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Epidemie

Il mondo senza amicizia

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Non amiamo in alcun modo citare Carl Sagan.

 

Una figura abbastanza nota: astronomo, astrobiologo, divulgatore, si è dedicato a lungo a parlarci della possibilità delle civiltà aliene, ma dalla prospettiva dell’establishment. Per chi lo ricorda, è suo il libro da cui trassero il film Contact con Jodie Foster. Lavorò per la NASA e fondò il progetto SETI, l’insieme di antenne per la ricerca di segnali intelligenti nel cosmo – insomma, davvero dalla parte del potere.

 

Egli era infatti uno scettico, di quelli che ci tengono a importi la loro religione, a cui hanno dato il nome altisonante di «umanesimo secolare». In Italia, lo scetticismo oltranzista è rappresentato dal CICAP di Piero Angela, e Sagan era una cosa così.

«Ho il presentimento di un’America ai tempi dei miei figli o nipoti – quando gli Stati Uniti saranno un’economia di servizi e di informazioni; quando quasi tutte le principali industrie manifatturiere saranno scivolate via verso altri paesi; quando incredibili poteri tecnologici saranno nelle mani di pochissimi e nessuno che rappresenta l’interesse pubblico potrà nemmeno afferrare i problemi; quando le persone avranno perso la capacità di stabilire i propri programmi o di mettere in discussione consapevolmente chi detiene l’autorità; quando le nostre facoltà critiche in declino, incapaci di distinguere tra ciò che è bello e ciò che è vero, scivoleremo, quasi senza accorgercene, nella superstizione e nell’oscurità

 

Nel 1995 scrisse un libro, Il mondo infestato dai demoni, dove malgrado il titolo eccitante non si parla proprio di demoni, ma della primazia dello scetticismo sulle pseudoscienze e su stupide superstizione come Dio, gli UFO, il paranormale, le terapie alternative.

 

Tuttavia, in quelle pagine ce ne pare una che sembra avere parole davvero profetiche per il momento presente.

 

«Ho il presentimento di un’America ai tempi dei miei figli o nipoti – quando gli Stati Uniti saranno un’economia di servizi e di informazioni; quando quasi tutte le principali industrie manifatturiere saranno scivolate via verso altri paesi; quando incredibili poteri tecnologici saranno nelle mani di pochissimi e nessuno che rappresenta l’interesse pubblico potrà nemmeno afferrare i problemi; quando le persone avranno perso la capacità di stabilire i propri programmi o di mettere in discussione consapevolmente chi detiene l’autorità; quando, stringendo i nostri cristalli e consultando nervosamente i nostri oroscopi, le nostre facoltà critiche in declino, incapaci di distinguere tra ciò che è bello e ciò che è vero, scivoleremo, quasi senza accorgercene, nella superstizione e nell’oscurità. L’ammutolimento dell’America è più evidente nel lento decadimento dei contenuti sostanziali nei media enormemente influenti, i brani sonori di 30 secondi (ora scesi a 10 secondi o meno), la programmazione del minimo comune denominatore, le presentazioni credule sulla pseudoscienza e la superstizione, ma soprattutto una sorta di celebrazione dell’ignoranza».

 

Il giovane editorialista americano Saagar Enjeti ha letto questo brano come una previsione di TikTok, dove l’attenzione si è ridotta a dieci secondi o meno, e come profezia dell’anno pandemico, passato in solitudine grazie alla tecnologia, e della tensione impercettibile che ha generato.

 

Ci sarebbe in realtà un modo di quantificare questo disastro:  una statistica uscita poco fa riguardante il numero dei «veri amici» che gli americani dichiarano di avere.

 

Nel 1990 il 33% dichiarava di avere dieci o più amici intimi, senza contare i parenti. La minoranza, il 11% sosteneva di avere 3 amici veri in tutto.

 

Tutti gli amici che ti rimangono vengono dal lavoro, o da situazioni legate al lavoro. «Questa è la vita dell’élite cosmopolita», e l’ha imposta a tutti quanti, pena l’emarginazione professionale e quindi sociale. «L’élite ha strutturato l’economia in modo tale che tutti oggi devono vivere come vivono loro»

Ora, nel 2021, il numero delle persone che dichiarano di avere 10 o più amici, è crollato al 13%. È comparsa quest’anno anche una categoria che prima era quasi inesistente: quelli che dichiarano zero amici. Nel 1990 erano il 3%, oggi sono il 12%. Impressionante.

