Arte
Il padre della TV trash è morto. La sua spazzatura è ancora con noi

Renovatio 21 pubblica questo articolo apparso su Mondoserie.
Jerry Springer è morto, viva Jerry Springer. Ho chiesto al direttore di Mondoserie di lasciarmi fare un pezzo che fosse un The Best of che raccogliesse i momenti epici che ancora si trovano in rete. Ha detto di sì, e anche subbito.
Del resto, Mondoserie è un sito che si occupa di intrattenimento seriale, e quindi è impossibile non parlare di una trasmissione con 28 stagioni all’attivo – per 4.969 episodi! – e una dose pressoché infinita di momenti di goduriosa allucinazione, sparsi ora come clip sgranate in rete (a breve ne parliamo e ne mostriamo pure qualcuno) che chissà quanto dureranno.
L’era perduta della TV
Dovete capire che siamo in pochi a conoscere e ad apprezzare Jerry Springer. Proveniente da una famiglia di ebrei profughi dell’Olocausto, cresciuto nel Queens, come Cindy Lauper e Donald Trump, lo Springer ebbe una carriera di politico per il Partito Democratico USA, arrivando ad essere sindaco di Cincinnati. Non è che c’è da stupirvi: se avete mai visto le videointerviste fatte ai giovani a caso nei centri commerciali da Bernie Sanders sapete qual è il fascino che i membri del partito dell’asino avevano per il mezzo televisivo.
Perché, essenzialmente, stiamo parlando di questo oggetto finito in una obsolescenza latente: la televisione. Se non avete mai visto una puntata del Jerry Springer Show, che in realtà si chiamava solo Jerry Springer, è perché si tratta proprio di roba dell’era televisiva, quando non c’era internet e quindi – pazzesco a pensarci – le uniche immagini in movimento che arrivavano dagli USA venivano sotto forma di pellicola (i film), nastri magnetici (VHS) e quel poco che si poteva vedere sui nostri canali, che importavano serie a BZF, non era mai la vera TV statunitense – i talk show venivano prodotti, talvolta scopiazzando oscenamente gli americani, in Italia.
Ecco, c’è questa cosa da dire: forse non avete mai visto un episodio del Jerry Springer, ma la sua cifra è percolata decisamente nella nostra TV, in ispecie quella pomeridiana, fatta per le signore. Se improvvisamente, da qualche parte a fine anni Novanta, sono iniziate a comparire figure sguaiate, urla, scenate, volgarità gratuite e situazioni interpersonali al di fuori della decenza, ebbene, quello è un effetto indiretto di Jerry Springer, perché i network, e gli autori che «pettinavano» (si dice così) i programmi, pendevano sempre dalla labbra catodiche dello Zio Sam.
Vita di Jerry
Il Jerry ci aveva messo un po’ a focalizzarsi. La politica era il suo pane. Aveva lavorato alla campagna presidenziale di Bob Kennedy nel 1968, e dopo l’esperienza in consiglio comunale a Cincinnati prima come consigliere e poi come sindaco. Vale la pena di riportare che nel 1974 si dovette dimettere da consigliere dopo aver ammesso di aver adescato una prostituta, ma nel 1975 venne rieletto con una vittoria a valanga, per poi diventare sindaco nel 1977. Le controversie, è possibile abbia imparato a quel punto, gli portavano bene,
La politica, tuttavia, non sempre gli usciva col buco. La sua candidatura alle primarie democratiche per correre come governatore dell’Ohio si arenarono. Riparò lavorando in radio, e poi come giornalista TV per un’affiliata locale della NBC.
Negli anni intanto si stava incubando il suo capolavoro, il Jerry Springer Show, che abbiamo detto si chiamava solo Jerry Springer (come se il Maurizio Costanzo Show si fosse chiamato solo Maurizio Costanzo: suona in modo inaffrontabile).
Si trattava di un talk show che doveva affrontare temi scabrosi. Per le prime due stagioni si concentrò sulla politica, ma ebbe un indice di gradimento bassissimo.
«Il peggior programma televisivo di tutti i tempi»
Jerry quindi ricalibrò il programma. Perché, deve essersi chiesto, di parlare di cose a cui il pubblico – compreso quello in sala – reagisce immediatamente?
