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Il nuovo predicatore del papa si chiama Pasolini e ipotizza personaggi gay nelle Sacre Scritture

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Sta destando clamore in queste ore la scelta da parte di Bergoglio del nuovo predicatore della casa papale, accusato di una posizione ritenuta da vari fedeli eterodossa rispetto al tema dell’omosessualità

 

«Il predicatore neo-nominato della casa papale ha una storia di minimizzazione dell’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità, affermando che la Bibbia condanna gli atti omosessuali solo perché gli autori delle Scritture non potevano considerare l’omosessualità come un “orientamento”, un concetto che non esisteva “nella cultura di quel tempo”» riporta LifeSite.

 

Il 9 novembre la Sala Stampa della Santa Sede ha annunciato il cambio di epoca in Vaticano con la nomina di padre Roberto Pasolini, un cappuccino, a predicatore della Casa Pontificia, in sostituzione del cardinale Raniero Cantalamessa.

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Per chi crede nei nomi come latori di presagi e destino – nomen omen, dicevano gli antichi – il cambio da uno che si chiama Cantalamessa e uno che si chiama Pasolini dovrebbe già dire tantissimo.

 

Padre Raniero Cantalamessa, che ora ha 90 anni, arrivò come predicatore del Papa nel 1980 e ha mantenuto questo incarico per tre pontificati, diventando gradualmente una figura riconosciuta a livello internazionale. Il Cantalamessa, più di recente, unendosi agli attacchi contro la Santa Messa tradizionale: in pratica, canta la Messa solo fino ad un certo punto, cioè dalla riforma liturgica in poi.

 

Ora «il suo successore sembra destinato a inaugurare un’era di prediche in Vaticano che mettono in discussione l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità» scrive LifeSite.

 

A inizio febbraio, don Pasolini ha tenuto un intervento sul tema «Omosessualità e vita cristiana», che sarebbe ancora disponibile in video.

 

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Le Sacre Scritture, da San Paolo in giù, condanno apertamente l’omosessualità.

 

Tuttavia, Pasolini, dà un’altra lettura: «Poniamoci una domanda perché la domanda è legittima: ma nella Scrittura c’è qualche forma di approvazione delle relazioni omosessuali? E la risposta non è facilmente no».

 

Ecco che passi biblici riguardanti Gionata e Re Davide possono essere visti sotto un’altra luce, una luce arcobalenata: erano una coppia omofila? «Lo possiamo immaginare, lo possiamo pensare, ci può far piacere pensarlo» dice il nuovo massimo predicatore vaticano. «Nulla ci vieta di poterlo pensare o di poterlo immaginare».

 

«La grande storia che viene spesso invocata come una storia di amore omosessuale è quella tra Gionata e Davide, e se voi la leggete, “il tuo amore per me era più prezioso di amore di donna”: c’è questa famosa espressione di amicizia tra Davide e Gionata che ci fa pensare che erano veramente amici».

 

«È chiaro che arrivare a dire che era una relazione omosessuale è però una forzatura al testo, perché niente allude a questo: lo possiamo immaginare, lo possiamo pensare, ci può far piacere pensarlo, però non c’è scritto» puntualizza il Pasolini, per poi rincarare la dose: «sicuramente c’erano al tempo storie di amore omosessuale, questo è evidente, quindi nulla ci vieta di poterlo pensare, di poterlo immaginare. Sotto, vedete, ci sono i riferimenti, i momenti clou di questa storia d’amore fra virgolette: nel libro di Samuele e nel secondo libro di Samuele».

 

Ci si muove quindi verso il Nuovo Testamento: ma quel centurione che chiedeva la guarigione del suo servo…? «Quel servo gli era molto caro» dice Pasolini, «e qui, la fantasia dei biblisti e dei lettori della Bibbia va in molte direzioni (…) un centurione che sguinzaglia tutte le sue amicizie per guarire questo servo, accende una domanda? Ma perché gli era così caro, lavorava bene? Oppure lavorava più degli altri, come alcuni dicono? O forse c’era una relazione tra i due. Non è sconveniente pensarlo».