 

Enjeti ritiene che il problema derivi dal troppo lavoro che affligge gli americani, con straordinari in ufficio e interminabili viaggi di lavoro. Oggi gli amici li fai tutto sul lavoro. Si tratta della vittoria della «classe manageriale» su tutte le altre: i principi di efficienza stakanovista della Corporate America hanno infettato ogni residuo senso di comunità rimasto. Le multinazionali, insomma, hanno imposto a tutti, anche ai ragazzi che venivano dalla vita rurale, la loro antropologica.

 

Tutti gli amici che ti rimangono vengono dal lavoro, o da situazioni legate al lavoro. «Questa è la vita dell’élite cosmopolita», e l’ha imposta a tutti quanti, pena l’emarginazione professionale e quindi sociale. «L’élite ha strutturato l’economia in modo tale che tutti oggi devono vivere come vivono loro».

 

In un’economia e una cultura top-down, l’élite è riuscita a trasmettere il suo senso del lavoro giù verso le persone che non necessariamente vogliono avercelo, e che preferiscono invece andare a vivere non in una metropoli ma in un paesino a dieci chilometri dalla mamma oppure appunto, la vita di comunità con gli amici…

Ammettiamo la nostra stupidità per non averci mai pensato: dopo aver distrutto la famiglia, era ovvio che sarebbero andati oltre. Era certo, quindi, che avrebbero cercato di distruggere anche l’amicizia, il sentimento più profondo che lega gli esseri umani senza relazioni di sangue

 

Il trasbordo ideologico si è compiuto anche a livello riproduttivo: la produttività della donna imposta dall’élite ha giocoforza imposto una sterilizzazione di tante persone che avrebbero voluto avere figli molto prima – per questo, peraltro, le grande aziende come Google offrono alle dipendenti giovani appena assunte la crioconservazione degli ovuli.

 

Ecco il punto davvero saliente delle preconizzazioni di Sagan: il potere è davvero in mano a pochissimi in grado di plasmare le nostre vite al di là della nostra consapevolezza. E nessuno, specie nella classe politica, sembra avere il coraggio o l’intelligenza per mettersi contro – Facebook in questo momento sta punendo con la censura davvero chiunque, ma Salvini, che alla sua «Bestia» di Facebook deve la sua ascesa, stranamente non dice nulla…

 

La popolazione non è in grado di mettere in discussione chi è al potere – anzi, è proibito. Anzi, ti zittiscono, e ti vengono magari anche a cercare, se hai dai ridire su un virologo.

 

Ma soprattutto, la cosa che ci colpisce, è la distruzione dell’amicizia. Ciò è cosa ancora più grata al potere, perché senza amicizia non hai nemmeno quel minimo collante sociale con cui le persone possono unirsi, e quindi rappresentare un problema per l’autorità costituita.

È quello che l’élite vuole: un mondo fatto di uomini liquidi, di uomini vuoti, di precari assoluti, che non sono certi nemmeno del proprio sesso – e appunto su questo ci stanno pure facendo una legge che punisce chi a questo quadro si vuole opporre.

 

Ammettiamo la nostra stupidità per non averci mai pensato: dopo aver distrutto la famiglia, era ovvio che sarebbero andati oltre. Era certo, quindi, che avrebbero cercato di distruggere anche l’amicizia, il sentimento più profondo che lega gli esseri umani senza relazioni di sangue.

 

È quello che l’élite vuole: un mondo fatto di uomini liquidi, di uomini vuoti, di precari assoluti, che non sono certi nemmeno del proprio sesso – e appunto su questo ci stanno pure facendo una legge che punisce chi a questo quadro si vuole opporre.

 

Un mondo di larve da spendere come meglio credono i padroni del vapore, magari facendoli lavorare – con stipendi da fame – o magari, semplicemente, terminandoli, perché sul pianeta siamo troppi.

 

Il lockdown a qualcuno ha consentito di lavorare: le amicizie professionali, come da desiderio dell’élite («non avrai altra vita che non la tua produttività») forse rimarranno. Tutto il resto no. Perché hanno chiuso tutti i canali dove le amicizie potevano sbocciare: i bar, i ristoranti, le piscine, le palestre, i cinema… e mettiamoci dentro anche le tanto vituperate discoteche, che erano i luoghi per antonomasia di incontro con persone nuove

Un mondo di larve da intrattenere con TikTok e altri spettacolini dementi, con la dipendenza dai social, dalla pornografia e dagli psicofarmaci, magari buttando lì ogni tanto come premio e monito il quarto d’ora di celebrità di Andy Warhol (esemplare il caso della vittima di lesbofobia che si prende 140 mila euro di donazioni in crowdfunding e si compra la Mercedes e il cagnolino di razza da 2.500 euro).