Eccoti un talk che invita personaggi, supposti reali, che parlano delle loro storie di adulterio, di relazioni familiari marce sino all’indescrivibile (dove l’incesto, bleah, non è più un tabù), usando parolacce e violenza fisica, magari vestiti in modo succinto?
Il risultato fu l’archetipo, e al contempo il vertice forse ineguagliato, della TV spazzatura. La puntata pilota andò in onda su NBCUniversal il 30 settembre 1991 – e da lì fu uno schifo ininterrotto, che durò 27 anni, tuttavia è riconosciuto che l’apice fu raggiunto negli anni Novanta.
In momenti sconvolgenti, che sfidavano la credulità dello spettatore, venivano raccontate storie bizzarre e agghiaccianti, presentati personaggi improbabili, spaccate famiglie, umiliate persone e gruppi sociali, toccate profondità di abiezione umana.
E poi, soprattutto, botte, tante botte, botte da ogni parte – al punto che lo Steve Wilko, uno dei membri del team della Security – che interveniva di continuo a sedare gli animi che trascendevano in modi che in confronto Sgarbi vs D’Agostino è roba softcore – divenne ad una certa un personaggio talmente famoso da sostituire in alcuni episodi lo stesso Jerry e a farsi un programma tutto suo lo Steve Wiko show.
La critica lo definì «il peggior show televisivo di tutti i tempi», e Jerry ne andò fiero, usando il giudizio per annunciare l’apertura di ogni puntata. L’America, tuttavia, segretamente apprezzava: era un guilty pleasure, un vizio privato irresistibile per i telespettatori di quegli anni.
Le scene più brutte che avete mai visto
Il perché lo capite se vi lasciate guidare in questo carosello di clip che Mondo Serie ha preparato per i suoi lettori.
Una presenza immancabile era quella dei ragazzi del Ku Klux Klan, che si presentavano bardati dei loro grembiuloni colorati e i celeberrimi cappucci.
Non di rado scattava, anche immantinente, la rissa con i vari personaggi con cui venivano invitati a «parlare»: neri, ebrei, chiunque, con, talvolta, picchiatori che si levavano dal pubblico per menare i KKK e il loro irresistibile accento Southern.
Anche loro, salta fuori, hanno i loro problemi familiari
Il programma era il trionfo visibile dei Redneck, che in TV in effetti non si erano mai visti davvero. Gli esemplari rappresentati erano ragguardevoli, e molto offensivi della categoria
Non mancavano pure le risse amoroso- familiari tra Hillbillies, una categoria per comprendere la quale rimandiamo al film Netflix di Ron Howard Elegia americana
Anche i senzatetto drogati, specie se inguardabili, trovavano rifugio dal Jerry.
Il caso umano del padre adolescente di quattro figli con tre donne adulte diverse (ma è legale? Non in tutti gli Stati, a quanto ricordiamo dal caso di una famosa dark lady del cinema romano) poteva non esservi?
Incredibili rivelazioni dal mondo del lesbismo.
Fidanzate che tradiscono il fidanzato cieco.
Relazioni pericolose con nani spogliarellisti
In un momento di grande avanguardia, si presentò anche un personaggio affetto da una parafilia di cui oggidì si è cominciato a parlare: l’apotemnofilia, ossia il desiderio di essere amputati.
Oltre all’uomo che aveva sposato il suo cavallo, ad un certa comparve anche quello che amava il suo panda.
Voi pensate che oggi come oggi, scene del genere con i transessuali fischiati dal pubblico siano ancora possibili? Erano gli anni Novanta, bellezze mie, si poteva tutta – mica come in questi orwelliani anni 2020.
Un altro pattern ripetuto negli anni era quello dell’annuncio in diretta della rivelazione del tipo «non sei tu il padre» (i test del DNA in farmacia erano di là da venire)
La cosa del transessuale che seduce il bravo ragazzo inconsapevole fu un pattern che si ripeteva negli anni, coinvolgendo tutte le razze. «Surprise, I’am a man!». E il pubblico in deliquio.E giubbotte.
Botte, botte a tutti. Botte in famiglia. Botte tra rivali. Botte durante le proposte di matrimonio.
Botte tra cugini che si sposano.
Botte all’interno dei triangoli amorosi.
