’esito.
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I terreni dell’ambasciata sono stati gestiti dal Brasile, che è stato autorizzato a rappresentare i propri interessi nel Paese. Sabato, tuttavia, Caracas ha revocato l’autorizzazione, citando prove che l’ambasciata veniva utilizzata come punto di partenza per un presunto piano per tentare un «magnicidio»: un attentato a Maduro o Rodriguez.
Caracas non ha elaborato le prove ottenute, mentre il Brasile ha affermato che la decisione è stata presa «di sorpresa» e ha rafforzato la sua intenzione di rappresentare gli interessi dell’Argentina.
«Il governo brasiliano sottolinea in questo contesto, ai sensi delle Convenzioni di Vienna, l’inviolabilità delle strutture della missione diplomatica argentina, che attualmente ospita sei richiedenti asilo venezuelani oltre a beni e archivi» hanno affermato le autorità brasiliane in una nota.
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Immagine di Confidencial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
Politica
Sarkozy condannato a cinque anni dopo il processo sui fondi libici

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Politica
Il regista russo Tigran Keosayan muore all’età di 59 anni. Era il marito della temutissima Margarita Simonyan

Il celebre regista e conduttore televisivo russo Tigran Keosayan è morto venerdì all’età di 59 anni. Era in coma da quando aveva subito un arresto cardiaco nel dicembre 2024.
La moglie, Margarita Simonyan, direttrice della testata e canale televisivo russo di Stato RT, ha annunciato la sua morte sul suo canale Telegram, scrivendo che «stasera Tigran è andato a trovare il suo Creatore» e ringraziando tutti coloro che avevano pregato per lui.
A gennaio, Simonyan aveva rivelato che il marito era in coma e in terapia intensiva a causa di problemi cardiaci di lunga data. Keosayan non ha mai ripreso conoscenza fino al decesso.
Nato a Mosca nel 1966, Keosayan ha dedicato la sua vita al cinema. Il suo primo film è uscito nel 1992, e negli anni ’90 si è occupato della regia di video musicali per noti cantanti russi. In seguito ha diretto numerosi lungometraggi, tra cui opere premiate. Versatile sia davanti che dietro la telecamera, Keosayan ha avuto una carriera di successo in televisione, conducendo diversi programmi su canali russi, tra cui un talk show intitolato «Serata con Tigran Keosayan».
Nel 2025, gli è stato conferito il titolo onorifico di «Artista Onorato della Federazione Russa».
I lettori di Renovatio 21 lo conoscono per una piccola video-intervista sottotitolato da questa testata dove, tra le altre cose, parlava dello stato dell’Europa e del mondo, della figura di Putin e della necessità di un potere «monarchico».
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Keosayan era legato a Simonyan dal 2013, e i due si erano sposati ufficialmente nel 2022. Hanno avuto tre figli insieme. Keosayan aveva anche due figli da un precedente matrimonio.
La Simonyan rappresenta una potenza giornalistica temuta globalmente. Originaria dell’oblast’ di Krasnodar (ma con chiare origini armene, con la famiglia rifugiata in Crimea dopo il genocidio del 1915), classe 1980, dopo gli studi in Occidente, si fece notare come inviata a Beslan durante la strage dei bambin del 2024, un evento che scioccò il mondo. Divenne quindi capo di RT, un canale TV in lingue inglese che a volte superava la CNN in ascolti – mentre, a detta degli ascoltatori, la stracciava in fatto di credibilità.
RT è stata quindi proibita in vari Paesi ancora da prima dello scoppio della guerra ucraina. Al momento il sito è irraggiungibile anche dall’Italia. Si tratta di una fonte di informazioni molto ricca e superbamente strutturata, dove la propaganda, che pure è presente, è sempre ben segnalata – a differenza di ogni testata occidentale che è propaganda in se stessa, oramai.
Seguire RT è per alcuni uno stigma da lanciare sugli avversari. Tulsi Gabbard al momento della nomina a capo dell’Intelligence fu accusata di essere una consumatrice del canale russo in lingua inglese, che potrebbe essere stato quello che, a inizio conflitto ucraino, qualcuno al potere a Washington aveva chiesto di togliere dai satelliti Starlink, ma Elon Musk aveva negato, sostenendo – pure fornendo, all’epoca, i satelliti agli ucraini – di essere un «assolutista della libertà di parola».
La giornalista è quindi considerata come una sorta di grande nemico dell’Occidente: tra il 2022 e il 2023 divenuta oggetto di sanzioni UE per essere «una figura centrale della propaganda del governo russo». Anche Londra e Kiev hanno posto sanzioni sul suo conto.
Sembra che abbiano programmato di neutralizzare la minaccia che costituisce (cioè le sue parole, il suo lavoro giornalistico) non solo con le sanzioni: nell’agosto 2023 un drone kamikaze ucraino si è abbattuto a pochi metri da casa sua a Mosca, mentre nell’ottobre successivo un drone cadde di fianco alla casa in cui è cresciuta, a Sochi, nel Sud della Russia.
«Questa notte, un drone d’attacco è caduto proprio davanti alla nostra casa di famiglia ad Adler, dove io e mia madre siamo cresciuti e dove vivono ancora i miei parenti e i loro bambini piccoli» aveva dichiarato all’epoca la Simonyan.
«Gli obiettivi sono sempre più lontani, la posta in gioco è sempre più alta, l’ultimatum nucleare diventa sempre più incontrastato» aveva precisato. Si era nel momento in cui cominciavano gli attacchi in profondità di Kiev sull’entroterra russo, che arrivarono a minacciare irresponsabilmente il entro tecnico militare chiamato «Lupi dello Zar», stazione radar considerabile come elemento chiave dell’ombrello nucleare russo, e quindi dell’architettura dell’equilibrio atomico globale.
La Simonyan è da anni un’ospite fisso della seguitissima trasmissione d Domenica sera con Vladimir Solov’ëv, dove non manca di dispensare analisi piuttosto profonde, talvolta con grande ironia.
Margarita si è aperta riguardo alle sue emozioni tremende durante l’agonia nel marito per la prima volta negli scorsi mesi, raccontando il suo dolore e in trasmissioni TV.
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Immagine screenshot da YouTube
Politica
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