 

Ma venendo più al concreto, è impossibile non vedere come l’amicizia sia stata disintegrata dalla pandemia. In una società dove si ha paura a darsi la mano, o a parlarsi guardandosi in faccia, come sarà possibile crearsi degli amici?

 

Prima di perderla, non sapevamo quanto fosse preziosa questa cosa: la possibilità di uscire di casa, attaccare bottone per sbaglio con qualcuno, e quindi di tornare alla sera con un amico in più nel telefonino.

 

Il lockdown a qualcuno ha consentito di lavorare: le amicizie professionali, come da desiderio dell’élite («non avrai altra vita che non la tua produttività») forse rimarranno. Tutto il resto no. Perché hanno chiuso tutti i canali dove le amicizie potevano sbocciare: i bar, i ristoranti, le piscine, le palestre, i cinema… e mettiamoci dentro anche le tanto vituperate discoteche, che erano i luoghi per antonomasia di incontro con persone nuove.

 

Non solo: pensate ai treni. Ora, con un posto ogni due o ogni quattro, non si hanno più quei vicini di poltrona che il fato ci assegnava e con i quali potevano sbocciare discussioni frivole o abissali, e iniziare rapporti di ogni tipo.

Noi crediamo che la vera responsabile sia la Necrocultura, il sistema operativo caricato nella mente del mondo. Essa, deve distruggere ogni relazione umana: una volta eliminata la famiglia, ora sta facendo pulizia del resto, preparando così una società atomizzata e fluida, una non-società, abitata, del resto, da non-umani, da trans-umani modificati perfino a livello molecolare

 

Era già raro qualche anno fa la possibilità di incontrare persone «per strada»: una parola scambiata alla fermata dell’autobus, un complimento per il cappotto, una mano per sistemare il passeggino… Ora, con l’idea che chiunque può essere un untore (e, ancora peggio, l’idea che non sai se chi hai davanti è un covidiota che vede come offensivo ogni tuo gesto di vicinanza) vedere la collisione amicale di due sconosciuti all’aperto sarà impossibile.

 

A differenza del giornalista americano, noi non crediamo che tutto questo derivi il ultima analisi dall’élite e dalla sua dittatura stakanovista.

 

Noi crediamo che la vera responsabile sia la Necrocultura, il sistema operativo caricato nella mente del mondo. Essa, deve distruggere ogni relazione umana: una volta eliminata la famiglia, ora sta facendo pulizia del resto, preparando così una società atomizzata e fluida, una non-società, abitata, del resto, da non-umani, da trans-umani modificati perfino a livello molecolare.

 

La pandemia ha distrutto l’amicizia, vero. Ma la pandemia è solo una capitolo, sia pur acceso assai, del percorso della Cultura della Morte. Non abbiamo visto ancora niente. Le relazioni umane non solo andranno abbattute, andranno sostituite – e pervertite.

Qualcuno rammenterà l’anno scorso le grottesche uscite dei virologi lo scorso anni, che davano consigli agli amanti

 

Qualcuno rammenterà l’anno scorso le grottesche uscite dei virologi lo scorso anni, che davano consigli agli amanti: «amatevi solo per 15 minuti», amplessi con la mascherina addosso, poi seguivano dettagliate descrizioni per le posizioni sessuali anti-COVID.

 

Curioso, notavamo: ci hanno impedito di vedere gli amici – minacciando chi invitava troppa gente a casa a Pasqua, o proibendo le grigliate – e perfino di abbracciare i parenti (anche quando questi, magari, stavano morendo in ospedale…) ma non toccano nemmeno con un dito i dogmi della «liberazione sessuale».

 

Quel tipo di relazione, che pure necessariamente comporta lo scambio di molti fluidi, a loro stranamente va bene. Bisogna capire che non  è una novità. C’è un precedente importante, e rilevante i questo momento: l’AIDS e i gay.

Curioso: ci hanno impedito di vedere gli amici – minacciando chi invitava troppa gente a casa a Pasqua, o proibendo le grigliate – e perfino di abbracciare i parenti (anche quando questi, magari, stavano morendo in ospedale…) ma non toccano nemmeno con un dito i dogmi della «liberazione sessuale»

 

Allo scoppio dell’HIV (all’epoca chiamato GRID: Gay Related Immunodeficiency) divenne chiaro che il problema dell’epidemia era la promiscuità degli omosessuali: il famoso paziente zero, un assistente di volo canadese, in una manciata di settimane riusciva ad avere centinaia di partner diversi.

