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Il Mossad guida la rivolta contro Netanyahu: documenti USA trapelati

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Quantità di documenti segreti dell’Intelligence USA e del Pentagono sono finiti in rete, pubblicati sotto forma di immagini su Discord, un sito di chat popolare nel mondo degli amanti dei videogiochi, e poi su image board (forum che prediligono i file visivi) come il noto 4chan.

 

Le informazioni contenute nei documenti, risalenti alla fine di febbraio e all’inizio di marzo, sembrano essere state preparate per alti dirigenti del Pentagono e messe a disposizione di centinaia di altro personale e dipendenti a contratto con adeguate autorizzazioni di sicurezza.

 

Mentre la maggior parte della stampa sembra interessata alle rivelazioni che i file trapelati fanno sulla guerra ucraina (con clamorose ammissioni sulla reale situazione delle truppe di Kiev) non troppa attenzione sembra essere data ad altre rivelazioni esplosive contenutevi: quelle riguardo allo Stato di Israele.

 

L’argomento sta passando sotto silenzio a Washington, da cui non sembrano pervenire grandi commenti, o smentite, sullo scoop. Il Consiglio di sicurezza nazionale, l’Ufficio del direttore dell’Intelligence nazionale e il Dipartimento di Stato hanno tutti rifiutato di commentare sabato il promemoria relativo a Israele.

 

In pratica, i documenti parlerebbero di una presunta rivolta del massimo servizio di spionaggio israeliano contro la revisione giudiziaria proposta dal primo ministro Benjamin Netanyahu.

 

Il documento trapelato etichettato come top secret afferma che a febbraio, alti dirigenti del servizio di spionaggio del Mossad «hanno chiesto ai funzionari del Mossad e ai cittadini israeliani di protestare contro le riforme giudiziarie proposte dal nuovo governo israeliano, inclusi diversi espliciti inviti all’azione che denunciavano il governo israeliano», secondo quello che traspariva dai SIGINT, ossia l’Intelligence dei segnali, cioè le intercettazioni, riporta il Washington Post.

 

«Di per sé, l’intervento diretto nella politica israeliana da parte del Mossad, un servizio di spionaggio esterno a cui è vietato intromettersi in questioni interne, sarebbe una rivelazione significativa. Il fatto che le informazioni emerse come risultato, apparentemente, dello spionaggio statunitense sul suo più stretto alleato in Medio Oriente potrebbe ulteriormente infiammare quello che è stato un periodo di disordini politici storici in Israele» scrive il WaPo.

 

La cosa è quantomeno imbarazzante ad ogni livello – e in ambo i Paesi coinvolti, e oltre.

 

Domenica, l’ufficio del primo ministro ha rilasciato una dichiarazione a nome del Mossad, descrivendo i resoconti dei media sul promemoria come «mendaci e privi di qualsiasi fondamento». «Il Mossad e il suo personale dirigente in servizio non si sono affatto impegnati nella questione delle manifestazioni e si dedicano al valore del servizio allo Stato che ha guidato il Mossad sin dalla sua fondazione», si legge nella dichiarazione.

 

L’imbarazzante rivelazione arriva in un momento di tumulto interno in Israele, mentre il governo di Netanyahu, il più di destra e religiosamente estremista della sua storia, affronta crisi su più fronti. Il piano della nuova amministrazione per indebolire la Corte Suprema del Paese ha diviso la società, portato centinaia di migliaia di persone nelle strade e causato fratture nell’esercito ispirando centinaia di riservisti a dichiarare che non avrebbero prestato servizio. I diplomatici israeliani si sono uniti agli scioperi e, per un giorno, decine di ambasciate israeliane in tutto il mondo sono state chiuse.

 

La revisione proposta consegnerebbe al parlamento israeliano il controllo sulle nomine giudiziarie, eliminerebbe il controllo giudiziario della legislazione e consentirebbe ai legislatori di votare contro le decisioni della Corte Suprema.