Botte nei pentagoni amorosi.
Botte tra cornute.
Botte interraziali tra conoscenti.
Botte fra gemelle omozigote.
Botte tra afroamericani omosessuali.
Botte in quello che è uno degli scontri più epici mai concepiti nella storia umana, «prostitute contro papponi»
Non possiamo, tuttavia, dimenticare gli epici momenti di midget fight, cioè di «botte fra nani», perché i triangoli amorosi violenti vi sono anche lì. Qui bisogna capire che il Jerry fa regredire il telespettatore al medioevo in cui questo tipo di spettacoli erano usi. Il pubblico in studio, invece, esaltato e berciante, regredisce a stadi dell’evoluzione biologica ancora più indietro nel tempo.
Poi c’era la variante più organolettica, il food fight: i protagonisti, quasi sempre donne, si tiravano addosso il cibo, conciandosi in modo rivoltante.
Esistono video compilativi di ogni sorta delle grandi risse al Jerry Springer.
Una polemica recente ha visto i membri della security (tra i quali, ad un certo punto, figurò anonimamente anche lo storico campione di arti marziali miste Bas Rutten) ammettere che la violenza in scena era in realtà fasulla.
Sarà, tuttavia c’è stato qualche caso davvero sinistro. Una donna, Nancy Campbell-Panitz accusata in un episodio dall’ex marito Ralf Panitz e dalla nuova moglie di stalking, fu trovata morta. L’ospite di Springer fu trovato mentre scappava in Canada: passato in giudizio, gli fu comminato l’ergastolo. Davanti ai microfoni di Larry King lo Springer negò che vi fosse qualsiasi correlazione tra il programma e il brutale omicidio.
Tuttavia, restava il fatto che lo show potesse rendere popolari, glamour, le devianze sessuale più oscene ed aggressive.
Gli ultimi giorni del re della TV spazzatura
Negli ultimi anni, il mito di Springer si era afflosciato. Tuttavia, vi sono pellicole, viste e meno viste, che cercavano di includere il suo mito per effetti comici.
Nel secondo Austin Powers – Austin Powers – la spia che ci provava (1989) – al Jerry Springer Show appare il dottor male che vorrebbe riconciliarsi con suo figlio, ma finisce per fare a botte con chiunque, compresi gli immancabili tizi del Ku Klux Klan.
È apparso anche nel film Sharknado (2013), quello del tornado fatto di squali affrontato con una motosega da uno dei protagonisti di Beverly Hills 90210 (quello biondo di seconda scelta, non Dylan), dove viene divorato con un inguardabile effetto digitale da pesce che si fingeva morto.
A fine anni 2000 aveva fatto, senza troppa gloria, il giurato ad America’s Got Talent, una specie di X-Factor americano.
Aveva riprovato la politica, cercando di correre per il Senato federale nel 2000 e nel 2004, ma l’associazione con lo show più trash della storia era troppo forte, e dovette rinunziare. Nel 2018 decise di riprovare a divenire governatore dell’Ohio, prima di rendersi conto di essere troppo vecchio.
Il suo lascito è stato nella cultura popolare, e non solo Nel 2003 a Londra cominciò ad andare in scena un’opera lirica ispirata al programma, Jerry Springer: The Opera. Nel 1998 era uscito un film in cui il presentatore interpretava se stesso, The Ringmaster.
Rimangono pure i giudizi sulla sua persona e sul suo operato. Un libro del 2005 intitolato Le 100 persone che stanno fottendo l’America, definiva Jerry «la più bassa forma di vita della TV», un pioniere nello sfruttamento del disagio dei suoi ospiti e della stupidità della sua audience.
Jerry è morto nella sua casa di Evanston, Illinois, il 27 aprile 2023 all’età di 79 anni. La famiglia ha fatto sapere che gli era stato diagnosticato un cancro al pancreas pochi mesi prima della sua morte.
Ma non disperate: lo schifo che ha portato in TV per decenni, è ancora tutto qua.
Articolo previamente apparso su Mondoserie.it
Immagine di Travis Wise via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Arte
Vaticano, una nuova nomina controversa

Sabato 6 settembre 2025, papa Leone XIV ha nominato la direttrice del Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO) Cristiana Perrella Presidente della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Succede all’architetto Pio Baldi. Questa nomina, annunciata nel bollettino ufficiale della Santa Sede, ha sorpreso e turbato gli ambienti informati.
Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon
L’Accademia, fondata nel XVI secolo, si propone, secondo i suoi statuti approvati nel 1995, di «promuovere lo studio, la pratica e lo sviluppo delle lettere e delle belle arti, con particolare riguardo alla letteratura di ispirazione cristiana e all’arte sacra in tutte le sue espressioni, e di promuovere l’elevazione spirituale degli artisti, in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura».
Riconosciuta da Papa Paolo III il 5 ottobre 1543, è la più antica associazione artistica nazionale italiana ancora esistente. È composta da circa cinquanta accademici ordinari nominati dal Papa (i «virtuosi»), suddivisi in cinque categorie: architetti, pittori e cineasti, scultori, musicisti e amanti dell’arte, scrittori e poeti, oltre a 49 accademici onorari.
Il nuovo presidente
Nata a Roma nel 1965, Cristiana Perrella è curatrice di mostre, critica d’arte e docente di management ed economia dell’arte presso l’Università San Raffaele di Milano. Ha diretto il Centro Pecci di Prato fino al 2021, ha organizzato la mostra Panorama a L’Aquila nel 2023 e ha collaborato con il MAXXI, la Biennale di Valencia, l’IKSV di Istanbul e la Fondazione Prada.
Dal 2025 dirige il MACRO, dove programma stagioni artistiche che integrano arti visive, musica e progetti comunitari, evidenziando il ruolo sociale dell’arte. Tra i suoi progetti più importanti come curatrice c’è la mostra con l’artista Yan Pei-Ming per il Giubileo del 2025, incentrata sui temi dell’emarginazione e dell’inclusione sociale.
Perrella è membro della Pontificia Accademia dal 2022, nominata da papa Francesco, e nel 2024 è stata nominata curatrice delle mostre d’arte contemporanea per lo spazio Conciliazione 5 dal Dicastero per la Cultura e l’Istruzione del Vaticano.
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Cristiana Perrella è diventata particolarmente nota per aver organizzato «Nudes», una mostra di opere di una fotografa cinese. Sotto le spoglie dell’arte, la galleria ha esposto 90 fotografie la cui crudezza esplicita e provocatoria ha suscitato forti critiche.
Ha creato anche altre mostre di natura simile, sia esplorando la cultura dei nightclub come spazi di liberazione morale ed espressione personale all’interno della comunità LGBT+, sia elogiando questa stessa liberazione attraverso poster di film pornografici, promuovendo chiaramente valori contrari alla morale cattolica.
In un’intervista su Medium, spiega: «dovremmo riprendere il concetto di Rosi Braidotti e parlare del soggetto nomade. … In realtà sono interessata a temi legati alla femminilità e al femminismo, ma anche alla cultura queer e, in generale, a tutto ciò che sfugge alla semplificazione e allo schematismo. … Sono anche molto interessata al momento in cui il discorso postcoloniale si intreccia con quello di genere».
Tribune chrétienne, che ha riportato alla luce questa citazione, commenta: «invocando la filosofa postmoderna Rosi Braidotti, figura del femminismo radicale e del postumanesimo, la signora Perrella aderisce a una visione del mondo in cui l’uomo cessa di essere una persona creata a immagine di Dio e diventa un “soggetto nomade”, instabile, multiplo, dedito all’esplorazione della propria sessualità senza scopo né direzione».
«È un’antropologia che si oppone direttamente alla concezione cristiana della persona umana, una e indivisibile, chiamata alla santità e all’unità interiore. Il suo elogio del femminismo militante, della cultura queer e del postcolonialismo rivela un’agenda ideologica molto più che artistica. Tutto in essa traspira decostruzione: decostruzione del corpo, dell’identità, della tradizione».
«La Chiesa non può confondere l’arte autentica, che è ricerca della verità e della bellezza, con un attivismo che offusca deliberatamente i punti di riferimento fondamentali dell’antropologia cristiana. La nomina di una figura che sostiene la messa in discussione dei quadri morali e la dissoluzione dei punti di riferimento antropologici appare una rottura brutale con lo spirito di questa venerabile istituzione».