 

È curioso anche notare che le persone in circolazione per l’establishment sono le stesse: Anthony Fauci era già in pista, e si dedicò all’AIDS, in modo anche controverso (vi era di mezzo la rivalità con Montagnier per vincere il Nobel, che poteva andare a Gallo, sodale di Fauci). Fauci ora ricorda che a quei tempi cominciò a frequentare i luoghi di maggior diffusione del virus, le saune di San Francisco…

 

L’AIDS uccise quantità immani di persone. Dalla comunità gay tracimò poi in quella degli eroinomani, e da lì alle prostitute, quindi alle famiglie, e da lì alle persone in emotrasfusione… Una vera calamità.

 

Nessuno ha mai pensato di andare dai gay e dire loro di smetterla con la loro promiscuità totale, vero motore del disastro dell’AIDS

Eppure, nessuno ha mai pensato di andare dai gay e dire loro di smetterla con la loro promiscuità totale, vero motore del disastro dell’AIDS. Nessuno ha detto una parola: perché di fatto essi erano l’avanguardia di quella «liberazione sessuale» che non può essere discussa. E cioè: della sostituzione dell’amicizia con il cannibalismo sessuale.

 

Un ex gay un giorno mi disse: «i gay non hanno amici» (alla faccia di chi dice «ho tanti amici gay»). Mi parlava del senso di angoscia che sentiva quando vedeva un maschio,  una sensazione a cui doveva rispondere cercando di possederlo sessualmente. Avrei poi scoperto che questa idea è un caposaldo della teoria riparativa, la tecnica psicoterapica ora praticamente proibita ovunque, tanto che i libri del suo maggior esponente, Joseph Nicolosi, sono stati cancellati (vuol dire che proprio non ci sono, come se non fossero mai esistiti) da Amazon.

 

Nessun lockdown, nessun decreto, nessun ordine anticostituzionale per i gay e per il loro rischio, quello sì davvero presente, di diffondere il virus letale

Il ragazzo mi diceva che perfino le partite a pallone fra gay, che egli aveva provato ad organizzare, erano difficoltose, goffe. Mancava il senso di squadra, mancava lo stimolo… poi al momento della doccia però le cose cambiavano. Di fatto, si era reso conto, la gente accettava la serata al campo solo nella prospettiva della doccia. Erano, allora come oggi, gli anni dell’AIDS.

 

Nessun lockdown, nessun decreto, nessun ordine anticostituzionale per i gay e per il loro rischio, quello sì davvero presente, di diffondere il virus letale. Abbiamo visto, negli anni, altre cose: concerti di star del rock, fiocchetti rossi sul bavareo delle giacche, al massimo il famoso spot Pubblicità Progresso con l’alone viola – dove però i gay nemmeno erano raffigurati in mezza inquadratura.

La Necrocultura ha i suoi strumenti: l’omosessualizzazione è uno; un altro è l’epidemia, ma quella di COVID, non quella di AIDS, che è stata invece favorita – e ci sarebbe da considerare che i farmaci grazie a cui oggi di AIDS si muore poco, non sono business da niente per le farmaceutiche…

 

Il problema della diffusione dell’HIV nella comunità omosessuale è stato così volutamente ignorato che ad un certo  è perfino spuntata una sottocultura, fiorente anche in Italia, di persone chiamate bugchasers («cercatori del baco») e giftgivers («donatori del dono») che infettano e si infettano volontariamente. Anche di questo, al governo, alle autorità, all’OMS, a Bill Gates non frega nulla.

 

Perché, speriamo che sia chiaro, essi sono funzionali al disegno. E il disegno si chiama Necrocultura. Che ha i suoi strumenti: l’omosessualizzazione è uno; un altro è l’epidemia, ma quella di COVID, non quella di AIDS, che è stata invece favorita – e ci sarebbe da considerare che i farmaci grazie a cui oggi di AIDS si muore poco, non sono business da niente per le farmaceutiche…

 

È la sostituzione morale delle vostre vite: invece di un lavoro, vi daranno uno stage. Invece di un figlio, vi daranno una manciata di voli Ryanair. Invece di una famiglia, vi daranno un’orgia nella dark room di qualche club gay. Invece di amici, vi daranno botte di sesso con persone a caso, magari ad alto rischio di prendere un virus quello sì davvero mortale.

È la sostituzione morale delle vostre vite: invece di un lavoro, vi daranno uno stage. Invece di un figlio, vi daranno una manciata di voli Ryanair. Invece di una famiglia, vi daranno un’orgia nella dark room di qualche club gay. Invece di amici, vi daranno botte di sesso con persone a caso, magari ad alto rischio di prendere un virus quello sì davvero mortale

 

Sagan, senza saperlo, con quel libro aveva davvero ragione: il mondo è infestato di demoni. Non quelli che pensava lui. Ci sono demoni veri in circolazione. Ci è impedito anche solo nominarli, e di fatto non so nemmeno cosa scatenerà questo articolo.