 

L’opposizione è provenuta principalmente dalla base o da funzionari in pensione. L’unica figura importante a rompere i ranghi, il ministro della Difesa Yoav Gallant, lui stesso sotto la pressione di ex colleghi militari, lo ha fatto alla fine di marzo. Il giorno seguente, Netanyahu ha annunciato che Gallant era stato licenziato, sebbene rimanga ancora in carica.

 

Alla fine di marzo, Gallant, il ministro della Difesa, aveva rilasciato una dichiarazione televisiva chiedendo un congelamento della legislazione, sostenendo che stava danneggiando la capacità di difesa del Paese. «La spaccatura all’interno della nostra società si sta allargando e penetrando nelle forze di difesa israeliane (…) Questo è un pericolo chiaro, immediato e tangibile per la sicurezza dello Stato. Non parteciperò a questo».

 

Il Mossad, il cui capo David Barnea è stato insediato da Netanyahu, ha pubblicamente taciuto sulla revisione. I media israeliani hanno riferito alla fine di febbraio che aveva dato il permesso al personale di basso rango del Mossad di partecipare alle manifestazioni, a condizione che non rendessero pubbliche le loro affiliazioni professionali. La decisione è arrivata in risposta a una petizione di agenti dell’Intelligence che suggerivano che non si sarebbero presentati in servizio se la legislazione fosse andata avanti.

 

Il promemoria americano è poco dettagliato, e non è chiaro chi nella leadership del Mossad abbia sostenuto che le spie di base così come i civili «protestassero» contro i piani di Netanyahu.

 

Gli sforzi dei leader del Mossad per incoraggiare le manifestazioni si sono verificati «dall’inizio alla metà di febbraio», afferma il documento trapelato. Le informazioni sono etichettate FISA, il che significa che la raccolta dell’intelligence richiede l’approvazione di un giudice federale come stabilito dal Foreign Intelligence Surveillance Act.

 

Il ruolo di Washington nell’esporre le preoccupazioni del Mossad sulla revisione potrebbe attirare il fuoco dei conservatori israeliani, alcuni dei quali hanno già accusato gli Stati Uniti di fomentare segretamente le proteste – accuse che Washington nega categoricamente.

 

Il mese scorso, il figlio di Netanyahu, Yair, ha affermato che il Dipartimento di Stato americano era «dietro le proteste in Israele, con l’obiettivo di rovesciare Netanyahu, apparentemente per concludere un accordo con gli iraniani». Come noto, il ragazzo qualche anno fa pubblicò un meme, incredibilmente definito come «antisemita» pure dalla stampa italiana, che ritraeva George Soros come puparo del mondo.

 

 

Mentre i manifestanti annunciavano i raduni sabato per la quattordicesima settimana consecutiva, l’ex ministro della Difesa e capo di stato maggiore dell’esercito dello Stato Ebraico Moshe Ya’alon era tra gli oratori annunciati.

 

«Il governo israeliano ha fallito in ogni area», hanno scritto i leader della protesta in un messaggio diffuso tramite WhatsApp, «e invece di concentrarsi sulla sicurezza, gli alti ministri hanno annunciato la loro intenzione di approvare il Colpo di stato giudiziario alla fine della sospensione della Knesset».

 

Il colpo di Stato, a dire il vero, parrebbero volerlo fare anche i manifestanti, con appelli a pronunciamenti militari – che stranamente includono il rapporto con gli USA e l’amministrazione Biden – pubblicati su un quotidiano come il Jerusalem Post, che sarebbe perfino di centrodestra, ed un tempo era ritenuto moderato.

 

Come riportato da Renovatio 21, molti segni fanno pensare che in Israele sia in corso una «rivoluzione colorata» del tipo utilizzato dagli americani (con l’aiuto, in genere persistente, di George Soros e delle sue fondazioni «filantropiche») i per i tentativi di regime change in Paesi di tutto il mondo a cavallo tra gli anni Novanta e i 2000.