 

«Pensate un po’, se fosse così: Gesù ha fatto l’elogio più grande… a chi? Noi siamo nei guai fino al collo qua… per un certo modo di pensare. Vuol dire che dobbiamo rivedere tutte le opinioni che abbiamo. Dobbiamo accettare che gesù non aveva così paura». Segue difesa della Fiducia Supplicans, il documento vaticano che ha aperto alle benedizioni in chiesa delle coppie omofile.

 

Arriva quindi un accenno che non risparmia nemmeno i Santi Apostoli… e oltre.

 

«Quindi ecco ci sono questi due episodi, ce ne sarebbero anche altri, quelli più, diciamo, spinti sono anche quelli che arrivano ad ipotizzare che delle relazioni omosessuali potrebbero esserci state, per esempio, all’interno della cerchia dei discepoli, tra Gesù e i discepoli, Gesù e Lazzaro, perché ci sono delle espressioni che “amava Lazzaro Gesù”, ci sono delle espressioni molto forti».

 

Forse rendendosi conto di cosa sta dicendo, il frate sembra improvvisamente mordere il freno: «però evidentemente è tutto un modo di cercare di proiettare nella Scrittura delle domande nostre, una curiosità nostra, cioè noi vogliamo trovare qualcosa che non c’è scritto: è un po’ come se tu leggi le nozze di Cana e vuoi scoprire come era vestita la sposa: non c’è scritto, non te lo dice il Vangelo, quindi la Bibbia non ci da tutte le risposte, perché non sono necessarie».

 

«Ecco, non c’è nessuna parola contro l’inclinazione, ma contro gli atti omosessuali, quella che potremmo definire l’omogenitalità, cioè secondo la Scrittura un atto genitale dello stesso sesso ha potenzialmente un significato attivo» continua il neopredicatore di Bergoglio.

 

«Quindi sembra assente nella Scrittura, dobbiamo riconoscerlo, un giudizio sulla condizione o sull’orientamento omosessuale, quella che noi oggi potremmo definire omosessualità in quanto orientamento psicologico o condizione esistenziale, cioè non c’è nessuna parola che va a colpire questa categoria di persone, cioè quelli che si svegliano e guardano una persona dello stesso sesso e ne provano attrazione, perché di questi oggi noi parliamo, non delle persone che hanno degli episodi di omosessualità, ma delle persone che si trovano a vivere qualcosa a livello emotivo, psicologico da cui non riescono e non vogliono trovare una distanza».

 

«È da dire che la Bibbia non ipotizza nemmeno un mondo in cui ci sia una tendenza che non sia quella eterosessuale: nella cultura di quel tempo, l’unica tendenza che esisteva agli occhi degli autori e delle persone che vedevano era quella eterosessuale, noi oggi parliamo di persone omosessuali ma al tempo non si parlava di questo, per questo venivano anche stigmatizzati con quella forza di atti omosessuali: erano atti che venivano immediatamente catalogati come una cosa che non esisteva, come una donna che mette i pantaloni».

 

Pare di capire che, insomma, chi ha scritto la Bibbia non conosceva il mondo gay, per questo scriveva quelle cose lì.

 

Se invece a Gerusalemme si fossero celebrati anche 2000 anni fa i gay pride invece che Pasque etc., forse la Sacra Scrittura sarebbe diversa.

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Siamo lontani anni luce, quindi, non solo dalla Sacra Bibbia, ma anche dai documenti scritti a suo tempo dal papa coevo del Bergoglio: sotto la guida del cardinale Ratzinger nel 1986, la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) aveva pubblicato un documento («Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolcia sulla cura pastorale delle persone omosessuali») che istruiva i vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali. La CDF ha ammonito i vescovi a garantire che loro e qualsiasi «programma pastorale» nella diocesi affermassero «l’attività omosessuale è immorale».

 

La CDF aveva inoltre osservato che un’inclinazione omosessuale non è un peccato in sé; tuttavia, il Vaticano ha avvertito che tale inclinazione è comunque «una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata».