 

So di certo però che Renovatio 21 la Cultura della Morte la vuole combattere, e tacere non è possibile. Per questo cerchiamo amici per proseguire questa pazzesca battaglia. Molti li abbiamo già trovati, e a loro, per l’amicizia che mostrano, siamo tanto grati.

 

 

 

 

 

 

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Epidemie

Gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump non celebreranno più la Giornata mondiale contro l’AIDS

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Per la prima volta dal 1988, l’amministrazione statunitense ha deciso di non proclamare il 1º dicembre come «Giornata mondiale contro l’AIDS». Lo riporta il

 

In una circolare indirizzata al personale, il Dipartimento di Stato ha esplicitamente vietato l’impiego di risorse pubbliche per onorare tale ricorrenza.

 

La misura si inquadra in una linea direttiva più ampia che impone di «evitare di veicolare comunicazioni in occasione di qualsivoglia giornata commemorativa, ivi inclusa quella dedicata alla lotta contro l’AIDS».

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Ai funzionari è stato ordinato di «rinunciare a qualsivoglia promozione pubblica della Giornata mondiale contro l’AIDS tramite canali di diffusione, inclusi social network, apparizioni mediatiche, orazioni o altri annunci rivolti all’opinione pubblica».

 

«Una giornata di sensibilizzazione non costituisce una strategia», ha dichiarato al quotidiano il portavoce del dipartimento di Stato Tommy Pigott. «Sotto la presidenza Trump, il Dipartimento opera in sinergia con governi esteri per preservare vite umane e promuovere maggiore accountability e compartecipazione agli oneri».

 

In una nota ad ABC News, il portavoce della Casa Bianca Kush Desai ha liquidato il Presidential Advisory Council on HIV/AIDS (PACHA) come un «ente prevalentemente simbolico i cui componenti sono immersi in un’inutile kermesse di relazioni pubbliche, svincolata dal concreto impegno dell’amministrazione Trump contro HIV e AIDS».

 

Dall’esordio dell’epidemia negli anni Ottanta, circa 300.000 uomini gay negli Stati Uniti hanno perso la vita per complicanze legate all’AIDS.

 

Negli ultimi quarant’anni, a livello globale, oltre 44 milioni di individui sono deceduti per AIDS; nel 2024, la malattia ha causato circa 630.000 morti. Le cure per l’AIDS furono inizialmente oggetto di feroci critiche da parte degli stessi omosessuali, che si scagliavano apertamente contro l’allora figura principale della lotta alla malattia Anthony Fauci.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Fauci, mentre proponeva farmaci altamente tossici e faceva esperimenti allucinanti con gli orfani di Nuova York, arrivò a dire in TV che l’HIV era trasmissibile per «contatti domestici».

 

 

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Ora il tema dell’AIDS è più raramente utilizzato dalla comunità omosessuale, dove una frangia – i cosiddetti bugchasers e gift givers – si impegna incredibilmente nell’infezione volontaria del morbo. Grindr, l’app per incontro gay, per un periodo presentava pazzescamente su ogni profilo la spunta sulla sieropositività dell’utente.

 

Come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa studio avanzato sul vaccino contro l’HIV in Africa condotto dalla multinazionale farmaceutica Johnson & Johnson era stato interrotto dopo che i dati hanno mostrato che le iniezioni offrivano solo una protezione limitata contro il virus. Lo studio era stato finanziato da Johnson & Johnson, dall’immancabile Bill and Melinda Gates Foundation e dal National Institutes of Health, la Sanità Nazionale USA dove il dominus (in realtà a capo del ramo malattie infettive) è Tony Fauci, che già in modo molto controverso – e fallimentare – si era occupato dell’AIDS allo scoppio dell’epidemia negli anni Ottanta.

 

Il premio Nobel Luc Montagnier sconvolse il mondo, attirandosi censure dei social tra fact checker e insulti, disse che analizzando al microscopio il SARS-nCoV-2 aveva notato delle strane somiglianze con il virus HIV – per la scoperta del quale Montagnier vinse appunto il Nobel. «Per inserire una sequenza HIV in questo genoma, sono necessari strumenti molecolari, e ciò può essere fatto solo in laboratorio» disse Montagnier in un’intervista per il podcast Pourquoi Docteur. Oltre a supportare l’allora screditatissima ipotesi del virus creato in laboratorio a Wuhan, Montagnier metteva sul piatto un’idea ancora più radicale: quella di un vaccino anti-AIDS come possibile origine del coronavirus.