E il fatto che una tale nomina provenga dallo stesso Papa, allo scopo di ricoprire la presidenza di un’accademia pontificia, rende la decisione ancora più inspiegabile.
Nel caso in cui, nonostante l’operato dei segretari vaticani, Papa Leone XIV non fosse pienamente informato delle posizioni pubbliche della signora Perrella, così manifestamente contrarie al Vangelo e allo spirito cristiano, possiamo comprendere la confusione che questa decisione provoca e sperare che l’attuale Papa ponga saggiamente rimedio a tale confusione.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Arte
L’Ungheria celebra un millennio di cristianesimo con una croce gigante fatta di droni nel cielo

Another thousand years 🇭🇺 pic.twitter.com/uxdZ05qVVt
— Péter Szijjártó (@FM_Szijjarto) August 20, 2025
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Durante il suo primo mandato da primo ministro (1998-2002), l’Orban ha avuto un ruolo chiave nello spostamento della corona di Santo Stefano da un museo al centro del palazzo del Parlamento, un atto simbolico che ha sottolineato l’importanza del patrimonio cristiano dell’Ungheria. «Oggi, 20 agosto, festa di Santo Stefano: celebrazioni in tutto il mondo, ovunque si trovino gli ungheresi», ha affermato l’ambasciatore ungherese presso la Santa Sede, Sua Altezza Imperiale arciduca Edoardo d’Asburgo-Lorena.🇭🇺✝️ On St. Stephen’s Day, we celebrate our thousand-year-old Christian Hungarian state, the foundation of our nation – a pillar of Christian Europe. Proud to carry forward this legacy of faith, strength, and independence. pic.twitter.com/QdoVWWH6KZ
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) August 20, 2025
«Celebriamo oltre 1.000 anni di nazione cristiana» ha scritto SAR. Le immagini dello spettacolo a Budapest sono impressionanti, monumentali in un senso epico e moderno al contempo.🇭🇺🇭🇺🇭🇺Today, 20th of August, feast of St. Stephen: Celebrations all over the world wherever 🇭🇺🇭🇺🇭🇺 Hungarians are. We celebrate over 1000 years of being a Christian nation. Procession with his relic and huge fireworks in Budapest today!🇭🇺🇭🇺🇭🇺 pic.twitter.com/6Z97FwcmzW
— Eduard Habsburg (@EduardHabsburg) August 20, 2022
HUNGARY
Incredible scenes in Budapest as a HUGE DRONE CROSS celebrates Saint Stephen of Hungary pic.twitter.com/O1tukrSMbY — Catholic Arena (@CatholicArena) August 20, 2025
THIS IS HUNGARY 🇭🇺
The put on a drone show in the form of a Christian cross. Hungarians are not ashamed of their heritage.pic.twitter.com/ATrCVoGKta — PeterSweden (@PeterSweden7) August 21, 2025
L’Ungheria ha organizzato uno spettacolo di luci simile il giorno di Santo Stefano degli anni passati, quando i droni hanno pure formato una gigantesca croce fluttuante e una gigantesca corona.Last night, Budapest’s skies lit up with a stunning drone show celebrating St. Stephen’s Day — Hungary’s first king who received the Sacred Crown in 1000 AD 👑🇭🇺 A majestic tribute to history and heritage! #Budapest #StStephensDay #Hungary #DroneShow pic.twitter.com/TTT0AI7LwL
— ceanpolitics (@ceanglobal) August 21, 2025
Amazing Christian witness by Hungary ❤️
Drones forming the shape of a cross over the parliament building to mark St Stephen’s Day in Hungary’s capital Budapest. A country that is proud of its Christian heritage. pic.twitter.com/53itqjv12A — Sachin Jose (@Sachinettiyil) August 23, 2023
Amazing Christian witness by Hungary ❤️
Drones forming the shape of a cross over the parliament building to mark St Stephen’s Day in Hungary’s capital Budapest. A country that is proud of its Christian heritage. Video: Joao Paulo pic.twitter.com/5M6PGYOzxQ — Sachin Jose (@Sachinettiyil) August 21, 2024
The most touching part of #Hungary‘s traditional fireworks in #Budapest is the finale—a drone show of the Holy Crown and the cross over the #Danube, set to the national anthem. 🇭🇺✝ pic.twitter.com/xGwBxMc3Sn
— Balázs Orbán (@BalazsOrban_HU) August 22, 2024