 

Di conseguenza, per un individuo compiacersi di tale inclinazione e non volerne prendere le distanze – lo scenario elogiato da Pasolini – equivarrebbe a voler compiere un’azione peccaminosa.

 

«Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l’aiuto individuale» scriveva il documento firmato dall’allora Prefetto della CDF Cardinale Giuseppe Ratzinger. «In tal modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro sia la delusione sia l’isolamento».

 

Cosa pensare, dunque, della nuova nomina papale?

 

Una risposta la dà il sito Informazione Cattolica:

 

«Sospettiamo che in Vaticano abbiano scelto Fra Pasolini come nuovo predicatore di Casa Pontificia per promuoverlo anche come nuovo docente del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia presso la Pontificia Università Lateranense perché diventino materia di insegnamento ufficiale le personali idee di Fra Pasolini riguardo l’interpretazione di alcuni passi biblici inerenti l’omosessualità e perché queste stesse idee di Fra Pasolini possano essere riproposte nel prossimo futuro sia con un ciclo di catechesi bibliche sull’omosessualità tenute da Fra Pasolini nella Basilica di San Pietro (per completare il ciclo di Catechesi sull’amore umano tenuto da Giovanni Paolo II a suo tempo) sia in un futuro documento a cura della Pontificia Commissione Biblica in materia di “amore omosessuale”».

 

Come ripetuto da Renovatio 21, beata l’ingenuità di chi, per un secondo, ha creduto alla pantomima papale della «frociaggine». La direzione di Roma, che si sposta verso Sodoma, qui è chiara da un pezzo, da molto prima che chiamassero a predicare al vertice della gerarchia un Pasolini.

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Mons. Viganò: la mano di Satana ha vergato la nota dottrinale «Mater populi fidelis»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato un testo che si scaglia fontalmente contro la recente nota dottrinale vaticana, Mater populi fidelis, un documento che, negando il ruolo di Maria come «correndetrice», ha fatto parlare di attacco alla Beata Vergine e di trasformazione del culto cattolico   «La Nota Dottrinale presentata nei giorni scorsi in Vaticano con il solo incipit in latino, Mater populi fidelis, costituisce l’ennesimo, scandaloso affronto di una Gerarchia traditrice e deviata, che da oltre sessant’anni, in un inarrestabile crescendo usa la propria autorità per imporre speciosamente ai Cattolici le proprie deviazioni dottrinali e morali, allo scopo di smantellare la Chiesa Cattolica e perdere le anime» scrive monsignor Viganò.   «La fretta – si direbbe quasi la furia – di distruggere è tale, da rendere evidenti anche le contraddizioni esistenti all’interno della stessa compagine sinodale, affetta da un significativo bipolarismo patologico: da una parte essa dichiara improprio il titolo mariano di Corredentrice attribuito alla Vergine Maria, e dall’altra promuove doctor Ecclesiæ John Henry Newman, che quel titolo aveva difeso contro gli Anglicani dopo il loro attacco al dogma dell’Immacolata Concezione». 