 

Nel 2021 Moderna, azienda biotecnologica salita alla ribalta per il vaccino mRNA contro il COVID – il primo prodotto mai distribuito della sua storia aziendale – si era dichiarata pronta per iniziare la sperimentazione sugli esseri umani per il primo vaccino genico contro l’HIV. L’anno scorso era emerso che i test avevano riscontrato un effetto collaterale alla pelle, con una percentuale insolitamente alta di riceventi ha sviluppato eruzioni cutanee, pomfi o altre irritazioni cutanee.

 

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Epidemie

Solo 1 tedesco su 7 con test PCR positivo aveva l’infezione da COVID

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Gli autori di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria che ha identificato un tasso di falsi positivi dell’86% per i test PCR per il COVID-19 hanno affermato che i loro risultati suggeriscono un «significativo sovrastima» delle infezioni da COVID-19 durante la pandemia. Entro la fine del 2021, il 92% dei tedeschi aveva già contratto un’infezione naturale, indicando un’immunità pressoché universale nella popolazione.   Secondo un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria, solo circa 1 test PCR positivo su 7 in Germania durante la pandemia di COVID-19 ha indicato un’effettiva infezione da coronavirus che ha innescato una risposta anticorpale.   Brian Hooker, Ph.D., direttore scientifico di Children’s Health Defense (CHD), ha definito «sbalorditivi» i risultati dello studio, che hanno evidenziato un tasso di falsi positivi dell’86%.   Lo studio ha inoltre rilevato che alla fine di dicembre 2020, quando sono stati distribuiti i vaccini contro il COVID-19 , circa il 25% dei tedeschi aveva già contratto l’infezione spontaneamente. Entro la fine del 2021, la percentuale è salita al 92%, indicando un’immunità pressoché universale nella popolazione.

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I test PCR hanno portato a un «significativo sovrastima» delle infezioni da COVID

Lo studio condotto da tre ricercatori tedeschi, pubblicato il mese scorso su Frontiers in Epidemiology, ha utilizzato due modelli matematici per analizzare quanto i risultati dei test PCR fossero allineati con i risultati degli esami del sangue per la ricerca degli anticorpi SARS-CoV-2.   I risultati si basano sui dati ottenuti da laboratori accreditati in Germania che hanno gestito circa il 90% dei test PCR nel Paese da marzo 2020 all’inizio del 2023 e che hanno anche eseguito test del sangue per la ricerca di anticorpi (IgG) fino a maggio 2021.   I ricercatori, Michael Günther, Ph.D.Robert Rockenfeller, Ph.D., e Harald Walach, Ph.D., hanno affermato che i loro modelli hanno allineato i dati dei test PCR che rilevano «piccole porzioni di materiale genetico virale nel naso o nella gola» e i test sugli anticorpi che mostrano se il sistema immunitario di una persona «ha risposto a un’infezione reale settimane o mesi prima».   Hanno detto al Defender:   «Quando abbiamo confrontato il numero di positivi alla PCR con i risultati successivi degli anticorpi, solo circa 1 persona su 7 positiva alla PCR ha mostrato il tipo di risposta immunitaria che indica una vera infezione. Con ipotesi conservative, la percentuale potrebbe essere più vicina a 1 su 10».   La loro analisi ha anche mostrato che entro la fine del 2021, «quasi tutti» in Germania erano stati «contagiati, vaccinati o entrambi».   Secondo il modello matematico dello studio, il dato di 1 su 7 relativo al test PCR è «quasi perfettamente» in linea con un tasso di immunità dell’intera popolazione a fine anno del 92%.   I ricercatori hanno spiegato che i test sugli anticorpi «ci dicono che una persona è stata infettata in un momento qualsiasi dell’ultimo anno circa», mentre un risultato positivo al test PCR può indicare un’infezione, o «una breve esposizione senza infezione, frammenti virali residui o un rilevamento a livelli molto bassi che non portano mai alla malattia».   Hanno affermato che il loro studio ha dimostrato che solo circa il 14% dei test PCR positivi corrispondeva a infezioni reali che avevano attivato gli anticorpi IgG, il che suggerisce che i test PCR hanno portato a un «significativo sovrastima» delle infezioni.