Possiamo solo ipotizzare che Netanyahu, un sabra (ebreo nato in Israele) cresciuto negli USA, sia obiettivo di un tentativo di defenestrazione forse per i suoi rapporti intensi avuti con Putin nel corso dei decenni di premierato, in previsione di  una guerra con Mosca che potrebbe presto divenire totale. L’appoggio di Israele a Kiev è stato altalenante, con rifiuti, pur sotto la pressione di Washington, di fornire gli ucraini di armi, comprese quelle cibernetiche.

 

Ma sono solo speculazioni. Tuttavia, la persistenza della protesta, il coinvolgimento dello Stato Profondo israeliano (servizi segreti, esercito, perfino i sindacati) non lasciano molti dubbi sulla natura della protesta in atto. Basti pensare che a tifare per la rimozione di Netanyahu, scrivendo su quotidiani internazionali, è il filosofo di Davos Yuval Harari, già teorizzatore dell’umanità divenuta troppa e inutile.

 

 

Nel frattempo, forse per cercare di far defluire la tensione interna, ecco le botte dei poliziotti israeliana alla moschea di al Aqsa, ecco un nuovo bombardamento di Gaza, della Sira, scambi di missili con il Libano.

 

Il caos nella regione è totale, e può aumentare a dismisura, è l’unico vero colpevole è Joe Biden, sotto cui si è consumato l’incredibile fine del mondo della diplomazia mediorientale: Iran e Araba Saudita hanno fatto pace, sembra, e i padroni di casa di questa pace sono stati i cinesi.

 

Le carte si stanno per rimescolare mostruosamente. Ci aspettiamo a breve cose pazzesche. Immaginate: l’ISIS presto potrebbe sembrare qualcosa da educande. E state certi, il primo obiettivo sarà il principe saudita Mohamed bin Salman.

 

 

 

 

 

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Trump conferma l’autorizzazione delle operazioni della CIA in Venezuela

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha confermato di aver autorizzato operazioni della CIA in territorio venezuelano. Lo riporta il New York Times.

 

Secondo il quotidiano neoeboraceno, la decisione consentirebbe agli agenti dell’intelligence di condurre operazioni letali contro il presidente venezuelano Nicolas Maduro, accusato dall’amministrazione Trump di gestire cartelli «narco-terroristici» e di inondare gli Stati Uniti con cocaina e fentanyl.

 

Durante un incontro nello Studio Ovale, un giornalista ha chiesto a Trump: «Perché hai autorizzato la CIA a operare in Venezuela?»

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«Ho dato il via libera per due ragioni, in realtà», ha risposto Trump. «Primo, loro [il Venezuela] hanno svuotato le loro carceri mandando i detenuti negli Stati Uniti».

 

«L’altro problema sono le droghe. Dal Venezuela arriva una grande quantità di droga, molta della quale via mare, ma la fermeremo anche via terra», ha aggiunto.

 

Trump ha evitato di specificare se la CIA abbia l’autorizzazione a «eliminare Maduro».

 

«Non voglio rispondere a una domanda simile. Non sarebbe assurdo per me farlo?», ha dichiarato. Durante il suo primo mandato, Trump ha imposto dure sanzioni al Venezuela e di recente ha aumentato a 50 milioni di dollari la ricompensa per informazioni che portino all’arresto di Maduro.

 

Come riportato da Renovatio 21, Stati Uniti hanno schierato una flotta navale nei Caraibi orientali e, da settembre, hanno distrutto almeno cinque imbarcazioni sospettate di contrabbandare droga dal Venezuela.

 

Maduro ha smentito le accuse di collaborare con i cartelli e ha accusato gli Stati Uniti di volerlo destituire, sottolineando che l’esercito venezuelano è pronto a contrastare un’eventuale invasione.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’amministrazione washingtoniana ha rotto le relazioni diplomatiche con Caracas, che a sua volta ha avvertito della possibilità di attacchi da parte di estremisti contro l’ambasciata.