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«Lo sdegno e il senso di oltraggio che invade ogni Cattolico dinanzi alla denigrazione della Vergine Santissima rende arduo padroneggiare la santa collera che coglie il fedele nel sentire vilipesa la Madre di Dio. Ma è proprio nei frangenti in cui il nemico ci provoca per ottenere da noi una reazione “sopra le righe” che occorre mantenere la massima lucidità di giudizio» continua il prelato lombardo.    «Proprio nell’analizzare e soppesare la portata di certe affermazioni, è indispensabile ricordare che tutte le dichiarazioni e le azioni dei funzionari della chiesa sinodale sono pretestuose e ingannevoli. Esse ci portano a seguire l’avversario sul terreno sul quale egli vuole condurre lo scontro, mentre è proprio lì che non dobbiamo assolutamente farci attirare, se non vogliamo cadere nella trappola che questi eretici ci hanno astutamente teso».   Monsignor Viganò sostiene che «a Tucho Fernández [il cardinale Victor Manuel Fernandez, detto Tucho, cardinale e teologo argentino dal 1º luglio 2023 prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, ndr] non importa nulla della Corredenzione, né tantomeno dei possibili fraintendimenti dei fedeli. E sarebbe patetico pensare che voglia ribadire l’unica mediazione di Nostro Signore, mentre entrambi i suoi datori di lavoro – Bergoglio e Prevost – sostengono che tutte le religioni portino comunque a Dio».   L’arcivescovo ritiene che «a Tucho Fernández non interessa nemmeno la diffusione di errori dottrinali che il Dicastero da lui indegnamente presieduto dovrebbe prontamente condannare, e che viceversa alimenta deliberatamente. Nessuno si preoccupò di possibili “fraintendimenti dottrinali”, quando si cercò di spacciare l’immondo idolo della Pachamama come immagine della Vergine che porta in grembo il Signore, dopo che i fedeli erano insorti scandalizzati per il culto reso da Bergoglio e dai suoi sodali a un orrido simulacro pagano».    «La confusione e la contraddizione sono la nota distintiva della chiesa sinodale, il suo “marchio di fabbrica” per così dire» attacca ancora Sua Eccellenza. «È infatti nell’accettazione della contraddizione che il fedele deve abdicare alla propria ragione e al Sensus Fidei, come professio apostasiæ richiesta al seguace».   Viganò critica dunque Fernandez per la sua preparazione e ricorda i suoi libri «osceni» (il porporato nella sua carriera in Argentina aveva pubblico un libello sul bacio e uno sull’orgasmo), citando anche il «vergognoso processo-farsa “per scisma”» nei confronti dello stesso Viganò conclusosi con il decreto di «scomunica».   «Se dunque Tucho ha promulgato questa Nota, lo ha fatto per altri scopi ed è su questi che bisogna soffermarsi, se si vuole comprendere l’indole ereticale e la portata distruttiva della sua opera eversiva» prosegue l’arcivescovo0 «Non dimentichiamo che questo documento era in preparazione sin dai tempi di Bergoglio e che esso è stato pubblicato dopo l’omelia tenuta il 26 Ottobre scorso da Prevost in occasione del pellegrinaggio giubilare delle “équipe sinodali e degli organismi di partecipazione”»   Il prelato ricorda le parole di Leone: «Su di voi, su noi tutti, sulla Chiesa sparsa nel mondo, invoco l’intercessione della Vergine Maria con le parole del Servo di Dio don Tonino Bello: “Santa Maria, donna conviviale, alimenta nelle nostre Chiese lo spasimo di comunione. […] Aiutale a superare le divisioni interne. Intervieni quando nel loro grembo serpeggia il demone della discordia. Spegni i focolai delle fazioni. Ricomponi le reciproche contese. Stempera le loro rivalità. Fermale quando decidono di mettersi in proprio, trascurando la convergenza su progetti comuni”» (Maria, Donna dei nostri giorni, Cinisello Balsamo 1993, pag. 99).»   «Non è superfluo ricordare chi fu questo “don Tonino Bello”, Vescovo di Molfetta»,puntualizza il già nunzio apostolico negli USA. «Nell’irriverente libello citato da Leone egli scriveva:Vogliamo immaginarla [Maria] adolescente, mentre nei meriggi d’estate risale dalla spiaggia, in bermuda, bruna di sole e di bellezza, portandosi negli occhi limpidi un frammento dell’Adriatico verde»   «Non è dunque solo a Tucho Fernández che si deve rimproverare questa abominevole Nota, ma all’intero establishment vaticano e ai suoi vertici. Un establishment che, mentre esalta “la infinita dignità dell’uomo” ribelle a Dio, non esita ad umiliare la dignità della Donna avvolta di Luce. E questo non da oggi né da ieri, ma da sessant’anni, ossia da quando la conventicola che era appena riuscita a respingere gli schemi preparatori del Concilio aveva fatto in modo che venisse cassata anche la proclamazione del dogma della Corredenzione di Maria Santissima, auspicata da larga parte dell’Episcopato mondiale, giudicata “poco ecumenica” nei riguardi dei dissidenti protestanti».   «E se Tucho Fernández è giunto ad impugnare un termine teologico che trova innumerevoli menzioni nei documenti papali di Pio IX, Leone XIII, San Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, non è per sollecitudine verso i fedeli o per evitare formulazioni equivoche della dottrina, ma per vero e proprio odio nei confronti della Madre di Dio» continua monsignore.