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I test PCR di massa «aumentano la quota relativa di falsi positivi»

I critici delle politiche ufficiali sul COVID-19 hanno spesso citato la dipendenza dai test PCR e le incongruenze nelle soglie virali utilizzate per generare un risultato «positivo» del test.   Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso il CHD, ha affermato che i test PCR sono uno strumento inaffidabile per rilevare e tracciare le epidemie di malattie infettive. Ha citato un incidente del 2006 al Dartmouth-Hitchcock Medical Center, dove una presunta epidemia di pertosse ha portato a 134 risultati positivi ai test.   «Sono state distribuite oltre 1.300 prescrizioni di antibiotici e 4.500 persone sono state vaccinate profilatticamente», nonostante non ci fossero «casi confermati in laboratorio». L’ uso improprio dei test PCR ha portato le autorità sanitarie a dichiarare falsamente un’epidemia, ha affermato.   Un test PCR «non è un test diagnostico per una popolazione», ha affermato Jablonowski. «È meglio usarlo come test di conferma, essenzialmente per rispondere alla domanda “Quale virus ti ha infettato?” e non “Sei infetto?”».   I ricercatori tedeschi hanno affermato che i loro risultati non indicano che la tecnologia PCR sia «imperfetta come metodo di laboratorio». Tuttavia, lo studio dimostra che il modo in cui i test PCR sono stati utilizzati per i test di massa durante la pandemia «non ha indicato in modo affidabile quante persone siano state effettivamente infettate».   Hanno affermato che i test PCR rilevano in modo affidabile frammenti di DNA virale, anche in «quantità estremamente piccole» che «non rappresentano alcun rischio di infezione», ma non sono in grado di stabilire se il virus si sta replicando nell’organismo.   I risultati positivi non dovrebbero essere utilizzati «come indicatori di infezione», perché i test PCR di massa «aumentano la quota relativa di falsi positivi», hanno concluso i ricercatori.

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I test PCR di massa hanno causato «danni sociali, economici e personali non necessari»

L’affidamento dei governi ai risultati dei test PCR per monitorare i livelli di infezione da COVID-19 ha portato a restrizioni legate alla pandemia che hanno contribuito a «danni sociali, economici e personali non necessari», hanno affermato i ricercatori.   I governi hanno utilizzato i risultati dei test PCR per giustificare rigide restrizioni, nonostante le agenzie sanitarie pubbliche avessero accesso a dati di test sugli anticorpi di qualità superiore.   «Erano disponibili informazioni migliori di quelle comunicate pubblicamente», hanno affermato i ricercatori. Ciò ha sollevato «seri interrogativi sulla trasparenza e sul fatto che le politiche fossero basate sui dati più informativi disponibili».   Jablonowski ha affermato che nei primi giorni della pandemia, i test PCR hanno probabilmente fornito un quadro più accurato della diffusione dell’infezione, poiché i kit per i test erano scarsi e venivano quindi utilizzati su coloro che avevano maggiori probabilità di essere infettati.   Ma man mano che i test diventavano più facilmente disponibili, «venivano utilizzati su persone asintomatiche e obbligatori per i ricoveri ospedalieri, i viaggi aerei, i datori di lavoro e molte altre attività ad accesso controllato», ha affermato Jablonowski.   Gli autori dello studio tedesco hanno affermato che un approccio più scientificamente valido avrebbe incluso dati più accurati sui test PCR che mostravano i risultati in proporzione al numero di test eseguiti, un monitoraggio di routine dei livelli di anticorpi nella popolazione e una «comunicazione trasparente… che indicasse chiaramente cosa la PCR può e non può misurare».   «Questo insieme di pratiche… dovrebbe guidare le future politiche di sanità pubblica», hanno affermato i ricercatori.   Documenti del governo tedesco trapelati lo scorso anno suggerivano che la risposta ufficiale del Paese alla pandemia di COVID-19 si basava su obiettivi politici e che le contromisure e le restrizioni raccomandate dalla Germania spesso contraddicevano le prove scientifiche.   Durante un’intervista del 2022 al podcast «RFK Jr. The Defender Podcast» di Robert F. Kennedy Jr., il matematico Norman Fenton, Ph.D., ha affermato che i funzionari governativi di tutto il mondo hanno manipolato i dati dei test PCR per esagerare l’entità della pandemia.   Jablonowski ha affermato che «l’isteria dei test PCR obbligatori ha preparato la mentalità della popolazione alle vaccinazioni obbligatorie che sarebbero arrivate. I test non avevano nulla a che fare con la salute della popolazione, ma solo con il controllo della popolazione».   I test PCR per il COVID-19 sono molto meno diffusi oggi rispetto al picco della pandemia. Tuttavia, i ricercatori hanno affermato che il loro studio «è importante oggi perché l’errore strutturale che rivela – trattare i positivi alla PCR come infezioni – non è stato corretto».   «Dato che ci troviamo di fronte a nuovi agenti patogeni, come l’influenza aviaria , affidarci solo alla PCR rischia di ripetere gli stessi errori», hanno affermato i ricercatori.