 

Secondo il NYT negli scorsi mesi Maduro avrebbe fatto ampie concessioni economiche agli USA, che epperò sarebbero fermi sull’idea che il presidente venezuelano lasci l’incarico.

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Il Venezuela ha denunziato voli «illegali» di caccia F-35 americani nei suoi spazi aerei negli ultimi giorni. Si moltiplicano intanto le notizie di preparativi di ulteriore attacchi al narcotraffico venezuelano, con minaccia diretta di Trump agli aerei di Caracas che avevano sorvolato una nave da guerra USA mandata nell’area.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Trump ha dichiarato che «gli attacchi degli Stati Uniti alle imbarcazioni venezuelane sono un atto di gentilezza» e che il Paese è in «conflitto armato» con i cartelli della droga.

 

Secondo alcuni analisti, la nuova «guerra alla droga» altro non è che una copertura della riattivata Dottrina Monroe, che prevede l’egemonia assoluta degli USA sul suo emisfero – qualcosa del resto di detto apertamente quando si parla della cosiddetta «difesa emisferica» dell’amministrazione Trump, con varie opzioni di annessioni di PanamaGroenlandiaCanada, e perfino il Messico.

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Il vertice del KGB bielorusso parla dei colloqui con gli USA

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Il conflitto in Ucraina è un tema centrale nel dialogo in corso tra Washington e Minsk, ha dichiarato ai giornalisti Ivan Tertel, capo del servizio di sicurezza bielorusso (KGB). Lo riporta la stampa russa.   Le due nazioni stanno affrontando anche questioni di sicurezza regionale più ampie, ha aggiunto, sottolineando che il dialogo ha già contribuito a stabilizzare la zona.   Gli Stati Uniti riconoscono l’esperienza regionale di Minsk, che potrebbe essere utile sia per risolvere il conflitto in Ucraina sia per ridurre le tensioni nell’area, ha affermato Tertel dopo una riunione di governo presieduta dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko martedì. Entrambe le parti, ha aggiunto, sono interessate a porre fine alle ostilità.   «Possiamo offrire il nostro contributo», ha dichiarato Tertel, sottolineando che Minsk «comprende sia la prospettiva russa che quella ucraina». Grazie alla sua alleanza con la Russia, ai rapporti stretti con l’Ucraina e al dialogo attivo con gli Stati Uniti, la Bielorussia «potrebbe trovare un consenso in questa situazione estremamente complessa», ha detto.

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Le due nazioni stanno cercando «soluzioni reciprocamente accettabili» in vari ambiti, ha proseguito Tertel, evidenziando che sono già stati raggiunti accordi su diversi temi. Sia Minsk che Washington adottano un «approccio pragmatico e razionale» basato sugli interessi nazionali, secondo il capo della sicurezza.   Tertel ha inoltre rivelato che sia Lukashenko sia il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sono «profondamente coinvolti» nel dialogo. «Abbiamo tutte le opportunità per una svolta nelle relazioni con gli Stati Uniti», ha dichiarato, aggiungendo che Minsk è «aperta» al dialogo anche con altre nazioni occidentali.   Martedì, Lukashenko ha ribadito che Minsk è pronta per un «grande accordo» con Washington, a patto che i suoi interessi siano rispettati.   Questi sviluppi si inseriscono in un contesto di miglioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Bielorussia, dopo un periodo di forti tensioni durante la presidenza di Joe Biden, predecessore di Trump.   A settembre, Washington ha concesso un’esenzione dalle sanzioni alla compagnia aerea bielorussa Belavia, nell’ambito di un accordo che ha visto Minsk rilasciare oltre 50 prigionieri, inclusi quelli accusati di aver incitato disordini. Inoltre, ufficiali militari statunitensi hanno partecipato alle esercitazioni russo-bielorusse Zapad-2025 nello stesso mese.