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«È la mano di Satana che ha vergato quelle parole odiose; è il soffio gelido della dannazione eterna che le ha ispirate. Non vi è nulla di buono: nemmeno l’intenzione, che è pretestuosa e serve ad altro, anzitutto ad abituarci all’idea che ogni dottrina cattolica possa essere soggetta a mutamenti, che quello che ieri era vero oggi non lo sia più, che la Fede che ha portato in Cielo le anime fino a Pio XII possa essere diventata motivo di confusione o addirittura di eresia».    «Così, mentre Prevost e Tucho Fernández fingono di voler dissipare gli equivoci di una dottrina confermata invece dalla Fede semplice del popolo, si apprestano a dare consistenza teologica alla sodomia, al diaconato femminile e alla sovversione del Papato in chiave sinodale. Tout va très bien, Madame la Marquise: basta non denunciare le loro imposture e riconoscere la loro autorità.»    L’arcivescovo conclude il suo scritto con un’invocazione alla Beata Vergine Maria: «che (…) Colei che da sola sbaraglia tutte le eresie e calpesta il capo orgoglioso del Dragone infernale, affretti il trionfo del Suo Cuore Immacolato.   + Carlo Maria Viganò Arcivescovo

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Il Dicastero per la Dottrina della Fede attacca la Beata Vergine

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Il Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) ha appena pubblicato un nuovo documento scandaloso almeno quanto Fiducia supplicans, poiché attacca la Beata Vergine Maria, nostra Madre, negando i titoli che le sono stati conferiti nel corso della storia della Chiesa, sanciti da diversi papi e altamente considerati dai teologi.

 

Il documento incendiario del cardinale Victor Fernandez, Prefetto del DDF, è intitolato Mater Populi fidelis (Madre del Popolo Fedele). Spiega, senza un pizzico di ironia, che il suo opuscolo mira ad approfondire i «veri fondamenti della devozione mariana» e che questo implica «una profonda fedeltà all’identità cattolica e, allo stesso tempo, un particolare impegno ecumenico».

 

In altre parole, la devozione mariana deve guardare agli errori, alle eresie e alle empietà dei non cattolici verso la Madre di Dio: un modo peculiare di manifestare la propria pietà verso Colei che è nostra Madre. La Chiesa – fino al Concilio Vaticano II – non ha mai avuto bisogno di socchiudere gli occhi per contemplare la verità.

 

Il sito web InfoCatolica commenta opportunamente questo ricorso all’ecumenismo: «Alcuni analisti sono rimasti colpiti dal ricorso al mantra dell’ecumenismo, come negli anni Settanta. La rottura recente più significativa con l’ecumenismo è il documento Fiducia Supplicans, dello stesso cardinale Fernández, e non sembra esserci alcuna revisione».

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Una «sciocchezza» per Papa Francesco

Come osservato in un articolo di FSSPX.News– che sarà ampiamente riprodotto qui – durante la sua omelia per la festa di Nostra Signora di Guadalupe nella Basilica di San Pietro il 12 dicembre 2019, Papa Francesco aveva parlato con disprezzo del titolo di Corredentrice. Questo rifiuto è empio, in quanto si tratta di una tradizione consolidata, adottata e sviluppata da diversi papi, anche dopo il Concilio Vaticano II.

 

In questa omelia, Francesco, dopo aver accettato tre titoli – donna o signora, madre e discepola – rifiuta risolutamente il titolo di Corredentrice. Aggiunge che è «un nonsenso», ma la traduzione inglese usa il termine «folly» (follia) e consultando l’originale ne traiamo un significato ancora più forte: «nonsenso» o «sciocchezza». Questo sermone è citato in una nota a piè di pagina nel documento DDF.