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Risposta «polarizzata», poiché i risultati «mettono in discussione le ipotesi che hanno plasmato la politica pandemica»

I ricercatori hanno affermato di aver incontrato «notevoli difficoltà» nel pubblicare il loro articolo. Tra queste, il rifiuto da parte di altre sei riviste, di cui solo due hanno inviato il manoscritto per la revisione paritaria.   Queste riviste hanno cercato di «proteggere la narrativa prevalente, piuttosto che affrontare il nocciolo della nostra analisi», hanno affermato i ricercatori.   I ricercatori hanno affermato che due dei tre revisori originali di Frontiers in Epidemiology «si sono ritirati dai loro incarichi». Ciò ha costretto la redazione a reclutare un quarto revisore, ritardando la pubblicazione dell’articolo.   La risposta all’articolo è stata «polarizzata», hanno affermato. «Alcuni lettori hanno accolto con favore il confronto quantitativo dei dati PCR e IgG, ritenendolo in ritardo, mentre altri hanno messo in dubbio le implicazioni dello studio o hanno tentato di liquidarlo senza approfondire la metodologia di base».   Ciò non sorprende, «dato che i risultati mettono in discussione i presupposti che hanno plasmato la politica pandemica», hanno affermato.   Michael Nevradakis Ph.D.   © 26 novembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Epidemie

Il CDC chiude i laboratori con scimmie tra i timori della tubercolosi

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Il CDC, l’ente nazionale USA per il controllo epidemico, porrà fine a ogni indagine su primati non umani svolta nelle sue sedi, costituendo la prima occasione dal ritiro degli scimpanzé da parte dei National Institutes of Health nel 2015 in cui un’agenzia sanitaria federale di primo piano ha decretato la cessazione totale di un proprio protocollo interno sulle scimmie. Lo riporta la rivista Science.

 

Tale determinazione coinvolge approssimativamente 200 macachi alloggiati nel complesso di Atlanta dei CDC. Un portavoce dell’agenzia ha attestato a Bloomberg che si sta approntando un programma di smantellamento, pur astenendosi dal delineare scadenze precise o sul destino degli esemplari.

 

La scelta matura all’indomani di lustri di contestazioni da parte di associazioni per la tutela animale e taluni ricercatori, i quali lamentano che i paradigmi su scimmie abbiano generato un apporto traslazionale scarso, soprattutto nella elaborazione di sieri anti-HIV, ove decine d’anni di analisi su primati non hanno ancor prodotto un rimedio omologato. I CDC hanno invocato tanto sensibilità etiche quanto un viraggio tattico verso opzioni antropomorfe, come sistemi organ-on-a-chip, colture cellulari evolute e simulazioni algoritmiche, quali elementi cardine della risoluzione.

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In via distinta, i CDC hanno affrontato episodi di vulnerabilità biosicurezza legati a primati importati. Archivi interni scrutinati dall’organizzazione animalista PETA rivelano che, dal 2021 al 2024, i vagli di quarantena hanno smascherato 69 episodi di tubercolosi nei macachi in transito, con ulteriori 16 occorrenze scoperte post-liberazione verso i laboratori.

 

«La PETA ha allertato i CDC sin dal 2022 che il loro circuito di importazione di scimmie configura una mina vagante per la tubercolosi», ha dichiarato la dottoressa Lisa Jones-Engel, consulente scientifico per la sperimentazione sui primati della PETA. «Nondimeno, la loro ostinata miopia ha consentito a un pericolo biosicuro manifesto di infiltrarsi negli Stati Uniti. Invitiamo i CDC a interrompere l’afflusso di scimmie nei laboratori, a tutela della salute collettiva, della validità scientifica e degli stessi primati».

 

La dismissione progressiva si allinea a iniziative federali più estese per comprimere la sperimentazione su animali. Ratificato nel 2022, il Modernization Act 2.0 della Food and Drug Administration (FDA) ha soppresso l’esigenza di prove animali preliminari alla sperimentazione umana, mentre NIH, EPA e FDA hanno esteso gli stanziamenti per metodiche prive di impiego animale.

 

«Questa svolta è epocale. Per la prima volta, un ente statunitense opta per una scienza contemporanea e umana anziché per un apparato obsoleto di test su scimmie», ha esultato Janine McCarthy, direttrice facente funzioni delle politiche di ricerca al Physicians Committee for Responsible Medicine. «Ora i CDC dovrebbero destinare quei budget alla ricerca antropocentrica e assicurare che queste scimmie siano ricollocate in santuari per il resto dei loro giorni».

 

«I CDC hanno appena trasmesso un segnale all’intero ecosistema biomedico: l’epoca degli esperimenti su scimmie è conclusa», ha soggiunto McCarthy.

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