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Il premio Oscar Jamie Foxx si scusa per un post ritenuto «antisemita». Ricordiamo cosa successe a Marlon Brando…
L’attore vincitore dell’American Academy Award Jamie Foxx si è scusato per un post su Instagram cancellato da allora che alcune persone avevano interpretato come un attacco ai membri della comunità ebraica.
Foxx, che ha vinto numerosi riconoscimenti per la sua interpretazione dell’iconico musicista Ray Charles nel film biografico del 2004 Ray, ha scritto sul social media: «Voglio scusarmi con la comunità ebraica e con tutti coloro che sono stati offesi dal mio post. Ora so che la mia scelta di parole ha causato offesa e mi dispiace. Non è mai stata mia intenzione».
Le scuse seguono un precedente post sui social media pubblicato dall’attore che aveva dichiarato: «Hanno ucciso questo tizio di nome Gesù. Cosa pensi che ti faranno???! #fakefriends #falsoamore».
In contesti ebraici è scattato immediatamente il campanello l’allarme riguardo l’accusa di deicidio, che si tendeva a pensare archiviata con il Concilio Vaticano II.
A Wider Frame, un sito web che raccoglie notizie rilevanti per gli ebrei, ha evidenziato il post iniziale sui social media di Foxx, descrivendolo come «orribilmente antisemita» aggiungendo che il post propagava quella speciosa leggenda secondo cui la comunità ebraica di quel tempo sarebbe collettivamente responsabile della morte di Gesù Cristo.
L’attore 55enne ha aggiunto nelle scuse rilasciate ai suoi 17 milioni di follower su Instagram: «per chiarire, sono stato tradito da un falso amico ed è quello che intendevo con “loro” niente di più. Ho solo amore nel mio cuore per tutti». «Amo e sostengo la comunità ebraica. Le mie più sentite scuse a chiunque sia stato offeso. Nient’altro che amore sempre», ha concluso.
Voleva parlare di un amico traditore, una realtà etnoreligiosa ha capito male e si è offesa. Insomma, attenti a parlare di Giuda, potrebbero capire male i giudei, riassume satiricamente qualche buontempone sul web.
Anche Jennifer Aniston, l’attrice nota per il suo lavoro nella sitcom americana Friends, si è dovuta scusare dopo che era stato notato sui social media che la bionda aveva «apprezzato» il post iniziale di Foxx su Instagram: la Aniston ha quindi detto di non aver fatto «apposta», o di averlo fatto per caso.
«Questo mi fa davvero schifo», ha scritto l’americano, anche lui 55enne, sui social media. «Voglio essere chiaro ai miei amici e a chiunque sia stato ferito da questo apparire nei loro feed: NON sostengo alcun tipo di antisemitismo. E davvero non tollero l’ODIO di alcun tipo».
Il post di scuse di Foxx, che recentemente è stato molto male ma è riapparso per dire che non era stato a causa del vaccino, è stato «apprezzato» più di 130.000 volte a partire da domenica sera e ha ricevuto più di 21.000 risposte.
Il Foxx, oltre che un attore premiato, è un comico impressionante, capace di imitazioni ineguagliate: si tratta l’unico caso di attore nero in grado di interpretare perfettamente il presidente Ronald Reagan. Davvero notevole anche quella di Donald Trump.
Le accuse di antisemitismo a Foxx sono probabilmente scoppiare in risonanza con le recenti sparate sugli ebrei del popolarissimo, e ricchissimo, cantante nero Kanye West, ora detto Ye, che con Foxx ha inciso delle canzoni di successo.
Lo Ye, tra dichiarazioni di amore universali che comprendono anche Hitler e altre idee politicamente scorrettissime, aveva attaccato frontalmente Ari Emanuel, fratello dell’ex capo-gabinetto di Obama Rahm Emanuel, potentissimo figura hollywoodiana a capo dell’agenzia degli attori Endeavour.
Come riportato da Renovatio 21, i fratelli Emmanuel – cui si aggiunge Ezekiel, bioetico di Obama e Biden favorevole all’eutanasia, all’obbligo vaccinale e alle mancate cure per i maggiori di 70 anni – sono figli di un terrorista dell’Irgun Tzvai Leumi, l’organizzazione terrorista sionista che bombardò l’hotel King David durante gli ultimi giorni del mandato britannico della Palestina, costato 91 morti di cui 17 civili ebrei.
Riguardo alle immediate scuse fatte da un attore di Hollywood, fa scuola il caso di Marlon Brando, che negli anni Novanta si spinse a chiedersi perché ci fosse così tanta violenza nella cinematografia americana, visto che, secondo il divo, è diretta da produttori ebrei che vengono quindi spesso da una storia recente segnata.
Il caso fu mirabilmente riassunto all’epoca da un breve sketch dell’indimenticato comico Norm McDonald durante un’edizione del programma Saturday Night Live.
«La scorsa settimana su Larry King Live [famosa trasmissione di interviste TV, ndr] Marlon Brando ha rilasciato la scioccante dichiarazione secondo cui Hollywood è “gestita dagli ebrei”. In risposta organizzazioni ebraiche indignate hanno fatto nevicare a New York ad aprile».
Risate e applausi del pubblico in studio.
In un altro sketch apparso successivamente, McDonald torna sulla vicenda.
«Bene, all’inizio di questa settimana l’attore Marlon Brando ha incontrato i leader ebrei per scusarsi per i commenti che ha fatto su Larry King Live tra cui quello per cui “Hollywood è gestita da ebrei”».
«I leader ebraici hanno accettato le scuse dell’attore e hanno annunciato che Brando è ora libero di lavorare di nuovo».
Altre risa, altri battimani – più timidi, però, forse.
Non è dato sapere se anche a McDonald è stato chiesto di scusarsi. Ora, peraltro, non può più farlo, dopo essere morto di cancro poco tempo fa, nascondendo al pubblico la sua malattia fino alla fine.
Le clip in questione sono ancora visibili su YouTube, che non sappiamo se dovrà, anch’essa, ad un certo punto scusarsi.
Nel frattempo, gli USA continuano a finanziare ed armare l’Ucraina dei battaglioni neonazisti.
Un membro del battaglione Azov, con tatuaggi runici in bella vista, è stato premiato come atleta paralimpico a Disney World, tra un Topolino gigante e il comico goscista Jon Stewart, che peraltro spesso ha parlato delle sue origini ebraiche-askenazite – all’anagrafe si chiama Jonathan Stuart Leibowitz.
Come ha detto Zelens’kyj (che pure ha il padre di origine ebraica) in una intervista alla TV americana, in fondo i gruppi neonazi che combattono in Ucraina «sono quello che sono».
Immagine di John Bauld via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix
Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.
Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».
«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.
Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.
Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA
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Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa
La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.
L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.
È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.
Amazon had digitally removed all of the guns from James Bond movie art.
Next … they will probably eliminate any scenes from the movies with guns.
Ridiculous. pic.twitter.com/PdMgKIKY2e
— Wall Street Mav (@WallStreetMav) October 3, 2025
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In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).
Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.
Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.
Notice in these Amazon #JamesBond digital posters they’ve removed all the guns and given awkward poses?
Welcome to a world where promoting James Bond 007 needs to be done without his sidearm. pic.twitter.com/3NGkxXShcn
— Chris (@GelNerd) October 2, 2025
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L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.
Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.
La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.
In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della serie, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.
No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.
La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.
Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.
Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.
Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.
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