 

La Corredenzione della Vergine Maria

Basta consultare un qualsiasi trattato preconciliare di mariologia per rendersi conto dell’importanza che la nozione di corredenzione, applicata alla Vergine Maria, ha acquisito nel pensiero teologico degli ultimi cinque secoli. Per convincersene, basta ricordare le parole dei papi, da Pio IX, il papa dell’Immacolata Concezione, a Pio XII, il papa dell’Assunzione.

 

Pio IX

Nella bolla Ineffabilis Deus, che proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854, Pio IX scrisse: «pertanto, come Cristo, Mediatore tra Dio e gli uomini, avendo assunto la natura umana, cancellò il sigillo della sentenza che era contro di noi e lo inchiodò vittoriosamente alla croce, così anche la Santissima Vergine, unita a Lui da uno stretto e indissolubile vincolo, con Lui e per mezzo di Lui muovendo eterne ostilità contro il serpente velenoso, e trionfando pienamente su questo nemico, gli schiacciò il capo con il suo piede immacolato». Sebbene il termine «corredentrice» non compaia, il concetto e la sua realtà sono chiaramente espressi.

 

Leone XIII

Anche diversi testi di Papa Leone XIII esprimono questa dottrina. L’enciclica Supremi apostolatus officio (1883) afferma: «Infatti, la Vergine, immune dal peccato originale, scelta per essere Madre di Dio e per questo associata a Lui nell’opera della salvezza del genere umano, gode con il Figlio di tale favore e potenza, che né la natura umana né quella angelica hanno mai potuto ottenere, né mai potranno ottenere».

 

In un’enciclica sul Rosario, Jucunda semper (1894), lo stesso papa insegna: «Ai piedi della croce di Gesù stava Maria, sua Madre, la quale, mossa da immensa carità verso di noi, per accoglierci come suoi figli, offrì volontariamente il Figlio stesso alla giustizia divina, morendo nel suo cuore con Lui, trafitta dalla spada del dolore».

 

Nella costituzione apostolica Ubi primum (1898), riguardante la Confraternita del Rosario: «appena, per segreto disegno della Divina Provvidenza, fummo elevati alla suprema Cattedra di Pietro… spontaneamente il nostro pensiero si volse alla grande Madre di Dio e sua collaboratrice nella riparazione del genere umano».

 

Infine, nell’enciclica Adjutricem populi (1895), Leone XIII dà la più piena espressione di questa corredenzione, associandola alla Mediazione universale di Maria: «di là, infatti, secondo il disegno di Dio, Ella cominciò a vegliare sulla Chiesa, ad assisterci e a proteggerci come una Madre, così che, essendo stata cooperatrice della Redenzione attraverso il potere quasi immenso a lei concesso, è diventata anche la dispensatrice della grazia che scaturisce da questa Redenzione per sempre».

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San Pio X

Questo santo papa affrontò la dottrina della corredenzione anche nella sua celebre enciclica Ad diem illum (1904), in occasione del cinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione: «La conseguenza di questo sentimento e di questa sofferenza condivisi tra Maria e Gesù è che Maria «meritò legittimamente di diventare la restauratrice dell’umanità decaduta» (De Excellentia Virginis Mariæ, cap. IX), e, di conseguenza, la «dispensatrice di tutti i tesori che Gesù ha acquistato per noi con la sua morte e il suo sangue». Il santo papa sottolinea il legame tra corredenzione e mediazione universale.

 

Durante il pontificato di questo glorioso papa, un decreto del Sant’Uffizio del 26 giugno 1913 elogiava «l’uso di aggiungere al nome di Gesù quello di sua Madre, la nostra Corredentrice, la Beata Vergine Maria». La stessa congregazione concesse un’indulgenza per la recita della preghiera in cui Maria è chiamata «Corredentrice del genere umano», il 22 gennaio 1914.