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La Danimarca vuole vietare i social agli adolescenti

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Il governo danese ha annunciato l’intenzione di vietare l’uso di diverse piattaforme di social media ai minori di 15 anni, come dichiarato dal primo ministro Mette Frederiksen.

 

Nel suo discorso al parlamento di martedì, Frederiksen ha espresso preoccupazione per l’impatto dei social media sui giovani. «I telefoni cellulari… stanno rubando l’infanzia dei nostri figli», ha affermato, aggiungendo che «abbiamo scatenato un mostro», notando che quasi tutti gli studenti danesi di seconda media, generalmente tra i 13 e i 14 anni, possiedono già un cellulare.

 

Tuttavia, il primo ministro non ha fornito dettagli specifici sul divieto proposto, né su come sarà implementato o quali piattaforme saranno coinvolte.

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La decisione arriva in concomitanza con un rapporto sul benessere commissionato dal governo, che ha rivelato che il 94% dei giovani danesi aveva un profilo sui social media prima dei 13 anni, nonostante le restrizioni sull’età minima di molte piattaforme. Il rapporto ha anche evidenziato che i bambini tra i 9 e i 14 anni trascorrono in media circa tre ore al giorno su TikTok e YouTube.

 

Un rapporto del 2025 dell’Autorità danese per la concorrenza e i consumatori ha mostrato che il 10% dei giovani utenti spesso si pente del tempo trascorso online, il 21% ha difficoltà a disconnettersi e il 29% supera il tempo che intendeva dedicare alle piattaforme preferite.

 

Secondo Statista, nel 2024 Facebook è rimasto il social network più utilizzato in Danimarca, con l’83% della popolazione, seguito da Instagram al 65%, Snapchat al 51% e TikTok al 34%.

 

Nel 2024, un’iniziativa popolare, sostenuta da 50.000 firme, ha proposto di vietare TikTok, Snapchat e Instagram ai minori. A febbraio, seguendo le raccomandazioni della Commissione per il benessere, la Danimarca ha introdotto misure per vietare i telefoni cellulari nelle scuole.

 

Come riportato da Renovatio 21, uno studio emerso pochi mesi fa prova che i social danneggiano soprattutto il sonno e la salute mentale delle bambine.

 

Uno studio sui comportamenti salutari nei bambini in età scolare, supportato dall’OMS, ha rilevato che nel 2022 l’11% degli adolescenti in Europa, Asia centrale e Canada ha riportato un uso problematico dei social media, in netto aumento rispetto al 7% del 2018. Questo comportamento simile alla dipendenza, caratterizzato da perdita di controllo, sintomi di astinenza e conseguenze negative sulla vita, era più comune tra le ragazze (13%) rispetto ai ragazzi (9%).

 

Come riportato da Renovatio 21, vari studi hanno mostrato che gli smartfoni sono collegati ad ansia e depressione negli adolescenti.

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Come riportato da Renovatio 21, in questi ultimi mesi sono stati condotti anche studi sulla confisca degli smartphoni a giovani con personalità narcissitica.

 

Come riportato da Renovatio 21, un altro studio sul tema di pochi anni fa spiegava che il tempo che trascorriamo sul telefono potrebbe minacciare la nostra salute a lungo termine. Un numero crescente di prove suggerisce che il tempo che passiamo sui nostri smartphone interferisce con il sonno, autostima, relazioni, memoria, capacità di attenzione, creatività, produttività e capacità di risoluzione dei problemi e decisionali.

 

Uno studio condotto dall’autorità governativa di regolamentazione delle comunicazioni nel Regno Unito ha rilevato che un quarto dei bambini di soli 3-4 anni possiede uno smartphone.

 

Vi è da considerare anche il problema del tracciamento delle attività dei ragazzi, perché lo spionaggio permesso alle app è, secondo CHD, di «scala scioccante».

 

Curiosamente, anche il governo italiano ha definito lo smartphone per gli studenti come una droga «non diversa dalla cocaina».

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