Durante il regime sovietico, la festa di Santo Stefano fu soppressa. Il regime comunista scelse deliberatamente il 20 agosto 1949 come giorno per ratificare la nuova costituzione stalinista, in un apparente tentativo di sostituire la festa e promuovere il comunismo ateo. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989, i 40 anni di occupazione comunista dell’Ungheria terminarono e la festa di Santo Stefano divenne la nuova festa nazionale ungherese. Re Santo Stefano I fu un fervente cattolico e il primo re cristiano d’Ungheria. Papa Silvestro II lo incoronò nell’anno 1000. Morì il giorno dell’Assunzione del 1038 e, sul letto di morte, dedicò il paese a Maria. Lui e suo figlio Emerico furono canonizzati da Papa San Gregorio VII nel 1083.Tak wczoraj w Budapeszcie Węgrzy obchodzili święto św. Stefana, Patrona Węgier. Św. Stefan był pierwszym królem tego kraju, który doprowadził do jego chrystianizacji. Z tej okazji przesyłamy naszym Bratankom serdeczne pozdrowienia! 🇵🇱🇭🇺 pic.twitter.com/0QVHURN0P9
— Stowarzyszenie „Wspólnota i Pamięć” (@WspolnotaPamiec) August 21, 2025
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«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica»

«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica» è quanto scrive Pierluigi Panza su Il Fatto d’arte in un articolo che parla della tendenza in auge nei teatri e nei festival musicali, anche prestigiosi. «Del resto, l’opera è un suo territorio naturale poiché da sempre popolato di castrati, ruoli en-travesti, donne travestite da uomini e viceversa».
Nel Novecento, per convenzione, i ruoli originariamente destinati ai castrati sono stati interpretati da donne con voci da mezzosoprano o contralto en-travesti, spiega il critico. Di conseguenza, le voci tradizionalmente presenti sui palcoscenici mondiali sono state quelle di soprano, mezzosoprano e contralto per le donne, e di basso, baritono e tenore per gli uomini.
Negli ultimi anni, però, si è affermata la voce del controtenore tra gli uomini, inizialmente utilizzata principalmente per ricoprire i ruoli scritti per i castrati. Quello che sembrava un capriccio più che una necessità si è rapidamente trasformato in una tendenza diffusa, con un impatto sorprendente e inaspettato.
«Lo vediamo attualmente nel Festival di Salisburgo, dove in giorni successivi sono state messe in scena Drei Schwestern (le Tre sorelle da Anton Cehov) di Eötvös, Giulio Cesare in Egitto di Haendel e Hotel Metamorphosis, un pastiche su musiche di Vivaldi» racconta il Panza. Nella riformulazione di Tre sorelle, il compositore ha fatto la scelta di affidare tutte le parti femminili a «voci maschili, scelta legata al teatro kabuki che è privo di connotazioni maschili o femminili».
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«Una proposta del genere non può che piacere negli odierni tempi fluidi; così le tre sorelle sono state messe in scena con tre bei marcantoni» scrive il critico che avverte che anche il ruolo del soprano è ora insidiato dal genderimo: «la rivoluzione gender non si è fermata al trionfo diffusionale dei controtenori – quasi ricercate star come lo furono i castrati –, ma ha esteso ai maschi la voce da soprano».
«Così avviene nel Giulio Cesare in Egitto sempre in scena al Festival di Salisburgo. Qui il ruolo del romano Sesto è scritto da Haendel per un soprano o per un contralto castrato, cioè per una donna o per un castrato. A interpretarlo a Salisburgo è Federico Fiorio, un soprano veronese. E via con il resto dei ruoli: Giulio Cesare, Christophe Dumax, è un controtenore; Tolomeo, Yuriy Mynenko, un controtenore e Nireno, Jake Ingbar, pure lui un controtenore».
«È la moda del gender, bellezza!» conclude il critico d’arte.
Eravamo rimasti all’idea, diffusa dai giornali e dalle psicologhe invitate nelle scuole elementari cattoliche, che la teoria del gender non esiste. E invece, il gender è all’opera.
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