 

Benedetto XV

A sua volta, parlò di questa dottrina nella sua Lettera Inter solidacia: «Unendosi alla Passione e alla morte del Figlio, Ella soffrì come fino alla morte (…) per placare la giustizia divina; per quanto le fu possibile, sacrificò il Figlio, in modo tale che si può giustamente dire che con lui ha redento il genere umano. E, per questo motivo, ogni genere di grazie che attingiamo dal tesoro della redenzione ci giunge, per così dire, dalle mani della Vergine Addolorata».

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Pio XI

Nella sua lettera Explorata res (2 febbraio 1923), offre questa splendida lode alla Madre del Cielo: «Chi gode, specialmente nell’ultimo istante, dell’assistenza della Santissima Vergine non incorrerà nella morte eterna. Questa opinione dei Dottori della Chiesa, confermata dal sentimento del popolo cristiano e da una lunga esperienza, si fonda soprattutto sul fatto che la Vergine Addolorata è stata associata a Gesù Cristo nell’opera della Redenzione».

 

Fu il primo papa a usare il termine Corredentrice. Nel suo radiomessaggio ai pellegrini di Lourdes, offrì questa preghiera: «O Madre di pietà e di misericordia, che assistesti il ​​tuo dolce Figlio nell’opera della Redenzione dell’umanità sull’altare della Croce, come Corredentrice e compagna dei suoi dolori, conserva in noi e accresci ogni giorno, te ne preghiamo, i frutti preziosi della sua Redenzione e della tua compassione» (29 aprile 1935).

 

E nel suo Discorso ai pellegrini di Vicenza (30 novembre 1933), affermò chiaramente: «Il Redentore, per forza di cose, dovette associare la Madre alla Sua opera. Per questo la invochiamo con il titolo di Corredentrice».

 

Pio XII

Il pastore angelico descrisse la corredenzione di Maria in diverse occasioni, anche se non usò il termine. Nell’enciclica Mystici corporis (1947), ad esempio: «Fu Maria, infine, che, sopportando le sue immense sofferenze con animo pieno di forza e di fiducia, più di tutti i cristiani, vera Regina dei Martiri, completò ciò che mancava alle sofferenze di Cristo… “per il suo Corpo, che è la Chiesa” (Col 1,24)».

 

Sebbene il termine «corredentrice» non si trovi negli scritti di questo papa, la dottrina vi è presente con tutta la chiarezza e lo sviluppo possibili. Si consideri questa citazione dall’enciclica Ad caeli Reginam (1954), sulla regalità di Maria:

 

«Nel compimento della Redenzione, la Beatissima Vergine è stata strettamente associata a Cristo». (…) Infatti, «Come Cristo, dopo averci redenti, è nostro Signore e Re in modo speciale, così anche la Beata Vergine è nostra Regina e Sovrana per il modo singolare in cui ha contribuito alla nostra Redenzione, donando la sua carne al Figlio e offrendola volontariamente per noi, desiderando, chiedendo e procurando la nostra salvezza in modo del tutto speciale».

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Il Concilio Vaticano II e i papi successivi

La Mater Populi Fidelis afferma che «il Concilio Vaticano II ha evitato di usare il titolo di Corredentrice per ragioni dogmatiche, pastorali ed ecumeniche». Che ammissione! E aggiunge persino che Giovanni Paolo II lo ha usato «almeno sette volte», ma questo ha poco peso agli occhi degli autori. Essi sottolineano principalmente l’opposizione del cardinale Joseph Ratzinger, che lo considerava un “termine errato».

 

Papa Francesco, invece, ha espresso la sua opposizione all’uso del titolo «Corredentrice» almeno tre volte. Il testo aggiunge: «Quando un’espressione richiede numerose e costanti spiegazioni per evitare che si allontani dal suo corretto significato, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa problematica».

 

Il sito web InfoCatolica non può fare a meno di commentare che il Cardinale Fernández «cerca sempre di spiegare come Fiducia Supplicans possa parlare di benedizioni che non sono benedizioni per le coppie che non sono coppie. Questo serve “alla fede del popolo di Dio”?»

 

Va detto che il rifiuto dei titoli della Beata Vergine, in particolare quelli di Corredentrice e Mediatrice, ha le sue origini nell’ecumenismo. Già alla proclamazione del dogma dell’Assunzione della Beata Vergine nel 1950, i modernisti erano allarmati, vedendolo come un nuovo ostacolo alla riconciliazione con i protestanti.

 

Al Concilio Vaticano II, i Padri si limitarono a rimuovere lo schema preparato sulla Beata Vergine, per non dargli troppa importanza, e lo trasformarono in un semplice capitolo della costituzione Lumen Gentium sulla Chiesa. Il Concilio riconosce a Maria titoli come Avvocata, Ausiliatrice, Benefattrice e persino Mediatrice; la proclama Madre della Chiesa, ma la tendenza è al minimalismo.

 

In definitiva, è la devozione mariana nel suo complesso a essere distorta da questo nuovo testo, che cerca di sostituire i gloriosi titoli di Corredentrice e Mediatrice con titoli come «Madre dei credenti» (anche i musulmani lo chiamano così), «Madre della Grazia» o «Madre del Popolo Fedele», il che esclude di fatto dettagli specifici respinti dai non cattolici.

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Immagine: Michelangelo (1475–1564), Pietà (1498-1499), Basilica di San Pietro, Roma.

Immagine di Torbjorn Toby Jorgensen via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

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Papa Leone XIV convocherà un concistoro straordinario di cardinali a gennaio

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Papa Leone XIV terrà il primo concistoro straordinario dei cardinali del suo pontificato a gennaio.   Secondo un articolo del National Catholic Register (NCR) che, non è ancora stato confermato dalla Santa Sede, dal 7 all’8 gennaio 2026 tutti i cardinali si riuniranno a Roma per un concistoro straordinario, un incontro speciale per discutere questioni chiave che riguardano la Chiesa.   «Il Santo Padre Leone XIV ha in mente di convocare un Concistoro Straordinario per i giorni 7 e 8 gennaio 2026», si legge in un breve inviato ai cardinali. «A tempo debito, il Decano del Collegio Cardinalizio invierà a Vostra Eminenza la relativa lettera con ulteriori dettagli».   Il predecessore di Leone XIII, Papa Francesco, tenne solo due concistori durante i suoi 12 anni di pontificato. Il primo, nel 2014, fu convocato per discutere di famiglia in vista del Sinodo sulla famiglia, che si sarebbe tenuto più avanti nello stesso anno. Durante quel concistoro, il cardinale Walter Kasper pronunciò il suo famigerato discorso in cui suggerì che, in determinati casi, si dovesse prevedere un percorso per i cattolici divorziati e «risposati» per ricevere i sacramenti.

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Diversi cardinali conservatori, come il cardinale Gerardo Müller, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, avevano subito denunziato il discorso di Kasper, sottolineando che la comunione ai divorziati «risposati» è impossibile e minerebbe l’istituzione del matrimonio.   «Il dogma della Chiesa non è una qualsiasi teoria elaborata da qualche teologo, ma è la dottrina della Chiesa, nientemeno che la parola di Gesù Cristo, che è chiarissima. Non posso cambiare la dottrina della Chiesa», ha affermato il presule tedesco.   Ciononostante, si dice che il discorso di Kasper abbia gettato le basi per l’esortazione apostolica di Francesco del 2016 Amoris Laetitia, in cui il defunto pontefice lasciava intendere che i cattolici divorziati e «risposati» civilmente potrebbero essere in grado di ricevere la Santa Comunione in determinati casi.   Bergoglio non tenne un altro concistoro straordinario fino al 2022, incentrato esclusivamente sulle riforme della Curia romana e sul governo della Chiesa, scrive LifeSite.   Papa Benedetto XVI non tenne alcun concistoro straordinario durante il suo pontificato durato otto anni, mentre Papa Giovanni Paolo II ne convocò sei durante il suo pontificato durato quasi trent’anni.  

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